Blizzard from Boston to New York

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Volo spostato di tre ore, almeno non l'avevano cancellato, era già qualcosa. Certo, in tre ore si sarebbe potuti arrivare quasi fino a New York con un'auto, ma non in quelle condizioni, la bufera era peggiorata di ora in ora, imperversava su tutta la costa. Guardò nervosamente l'orologio, non avrebbe perso il compleanno della sua Alexis per nulla al mondo, era la prima volta che si allontanava da lei per così tanti giorni, una settimana per un mini tour promozionale del suo ultimo libro, ultima tappa era stata Boston, e rischiava di rimanerci per non si sa quanto.

Sospirò, accese il laptop e si immerse nella scrittura sperando, in quel modo, che il tempo passasse un po' più in fretta.

Ma che le era venuto in mente? si stava ancora chiedendo perché avesse accettato quell'invito da Will, ben sapendo che il suo intento era quello di convincerla a lasciare New York per seguirlo a Boston, ma lei non avrebbe rinunciato alla sua carriera appena iniziata. Will Sorenson, bello e volitivo agente dell'FBI, erano stati insieme sei mesi, le piaceva e molto, ma forse non era l'uomo per cui valeva la pena stravolgere la propria vita. Erano arrivati troppo presto a dover affrontare scelte importanti che li avevano divisi, non uniti.

Era riuscita ad ottenere solo i due giorni del week end, sarebbe dovuta rientrare entro la giornata a New York e prendere servizio come detective della omicidi, al 12° distretto, e invece era bloccata al Boston Logan International Airport, da ore, in attesa che il suo volo venisse annunciato.

Si lasciò quasi cadere, affranta, su una sedia della sala d'attesa, aveva scovato una fila di poltrone un po' in disparte che non era stata presa d'assalto dai passeggeri con cui divideva lo stesso incerto destino. C'era solo un tizio, seduto sulla fila che le dava le spalle, concentrato a scrivere sul suo portatile. Lì almeno sarebbe stata in pace e avrebbe potuto leggere l'ultimo libro del suo autore preferito. Se l'era addirittura fatto autografare qualche settimana prima a New York, un'ora di fila, ma ancora non era riuscita ad iniziarlo con la calma che solitamente dedicava a quella che per lei era una specie di tradizione, un momento speciale. S'immergeva in quelle storie al punto da dimenticare i dispiaceri con cui doveva convivere ormai da anni.

Era intento a scrivere già da qualche minuto, gli era venuta in mente una scena d'azione all'interno di un aeroporto, logico, non vedeva altro da ore, all'improvviso un profumo insolito e avvolgente lo distrasse dal flusso di idee, avrebbe detto 'ciliegie', ma non era dolce o smielato era fragrante, fresco, ne rimase colpito al punto da girarsi di scatto per individuarne la fonte. Il profumo non era nulla a confronto di colei che lo indossava, una ragazza bruna, capelli corti, un viso luminoso, le cuffie e un libro poggiato sulle gambe incrociate, talmente immersa nella lettura da non accorgersi nemmeno di essere osservata da uno sconosciuto seduto solo due sedie dietro di lei.

Rick Castle era uno scrittore, fantasticare era uno degli strumenti del suo mestiere, e lo faceva praticamente su tutto ciò che lo circondava, anche le persone, e spesso ci prendeva, solo osservandole capiva molto di loro.

Aveva iniziato a scrutarla da lontano, gli sembrava un volto familiare, ma non riusciva a collocare quel frammento di ricordo. Si ritrovò a sperare che continuasse a non accorgersi di lui, perché voleva prolungare quel momento il più possibile, era rimasto colpito dal modo in cui il suo viso aveva cambiato espressione pochi secondi dopo aver chiuso quel libro. Tutta la serenità, forse anche felicità che emanava si spense, molto velocemente, aveva un viso pulito, solare, ma in fondo agli occhi c'era un velo di tristezza che non era svanito neanche quando era emerso un fugace sorriso, mentre era intenta a parlare con qualcuno al telefono.

Più la guardava e più aumentava il desiderio di conoscerla, era incuriosito, intrigato, attirato, ed era raro per lui concentrare tutte quelle attitudini verso una sola persona. Ormai da qualche anno si era abituato ad interpretare lo scapolo playboy, per vendere più libri. C'era solo un problema, lui non adescava ragazze negli aeroporti e in nessun altro luogo, normalmente erano loro che si buttavano letteralmente addosso a lui, non c'era party o serata di gala in cui non accadesse e lui si faceva desiderare e poi sceglieva.

Con due divorzi alle spalle il suo ego ne aveva risentito alquanto e pensava, ogni volta, che non fosse tagliato per altro se non avventure di una notte, senza domande, senza problemi.

Poi c'era Alexis, la figlia che stava crescendo completamente da solo, per ora andava bene così, Meredith aveva altro per la testa che fare la mamma e lui non voleva imporle una matrigna, soprattutto perché aveva sempre incontrato donne che miravano ai suoi soldi e di certo non a farsi una famiglia.

Dovette imporsi di distogliere lo sguardo prima che quella bruna si accorgesse di essere osservata con tanta insistenza e chiamasse la sicurezza, anche se aveva l'aria di saper benissimo badare a se stessa.

Il flusso ininterrotto di pensieri sulla sconosciuta, venne spezzato dalla voce di un addetto della compagnia aerea, chiedeva cortesemente ai passeggeri del volo JF47 di avvicinarsi al desk per nuove informazioni.

Si alzarono contemporaneamente, stavolta fu lei a gettare uno sguardo verso di lui, Castle se ne accorse, e la vide anche girare immediatamente la testa come se fosse rimasta scottata da qualcosa. Non ebbe il tempo di approfondire i pensieri su quello strano atteggiamento, forse a breve sarebbero saliti sull'aereo e lui avrebbe abbracciato la sua piccola rossa che lo aspettava per la 'festa di compleanno più bella si sempre', come le diceva ogni anno.

"siamo veramente spiacenti, ma dato l'ulteriore peggioramento delle condizioni meteo tutti i voli sono cancellati fino a domani" un brusio di malcontento accompagnò quell'annuncio, mentre l'addetto continuava il suo discorso "sarete tutti ospitati per la notte in uno degli alberghi vicini all'aeroporto, a spese della compagnia aerea naturalmente"

No, lui non poteva aspettare, avrebbe preso un'auto a noleggio, magari ci avrebbe messo più delle quattro ore canoniche ma sarebbe arrivato in tempo per la festa di Alexis!

Si diresse ai desk delle compagnie di noleggio, molti avevano già avuto la sua stessa idea, c'erano file piuttosto lunghe. Ne scelse una, si mise ad attendere il suo turno, era talmente agitato all'idea di non riuscire a trovare un'auto da non accorgersi che nella sua stessa fila, due persone avanti a lui, c'era anche la ragazza bruna che aveva affollato i suoi pensieri fino a poco prima.

Aveva telefonato al padre per avvertirlo del blocco dei voli, non lo vedeva spesso, ma lo chiamava ogni giorno, era un'abitudine che aveva preso quando ancora Jim Beckett combatteva per uscire dalla dipendenza dall'alcool. Ci si era rifugiato dopo l'omicidio di Johanna, quello era il suo modo di fuggire e Kate si ritrovò a sostenere due dolori, cercare di superare la morte improvvisa della mamma e cercare di salvare quella del padre che aveva scelto l'autodistruzione.

Alla fine ci era riuscita, aveva lasciato gli studi di legge, era entrata in polizia, e non aveva mai lasciato solo il padre fino a quando non aveva abbandonato l'alcool.

Se non avesse trovato un'auto non sarebbe riuscita a presentarsi il suo primo giorno di lavoro alla omicidi, non era ammissibile, doveva trovare un'auto a tutti i costi. Arrivò al bancone del noleggio dopo un'attesa estenuante, resa ancora più insopportabile dalle ore già trascorse in quell'aeroporto e dalla voce stridula della signorina del desk accanto, che stava servendo l'uomo del notebook. Lo aveva notato quando aveva chiuso il libro ed aveva cercato il telefono nella borsa per chiamare il padre, per un attimo le era sembrato il suo scrittore, Richard Castle, ma aveva subito distolto lo sguardo per non sembrare inopportuna, e poi non era sicura fosse lui, quell'uomo aveva la barba di un giorno, lo sguardo un po' affaticato e i capelli più arruffati, la versione 'umana' dell'uomo perfetto, sbarbato, brillante, e piuttosto sicuro di sé che l'aveva sempre fissata dal retro delle copertine e che aveva incontrato per trenta secondi alla Rizzoli sulla 57 strada, la libreria di 'Innamorarsi', Meryl Streep, Robert de Niro 1984, un film che lei amava molto.

"mi spiace signorina Beckett, ma non abbiamo più vetture a disposizione" la voce atona dell'addetto annunciò il disastro imminente, sovrapponendosi alla voce stridula della collega a fianco a lui "ecco qui la sua chiave, e faccia buon viaggio signor Castle e grazie grazie per l'autografo!"

si girò istintivamente verso di lui con l'aria piuttosto infuriata e contemporaneamente emozionata perché, sì aveva sentito bene, era lui, Richard Castle in persona, che probabilmente le aveva appena soffiato l'ultima macchina disponibile da sotto il naso.

"ma come è possibile, mi perdoni può ricontrollare io devo assolutamente tornare a New York! il signore è arrivato al desk dopo di me, come mai per lui l'auto è disponibile?" l'urgenza ebbe il sopravvento sull'emozione di trovarsi faccia a faccia con un suo idolo, poi aveva sentito la parola 'autografo' e aveva fatto due più due, probabilmente si era 'conquistato' l'auto con uno di quegli autografi in parti-dove-non-batte-il-sole che era solito regalare alle fan più accanite, un lato di lui che non le era mai andato molto a genio, ma chi era lei per giudicare. Solo che, in quel frangente, lui le aveva sottratto l'auto con quel mezzuccio da vip, e soprattutto le stava sorridendo, cos'era fiero dello scippo? Come si permetteva?

"deve esserci stato un disguido con il terminale del mio collega, mi spiace signorina…"

"Beckett, detective Katherine Beckett!" non seppe neanche lei come le venne di tirare fuori la faccenda del detective, formalmente lo era già da una settimana, ma avrebbe preso servizio per la prima volta solo poche ore dopo, era così infuriata per quell'ingiustizia che sentì di dover far valere il suo peso istituzionale, come se poi fosse servito a qualcosa

"un detective, interessante" esclamò Castle quasi senza pensare a ciò che diceva, era semplicemente affascinato dalla scoperta, lui avrebbe detto che fosse una giovane appena laureata in giurisprudenza o in pieno tirocinio presso uno studio legale, detective no, stavolta aveva sbagliato di grosso, e la cosa lo intrigava ancora di più

"mi scusi? Sta forse prendendosi gioco di me?" lei rispose piccata, no non era simpatico come si era immaginata, anche se, con quella barbetta appena accennata… focus Kate, devi trovare un modo per arrivare al distretto in orario!

"no, affatto… era solo che… nulla… sono Richard" le porse la mano che lei strinse con vigore dopo una prima esitazione

"Kate, piacere… mi scusi è che devo essere a New York…"

"il prima possibile, come me, la macchina non è monoposto quindi se vuole, le offro un passaggio, certo se non ha problemi ad accettare passaggi da sconosciuti" gli venne naturale stuzzicarla, si morse la lingua, ma che diavolo stava facendo, così l'avrebbe fatta fuggire e invece, di nuovo si sbagliava

"ok, accetto" rispose un po' troppo velocemente, se ne rese conto dall'espressione meravigliata di lui che forse si aspettava un rifiuto, allora si affrettò a mettere in chiaro le cose "per tre motivi, devo arrivare a New York, e so perfettamente chi è lei: Richard Castle, scrittore di gialli" era abituato ad essere riconosciuto, quasi non ci faceva più caso, ma il fatto che lei, quella donna misteriosa, sapesse chi fosse, lo riempì di gioia immotivata, che lui esternò con un sorriso, forse un po' troppo compiaciuto, che a lei non sfuggì "e terzo, così spegne quel ghigno, ho con me la pistola"

"oh, ecco. Certo…ora sono molto più tranquillo…allora andiamo!"