Dean : Queste cose sono morbose, violente, sono così malvagie da far marcire il terreno intorno. Andiamo, non ha visto "Cimitero vivente?"

(Children Shouldn't Play With Dead Things)


C'erano poche cose al mondo di cui fosse sicura. Una di queste era che lei detestava i tipi come Dean Winchester. Belli come il demonio quando ti invita a peccare ad altrettanto ributtanti all'interno. Calcava il palcoscenico del mondo come se ne fosse contemporaneamente regista, protagonista e produttore, prendendo decisioni a nome di tutti, il come, il dove, il quando ed il perché. E lasciando agli altri la briga dei compiti meno allettanti, qualsiasi cosa non dovesse aiutarlo ad aumentare il vergognoso fascino da bello e dannato che si portava appresso.

Ma la realtà dei fatti – pura e semplice – era che Dean Winchester era uno stronzo. Ancora peggio, era uno stronzo ipocrita. La sua facciata da santo spaccone non convinceva, iniziava a cedere appena si grattava un po' la superficie. Ed allora ti accorgevi di quanto era marcio dentro.

Arrivavano mentendo, sbandierando distintivi, cartellini, identità famose in altri ambiti che lui trovava divertente riciclare in quel modo.

Perché non farsi due risate alle spalle di chi se la beveva?

(Agenti Perry e Tyler)

(Dottori Page e Plant)

Facendo domande, ispezionando cadaveri. Ridendo su quei poveri resti.

L'aveva visto tante volte proclamare a voce alta che dovevano salvare le persone, perché era quello che facevano.

L'affare di famiglia.

Salvarle.

E poi lasciarsi alle spalle famiglie distrutte.

Vedove disperate, i cui dolore era stato brutalmente vilipeso dalle sue domande prive di umanità.

Orfani, resi tali per il loro stesso bene, che avanti nel tempo avrebbero imparato ad accettare il dolore della perdita della madre o del padre.

Genitori privati dei figli, le mani che si torcevano l'una nell'altra.

Le palpebre strette, nel misero tentativo di arginare il pianto.

Prima o poi si sarebbero rassegnati.

Come si era rassegnato lui.

Nel frattempo, non è che Dean Winchester si facesse scrupoli nel calpestare la vita di quella gente martoriata, nell'entrare nelle loro case interessato solo a quello che poteva essergli utile facendosi scivolare addosso le loro lacrime, la loro sofferenza, il loro lutto.

E. Quelle. Domande.

Le domande di quello a cui non importava un cazzo. Di quello che passa accanto a due macchine fracassate ed allunga il collo per vedere se c'è scappato il morto. Le smorfie che distorcevano il suo bel viso quando il suo ben più posato fratello cercava di arginare il modo cattivo che aveva di infliggere dolore verbalmente, quando non trovava una scusa accettabile per passare alla violenza fisica.

Si vedeva che ci provava gusto. Gli piaceva dire la cosa sbagliata, vedere la faccia dell'interlocutore spezzarsi e accartocciarsi, mentre gli occhi diventavano sempre più grandi. Far crollare la facciata di compostezza per vedere trapelare il dolore. Per vedere come reagivano loro, al dolore della morte.

Se meglio o peggio di lui.

Per dimostrare ancora una volta di essere più forte degli altri, più duro e molto, molto più bravo.

Poteva darsi che gli angeli l'avessero salvato, ma Dean Winchester era benevolo quanto una bestia impazzita.