Frollo se ne stava nella torre della sua cattedrale, deluso profondamente per il rifiuto definitivo da parte della zingara Esmeralda. Lui che era un prete, non avrebbe nemmeno dovuto pensare a quelle cose mondane quali l'amore, men che meno desiderare una gitana sporca nell'animo come lei. In fondo lui valeva molto più di quella misera creatura. Lei era bella, certo, splendida, giovane e sensuale, con quella gonna che faceva volteggiare sulla piazza di fronte a Notre Dame. Aveva ammaliato tutti quanti, il gobbo, il capitano delle guardie del re, il suo amico poeta e persino egli stesso. Ma lui, uomo di fede e di scienza, la batteva infinitamente con la sua cultura. Lei ovviamente queste cose neanche le capiva, viveva alla giornata d'altronde, con gente del suo livello, gentaglia, il popolino. E lui, nella sua torre d'avorio avrebbe dovuto puntare ben più in alto. Se proprio non riusciva a limitare il suo pensiero in materia religiosa, quantomeno avrebbe dovuto farsi più furbo con le scelte.
L'occasione non tardò a giungere in ogni caso. Febo di Chateaupers ci mise lo zampino: aveva saputo dal poeta Gringoire (con mezzi non proprio gentili) che tale gitana stravedeva per lui, e perciò aveva architettato un piano per far contento se stesso e non solo. Una sera quindi si decise a recar visita al misterioso arcidiacono della cattedrale, con le dovute precauzioni del caso, ovviamente, ovvero vestito di nero, con un mantello a nascondergli la figura. Andò da Frollo a proporgli uno scambio singolare: lui avrebbe rinunciato alla promessa sposa Fiordaliso e come compenso avrebbe preso Esmeralda per sé. Frollo capì subito che si trattava di un'ottima occasione per uscirne vittorioso. E così l'affare fu accordato.
Fiordaliso fu avvisata da Febo della cosa, e per la gioia del prete si mostrò ben propensa ad esaudire qualunque sua richiesta.
Venne dunque accordato il giorno, o meglio, la sera in cui ci sarebbe stato il loro incontro amoroso.
Frollo non stava nella pelle, era agitatissimo, se qualche conoscente lo avesse visto, non lo avrebbe riconosciuto! Si trattava della sua prima esperienza del genere, e la ragazza aveva il suo fascino. Non sarà stata appariscente come la Esmeralda, ma era nobile, di classe, e pur sempre giovane.
La fanciulla bussò alla porta e un Frollo tremante le venne ad aprire e la fece accomodare nelle sue stanze. Non si dilungarono in grandi cerimonie; in un battibaleno lui fu su di lei, impossessandosi con foga della sua tenera bocca. Proprio come il suo nome, quella ragazza era un fiore: capelli biondi lunghi fino a metà schiena, occhi limpidi come un ruscello, e una bocca da mangiare di baci. Lei dal canto suo era eccitata per la simile avventura; era già pratica della materia, ma non le era mai capitato un uomo di chiesa. E il luogo stesso che li circondava rendeva il tutto più esaltante. Dunque la donzella gli si mise sopra a cavalcioni, e con una certa faccia tosta lo liberò della tonaca. Poi, sempre da sopra di lui, si sfilò il vestito che indossava e glielo mise sopra gli occhi. Quando fu completamente nuda, con un gesto furtivo, gli tolse l'impedimento dagli occhi e lui quasi si sentì morire. Aveva davanti a sé non una fanciulla, ma una venere in carne e ossa, una beltà celestiale, afrodisiaca. D'un tratto si sentì troppo vestito, e dunque si sfilò i calzoni che ancora indossava, e liberò il voluttuoso membro. Con sguardo avido, se la strinse a sé e la rigirò, guadagnando la posizione di predominio, dopodiché si lasciò trascinare dal suo istinto, e furono un unico corpo.