Kitsune's Note: Be', una fanfic che ho scritto ormai più di due anni fa e pubblicato su Efp in occasione del compleanno di un'altra scrittrice, questa dotata di molto più talento di me, sicuramente XD Non sono granché come scrittrice – meglio traduttrice! Comunque mi è saltato in mente di pubblicare questa storia, così, tanto per provare, visto che questa è quella che mi è sempre parsa la meno peggiore _ Chissà, forse la tradurrò in inglese e forse pubblicherò anche un paio di altre storie. Vedremo ù.ù

Sand

Il ragazzo si sedette sul muretto. Sabbia anche quella,

Incrociò le braccia, tentando inutilmente di vedere qualcosa nel terreno sabbioso. O magari di vedere oltre ad esso.

Non ne poteva più, della sabbia.

Era estremamente noioso averla sempre addosso, tra i capelli, nei vestiti; come un guscio.

Si sforzò ancora di più nel tentativo di scorgere qualcosa tra i granelli.

E la sabbia si mosse. Senza la sua diretta volontà, questa volta. Si alzò e ribollì, vene si gonfiarono sotto di essa, arti si flessero, sangue scorse.

Il ragazzo non si mosse, restituendo lo sguardo fisso della sua copia vicina ai suoi piedi.

La guardò e la analizzò con una parvenza d'attenzione.

Stessi capelli corti e tagliati disugualmente. Stessi occhi appannati.

Sì. Era lui.

Non si scompose. Davvero, nulla di sconvolgente. Non per lui.

Decise di sfruttare l'occasione per trovare risposta ad una domanda. Si rivolse alla sua copia.

- Come ti chiami? -, gli chiese.

L'altro lo fissò in silenzio per un altro momento, forse soppesando le parole.

- Questo dipende -, rispose infine. Intuì l'invito dell'altro a spiegarsi e proseguì.

- Io ho tanti nomi. Uno per ogni persona che mi conosce, direttamente o, più spesso, indirettamente. Solitamente sono Gaara, mostro o demone; posso essere anche Il-ragazzo-della-sabbia.

Qualcuno mi chiama Contenitore, Involucro, Forza Portante.

Quelli ansiosi di essermi amici per evitare morte o ferite mi chiamano Gaara-sama, ma il rispetto verso di me si limita all'appellativo.

Per quelli che non sanno dove scaricare l'amarezza sono Bastardo e Maledetto Demone.

Ma per i più, sono Niente e Nessuno -, concluse senza quasi prendere fiato.

Il ragazzo avvolto dalla sabbia aveva ascoltato attentamente quello ancor più finto di lui mentre snocciolava alcuni dei suoi nomi. Sembrò che non ne fosse toccato – alcuni li conosceva già.

I due non avrebbero potuto essere più seri nemmeno durante una partita a scacchi.

Lui si chiese se quella pallida imitazione – di un'altrettanto pallida realtà – potesse veramente capire i suoi pensieri. Lo guardò fissamente, e l'altro non sembrò intimorito. Era evidente che stesse pensando. Poi parlò.

- Ad ogni modo, non preoccuparti. Questi sono solo appellativi, grumi di suoni prodotti da persone che di te conoscono solamente quelli -.

Il ragazzo sembrava quasi indispettito.

Preoccupato? Lui? Che assurdità.

- Io non mi stavo preoccupando. Lo so, credi che non abbia capito almeno questo, in tanti anni?

- A me sembra di sì, sai? Ti conosco. Sono la tua unica compagnia, quando di giorno combatti i nemici e di notte combatti il sonno. Ti proteggo da entrambi. E, anche se non lo sapevi, io ho una coscienza -, disse quasi sbeffeggiandolo.

Non reagì, ma in fondo era sorpreso. Quindi lui non era mai stato veramente solo.

La sabbia allungò un braccio, e poi la mano, con lentezza esasperante, verso di lui. Puntò l'indice verso la sua figura, in un unico gesto tante volte compiuto alle sue spalle da coloro che lo temevano.

- Io sono te -, affermò, come se gli parlasse la prima volta, come se ancora non gli avesse detto nulla.

- Sono la sabbia, e sono te. Lo capisci, vero? Io sono tante cose. Tu conosci tutte queste cose, ma non conosci ancora me; ed è ora che tu lo sappia -, proseguì senza fretta.

Poi, lentamente come era apparso, si ricompattò alla sabbia, lasciando Gaara a crogiolarsi nei pensieri che quel discorso gli aveva provocato.