Uno
"cosa diavolo ci fai qui, ti avevano dato TUTTA la settimana di riposo assoluto o sbaglio?!" aveva sibilato più che parlato, era furiosa e lui non si aspettava nulla di diverso
"sto bene è solo un…"
"non dire 'graffio'! te ne prego risparmiami le battute da film western almeno!"
Non riusciva a guardare quel braccio appesa al collo, si sentiva in colpa anche se 'tecnicamente' era stato lui a fare di testa sua, come sempre, ma non riusciva a biasimarlo del tutto, lei avrebbe agito d'istinto, esattamente come aveva fatto lui.
"non mi sembra di essere l'unico che non ascolta i medici, dovresti essere a casa anche tu se non sbaglio, invece sei qui…"
"io devo prendere quel maledetto assassino"
"beh, anche io"
"mi pare tu abbia fatto già abbastanza, Castle"
Il 'poeta omicida', l'avevano ribattezzato così, c'erano già stati tre omicidi, tre giovani donne senza alcun legame apparente, unico comun denominatore, una frase scritta su un cartoncino abbandonato sul cadavere. Era stato Castle a capire che le frasi riportare su quei piccoli fogli fossero tratte da poesie di autori diversi si andava da Ovidio, a Virgilio a Baudelaire, e la cosa non era sfuggita alla stampa che aveva subito ribattezzato il killer.
Quattro giorni prima avevano arrestato un sospettato, l'interrogatorio era stato inquietante, e aveva messo a dura prova entrambi, un uomo sulla trentina, senza documenti, trovato vicino all'ultima vittima con in mano un libro di poesie di Baudelaire, non era molto, ma era tutto quello che avevano e il confronto in sala interrogatori era stato agghiacciante, parlava come se li conoscesse entrambi da anni, calmo assolutamente privo di emozioni, rispondeva solo con frasi secche che il più delle volte miravano a stuzzicare soprattutto Kate, premendo su tasti personali e dolorosi.
Alla fine avevano dovuto rilasciarlo, non c'era nulla che lo legasse agli omicidi, niente impronte, niente arma, solo un libro di poesie e quello non poteva essere considerato neanche un indizio valido. Ma Kate non si era data per vinta, avevano iniziato a seguirlo convinti che sarebbero riusciti a coglierlo sul fatto e invece era successo l'impensabile, erano caduti in una trappola, un secondo uomo li aveva aggrediti, mentre erano intenti a perquisire un appartamento appena lasciato dal sospetto.
Kate aveva chiesto mille volte in quei giorni a Castle di rimanere indietro, ad aspettarli il più lontano possibile dal luogo dove si svolgevano le azioni, non aveva mai ubbidito, avevano discusso anche per questo. Quel giorno, per una volta se ne era stato buono ad attendere accanto all'auto di Beckett, ma proprio quella posizione lo aveva favorito, si era accorto dell'uomo col volto coperto, era entrato per avvertire Kate e i Bro, ma si era ritrovato nel bel mezzo dello scontro, l'uomo lo aveva preso come ostaggio ferendolo ad un braccio, si era fatto scudo di lui per sfuggire, mentre Kate lo seguiva con la pistola spianata, alla fine aveva dovuto buttarla per evitare che le minacce di quell'uomo diventassero realtà, avrebbe sparato al suo ostaggio, ma quando la pistola di Beckett aveva toccato l'asfalto lui aveva fatto fuoco contro di lei, prendendola sul bordo del giubbotto antiproiettile per fortuna, era caduta a terra proprio mentre sopraggiungevano Ryan ed Esposito che avevano iniziato a correre dietro al fuggitivo
L'intera scena era stata vista da un giornalista del Ledger, ed era scoppiato un putiferio mediatico, c'erano le lezioni comunali e qualcuno non aveva trovato nulla di meglio che usare quella vicenda per attaccare il sindaco uscente, amico di Castle
civili usati come scudi umani
la polizia manda allo sbaraglio civili perché non sa più fare il suo mestiere?
Oggi un nostro illustre cittadino è quasi morto per l'imperizia di un detective della polizia di New York, siamo arrivati a questo punto?
Era chiaro che fossero tutti attacchi pretestuosi, ma il comandante aveva dovuto agire nell'immediato per placare gli animi, Kate era stata richiamata ufficialmente, sospesa per due giorni
Li avevano medicati in due ospedali diversi, non si erano più visti da quel momento e neanche sentiti, lei non rispondeva alle sue chiamate, era arrabbiata per la situazione, per quello che avevano rischiato entrambi e per essersi fatta sfuggire l'assassino.
Era tornata a lavoro appena finito di scontare quell'ingiusta sospensione, aveva avuto la muta solidarietà dei colleghi e il sostegno verbale del suo capitano, sapevano tutti che aveva agito per il meglio.
"come stai? potevi almeno rispondermi con un messaggio, non dovevi necessariamente alzare il telefono…" lui si sentiva decisamente in colpa, l'aveva messa in una situazione odiosa, oltre ad averla quasi fatta ammazzare
"diciamo che non è la costola incrinata quella che fa più male in questa situazione"
"volevo solo… chiederti scusa di persona"
"La devi smettere Castle! mi stai mettendo in imbarazzo davanti a tutto il distretto!" l'aveva trascinato nella sala relax e aveva iniziato a battergli col dito sul petto mentre gli urlava contro esasperata
"ma io… cosa…" lui indietreggiava balbettando, non capiva assolutamente cosa stesse succedendo
"pensi che dei fiori siano sufficienti per farti perdonare il casino della settimana scorsa!"
"fiori? ma quali fiori io non… aspetta qualcuno ti manda dei fiori?" l'espressione preoccupata e colpevole si tramutò di colpo in un ghigno malizioso
"sì, da tre giorni…" si era bloccata, era partita in quarta convinta che fosse stato lui
"e pensavi fossi io?"
"sì cioè no, insomma c'è una R sopra cosa dovevo pensare! E poi speravo che avessi trovato il modo di scusarti"
"allora lo apprezzeresti come segno di scuse, hai appena detto che non bastavano fiori…?"
"quindi sei stato tu?"
"no, ma mi lusinga che tu lo abbia solo pensato"
"ohh uhm basta così, mi manderai al manicomio prima o poi!"
"hai un ammiratore segreto dunque, intrigante…"
"beh allora? evidentemente sì, spero non ti dispiaccia"
"e perché dovrebbe, scusa"
"infatti"
"bene"
"benissimo"
Si diressero contemporaneamente alla porta, sbattendo spalla contro spalla, Rick si fermò lasciandole il passo con un gesto plateale che non fece altro che aumentare il suo nervosismo.
Aveva iniziato a riceverli il lunedì precedente, quella mattina era il terzo consecutivo, sempre un fiore diverso, accompagnato però da un cartoncino con una R vergata a mano sopra e il nome del fiore.
Il pensiero che potesse essere Castle era stato immediato, così come la sua reazione di totale negazione. Mai avrebbe ammesso a se stessa che in fondo le avrebbe fatto piacere scoprire che aveva delle attenzioni per lei che esulavano dalla chiamata per qualche omicidio, e invece innalzava barricate per difendersi da un eventuale attacco perpetrato dall'egocentrico, narcisista, scrittore che si era installato in modo permanente sulla sedia accanto alla sua scrivania
Rick era rimasto nella sala relax a rimuginare, aveva un ammiratore segreto, tzè, roba da ragazzini, magari uno scherzo di qualcuno e allora perché sentiva il tarlo della gelosia rodergli fastidiosamente dentro? Una volta aveva pensato di portarle dei fiori, ma si era immaginato esattamente quella reazione se non di peggio e aveva desistito. Come poteva essersi mostrata contemporaneamente lusingata e indignata per un ipotetico dono floreale fatto da lui? Quella donna era e sarebbe rimasta un mistero per lui, talmente intrigante da non riuscire a rinunciarci.
Tornò al suo posto, accolto da un sospiro volutamente prolungato di lei che non aveva neanche alzato gli occhi dal foglio che stava leggendo
Si schiarì la voce, per attirare la sua attenzione, ci riuscì "cosa vuoi ora"
"mi chiedevo… che tipo di fiori hai ricevuto?"
"perché ti interessa? Sei geloso per caso?"
"io? No? Sono solo curioso, sai dal tipo di fiori si può capire molto del tuo spasimante…"
"e a te cosa importa del MIO corteggiatore, Castle? ma non hai niente di meglio da fare che stare qui ad infastidirmi?" non era proprio giornata, ma non poteva essere diversamente
"veramente sono ancora qui, perché ho chiesto al capitano Montgomery se poteva ricevermi e mi ha detto che per le sei si sarebbe liberato, quindi non temere detective, pochi minuti e mi levo dai piedi"
Lo guardò con sospetto, cosa diavolo doveva confabulare con il capitano di cui lei non era al corrente, tremava ogni volta che Castle prendeva un'iniziativa nel SUO territorio
"e cosa devi dirgli?"
"lo scoprirai, presto"
"Castle non combinare altri guai, per favore!" le uscì un tono esasperato che lo ferì un po', era così insopportabile?
Ci fu qualche secondo di silenzio, poi lei, forse perché si era resa conto di aver un po' esagerato "ok, ogni giorno un fiore diverso… e sempre molto particolari"
"uhm, interessante, avrei giurato che fossero arrivate le solite rose…"
"no, stavolta il tuo intuito ha sbagliato, un mazzo di calendule, poi dei botton d'oro, una peonia e oggi dei fiori di ciliegio"
"ma non è periodo di fiori di ciliegio, è settembre!"
"cosa c'è ti infastidisce l'idea che possa esistere qualcuno con più fantasia di te, Castle?"
Si era accigliato all'improvviso, quei fiori gli ricordavano qualcosa che aveva letto non troppo tempo prima, un'inquietudine gli salì dallo stomaco, apparentemente senza motivo
"no… è che…"
"signor Castle, ho dieci minuti, venga prego"
Montgomery lo chiamò al momento giusto, se le avesse detto il sospetto che gli stava maturando in testa lo avrebbe cacciato dal distretto
Kate simulò indifferenza mentre lui si alzava per entrare nell'ufficio del capitano, ma non appena fu certa che le desse le spalle alzò la testa dalle scartoffie, per seguirlo con lo sguardo, lo vide parlare con Montgomery, aveva un'aria molto grave, non lo aveva mai visto così, iniziò a preoccuparsi, era abituata a pensare a lui con la stessa leggerezza con cui lui stesso si poneva in ogni occasione, ora invece lì dentro, sembrava esserci una versione fin troppo seria e cupa di Richard Castle
Riabbassò in fretta lo sguardo quando capì che avevano finito, avvertì la sua presenza accanto a lei
"io vado, allora… a domani Beckett"
Lei alzò la testa colta di sorpresa, aveva percepito una nota di incertezza in quel saluto che si erano scambiati decine di volte, a cui lei si ostinava a rispondere il suo 'noioso' notte da poliziotto, aveva ancora la stessa espressione seria che gli si era dipinta in viso dentro l'ufficio del capitano, le venne istintivo rispondere "a domani certo!" lo vide accennare un sorriso e sparire in fondo al corridoio.
Aveva smontato mezza libreria, pile di libri giacevano disordinate attorno a lui
"papà cosa fai? Pulizie di primavera in autunno?"
"eh? No, no tesoro, sto cercando un piccolo libro che ero… sicuro – fece cadere due libri spostandosi sullo sgabello con una pila che sfidava ogni legge fisica – che fosse qui da qualche parte…"
"potevi chiamarmi, ti avrei aiutato, hai fatto tutto questo con un braccio solo? dimmi il titolo, magari posso aiutarti"
"se ricordassi il titolo sarebbe più semplice… non è proprio un libro, è un libercolo, una ristampa anastatica di un originale del 1819, l'avevo usato per 'Fiori per la tua Tomba' quando cercavo di inserire riferimenti simbolici nei fiori scelti dall'assassino…"
"uhm, mai visto… mi spiace…"
"ricordo solo che aveva un titolo in Francese, era molto sottile, piccolo come un quaderno… si sarà infilato da qualche parte…"
"per caso la copertina è arancione?"
"sì…l'hai trovato?"
"no, ma forse so dov'è, la nonna lo usa come sottobicchiere in camera sua, dice che l'incisione liberty che ha in copertina è splendida"
"cosa? ma vale una fortuna!"
Dieci minuti di battibecco dopo, usciva dalla stanza della madre con il bottino intatto tra le mani: Le Language des Fleurs[1].
Si sedette nel suo studio, sperando di sbagliarsi, iniziò a scorrere l'elenco alfabetico rigorosamente in francese, cercava il fiore e annotava su un blocco il suo significato, alla fine rilesse quell'elenco con sempre più crescente ansia:
Calendula: dolore
botton d'oro: ingratitudine
peonia: rabbia
ciliegio: caducità
Non si trattava di uno spasimante, erano minacce.
[1] pubblicato a Parigi nel 1819 sotto il nome di Charlotte de Latour, pseudonimo, sembra, di Louise Cortambert, moglie del geografo e bibliotecario parigino François Eugène.
