Kaori, che cosa ti aspetti dalla vita?

Capitolo 1: Una grande lealtà e costanza

28 agosto. Era il 28 agosto e tuttavia il cielo era cosparso di nuvole. Le strade di Shinjuku erano popolate, ma non come lo erano di solito in quel periodo dell'anno dove, generalmente, il bel tempo ed il calore invadevano la città. A rigor di logica, camminando in quel periodo dell'anno, si sarebbero dovute vedere delle madri di famiglia divertirsi nei vari parchi della città con i loro bambini. Donne che cercavano disperatamente di tenere occupata la loro progenie trascinandola il più lontano possibile dalle loro case, per cercare di evitare di ritrovarle sottosopra arrivata la sera. Vale a dire quando i colpevoli si ritrovavano tranquillamente a letto, finalmente, infischiandosene del tutto che fosse poi mamma a dover rimettere in ordine. Ed infischiandosene ancora di più che fosse papà a ricevere le ire del cattivo umore materno senza alcuna ragione, solo perché le sue scarpe erano fuori posto di qualche centimetro rispetto al punto nel quale avrebbero dovuto trovarsi. No, gli angioletti se ne infischiavano, ignari di tutto, semplicemente felici di essere finalmente tra le braccia di Morfeo.

Di solito, in una giornata di fine agosto, in tarda mattinata, camminando nel parco, avrebbe potuto vedere degli adolescenti, generalmente in gruppo, godersi quegli ultimi giorni di tranquillità prima della ripresa dei corsi. Tutti già pronti a maledire quei professori che li avrebbero costretti a restare seduti tutto il giorno su una sedia dietro alle loro scrivanie, per cercare di apprendere delle cose che gli sarebbero state, forse, utili nella vita benché non sapessero ancora come o perché. Dei giovani che cercavano, in quegli ultimi giorni di libertà, di fare tutte le cose che si erano ripromessi di fare durante le loro vacanze, rimandandole di giorno in giorno dicendosi che avrebbero avuto tutto il tempo, fino a che non fosse stato poi troppo tardi. E di solito, avrebbe potuto vedere, a quell'ora del giorno, delle coppiette tranquillamente sedute su una coperta per un pic-nic romantico o semplicemente per una pausa veloce con le loro care e dolci metà.

Ma in quel giorno, niente di tutto ciò. Dal mattino, una leggera nebbia aveva ricoperto la città, nascondendo il sole e umidificando l'aria, impedendo a chiunque di restare fermo con quel tempo.
E per quanto valeva lui?
Come per tutti, il grigiore gli aveva rabbuiato l'umore, ma, come al solito, si era ritrovato a fare il giro della città mentre la sua socia era andata alla lavagna dei messaggi della stazione di Shinjuku per vedere se qualcuno avesse avuto bisogno di lui, di loro. Ma lui era con la testa da tutt'altra parte, e per una volta, sperava che nessuna donna giovane e carina avesse bisogno dei suoi servizi, per non parlare di un uomo. Sapeva che il conto in banca era in rosso e che i vari suoi creditori tempestavano la sua socia, ma non poteva farci niente e soprattutto, sapeva di non avere la testa per concentrarsi su un incarico, qualunque esso fosse.

Ma la sua socia non se n'era preoccupata o piuttosto, lui non le aveva detto niente. E poi, per dirle cosa del resto? Che non voleva lavorare? Glielo aveva già detto troppo spesso. Talmente spesso che sapeva già quale sarebbe stata la sua reazione davanti ad un'affermazione simile. O forse, si sarebbe allarmata della sua mancanza di voglia di proteggere una "miss mokkori" e gli avrebbe chiesto perché non voleva lavorare. Ed anche in quel caso, che risponderle? Che non ne aveva alcuna idea? Una volta ancora si sarebbe fatto spiaccicare al suolo da una delle sue eterne martellate. Perché era quello che voleva anche lui, ma d'altronde era la verità: non ne aveva alcuna idea.
Invece sì, la realtà era che lui sapeva perfettamente il perché della sua mancanza di verve, ma dirle che era troppo occupato a pensare a loro due per concentrarsi su un incarico... Sapeva che una risposta del genere gli avrebbe portato solo dei problemi: vale a dire mettere benzina sul fuoco.

Con una riflessione come quella, o la sua socia lo avrebbe comunque preso a martellate, o avrebbe sperato. E sperato cosa? Non lo sapeva, o forse, lo sapeva fin troppo bene. Ma dopo sei anni di partenariato con lei, non sapeva ancora se era capace di darle quello che lei si aspettava da lui.
Lo sweeper rallentò il passo sul marciapiede, fino a fermarsi del tutto, vedendo l'interessata accovacciata per terra davanti ad un negozio di fiori, ad annusarne la merce, mentre una vecchia signora, proprietaria del negozio, la guardava fare sorridendo cordialmente. Kaori sorrideva, il naso immerso in un mazzo di piccoli girasoli, ignara del mondo che la circondava ed ancora di più degli sguardi maschili posati sulle sue cosce, valorizzate da una minigonna color bordeaux, ma anche dalla sua posizione.

Ed improvvisamente, guardandola così, si rese conto di una cosa alla quale non aveva mai fatto attenzione prima: lui non sapeva assolutamente quello che lei si aspettava da lui.
Certo, sapeva che quella giovane donna accovacciata a qualche metro da lui, la stessa con cui viveva da diversi anni e che poteva diventare una vera furia ogni giorno creato da Dio non appena lui aveva l'audacia di fare qualcosa che non le piaceva, era innamorata di lui e lui lo sapeva bene. E quella stessa donna, lui sapeva anche questo, era cosciente dei suoi sentimenti per lei. Dopo tutto, glieli aveva confessati lui stesso, a parole velate, certo, durante il matrimonio dello scimmione. E tuttavia, nonostante tutto, ognuno di loro continuava, dopo quelle poche parole pronunciate qualche mese prima, la stessa vita di sempre. Come se niente fosse stato, come se lui non le avesse mai aperto il suo cuore.

Ma d'altra parte, doveva ammettere che effettivamente non l'aveva fatto. Come lei non glielo aveva mai detto a voce alta e chiara. Ma non era questo che lo turbava in quel momento, non propriamente, in ogni caso. Il fatto che lei non avesse cercato di spingerlo ancor più lontano nella sua confessione il giorno del matrimonio di Falcon l'aveva turbato, sì. D'altro canto però, lei lo conosceva talmente bene dopo tutto quel tempo, che lui sapeva che se lei in seguito aveva deciso di non dire niente al riguardo, era per paura che lui le dicesse qualcosa del tipo: "Non ti immaginare le cose, Kaori. Io parlavo di tutte le "miss mokkori" della terra che non hanno ancora avuto la gioia di incontrare lo stallone di Shinjuku! Io amo tutte le donne, lo sai! E a te non si può certo dare questo nome!". Allora lei non aveva detto nulla per paura di una risposta simile, e lui non aveva fatto avanzare oltre le cose, per paura di dire una sciocchezza nel suo stile, ma anche, e soprattutto, perché non sapeva come comportarsi con lei. Ed il fatto che lei non dicesse niente, gli aveva fatto mantenere il silenzio.

Senza rendersene veramente conto, lo sweeper lanciò uno sguardo nero ad un gruppo di adolescenti che passavano da quelle parti e che stavano sbirciando proprio la sua socia, obbligandoli a distogliere gli occhi da posti dove non avrebbero mai dovuto posarsi, dove nessuno aveva il diritto di posare lo sguardo, nemmeno lui. No, ciò che lo turbava in quell'istante era che, nonostante tutti gli anni passati al suo fianco, nonostante potesse leggere in lei con un semplice sguardo e ancora, nonostante il fatto che conoscesse i sentimenti della donna nei suoi confronti, lui non sapeva ciò che lei si aspettava da lui. Non glielo aveva mai chiesto, e del resto non si era mai posto quella domanda prima di allora, troppo pieno di sé e persuaso di conoscerla come le sue tasche. Da settimane si chiedeva perché lei avesse avuto una reazione simile o piuttosto, una mancanza di reazione simile, di fronte alla sua quasi-dichiarazione, ed improvvisamente si rese conto che da parte sua non c'era stata una mancanza di reazione, era solo che lei non aveva avuto la reazione che lui si aspettava.

E si chiese fino a che punto si era sbagliato nella sua visione di lei. Da anni, agiva pensando a quello che lei gli avrebbe detto, ma era realmente così? Sapeva realmente quello che lei pensava? Le scelte che lei avrebbe fatto?
L'aveva ben preso in contropiede alla morte di Hideyuki con la scelta di restare al suo fianco, da dove gli veniva quella certezza che, sapendo che lei lo amava, sapeva allora di conseguenza le decisioni che lei avrebbe preso? Eppure nessuno meglio di lui poteva sapere che le persone non agiscono quasi mai come ci si aspetta, che non bisogna mai fidarsi della apparenze. Allora perché lo faceva con Kaori? La sola persona che realmente, nelle sue scelte e nel suo modo di essere, era sempre stata capace di sorprenderlo? Perché si aspettava che, dicendole a sua volta di amarla anche lui, lei avrebbe cominciato a sognare il matrimonio, la stabilità e una casa con la staccionata bianca ed un cane?

Conosceva la risposta: perché era quello che veniva mostrato nei film.
Nella sua vita, non aveva mai avuto una vita serena, non sapeva che cos'era, il modo in cui si poteva immaginarla e allora la pensava così come la mostravano nei film: una coppia che si amava, si sposava ed acquistava una casa, dei bambini nati dal suo amore e che giocavano nel giardino con gli animali da compagnia, gli amici che venivano a far visita di tanto in tanto. I bambini che crescevano e che ne facevano a loro volta, portandoli a Natale per festeggiare in famiglia, e la coppia di partenza che invecchiava, ma che restava salda, ricongiungendosi nella morte dopo una vita serena costruita assieme, certa che la progenie avesse trovato la felicità e potesse volare con le sue ali. La vita che Hideyuki voleva per sua sorella, la vita che anche lui aveva cominciato a volere per la donna che amava, a rischio di cercare di spingerla lontano da sé.

Ma Kaori? Che cosa voleva Kaori? Se per qualche secondo aveva fatto tabula rasa dei desideri di Hideyuki e dei suoi, lei, che cosa voleva lei per se stessa? Per tutto quel tempo, per anni, era stato certo che quella vita già tracciata era fatta per lei, che era questo quello che desiderava... Ma quante volte in passato lo aveva fatto ricredere? Quante volte aveva cercato di farla partire e lei aveva fatto di tutto per restare? Ne aveva perduto il conto nel corso del tempo, sul momento troppo sollevato di vederla restare, ogni volta. Ma a guardarla sorridere così, il naso nel mazzo di fiori, doveva ammettere che contrariamente a tutto quello che credeva, e nonostante tutto quello che la vita e lui stesso le facevano subire, lei era felice. E lui, si ritrovava lì piantato sul marciapiede, bersaglio facile, perso nei suoi pensieri a guardarla, rendendosi conto all'improvviso che, suo malgrado, sorrideva come un idiota nel guardarla.

E questi? Qual è la loro storia? -

La voce della sua socia lo distrasse dai suoi pensieri e lui fece qualche passo di lato per appoggiarsi contro il muro, aspettando che una delle due donne lo notasse. Per un attimo, sospirò contro la sua socia e la sua adorazione per i fiori e tutto quello che ci si poteva riallacciare, ma si rimise a sorridere vedendo che ancora una volta, la sua socia stava rendendo felice un'altra persona, senza nemmeno averne coscienza, solamente facendo una semplice domanda.

Ah, i fiori del sole... Il movimento del girasole, che segue il sole, simbolo di una grande lealtà e costanza. -

L'anziana signora aveva assunto un tono da maestra, troppo felice di poter godere di un orecchio attento e interessato, piuttosto che avere a che fare con un cliente qualunque che ogni volta, o quasi, voleva solo rose rosse o bianche, infischiandosene di quello che i fiori avevano da dire all'orecchio di chi si prendeva il tempo di ascoltare. Mettendo in mostra un'aria da cospiratrice, la commessa si chinò leggermente in avanti come per confessare un segreto alla giovane donna.

Si dice che se una ragazza mette tre semi di girasole a livello delle reni, sposerà il primo uomo che incontrerà. -

L'anziana signora si rialzò sorridendo, vedendo lo sguardo brillare di malizia nella sua cliente e Ryo sorrise, vedendola accarezzare con la punta delle dita i petali di quei fiori che lei stava ammirando da quando lui era arrivato.

E perché di una grande lealtà e costanza? -

Ah, questa, ragazza mia, è una storia triste che mio padre mi raccontò quand'ero ancora piccola. Sa, mio padre, era proprietario di questo negozio prima di me. Ed aveva una grande sete di conoscenza riguardo ai fiori, ancora peggio della sua, signorina. Non eravamo una famiglia ricca, ma non appena poteva, comprava qualche libro che raccontava il simbolismo dei fiori di tutto il mondo, per trovare IL fiore che fosse perfetto per mia madre... E ci raccontava queste storie, la sera mettendoci a letto, ed è sicuro che saranno molto diverse dalle favole della sua epoca... Ma torniamo al nocciolo della questione.

Kaori sorrideva, attenta, alla commessa, e per nulla impaziente davanti ai suoi cambi di conversazione.

I girasoli... Se mi ricordo bene, era greca o qualcosa del genere... Quel paese dove fanno le statue di uomini e di donne nude, sempre bellissime, per rappresentare i loro dei... Sì, dev'essere la Grecia... A quanto pare, e se la mia memoria è ancora buona, sa, non è più tanto giovane, come me del resto... c'era un dio del sole laggiù, Elio, o qualcosa del genere, si chiamava il buonuomo. Insomma, fatto sta che questo Elio, si fece annegare dai suoi zii, va a sapere perché, piccola... Ma ecco che Elio si ritrovò in alto nel cielo, e piuttosto che essere il dio del sole, lo diventò... Il Sole, voglio dire... Insomma... E' triste, ma la storia non finisce qui: sulla terra, c'era una ragazza, una semplice mortale, niente a che vedere con tutti gli dei, si chiamava Clizia, e questa Clizia era innamorata di Elio, ma innamorata a puntino. Parlo di quando era ancora il dio del sole, eh, prima che i suoi zii lo annegassero, mi segui?

Kaori annuì con la testa sorridendo, continuando ad accarezzare i fiori dolcemente per paura di rovinarli.

Insomma, fatto sta che quando lo annegarono e questo Elio si ritrovò in cielo, e beh, Clizia, non poté più avvicinarlo e inoltre, egli spariva tutte le notti, visto che era diventato il Sole in carne ed ossa, insomma non proprio in carne ed ossa, ma vabbè... Insomma... Di colpo, Clizia, beh.. morì di dolore non potendolo amare che in quel modo... Ma vedi, mia cara, ciò che c'è di bello in tutte queste storie di greci, e' che anche se lei è morta del suo amore, beh, ha continuato a sopravvivere comunque, perché quando è morta, ha messo le radici nella terra e poco a poco, beh, si è trasformata in fiore, quelli che tieni lì... Capisci, così questa Clizia, ogni giorno può seguire il percorso del suo Elio nel cielo. -

Kaori sorrise tristemente prima di rialzarsi e di frugare nelle tasche per dare qualche banconota alla commessa nonostante i loro problemi finanziari. Mentre stava porgendo i soldi all'anziana signora, una mano le afferrò il polso e Kaori trasalì, prima di arrossire, incontrando due occhi scuri che conosceva fin troppo bene. E dire che continuava a rompergli i timpani perché la smettesse di buttare dalla finestra i pochi soldi che avevano... Di sicuro, adesso glielo avrebbe fatto notare, visto che non avevano bisogno di fiori per sopravvivere, ma con suo sommo stupore, il suo socio le sorrise, prima di frugare nelle tasche, per porgere lui stesso qualche banconota alla fiorista. Senza aggiungere nulla, afferrò il mazzo di fiori del sole, che mise tra le mani di una Kaori sbalordita, prima di fare un cenno del capo alla commessa e di riprendere la strada verso il loro appartamento con l'altra mano di Kaori sempre tra la sua. Senza una parola, la donna si lasciò trascinare in quel modo attraverso le strade di Shinjuku, un sorriso sulle labbra benché non capisse nulla dei gesti di Ryo o di quello che ci faceva lì, ma non cercando infondo di volerlo capire.

DISCLAIMER : I personaggi di Kaori, che cosa ti aspetti dalla vita? sono basati sull'opera di Tsukasa Hojo

TRADUTTORI : Marzia86