«… e allora ho pensato che non c'era nulla di male a sostituire le bacche di ribes con le bacche di pungitopo, perché sono uguali e il Principe…»

«Harry, sono completamente diverse! Il pungitopo è…»

«Il punto è, Hermione, che Slughorn non poteva sapere che io stavo sostituendo le bacche e, siccome davanti a me c'era quel tipo grosso di Corvonero, non poteva nemmeno vedermi. Quello stronzo di Malfoy deve avergli fatto la spia di nascosto!» esclamò Harry, calciando malamente un povero ed innocente sassolino, riuscito, non si sa come, a raggiungere la superficie. Tutto il parco era coperto di bianco e loro stavano letteralmente congelando. I piedi di Harry ed Hermione affondavano nella neve, mentre scendevano lungo quello che, in primavera, era un chiaro sentiero.

Stavano andando da Hagrid o, per lo meno, ci stavano provando.

«Harry! Hermione!»

La voce tonante del Guardiacaccia, lievemente ansimante, li costrinse a girarsi. L'omone trascinava un grosso albero verso il castello, in salita. Sembrava molto affaticato. Harry ed Hermione avevano, in effetti, notato degli strani solchi sulla neve e Gazza che sbraitava in corridoio, ma non erano passati dalla Sala Grande per assicurarsi che la causa di tutto quel trambusto fosse l'annuale decorazione degli Alberi di Natale.

Dovevano essere dodici, in tutto, e chissà che numero era quello che Hagrid stava trascinando adesso.

Fecero rapidamente marcia indietro, per raggiungerlo.

«Ciao Hagrid! Stavamo venendo a trovarti!» esclamò Harry, sorridente.

«Meno male che vi ho beccato per strada, allora, altrimenti non mi ci trovavate mica in casa eh!» esclamò Hagrid, gioviale come al solito.

Harry e Hermione non poterono fare altro che sorridere.

«Quanti ne hai già portati su al castello?» domandò Harry, indicando l'albero.

Hagrid si voltò a fissarlo a sua volta.

«Questo è l'ultimo. Stavo pensando di lasciarlo qui un minuto e andare a farmi una bella tazza di the… lo volete?» domandò il Mezzo-Gigante, estraendo dal grosso cappotto in pelliccia di castoro il suo fazzoletto grosso come una tovaglia, asciugandosi la fronte con un lembo dello stesso.

«Che cosa ne dici se ti diamo una mano a portarlo in Sala Grande e ci fermiamo lì a prenderlo, il the?» domandò Hermione, estraendo la bacchetta e scambiando un'occhiata con Harry. Nessuno dei due aveva voglia di vedersela con i rocciosi biscotti di Hagrid, che in inverno s'indurivano ancora di più a causa del freddo.

«Oh, grazie Hermione, sempre detto io che sei una brava strega!» esclamò l'omone, acconsentendo.

Hermione agitò la bacchetta, per poi puntarla contro l'albero, che si sollevò di circa due metri dal suolo. Cautamente, Hermione lo fece volare davanti a loro, quindi cominciò a camminare in salita, di nuovo diretta verso il Castello. Hagrid e Harry la seguirono subito e cominciarono a parlare del più e del meno, principalmente del fatto che, come ogni anno, nessuno dei tre aveva idea di che regali fare agli altri.

«Beh, io sono fortunata: posso evitarmi un regalo quest'anno e ne sono molto felice.» sentenziò Hermione, ma Harry non ebbe né la voglia né la possibilità di ribattere o sollevare gli occhi al cielo per il suo riferimento a Ron, perché proprio il suo sguardo era stato attratto da una figura nera in giardino con una macchia marrone in prossimità del braccio. Aveva tutta l'aria di essere una persona in compagnia di un gufo e, dalle movenze, sembrava stesse slegando un pacco lungo e rettangolare dalle zampe dell'animale. Harry gli diede un'occhiata più approfondita, quindi sollevò le sopracciglia e si sporse verso Hermione, per colpirle piano il braccio non impegnato a reggere la bacchetta.

«Cosa? Harry, stai attento, se perdo la concentrazione…»

«Hermione, è Malfoy! Guarda!» esclamò il ragazzo sottovoce, mentre Hagrid si fermava a sua volta, voltandosi verso la sagoma nera non troppo lontana.

«Ancora con Malfoy?» domandò Hermione, ruotando gli occhi. «Harry, devi davvero darti una regolata, non puoi passare tutto l'anno a pensare a Malfoy!»

«Come mai ce l'hai con Malfoy, questa volta?» domandò la voce tuonante di Hagrid. Harry si voltò in fretta verso di lui, facendogli cenno di stare zitto, ma il danno era ormai fatto.

La figura ammantata si voltò, proprio mentre il gufo se ne volava via, attirata dalla pronuncia del proprio cognome. Una volta riconosciute le figure lì ferme a guardarlo, Malfoy fece per voltarsi e tornare al Castello in fretta.

Harry imprecò sottovoce e si voltò verso Hermione di nuovo.

«Perché si fa spedire un pacco a quest'ora invece che al mattino?» domandò Harry in fretta, facendo per incamminarsi al seguito di Malfoy, che comunque stava andando nella loro stessa direzione.

«Harry, anche a te arriva spesso corrispondenza fuori orario!» esclamò Hermione, cercando di farlo ragionare. Non ci fu storia, il ragazzo partì in quarta, ignorando i richiami di Hagrid.

«Malfoy!» esclamò ad alta voce. Draco si voltò a guardarlo, ma poi si girò di nuovo.

«Malfoy, fermati!» lo chiamò un'altra volta Harry e, finalmente, Draco di fermò.

«Che vuoi, Potter?» chiese irritato, con la solita voce strascicata.

Harry rimase in silenzio, riprendendo fiato, senza sapere che cosa dire, in effetti.

«Che cos'hai lì?» domandò alla fine, indicando con un cenno del mento la scatola in mano a Malfoy.

«Non sono affari tuoi!» esclamò l'altro, nascondendo in fretta la scatola dietro alla schiena. Senza pensarci troppo su, Harry fece per estrarre la bacchetta.

«Harry, no!» sentì Hermione avvertirlo da dietro alle spalle. Si voltò, per guardarla, ma quando fece per tornare a fissare Malfoy una sensazione di freddo e ghiaccio puro lo colpì proprio in faccia.

Riaprì gli occhi, scuotendo il capo per far cadere la neve dagli occhiali. La sua vista ora era appannata e distorta, ma le orecchie erano perfettamente in grado di udire la risata di Malfoy.

«Così impari a non impicciarti di cose che non ti competono, Sfregiato!» ribatté il biondo, facendo dietrofront, convinto nella sua idea di tornare al Castello. Harry non disse nulla, solo si piegò e prese una grande manciata di neve. La pressò bene, prese la mira e la tirò verso Malfoy.

La palla lo colpì proprio sulla nuca, facendolo sbilanciare in avanti. Il passaggio da "battaglia a palle di neve" a "facciamo a pugni come i babbani" fu veloce e non richiese più di qualche secondo. Draco sembrava aver dimenticato di possedere una bacchetta, in compenso poteva vedere molto bene i propri pugni, uno dei quali era stretto attorno al contenitore rettangolare. Harry riuscì a dargli solo una veloce occhiata prima di ricevere un colpo nello stomaco e piegarsi in due. Il tempo di riprendere il fiato e si era già lanciato verso la vita di Malfoy, spingendolo a terra con il proprio peso.

«Fermi voi due, che cosa credete di fare, eh? Harry, darci una lezione con le mani a questo qui non serve, lo sai!» esclamò Hagrid, arrivato in fretta a separarli. Afferrò entrambi per la collottola dei loro mantelli, sollevandoli con i piedi separati dal suolo da almeno una decina di centimetri.

«Ha cominciato lui!» si lamentò Draco.

Hagrid guardò Harry, che abbassò lo sguardo, imbronciato.

«Beh, in ogni caso non si fa a pugni sulle proprietà della scuola. Dovrei togliervi dei punti…» disse Hagrid, guardandoli con i suoi occhi neri e profondi. Harry sollevò lo sguardo, per guardarlo a sua volta. Draco, invece, non disse niente e si limitò a fissare per terra, annoiato e vagamente irritato all'apparenza.

«Hagrid, ecco l'albero. Adesso possiamo andare in Sala Grande, così il Professor Vitius lo decorerà.» disse Hermione, tossendo piano. Non che non fosse là anche prima, semplicemente era stata in silenzio. Lanciò un'occhiata ad Harry e lui capì: stava cercando di farli mettere in punizione, invece che far perdere punti alla Casata.

«Grazie Hermione… ehi! Visto che ci siamo, adesso voi due aiuterete il professor Vitius a decorare l'Albero e non andrete nelle vostre Sale Comuni finché non avrete finito.»

Draco Malfoy, erede della grande Casata dei Malfoy e dei Black, servo fedele (anche se non troppo contento di ciò) dell'Oscuro Signore, non avrebbe dovuto essere costretto a decorare uno stupido Albero di Natale.

«Preoccuparsi dell'arredamento non dovrebbe essere un compiuto da assegnare ad un Malfoy. È roba da Elfi Domestici! Mai nella mia vita mi sono occupato dei suppellettili, tanto meno di stupidi Alberi di Natale…» si lamentò sottovoce Draco, litigando con un bastoncino di zucchero che non voleva stare appeso.

«Credo che voi Malfoy abbiate problemi più grossi che l'essere costretti a provvedere manualmente all'arredamento.» commentò Potter, sotto di lui.

Esatto, sotto di lui. Draco Malfoy, il grande Draco Malfoy, non avrebbe dovuto essere costretto a salire sulle spalle di quello sfigato di Harry Potter per arrivare in alto, perché, per quanto più basso di lui, Potter aveva un fisico più piazzato. Draco non ce l'avrebbe mai fatta a sostenere il peso dell'altro. E nemmeno l'avrebbe voluto fare. L'avrebbe fatto cadere, poco, ma sicuro.

«Nessuno ha chiesto il tuo parere. E leva quella mano dal mio fianco, Potter; mi fa già abbastanza schifo che il resto di te stia toccando il resto di me, se puoi evitare che anche quelle sudicie appendici mi trasmettano la Sfiga, grazie…»

«Se non vuoi che il resto di te colpisca il resto del pavimento, ti consiglio di tenere chiusa quella bocca, Malfoy.» lo avvertì Harry, senza spostare le mani dai suoi fianchi, perché Draco si stava sbilanciando un po' troppo all'indietro nel tentativo di raggiungere un ramo particolarmente sporgente ed appendervi sopra una pallina. Di certo, Harry non voleva essere anche accusato di omicidio, per lo meno non prima dell'ora di cena, e la cena sarebbe stata tra quattro ore.

«Leva le mani da lì!» esclamò Draco, abbassando lo sguardo per fissare Potter, che invece tirò su la testa.

Draco arrossì, o meglio… un lieve colore rosa si spanse sulle sue pallide guance, quando la nuca di Potter si mosse proprio sul cavallo dei suoi pantaloni.

«POTTER!» esclamò Draco, facendo sussultare Harry.

«Cosa? Cosa vuoi? Stai calmo, rischi di cadere, cavolo!» rispose Harry, irritato, stringendo la presa.

«Leva le mani da lì!» ripeté Draco, cercando di spostare le gambe, per scendere dalle spalle di Potter.

«Okay, okay… aspetta! Fammi almeno arrivare al tavolo, potresti farti ma-… Malfoy!» esclamò Harry, cercando di spostarsi verso il tavolo più vicino. Inutile dire che sentì la gamba di Draco scivolare oltre la sua spalla e il suo corpo seguirlo a ruota, neanche si trattasse semplicemente di un sacco di patate, prima ancora di riuscire a muovere due passi.

«Malfoy, stai bene? Oh, cavolo…! Malfoy? Rispondimi!»

Il corpo di Draco giaceva a terra, inerte ed immobile. Gli occhi chiusi, i capelli scompigliati sulla fronte e tutta l'aria di aver battuto forte la nuca. Harry si affrettò ad allontanare gli studenti più piccoli, incuriositi, mentre Hermione correva terrorizzata in Infermeria.

«Draco Malfoy deve svegliarsi, Signore!»

Draco aggrottò le sopracciglia, confuso. Dov'era? Che cosa stava succedendo? Stava decorando quello stupido Albero di Natale con lo Stupido Potter, quando…

«Sono caduto…» sussurrò, aprendo piano gli occhi. Non si ritrovò davanti, come si era aspettato, il soffitto della Sala Grande che rifletteva il bianco cielo pomeridiano, coperto da nuvole cariche di neve, ma il soffitto della propria camera di Malfoy Manor.

«Casa?»

Si tirò su a sedere, confuso, già dimentico della voce che l'aveva risvegliato.

«Draco Malfoy deve seguire Dobby, Signore. Draco Malfoy l'ha dimenticato!» esclamò di nuovo quella voce acuta. Draco sussultò, voltandosi verso sinistra e riconoscendo all'istante l'Elfo Domestico a lato del letto. Era Dobby, l'Elfo che era stato loro servitore per anni, prima che San Potter, Protettore dei Pezzenti, ingannasse suo padre e lo facesse liberare.

«Dobby, che cosa ci fai qui?» domandò Draco altezzoso, arricciando le labbra in un'espressione schifata.

«Dobby è qui per aiutare Draco Malfoy, Signore!» disse semplicemente l'Elfo, facendo un profondo inchino e sfiorando il pavimento con il lungo naso a matita.

«Draco Malfoy non ha bisogno di essere aiutato, Draco Malfoy ha bisogno che gli spieghi perché si trova a casa, invece che ad Hogwarts. Non posso aver dormito così tanto da essere già arrivato alle Vacanze Natalizie, sono… circa due settimane!» esclamò Draco, saltando giù dal letto e guardandosi intorno. Ora che ci prestava attenzione, riusciva a notare che quella era sì la sua camera, ma era diversa da come ricordava di averla lasciata: le pareti non erano ricoperte di gagliardetti di Serpeverde, ma di disegni fatti da lui, disegni di quand'era piccolo. Suo padre non aveva mai approvato, ma sua madre era stata irremovibile: Draco avrebbe dovuto essere un bambino normale, per quanto possibile, nonostante la sua eredità.

Osservò quasi con nostalgia quei fogli incollati alle pareti con il magiscotch, quindi si voltò verso il letto. La federa del cuscino portava l'inconfondibile stemma dei Malfoy (un drago che si arrampica su uno scudo rotondo) ricamato in un angolo; posato su di esso, c'era il peluche di quando era piccolo: anche quello era un drago, ma aveva un aspetto più amichevole. Era verde scuro e, se accarezzato, emetteva un dolce mormorio di fusa. A Draco era sempre piaciuto molto, tanto che lo conservava ancora, anche se posato su una mensola. Perché fosse sul letto, beh… quello era un mistero.

«Draco Malfoy deve seguire Dobby, Signore.» disse di nuovo l'Elfo, della cui presenza Draco si era dimenticato un'altra volta.

«Perchè dovrei?» chiese sprezzante.

«Dobby deve far vedere a Draco Malfoy che non è vero che non l'ha mai fatto.» spiegò semplicemente Dobby. Draco aggrottò le sopracciglia, confuso.

«Fatto cosa?» chiese ancora, cominciando a spazientirsi. Perché quello stupido Elfo non poteva semplicemente rispondere alle sue domande?

«L'Albero di Natale!» esclamò Dobby, sgranando i suoi enormi occhi rotondi. Draco sollevò le sopracciglia, seriamente interdetto.

«L'Albero di Natale?» ripeté, guardandosi nuovamente intorno, poi, come in cerca di qualcuno che gli spiegasse che stava succedendo.

«Draco Malfoy ha detto che non ha mai fatto l'Albero di Natale perché è una cosa da Elfi Domestici, ma Draco Malfoy ha dimenticato che c'è stato un tempo in cui anche lui decorava l'albero con Dobby e Narcissa Malfoy.» spiegò finalmente Dobby e Draco distolse lo sguardo.

«È stato tanto tempo fa… Tanto che non sono nemmeno sicuro che sia successo davvero.» rispose amaramente Draco.

«È successo, Draco Malfoy, Signorino. Mi segua, mi segua!» esclamò in maniera enfatica il piccolo Elfo, trotterellando verso l'uscita della stanza con le orecchie da pipistrello che sbatacchiavano a destra e a sinistra. Draco, seppur scettico, lo seguì lungo il corridoio. Notò le decorazioni appese qua e là, segno inequivocabile che era, per lo meno, ancora periodo natalizio.

L'Elfo correva davanti a lui, non più lontano di tre metri, e si voltava e fermava ad aspettarlo ogni tanto, visto che Draco procedeva con ostinata calma. Riconosceva la strada che stavano percorrendo e stavano andando in salotto.

Sollevò le sopracciglia, quando sentì delle voci provenire da quella stanza, quindi affrettò il passo.

Una volta arrivato sulla soglia, li vide. Vide i proprietari delle voci.

Il pianoforte nell'angolo, incantato, suonava da solo melodie dal sapore natalizio. Il camino scoppiettava e riluceva di un fuoco arancione, talvolta attraversato da sprazzi verdi a causa di qualcuno che, probabilmente, stava usando la Metropolvere. Un grande albero era stato sistemato in un angolo e davanti a lui se ne stavano tre figure, una alta e due più piccole alte quasi uguali, ma chiaramente diverse l'una dall'altra.

Gli occhi di Draco attraversarono prima, da capo a piedi, la figura alta della donna. Era bionda, con lunghi capelli vagamente ondulati; alcune ciocche, vicino al viso, erano state allontanate e fermate sulla nuca con un'elaborata pinza dall'aspetto prezioso. Indossava un vestito verde scuro bordato di bianco e stava controllando che le fatine, che aveva sistemato sull'albero, si fossero tutte trovate un ramo sul quale stabilirsi, per evitare di ritrovarsele in giro per casa. Le due figure più piccole, invece, stavano sistemando sugli alberi più bassi delle palline colorate e dei bastoncini di zucchero rossi e bianchi, nastri e piccole decorazioni fatte con la carta. Una delle figure era l'Elfo Domestico Dobby, con indosso la vecchia federa sporca. Aveva le orecchie tracciate da lunghe strisce rossastre, segno che probabilmente si era dovuto punire da poco per aver disobbedito o disonorato il Padrone.

L'altra figura era ben vestita ed aveva i capelli biondi, così chiari da sembrare bianchi. Non erano pettinati diligentemente all'indietro, ma erano vagamente scompigliati su un lato e abbastanza lunghetti.

«Draco, tesoro, non ammucchiare tutte le decorazioni da una parte.» lo rimproverò dolcemente Narcissa, passandogli una mano sulla testa ed appiattendogli i capelli. «Dobby. decora il resto dell'albero con le palline.»

Il tono con il quale la donna si era rivolta all'Elfo era decisamente più duro, rispetto a quello che aveva usato con il figlio, tuttavia non sembrava ci fosse odio nella sua voce, solo noncuranza e superiorità.

«Sì, Padrona.» pigolò l'Elfo, voltandosi verso la cassa delle palline di Natale e agitando le mani sopra ad essa. Le palline si sollevarono in aria e le dita dell'Elfo Domestico le condussero fino ai rami, dove, una ad una, trovarono il loro posto. Narcissa, contemporaneamente, si premurava di continuare a decorare l'albero con striscioni di cristalli di ghiaccio scaturiti proprio dalla sua bacchetta.

Draco continuò ad osservare sé stesso, l'Elfo e sua madre decorare l'Albero, senza riuscire a nascondere un mezzo sorriso intenerito. Il sorriso si allargò di più quando vide sé stesso strappare di mano, con malagrazia, un bastoncino di zucchero a Dobby, per potersene infilare in bocca un'estremità.

Ridacchiò a bassa voce, nascondendosi dietro alla porta, per non farsi vedere. Il suo Dobby, comunque, se ne stava a fissare il quadretto familiare dritto in mezzo alla stessa, completamente in bella vista. Il Dobby che stava vicino al piccolo Draco, invece, si stava scusando per non aver consegnato subito il dolce al padroncino.

«Draco, non dovresti mangiare dolci senza permesso, lo sai.» lo rimproverò la madre, senza, però, sgridarlo per il modo in cui si era procurato quella leccornia. Il piccolo Draco sbuffò e fece per consegnare il bastoncino di zucchero a Narcissa che, strizzandogli l'occhio, si raddrizzò.

«Ho detto "dovresti", tesoro. Per questa volta passi… ma solo perché è quasi Natale!» esclamò lei, mentre Draco rideva e le girava intorno, tenendosi alle sue ginocchia con una mano, succhiando il bastoncino di zucchero ed osservando il grande albero quasi del tutto decorato.

«Quando torna papà, posso fargli vedere i disegni che ho fatto io?» domandò il bambino, indicando le due decorazioni a forma di Albero di Natale e di Pudding che aveva appeso ai rami dell'albero. Erano disegni sbilenchi, colorati maluccio e ritagliati anche peggio, ma Draco ne era molto orgoglioso.

«Ma certo!» esclamò Narcissa, piegandosi e prendendo in braccio il bambino. «Dobby, vai in cucina e comincia a preparare il the.»

Dobby rispose con un inchino, afferrò le scatole vuote, che avevano contenuto le decorazioni, quindi se ne andò in fretta. Corse verso la porta, proprio verso il sé stesso che se ne stava lì fermo da troppi minuti ormai… e quello non si mosse.

«Spostati, stupido Elfo, ti sbatterà contro!» sussurrò Draco, allarmato, ma Dobby si limitò a fissarlo con pacata curiosità, prima di tornare a guardare il sé stesso che stava correndo verso di lui.

Gli passò attraverso, neanche fosse stato un fantasma. Non diede nemmeno segno di aver solo sospettato della sua presenza. Gli passò solo attraverso, continuando per la sua strada. Dobby si voltò a guardarsi, con una vaga ombra di tristezza a coprire i grandi occhi rotondi, prima di voltarsi verso Draco.

«Sono morto vero?» sussurrò lui, con il cuore che iniziava a battere all'impazzata.

Dobby si lasciò andare ad un timido sorriso, quindi scosse la testa e le orecchie da pipistrello gli sbatacchiarono qua e là.

«No. Non possono vederci, Draco Malfoy, Signore. Narcissa Malfoy e il piccolo Draco Malfoy e anche Dobby non possono vederci, Signore, perché sono Ricordi.» spiegò Dobby e Draco sollevò le sopracciglia, uscendo allo scoperto e camminando pacatamente verso sua madre.

«Ricordi… miei?» domandò, allungando una mano per cercare di toccarle i capelli. La mano le passò attraverso, ma lui non sentì nulla.

«Sì, Draco Malfoy, Signore. Vede com'era felice?» continuò l'Elfo, quindi Draco osservò il sé stesso più piccolo. Stava ridendo in braccio alla madre e teneva stretto il bastoncino di zucchero in una mano, appiccicosa, mentre raccontava di come lui e Theodore Nott avessero costruito un pupazzo di neve "grande cooooosì".

Sorrise di nuovo, Draco, quindi si voltò quando vide il fuoco nel camino farsi verde smeraldo per più di solo qualche istante, segno che qualcuno stava arrivando.

«Draco Malfoy, Signore, dobbiamo andare…» disse Dobby, cercando di afferrare un lembo dei pantaloni di Draco, ma il ragazzo si scostò e lo guardò fisso.

«No. Restiamo.» disse semplicemente.

Stava cominciando a ricordarsi di quel Natale, di quel particolare episodio, quindi chinò il capo quando la figura del padre si materializzò proprio davanti al focolare. Il tempo di voltarsi a guardarlo e il fuoco era già tornato arancione. Lucius Malfoy, dal canto suo, si preoccupava di spolverarsi via la fuliggine dalle spalle.

«Dobby…» disse, annoiata, la voce del Mago. Subito, l'Elfo si materializzò di fianco a lui, tenendo in mano una spazzola che consegnò al padrone, perché potesse pulirsi gli abiti. Quando ebbe finito, l'Elfo pulì il pavimento dalla fuliggine caduta con un cenno della mano, quindi si smaterializzò nuovamente, probabilmente in cucina.

Draco guardò l'Elfo, ma non quello del suo Ricordo. Il "suo" Dobby stava fissando Lucius Malfoy con gli occhi spalancati ed attenti.

«Papà!» esclamò il bambino tra le braccia di Narcissa, sporgendosi per raggiungere il padre.

«Draco!» esclamò Lucius, allungando solo una mano e carezzando la testa del bambino.

Draco rinunciò all'istante all'idea di andargli in braccio, perché Lucius aveva cominciato a sporgersi semplicemente verso Narcissa e le aveva baciato la guancia, per poi voltarsi verso l'albero.

«Hai deciso quando daremo il consueto Ballo di Natale?» domandò semplicemente l'uomo, scrutando le decorazioni.

«Pensavo che, come al solito, sarebbe stato perfetto la sera della Vigilia. Ormai molti dei nostri ospiti sono abituati a trascorrere qui la sera prima di Natale, sono certa che dare il Ballo un altro giorno sarebbe controproducente.» rispose solo Narcissa, posando a terra Draco, che rimase lì dov'era stato sistemato, in piedi, intento a succhiare il suo bastoncino di zucchero e a fissare suo padre.

«La penso come te…» rispose soprappensiero l'uomo, scrutando le due decorazioni di carta che Draco aveva appeso. «Queste cosa sono?»

Il piccolo Draco sollevò le sopracciglia e raddrizzò le spalle, eccitato all'idea di poter compiacere il padre affermando di essere lui l'artefice di quegli ornamenti.

«Sono decorazioni natalizie.» rispose il bambino, incespicandosi nel pronunciare quella parola così difficile. «Sono un Albero di Natale e il Pudding di Dobby.»

Lo disse orgogliosamente, convinto che avrebbe ricevuto complimenti, magari anche un premio!

Non ottenne nessun premio, a parte un gentile sorriso di Lucius, che annuì nella sua direzione lasciando andare i disegni di carta che aveva lievemente sollevato con le dita.

«Molto bravo, Draco… Narcissa, premurati di farli sparire, prima del Ballo.» disse infine il Mago, abbassando la voce dopo essersi avvicinato alla moglie e convinto che suo figlio non l'avrebbe sentito. Il piccolo Draco, invece, sentì benissimo. Rimase immobile, senza muovere un muscolo, trattenendo il disappunto per non essere riuscito, ancora una volta, a compiacere suo padre.

«Draco Malfoy, Signore…»

La voce di Dobby distrasse Draco, quello grande, che distolse lo sguardo da sé stesso. Ricordava che si era quasi messo a piangere di fronte ai suoi genitori, quella volta, ma alla fine si era trattenuto. Era riuscito ad aspettare di arrivare nella sua camera, per riposare un po' prima del the, prima di lasciarsi andare ad un piccolo pianto infantile. L'ultimo, si era ripromesso allora.

«Adesso possiamo andare.» disse solo duramente Draco.

«Draco Malfoy, Signore, era così felice…» continuò Dobby, mentre seguiva Draco, che era partito in quarta verso la propria camera.

«E poi è arrivato mio padre. Già da piccolo, è stato capace di mortificarmi. Io voglio bene a mio padre e so che lui me ne vuole, e tanto, ma non mi ha mai dimostrato davvero amore paterno. Erano solo stupide ed orribili decorazioni di carta che avevo fatto in dieci minuti, ma ne andavo fiero!» esclamò Draco, girando un angolo e proseguendo diritto, con i passi di Dobby alle spalle, che, tuttavia, restava in silenzio. «Pensavo che fosse normale e che un padre dovesse comportarsi così, quand'ero piccolo. Non avevo idea del fatto che un vero padre avrebbe mostrato, invece, orgogliosamente ai suoi amici le decorazioni che suo figlio aveva fatto. E sai come ho imparato che è così che dovrebbe fare un padre? L'ho imparato a causa di quell'idiota di Weasley! Poveraccio, sciattone ed ignorante, ma con un padre vero.»

Draco, finalmente, si fermò. Aveva raggiunto la propria camera e aveva superato la soglia tenendo lo sguardo fisso verso il basso. Prese un profondo respiro e chiuse gli occhi.

«È incredibile come, anche nel tentativo di fargli un complimento, tu riesca comunque ad insultare Ron.» disse una voce dietro di lui, una voce più che conosciuta.

To be continued…

...

Prima parte della PRIMA Fanfiction del nostro Fangirlario dell'Avvento (termine coniato in questo momento medesimo).

La seconda parte sarà l'ultima fanfiction e verrà pubblicata il 25 Dicembre, probabilmente al mattino perché alla sera saremo tutti morti a causa della BBC.

Godetevi le altre Fanfiction, ci vediamo domani!

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Drarry Christmas!