Nota dell'autrice: questa è una raccolta di one-shots, tutte lemon. Per questo, sia questa storia che quelle che seguiranno conterranno contenuti e scene erotiche più o meno esplicite. Per questo pregherei chiunque non si sentisse a proprio agio nel leggere simili contenuti di leggere qualcosa di diverso.
A Idreim.
LEMONISH
#1.
Anonymity, or, "Taken by the Faceless
Stranger"
Era una delle giornate che detestava.
In teoria avrebbe dovuto essere in giro con lui a rilassarsi e starsene tranquilla, e invece si trovava lì, chiusa in un ufficio con un cielo grigio e pieno di pioggia che la costringeva a non uscire, dato che il temporale sembrava farsi più violento ad ogni minuto che passava. E in più, dovevano sbrigare entrambi del lavoro urgente che era spuntato quella mattina…accidenti al Garden, al comando, ai test che doveva sottoporre ai suoi studenti e alla sindrome premestruale di cui era sicura d'esser vittima, dato il nervosismo eccessivo che l'aveva presa.
Afferrò i fogli con le domande per il test scritto che aveva programmato per la settimana successiva, dirigendosi verso lo stanzino delle fotocopie, mentre cercava di convincersi che avrebbe potuto rifarsi nel fine settimana, in fondo che importanza poteva avere se il suo giorno libero l'avrebbe speso a fare fotocopie e programmare lezioni? Ok, era nervosa. Era irritata, e nessuno avrebbe potuto parlarle senza ricevere una risposta sgarbata, ma a parte quello che importava?
Ecco, finite quelle fotocopie, per esempio, poteva farsi un giro in biblioteca e cercare una guida turistica….e organizzare il fine settimana –e l'avrebbe avuta, quella vacanza lampo, costasse quel che costasse, perché aveva aspettato anche troppo per poter staccare la spina. Mancavano tre giorni a sabato e, cascasse il mondo, sarebbe partita insieme a lui e –ma accidenti, ora non funzionava nemmeno la fotocopiatrice!
Avrebbe urlato, se fosse stata sicura che sarebbe servito.
Si passò le mani tra i capelli, cercando di calmarsi con profondi sospiri ad occhi chiusi; valutando tutto quello che poteva fare per cavarsi d'impiccio, si rese conto che non aveva la minima idea di come aggiustarla, quella macchina, né di quale potesse essere il problema. Si ripassò di nuovo le mani tra i capelli, trovandosi improvvisamente impotente e con tutti i suoi programmi che sembravano andare di nuovo in fumo. Continuava a fissare quella dannata fotocopiatrice, a sentire la dannatissima pioggia che cadeva fuori, a trovarsi circondata da tantissime cose che parevano soltanto mettersi in mezzo solo per innervosirla.
Aveva ogni secondo più voglia di urlare.
E probabilmente lo aveva fatto, perché qualcuno aveva spento la luce facendo calare nella stanza un buio quasi totale, ed era entrato chiudendosi la porta a chiave alle spalle.
Voleva voltarsi, ma la persona che era entrata le si era avvicinata stringendola alla vita e posandole qualche bacio sul collo, immobilizzandola di paura. Non aveva la minima idea di chi fosse, non poteva muoversi e non le sarebbe servito urlare perché la porta era chiusa e comunque non sarebbe potuto entrare nessuno ad aiutarla.
Cercò di divincolarsi, ma quella bocca pareva conoscere tutti i suoi punti deboli e le aveva già indebolito le gambe di eccitazione, insieme alle mani che vagavano sempre più su, lentamente, infilandosi appena sotto alla sua maglia e arrivando a stringerle il seno. C'era una persona sola che sapeva come farla arrendere…le sfuggì un mugolio, che cercò di mascherare chiedendo, "chi sei?"
Un sorriso mezzo sospirato e mezzo mugolato al suo orecchio fu l'unica risposta che poté ricevere. Le parve di riconoscere una voce familiare –ed era l'unica spiegazione, perché era impossibile che uno sconosciuto sapesse così bene come baciarla e dove toccarla; alzò una mano per affogare i suoi dubbi contro la pelle e i capelli dell'uomo che la stava abbracciando, ma lui la costrinse ad abbassare le braccia mentre la spogliava e si trovò a collaborare senza quasi rendersene conto. Aveva addosso solo la biancheria quando lui la voltò e la spinse contro un tavolo lì accanto, affogando il suo mugolio di vago dolore premendole le labbra contro. Le sembrava quasi che fosse impossibile che fosse lui, perché era sempre stato così dolce, attento e premuroso nei suoi confronti e invece ora l'aveva spinta in maniera rude contro il tavolo.
Doveva ammettere che però era eccitante…
Approfittò del fatto che lui stesse trafficando con la chiusura del suo reggiseno per alzare una mano a sfiorargli la fronte per assicurarsi che vi fosse uno sfregio e poi scese velocemente ad accarezzargli il lobo, trovando l'orecchino che cercava. Certa della sua identità e oramai completamente nuda tra le sue braccia, si rilassò decisa a godersi il breve incontro con cui aveva deciso di farsi perdonare.
E cominciava ad avere la sensazione, sempre più precisa, languida e galoppante in lei che sarebbe stato un incontro intenso e memorabile, per la rudezza che le sembrava anche più marcata rispetto alla dolcezza a cui era abituata. Forse quel tavolo le avrebbe lasciato un livido, tanto vi era premuta contro con forza, ma le labbra di lui che viaggiavano sul suo corpo fino ad accarezzarla tra le gambe erano in grado di farla tremare dentro per l'eccitazione. Si aggrappò con forza al legno, sentendo la sua bocca che la divorava e le sue mani che le stringevano e accarezzavano le cosce, impedendole nello stesso tempo di muoversi contro di lui. Era in suo completo potere e tutto quello che poteva fare era abbandonarsi…
…e lui sapeva benissimo come costringerla ad arrendersi, sapeva come toccarla e come baciarla e le sembrava quasi travolgente che riuscisse a farlo anche senza parlarle come era solito fare. Si chiese se lui si rendesse conto di quanto fosse fradicia per i suoi giochi, se avesse capito che avrebbe anche potuto penetrarla in quel preciso istante; ma lui sembrava più interessato a continuare a darle piacere lasciando scorrere la lingua su di lei, lentamente e poi con un colpo così rapido che non le riuscì di trattenere un gemito –e sapeva che doveva fare piano o li avrebbero sentiti, e chiunque fosse passato nel corridoio si sarebbe reso conto di cosa stesse accadendo nella stanza; la porta chiusa a chiave non l'avrebbe certo risparmiata dall'imbarazzo. Ma si rendeva conto che sapere di poter essere scoperti era quello che la eccitava di più, in quella situazione.
Si aggrappò con ancora più forza al tavolo, con le braccia che si indebolivano sempre di più, quando sentì la sua lingua scivolarle dentro quanto bastava per costringerla a lasciarsi andare del tutto e l'orgasmo la colse quasi impreparata. Era così persa nel piacere, nell'eccitazione, così tesa ad ogni suono che sentiva là fuori e che la faceva vibrare dentro che non si rese conto che lui si era già rialzato e si stava premendo contro di lei con forza, strappando un bacio dalla sua bocca ancora socchiusa nel gemito silenzioso che si era permessa. Mugolò un po' di piacere contro alla sua lingua, strusciando il sesso contro l'erezione di lui che ricambiò con un gemito sommesso; sembrava che tutto quello che lui faceva riuscisse solo ad eccitarla, perché bastavano anche i rumori del suo piacere nella sua bocca per farla tremare e percorrere da un brivido così intenso da scuoterle le viscere. Si mosse con più forza contro di lui, sorridendo tra i baci quando sentì che affondava una mano tra i suoi capelli per tenerle ferma la testa; e credette di essere sul punto di avere un altro orgasmo quando lui si separò bruscamente da lei, mantenendo la presa sui suoi capelli, per spingerla in ginocchio di fronte a sé.
Nel buio, lei allungò una mano tremante a sfiorare la pelle caldissima del suo sesso; prima lentamente e delicatamente, per poi stringerlo con un po' più forza mentre lasciava scivolare le labbra sulla sua lunghezza, in una serie di baci così leggeri da costringerlo ad aggrapparsi al tavolo come aveva fatto lei poco prima. Udendo il rumore del suo anello che sbatteva con forza contro il legno, lei decise che valeva la pena essere lenta e sensuale come era stato lui con lei; e strofinò la guancia contro la sua erezione, iniziando a baciarlo e leccarlo dal fondo pur di prolungare la tortura il più a lungo possibile, mentre lui le spingeva la testa con forza contro di sé facendola sentire ancora di più in suo completo potere.
Adorava quella sensazione di completo possesso, anche mentre era lei a decidere a che gioco avrebbero giocato. Anche mentre lui non poteva fare nulla per ottenere il piacere che desiderava così tanto, perché lei aveva deciso di accarezzarlo con la lingua un centimetro alla volta, di sentirlo mugolare di piacere e insoddisfazione mentre si muoveva lentissima, di godersi ogni secondo in cui le era permesso assaporarlo, in una giornata che si era preannunciata fin da subito orribile.
Forse gli avrebbe detto, un giorno, quanto adorava il sapore e il calore della sua pelle. Forse gli avrebbe detto che lei amava poterlo baciare in ogni punto del suo corpo così come adorava essere baciata ovunque da lui. Forse gli avrebbe detto che quando lo accoglieva nella sua bocca, come in quel momento, e si prendeva cura di lui con la lingua, si sentiva ancora più vicina a lui, per l'idea di intimità che era custodita in quel gesto. Forse gli avrebbe detto che la sua dolcezza per lei era meravigliosa, ma le sue dimostrazioni di forza e la rudezza che le aveva regalato quel giorno sapevano farla impazzire di desiderio. Forse gli avrebbe detto che adorava sentirlo gemere il suo nome mentre sfiorava con la lingua il suo punto più sensibile, e allungava una mano per poterlo toccare anche dove la sua bocca non arrivava.
Forse gli avrebbe detto, quella sera, che per quanto sentirlo contro e dentro di sé era stato eccitante, avrebbe preferito avere la luce accesa per vederlo, e perché lui potesse vedere che respirare il suo odore mentre lo leccava l'aveva costretta a far scivolare una mano tra le sue gambe per placarsi per qualche minuto –perché sapeva benissimo quanto lui adorasse guardarla masturbarsi.
O forse non gli avrebbe detto nulla e avrebbe lasciato quell'incontro avvolto nel mistero che lui aveva scelto, e avrebbe continuato a ripensarci fino a quando non avrebbe resistito più e gli avrebbe chiesto di prenderla come quel giorno. Chi lo sapeva….
Si costrinse a muoversi più forte quando lo sentì stringerle con ancora più forza i capelli; per quanto volesse essere lenta, per lui, iniziava ad essere impaziente e fremeva dal desiderio di sapere fino a che punto si sarebbe spinto in quell'incontro anonimo e quasi violento, e il solo pensiero di essere presa con forza e in fretta su quel tavolo la stava costringendo a muovere più forte anche la mano tra le sue gambe, eccitandosi del rumore del suo sesso bagnato che veniva accarezzato velocemente, e per un momento pensò che lo stesse sentendo anche lui perché aveva spinto un'ultima volta nella sua bocca prima di liberarle il suo orgasmo sulla lingua.
Cercò di ingoiare il suo piacere il più rumorosamente possibile, perché lui potesse sentirlo e poi, sedendosi sul tavolo e stringendogli le gambe intorno ai fianchi, cercò di premergli la mano bagnata contro la bocca perché lui potesse assaporarla di nuovo. Le parve che non ci potesse essere nulla di più eccitante che il modo in cui le accolse le dita in bocca, succhiandole come poco prima lei aveva fatto con il suo sesso; incapace di trattenersi oltre, allontanò velocemente la mano per baciarlo e strusciarsi nuovamente contro di lui, sperando che cogliesse il segnale –voleva essere presa, in quel preciso istante.
Ma lui sembrava avere altri programmi; la stese lentamente sul tavolo e coricandosi sopra di lei, iniziò a ricoprirle nuovamente il corpo di baci, dedicandosi ai seni che aveva poco prima trascurato. A lei non rimase altro da fare che rimanere stesa sotto di lui a godere di ogni sensazione, dalle dita che accarezzavano un seno pizzicandole appena un capezzolo alla bocca che le circondava l'altro succhiandolo come un neonato. Era così al limite che non credeva avrebbe resistito ancora per molto; non avrebbe mai voluto implorarlo ma era sicura che prima o poi l'avrebbe fatto, perché il suo sesso sembrava già contrarsi alla ricerca di lui, e la sua schiena si inarcava per spingere ancora di più i seni nella sua bocca e nella sua mano, e non le riusciva più di trattenere i gemiti, oramai ogni pensiero che potesse trattenerla dall'urlare, dall'essere scoperti all'imbarazzo di essere così in sua balia, era svanito insieme alla lingua che la torturava.
"Ti prego…"
Il suo implorare parve avere un qualche effetto su di lui, poiché lo sentì sfiorarle entrambi i seni con un ultimo bacio prima di sollevarsi da lei. Allargò le gambe spontaneamente, lasciandole penzolare ai lati del tavolo, perché lui potesse penetrarla e porre fine a quella tortura durata lunghissimi minuti; ma lo sentì sollevarle le gambe, fino a stringersele intorno ai fianchi, e avvicinare ancora di più la punta del suo sesso all'apertura che lo reclamava. Le si strusciò contro per qualche secondo, allungando le mani a stringerle nuovamente i seni, mentre lei cercava in tutti i modi di farlo scivolare dentro di sé fino in fondo; fossero stati sul loro letto, lo avrebbe già rovesciato e si sarebbe seduta sulla sua erezione per dare ad entrambi il piacere che cercavano. Ma lì si sentiva immobilizzata da lui, in preda dei suoi desideri e sapeva anche che se lui avesse deciso di torturarla per ore prima di prenderla, lei non sarebbe stata in grado di fare nulla per impedirlo. Se non supplicarlo.
Tra i gemiti implorò di nuovo, "ti prego…", ma lui continuò la sua tortura sul suo sesso e sui suoi seni, senza smuoversi per un secondo; solo qualche minuto dopo, e qualche altra supplica, sembrò ascoltarla e la penetrò appena, chinandosi quanto più possibile su di lei per sussurrare con la voce roca, "dillo…"
Sulle prime lei non capì, cosa poteva mai dirgli se non supplicarlo di prenderla? "Prendimi…", azzardò, ma non sembrava essere quella la parolina magica e lui continuava a rimanere ansimante ed immobile senza darle quello che voleva. Non sapeva più cosa fare, cosa dire per convincerlo, se non continuare a muoversi in maniera inequivocabile e implorarlo di prenderla, una volta per tutte, perché anche lui oramai era al limite, non lo aveva mai sentito così eccitato...
Fu solo dopo molti tentativi, che riuscì a dire, "Squall, ti prego…"
Un lungo momento di silenzio seguì il suo uscire da lei; forse aveva sbagliato completamente, ma possibile che non fosse lui? E lo sfregio? E l'orecchino? E l'anello che portava alla mano sinistra e che lei era sicura di aver sentito sbattere contro il legno?
Stava per scoppiare in lacrime per l'eccitazione, la frustrazione e la vergogna quando lui si chinò, per stupirla sussurrandole all'orecchio, "brava…"
Gli avrebbe gettato le braccia al collo tornando a supplicarlo, se lui non l'avesse preceduta afferrandola per i fianchi e riportandola con i piedi per terra, voltandola poi improvvisamente e premendola contro il tavolo, mentre affondava una mano tra i suoi capelli. L'altra mano le vagò lungo il fianco fino a bloccarle il bacino che lei cercava di muovere contro di lui; tenendola sempre per i capelli, le sollevò la testa per avvicinarla alla sua bocca e tornò a mormorarle, "ridillo…?"
"Ti prego, Squall…."
"Ti rispose lui, strusciandosi appena contro di lei, lasciando che sentisse la punta del suo sesso che premeva per penetrarla, "cosa vuoi…?"
"Prendimi…", sussurrò lei con la poca voce che le era rimasta, cercando di spingersi nuovamente contro di lui per farsi finalmente penetrare.
"Dillo bene…", rispose lui, fermandole il bacino rudemente contro il tavolo, "cosa vuoi, mmmh?"
"Squall, prendimi, ti prego, non ce –oh!", si interruppe, gemendo per la lingua che era tornata a stuzzicare il suo sesso esposto. Si abbandonò contro il tavolo, immaginando la loro posizione per cui lei era stesa, completamente aperta e pronta per lui, e lui era inginocchiato a leccarla di nuovo mentre le accarezzava le cosce. Sarebbe bastata quell'immagine a darle l'orgasmo, se solo avesse avuto la forza di muoversi contro il suo viso e costringerlo a darle sempre più piacere, ma oramai aveva deciso di lasciarlo fare e rimase ferma ad attendere che lui si decidesse a penetrarla, sentendosi tremare all'idea che lui la prendesse da dietro –lo sapeva che era la posizione che preferiva…ma perché la faceva aspettare così tanto?
Dalla sua bocca uscivano solo gemiti e suppliche incoerenti, le urla di un nuovo orgasmo, implorazioni rinnovate a cui non mancava mai di aggiungere il suo nome perché così aveva deciso lui, ed era vicina oramai ad un altro orgasmo quando lui si rialzò, abbandonando il suo corpo fermo e fradicio di eccitazione e sudore, per ordinarle di nuovo, prendendola per i capelli e sollevandole la testa come poco prima, "ridillo…"
"Ti prego, prendimi, Squall…adesso, non –oh, sì…"
Non era riuscita a dirgli che non resisteva più, perché non appena aveva finito di pregarlo, lui si era spinto con forza dentro di lei con un gemito, bloccandole il respiro e portandola solo a gemere il piacere e la sorpresa della sua rudezza. Lui le lasciò andare i capelli, accarezzandole il seno con una mano e portando l'altra a scendere lentamente a sfiorarle il clitoride, come per proteggerlo dalla forza delle sue penetrazioni che la spingevano contro il tavolo e rischiavano di farle male; sentiva la sua voce gemere dei sì oramai inutili, tanto lui sapeva che non gli avrebbe mai negato nulla, tanto lui sapeva cosa fare e non aveva bisogno dei suoi gemiti di approvazione per sapere che penetrarla ruotando leggermente dentro di lei era in grado di farla impazzire. Continuò a muoversi contro di lui, la voce oramai svanita insieme a gemiti e urla, ascoltando nel buio il silenzio dei loro sospiri di piacere sempre più affrettati, del rumore del suo sesso bagnato penetrato con forza dalla sua erezione, percorsa dalla sensazione di lui e delle sue dita che sembravano proteggerle il sesso mentre la toccavano quasi violentemente, e si abbandonò di nuovo contro il tavolo, allungando una mano ad accarezzarsi l'altro seno, mentre si contraeva di piacere intorno a lui nell'orgasmo più travolgente che aveva avuto da quando lui era entrato in quella stanza. Lo sentì chinarsi su di lei e si voltò velocemente per non perdere nemmeno un secondo del bacio che era sicura di ricevere; e le parve perfetto, per la situazione che avevano creato, che la sua lingua le scivolasse tra le labbra mentre il suo sesso rilasciava il seme di un nuovo piacere dentro di lei.
Continuò a baciarlo a lungo, trattenendolo anche quando lui cercò di separarsi da lei per riprendere fiato; le piaceva il rumore dei loro baci, tanto quanto l'aveva eccitata il rumore dei loro sessi. Le pareva che ci fosse qualcosa di lascivo, in quell'incontro, qualcosa di legato più ai loro bisogni fisici che alla loro relazione, qualcosa di…semplicemente sessuale, qualcosa di così strano per una coppia come la loro ma per questo così eccitante per entrambi; le pareva che un po' di quella lussuria le si trasmettesse nella carezza delle loro lingue, un'altra sensazione che sembrava farla tremare dentro e che le strappò un nuovo gemito. Finalmente lui riuscì ad allontanarsi un poco, quanto bastava per una risatina divertita e una domanda, "ancora?"
Lei ridacchiò, mentre lo sentiva rialzarsi e sfilarsi da lei. Rimase per un momento ad assaporare il piacere che l'aveva percorsa quando lui si era ritratto, prima di voltarsi e rispondere, "sì, ma stasera…"
In quel poco di luce che penetrava nella stanza da una finestrella minuscola, lui si rivestì, gettandole i suoi vestiti perché potesse indossarli e ripresentarsi fuori da quella stanza; con l'aria ancora vagamente sognante, lei si infilò lentamente la gonna e la camicia, sentendolo pigiare qualche bottone sulla fotocopiatrice e sorridendo della sua premura, e sentendo poi un fruscio di fogli; grandioso. Ora la roba che doveva fotocopiare era pure caduta e lei doveva rimetterla in ordine. Cominciava a pensare che davvero quella mezz'ora trascorsa con lui in quella specie di sgabuzzino fosse la cosa migliore che le sarebbe capitata in quella giornata storta. Sospirando, gli disse, "puoi aprire, adesso…"
Lui fece un cenno di saluto che lei vide a malapena, nell'oscurità della stanza; uscì e le riaccese la luce, con un sorrisetto sornione, per prendersi il tempo di allontanarsi senza che lei potesse vederlo mentre i suoi occhi si riabituavano al chiarore. Passarono alcuni minuti prima che lei si decidesse a tornare al lavoro; prima finiva e prima poteva andare in biblioteca a cercare quella guida turistica, e organizzargli il fine settimana con cui ringraziarlo di quell'intermezzo.
Fu solo quando si voltò verso la fotocopiatrice, cercando per terra i fogli che si era portata dietro, che si rese conto che erano spariti.
Aveva già perso più di un'ora.
Non poteva aspettare ancora, perché avrebbe significato perdere una mattinata intera; e invece non riusciva ad andare da lui –perché sapeva che era lui ad avere le sue carte- per l'imbarazzo. Era stupido da parte sua e se lo era ripetuto già parecchie volte, ma la realtà era quella, si vergognava un pochino di quello che era successo tra loro nella stanza delle fotocopie. Un conto era stare con lui al buio, implorarlo di fare l'amore con lei, lasciarsi andare più di quanto avesse mai fatto. Non guardarlo era un'ottima scusa per sentirsi più libera.
Ma un conto era guardarlo negli occhi, stare sotto allo sguardo che l'aveva resa schiava poco prima, essere osservata e scrutata –perché sapeva che l'avrebbe fatto- mentre nella sua mente sarebbero riapparsi tutti i ricordi di quell'incontro, dal modo in cui l'aveva pregato al piacere che aveva provato. Hyne, lui rendeva tutto sempre così difficile.
Sospirò profondamente, che senso aveva avere quasi paura adesso? In fin dei conti lui l'aveva provocata fino a quel punto proprio perché lei reagisse così. In fin dei conti, prima o poi l'avrebbe comunque incontrato e non sarebbe stato soltanto di notte. Non se decideva davvero di pianificare un fine settimana da passare da soli…
…..ecco, se voleva davvero sbrigarsi, doveva ricordarsi di quel fine settimana. Oramai quello che era successo era successo e anche se lui l'avesse guardata con un sorrisetto malizioso, lei avrebbe avuto, dopo, tutto il tempo per pensare a come prendersi una rivincita.
Convincendosi che oramai non aveva più nulla da perdere, bussò alla porta del suo ufficio ed entrò senza nemmeno aspettare che lui la invitasse a farlo. Era seduto proprio come l'aveva immaginato; abbandonato sulla sua sedia, come se avesse saputo che lei sarebbe prima o poi arrivata, che si accarezzava il mento con le dita senza nemmeno cercare di nascondere il suo sorrisetto.
"Che c'è?", domandò lui con fare sornione.
"Devo fare delle fotocopie, e…"
"Lo stanzino è in fondo al corridoio, non lo sapevi…?" la interruppe lui, divertito dall'imbarazzo palpabile di lei.
"Sì," mormorò lei stizzita, "il punto è che si tratta del test per la mia classe della prossima settimana…e sono sicura che li hai tu."
"Io?", si finse sorpreso lui, "perché mai dovrei averli io, mmh?"
Lei si rese conto che lui avrebbe fatto di tutto per farle confessare quell'incontro. Per farle dire, apertamente, che doveva averli lui quei test perché diamine, li aveva presi come souvenir dopo aver fatto l'amore con lei in quello stanzino. E probabilmente si sarebbe spinto a chiederle come era stato quell'incontro, se non avesse smesso di essere così imbarazzata e non avesse deciso di sorprenderlo e contrattaccare, in qualche modo….
….sì, ecco come doveva fare.
Con un sorriso che non prometteva nulla di buono, si avvicinò alla sua scrivania per fronteggiarlo più apertamente; "per lo stesso motivo per cui hai anche la mia biancheria…"
"E sarebbe…?", chiese lui senza scomporsi.
Lei non diede a vedere che era rimasta impressionata dal fallimento della sua strategia; pensò semplicemente che avrebbe potuto prendersi la sua rivincita anche in quel momento, se lui non accennava a cedere. Insieme alle sue fotocopie, alle sue mutandine e magari ad un souvenir con cui costringerlo alla resa…
Sotto allo sguardo vigile di lui, girò intorno alla scrivania fino a sederglisi in grembo, lasciando che la gonna le salisse liberamente e che lui vedesse quanto rimaneva scoperto; strusciandosi lentamente contro di lui, mormorò con voce suadente, "questo ti dice nulla?"
Lui si limitò ad abbassare gli occhi ad osservare il suo sesso appena esposto che strusciava contro i suoi pantaloni di pelle; "mi dice che sei una pazza se pensi di resistere a lungo…"
Lei rise, dimenticandosi della sua piccola vendetta e chinandosi a baciarlo mentre cercava di aprirgli i pantaloni; sentì le sue mani salire veloci lungo le sue cosce fino a stringerle le natiche, mentre lei lasciava scivolare le sue nei suoi boxer e gli stringeva il sesso, accarezzandolo fino a renderlo completamente eretto, "e questo, che ti dice…?"
Lui non rispose, afferrandola per i fianchi e facendola scivolare lentamente sulla sua erezione, e annegando il suo leggero mugolio di dolore con un bacio; "scusa," le mormorò quando si separò dalla sua bocca, ma lei sembrava già dimentica di tutto quanto e si muoveva su di lui come preferiva, armeggiando con la cerniera che le chiudeva il vestito per scoprirsi il seno e lasciare che lui ci giocasse, gemendo un po' più forte quando lui riprese a succhiarle un capezzolo, come aveva fatto nello stanzino, e abbassò una mano a sfiorarle nuovamente il centro del suo piacere. Passarono pochi minuti prima che lei iniziasse a muoversi in maniera più irregolare e scomposta, e lui tornò ad avere il controllo stringendole le natiche tra le mani e movendola su di sé secondo il ritmo che preferiva. Quando l'orgasmo li colse entrambi, lasciò scivolare un dito ad inumidirsi del loro piacere, per poi sollevarlo e infilarlo nella bocca di lei prima di baciarla, a suggellare il loro incontro con il loro sapore.
"Allora, dove sono…?", mormorò lei quando riprese un po' di fiato; lui indicò stancamente un cassetto e lei si sollevò da lui per controllare se le aveva detto la verità. Soddisfatta, si infilò le mutandine, si rassettò i vestiti, raccolse i fogli del suo test, e poi ricordò il suo piano perfetto: doveva essere lei a ricattarlo adesso, o no? Osservandolo un momento per assicurarsi che avesse ancora gli occhi chiusi dal piacere e dalla stanchezza, infilò qualche documento tra le sue carte; poi si chinò a dare un bacio al suo sesso ancora scoperto, prima di sistemarlo e richiudergli i pantaloni, salutata da una pacca sul sedere di lui.
"Grazie, Squall…sei stato molto ragionevole," sorrise lei, accentuando il tono suadente sull'ultima parola. Voleva che lui capisse che era stato molto più che ragionevole –era stato perfetto. Non solo le aveva reso la mattinata meno noiosa e orrenda, ma le aveva anche dato un'idea per il resto della giornata…un'idea così eccitante che faticava a non spifferargli tutto.
Solo quando fu sulla porta e lui aveva riaperto gli occhi per tornare al lavoro, gli disse, "ah, a proposito…se ti servono questi documenti per la riunione di oggi, sai cosa devi fare, vero?"
Ridendo dello sguardo stupito e confuso di lui, se ne andò facendogli l'occhiolino; lui controllò tutte le carte che aveva sulla scrivania senza trovare quelle che gli servivano –e gli servivano urgentemente, doveva ancora leggerle, erano le undici di mattina e la riunione era all'una. Doveva trovarla, costringerla a ridargli le sue cose, e l'idea di quello che doveva fare per riavere quei documenti era…mmh, deliziosa. Lei sapeva sempre come rimediare a una giornata iniziata male, bastava darle solo un piccolo suggerimento, anche velato…
Ascoltò attentamente i rumori nel corridoio, aspettando di sentire i suoi tacchi alti che tornavano in sala insegnanti per riporre quei test; quando la sentì avvicinarsi e fu sicuro che lei fosse vicino al suo ufficio, aprì la porta, quasi spaventandola quando le si parò davanti, e le sussurrò perché nessuno degli altri insegnanti sentisse, "Rinoa, sappi che non la passerai liscia."
"Mmmh," mugolò lei, allungandosi per un bacio veloce a fior di labbra, "ma io non voglio passarla liscia…mi punirai, vero?", terminò sbattendo appena le ciglia e rubandogli un altro bacio castissimo, prima di allontanarsi.
Lo sentì avvicinarsi velocemente a lei, prenderla per la vita e sussurrarle all'orecchio, "tu non ti rendi conto in cosa ti sei cacciata…" Lei si limitò a ridere, voltandosi per un ultimo bacio prima di chiudersi definitivamente in sala insegnanti a lavorare, "dimostrami cosa sai fare…"
Si appoggiò alla porta, certa che lui la stesse ancora osservando attraverso il vetro; la loro rincorsa erotica era quindi iniziata…controllò tra i fogli del test se ci fossero ancora i documenti, non avrebbe mai voluto che lui fosse riuscito a rubarglieli quando l'aveva abbracciata; ma erano ancora lì, pronti a regalarle di nuovo qualche minuto di piacevole ripicca.
Si sedette finalmente per mettersi al lavoro, sorridendo; ecco come rendere interessante una giornata partita male…
Nota dell'autrice: questa fanfiction fa parte di una raccolta di one-shot, ispirata anch'essa al mio progetto 5000x4 e che conterrà storie nate da varie writing communities; nello specifico, questa è ispirata a 30 lemons. Per sapere di cosa stia parlando, potete leggere la nota che c'è alla fine di Flavours, un'altra raccolta nata su basi simili, oppure cliccare sui link di questa nota (tutto è spiegato nel mio blog Wide Awake, comunque).
Come al solito, risposte ad eventuali critiche e commenti verranno date sul mio blog, per non occupare troppo spazio qui. E come sempre, grazie a Tomislav per il beta-reading (anche se non gliel'ho ancora inviata, questa :D) e grazie a Idreim, che con la sua vicinanza e il suo supporto, in questi giorni, mi ha fatto tornare la voglia di scrivere. Non so quanto possa farle piacere Ma questa storia è tutta per lei. Grazie.
