1

Le dita le dolevano, stava per perdere la presa, non riusciva a respirare per i colpi che aveva ricevuto da Maddox. Non poteva credere che tutto sarebbe finito in quel modo. La mente le si svuotò all'improvviso riempiendosi di un solo nome ripetuto all'infinito: Castle.

In una frazione di secondo, prima di lasciarsi andare, le apparve il film di quelle ultime settimane.


Non aveva mai dato importanza a quel rito mattutino, almeno non fino a quel freddissimo inizio di giornata così tipicamente invernale. Erano tutti lì, nel parco, attorno all'ennesima vittima che New York non esitava a far riemergere dopo le sue notti agitate e inquiete. Tutti, tranne Castle e il suo caffè.

Aveva attraversato l'area recintata dal nastro giallo, puntando decisa verso Lanie ancora intenta a studiare il cadavere. Si era inchinata accanto a lei, facendo scrocchiare sotto le suole la brina che aveva reso i prati circostanti una distesa grigiastra; si ostinava a cercare un modo per perdersi nei particolari di quel delitto. Aveva estremo bisogno di impegnare la mente, non poteva permettersi di divagare su cose futili e insignificanti come la mancanza della sua dose mattutina di caffeina, perché poi avrebbe dovuto ammettere a se stessa che probabilmente a mancarle fosse la sua dose giornaliera di Richard Castle.

Una settimana, sette giorni, otto notti che non aveva notizie di lui e non poteva biasimarlo per non essersi più fatto vivo, non dopo quello che era successo.

"tesoro, vedrai che tornerà" Lanie l'accolse con quelle parole senza staccare gli occhi dalla vittima e la fece quasi sobbalzare per la sorpresa, come faceva Lanie a sapere "ehm, chi? Cosa, no? Io non stavo pensando a lui" le venne spontaneo difendersi, ma l'amica la fece sentire ancora più in imbarazzo "e chi parlava di Castle? Mi riferivo al bel tempo…." La solita Lanie, le lanciò un'occhiata complice e divertita, sapevano entrambe quale fosse la verità

"lo hai chiamato?" stavolta era andata dritta al sodo

"noo, Lanie ti prego non ora e non qui" aveva implorato una tregua con lo sguardo e l'amica gliel'aveva concessa un po' riluttante.

Lanie era stata la prima a vedere le scintille generate da Rick e Kate anche solo stando nella stessa stanza, all'inizio si era anche divertita ad osservare il modo in cui si attraevano e respingevano come calamite con i poli in perenne movimento, ma sapeva di assistere ad un balletto che sarebbe dovuto finire per troppa energia repressa. Una sera lo aveva anche detto all'amica "prima o poi uno di voi due esploderà lo sai Kate, vero? Non è umano rimanere in questo limbo come state facendo voi, affrontalo!"

Lanie era armata delle migliori intenzioni, avrebbe voluto vedere felice l'amica e si era chiesta, spesso, perché Castle non avesse mai fatto IL passo di dichiararsi, era così evidente a tutti! Quello che Lanie, e nessuno, sapeva era che la dichiarazione c'era stata eccome, nel momento più tragico e doloroso, mentre Rick la teneva morente tra le braccia, stesa sul prato di quel cimitero, quasi un anno prima.

"ti amo Kate" spesso si svegliava nel cuore della notte col suono di quelle parole pronunciate con una sofferenza che le avviluppava il cuore ogni volta, e si sentiva in colpa per avergli mentito, per non essere riuscita a dirgli che lo aveva sentito, che ci si era aggrappata con tutta se stessa a quelle tre parole, che sicuramente era viva per quello, aveva voluto combattere per ritornare alla vita, ad una vita con lui. Ma poi la Vita presenta il conto della realtà, più dura, più faticosa e, per lei, ancora disseminata di ostacoli impervi.

Alcune volte, riemergendo da quel sogno ricorrente, si scopriva a rispondergli, scusandosi perché non aveva la forza, perché si sentiva ancora così irrisolta da sapere di non poter ricambiare quell'amore che lui le rivelava nei piccoli gesti del loro bizzarro quotidiano.

Aveva un percorso lungo e tortuoso da fare ancora, e non voleva l'aiuto di nessuno, era una viaggio che doveva fare da sola, guidata dal paziente dott. Burke, ma nessun'altro poteva entrare in quel groviglio di timori, emozioni, dolori, ricordi, che l'avevano modellata per anni, fino a farla diventare quello che era ora.

Un'impalcatura difficile da scardinare, eppure Castle in qualche modo ci era riuscito perché per la prima volta dall'omicidio della madre, dopo la storia del cecchino che imperversava su New York, aveva capito che doveva andare oltre, "Voglio essere qualcosa di più di quella che sono" era stata la sua richiesta accorata di aiuto al dottore, si sentiva pronta ad essere soccorsa per la prima volta nella vita, nonostante le sue paure fossero tutte lì a soffocarla "Ma non so se posso riuscirci, senza deludere mia madre", e non aveva ricevuto indietro frasi di circostanza ma la dura verità "E' morta, Kate. Non puoi deluderla. Puoi solo deludere te stessa. La sua morte è parte di te. E dovrai fartene una ragione, proprio come dovrai fare con le cicatrici che hai da quando ti hanno sparato. Ma non dev'essere un limite per te."


E lei ci si era messa con tutta se stessa, aveva combattuto, perché in fondo Rick aveva ragione, era in debito con lui …di almeno cento caffè.

Castle, Castle! Aveva urlato con tutto il fiato che le rimaneva, poi aveva dovuto cedere, percepì il momento esatto in cui le dita persero la presa. Poi una mano spuntò dal nulla e le afferrò il polso.