All'inizio non si fidavano di lui. Ma ancor di più, lui non si fidava di sé stesso.
Ecco perché eravamo seduti qui ora, fianco a fianco, tanto vicini quanto lui mi permetteva in questa piccola cella. Senza contare il guardiano appostato fuori la porta, le manette d'acciaio fermamente agganciate attorno ai suoi polsi, e le quasi due miglia e mezzo di distanza che sembravano tendersi tra di noi.
Quando sono entrata, lui stava borbottando tra sé in russo. Il mio viaggio non è stato sufficientemente lungo da permettermi di parlare fluentemente, ma è stato lungo abbastanza da permettermi di cogliere alcune cose.
"…nome… Dimitri Belikov… Baia, Russia… trasformato in Strigoi… Principessa Vasilisa Dragomir mi ha risanato. Sono Dhampir. Sono Dhampir. Sono Dhampir…"
Ora c'era solo silenzio. Due giorni fa, mi fissava con occhi bordati di rosso, ed ora a quanto pareva Dimitri non sopportava neanche di guardarmi.
"Dimitri?"
No parlava, e solo il costante alzarsi e abbassarsi delle sue spalle mi confermava che stesse almeno respirando.
"Potresti per favore… solo dire… qualcosa? Qualsiasi cosa? Solo per farmi sapere che ho fatto la scelta giusta nel venire a trovarti."
Una risatina di derisione gli scappò dalle labbra. Beh, almeno era meglio di niente.
"Questo è il fatto, Rose. Non sono sicuro che tu abbia fatto la scelta giusta. Non sono sicuro di nulla adesso."
"Beh, forse potrei riuscire a chiarire delle cose per te. So che non ci sono stata in ogni momento, ma sono stata nei paraggi parecchio negli ultimi nove mesi. Chiedi pure, e ti dirò se è reale o no."
Odiavo lo scetticismo nei suoi occhi, come se non sapesse se fidarmi o meno di me, ma senza altre opzioni prese un lungo respiro e si voltò verso di me.
"Tu mi hai attaccato la prima volta che ci siamo incontrati."
"Reale. E mi hai fatto il culo."
Non ebbe alcuna reazione, fissava semplicemente lo spazio vuoto prendendo in considerazione la domanda successiva.
"Sono diventato il tuo mentore…"
"Reale, anche se non so esattamente perché."
"Ho visto del potenziale in te. Meritavi di meglio, anche se hai preso una decisione sconsiderata con la principessa." C'era un piccolo lampo di fastidio, lo stesso che mostrava ogni volta che diventavo sboccata durante le nostre prime sessioni e mi resi conto di averlo interrotto. "Sono diventato il tuo mentore ed è così che ci siamo avvicinati. Quando siamo diventati di più?"
"Onestamente, non ne sono sicura. È solo… successo. Voglio dire, eri attraente, ma non è che l'abbia pianificato. Nessuno di noi l'ha fatto. Mi dispiace, questa è difficile."
"Che ne dici di qualcosa di più facile? Alcune persone l'hanno scoperto, reale o non reale?"
"Reale." Risposi, con molta più fiducia di prima. (Victor Dashkov per cominciare, ecco come ci ha incastrato nell'incantesimo di lussuria. Anche Alberta e Adrian l'hanno capito. Certo, penso che molti altri sospettassero qualcosa visto che sono fuggita per trovarti dopo la battaglia."
Ci fu silenzio per un bel po'. Probabilmente per dieci minuti o giù di lì, ma fu abbastanza lungo da rendermi nervosa ed iniziare a domandarmi se avessi dovuto andare via. Proprio quando stavo per dire qualcosa, magari per rompere la tensione e congedarmi per oggi, lui parlò, molto più sommessamente di prima.
"Noi…" distolse lo sguardo per un momento, raccogliendo le forze, "c'è stato un momento, tra noi, prima che venissi risv- trasformato. Reale o non reale?"
Non potei che sorridere, anche se il ricordo sarebbe sempre stato accompagnato da un residuo agrodolce per averlo perso. "Sì, era reale. Io stavo soffrendo. Mi ero persa nell'Oscurità dello Spirito e tu sei riuscito a farmi tornare. Penso che ci fossimo finalmente resi conto di avere bisogno l'uno dell'altra." Scrollai le spalle timidamente, provando ad apparire indifferente verso qualcosa che significava il mondo per me una volta che realizzai che i suoi occhi cercavano la stessa traccia nella memoria senza successo. Per lui non c'era, e qualsiasi cosa vedesse e provasse chiaramente non aveva su di lui lo stesso effetto che aveva su me.
Qualsiasi cosa fosse nella sua testa, la soppresse per un momento, optando invece per un'altra domanda.
"E dopo… abbiamo…"
"No." Affermai immediatamente, intenzionata a rassicurarlo. "Non lo avresti mai permesso. Almeno non sesso vero e proprio. C'è stato qualcos'altro di meno importante qui e là ma succedeva principalmente quando mi mordevi."
So che da parte sua fu una reazione inconscia, ma la lingua di Dimitri corse lungo le ombre fantasma delle sue zanne, non più presenti nella sua forma risanata di Dhampir, ma il gesto scatenò un brivido di desiderio lungo la mia spina dorsale e so che lui se ne accorse. Me ne pentii immediatamente.
"Niente ci ciò può essere considerato 'meno importante'. Mi nutrivo da te ogni giorno, o almeno più spesso che potevo. Reale o non reale?"
Aveva ragione. Dimitri mi ha fondamentalmente violentato la prima volta in quella prigione dorata, prendendomi di sorpresa e attaccando finché non mi abbandonai a lui e agli effetti delle endorfine. Dopo diventai dipendente, non mi serviva molto più del suo sorriso per farmi supplicare un suo morso. Dimitri si placò solo dopo che gli chiesi di risparmiarmi per alcuni giorni giusto prima che riuscissi a scappare. Servì tutto il mio controllo per non soccombere a lui di nuovo durante quel periodo, per quanto odiassi ammetterlo a me stessa (e non potrei mai dirlo a lui, mai) c'era una parte di me che ancora anelava la spinta dei suoi denti attraverso la pelle del mio collo mentre le sue mani esperte esploravano la pelle in ogni altra parte del mio corpo.
"Reale," risposi semplicemente.
"Volevo trasformarti."
"Reale."
"E quando tu hai rifiutato, volevo ucciderti." La sua voce non era solo piena di vergogna, ma quasi incredula. "Ho tentato di ucciderti molte volte."
"Beh, per essere onesti, anch'io ho tentato di ucciderti."
"Questa non è una faccenda su cui scherzare!"
Il suono dell'urlo di Dimitri e il suo saltare dalla fragile branda fu abbastanza per allertare la guardia.
"È tutto ok Jackson. Davvero." Eli squadrò Dimitri scetticamente, ma alla fine cedette alla mia rassicurazione. Appena Dimitri si rilassò e avemmo di nuovo la nostra privacy, mi scusai.
"Reale, Dimitri. Questa non è una cosa da prendere alla leggera, lo so."
"No, tu non lo sai, perché la cosa peggiore è che non me ne sarebbe importato per più di un secondo o due. Persino allora non avrei pianto la donna di cui una volta mi fidavo più di chiunque altro e che avrei dato la mia vita per proteggere. Sarei stato decisamente più irritato per il fatto di aver perso un forte alleato che avrei potuto controllare e un…" si morse il labbro, come se le parole successive fossero fisicamente dolorose per lui da dire prima di sputarle fuori velocemente, strappando il cerotto in un'unica mossa veloce "un giocattolo."
Non mentirò. Mi fece male sentirlo chiamarmi in quel modo, ma sembrava far soffrire lui quasi altrettanto.
"Questo è tutto ciò che pensavo di te, Rose. Sì, ero ossessionato da te. Dovevo averti, ma non mi importava realmente di te. Non come una volta. Ti volevo e basta. Per il mio potere, per la mia lussuria, per le mie ragioni egoiste. Non c'è stato un solo momento mentre eri in quell'orribile prigione in cui mi sia veramente importato cosa ti fosse successo finché si volgeva a mio favore."
Mi ritrovai con le mie braccia avvolte attorno al mio corpo, come a volermi in qualche modo proteggere contro le sue orribili parole. Non erano uno scudo sufficiente. E in realtà non penso che fossi sorpresa. Una parte di me lo sapeva, anche mentre ero in quel complesso russo, che Dimitri non era lo stesso uomo che amavo. Ecco perché presi la decisione di ucciderlo in primo luogo. Ma… ho fallito. Alla fine tutto si è risolto – ho trovato un miracolo impossibile e lui è stato riconvertito in un dhampir – ma il danno che gli è stato fatto, che è stato fatto a entrambi…
"E adesso?" chiesi.
"Cosa?" La domanda sembrò prenderlo di sorpresa.
"Ti importerebbe adesso? Se qualcosa dovesse accadermi?"
Fu veloce, così veloce che quasi pensai fosse uno scherzo delle luci soffuse, ma conoscevo quello sguardo nei suoi occhi così bene da mesi di sguardi nascosti durante gli allenamenti mattutini e occhiate troppo lunghe sui campi del' Accademia.
"Certo, Roza. Morirei piuttosto che lasciare che ti accada qualcosa. Tengo a te. Davvero."
Le mie guance bruciavano, non per un rossore ma per lo sforzo estremo necessario a non ridere come una sciocca. Roza. Astenermi dallo sperare ferì il mio cuore quasi allo stesso modo.
Invece iniziai con poco, allungando la mano per prendere la sua. Fu il primo contatto fisico che uno di noi abbia mai tentato dalla sua riconversione, e benché indietreggiò leggermente, lo accettò.
"Vedi, non sei lo stesso che eri su quel ponte. So che hai fatto cosa di cui non eri orgoglioso nelle ultime settimane; cose che tu Dimitri Belikov, non avresti mai fatto se fossi stato in te. Quello non eri tu."
"Ma lo era. Quel mostro non era qualcosa che mi possedeva. Era già lì prima, gli è solo stato permesso di venire in superficie senza inibizioni. Quella persona è ancora in me da qualche parte." La paura era familiare, troppo familiare. "Che succede se torna? Non voglio diventare di nuovo quella cosa."
"Capisco. Con l'Oscurità è lo stesso. Viene da Lissa, ma si nutre di ciò che già c'è, Dimitri. La mia paura, la mia tristezza o la mia rabbia. Tutto comincia da me."
"Come la combatti?"
"Giorno dopo giorno, alcuni giorni meglio di altri. E con qualche aiuto. Tu mi hai aiutato in passato."
"La cabina… prima…" i suoi occhi mi implorarono interrogativamente, in qualche modo ancora incerti.
"Reale." Diedi alla sua maro una veloce stretta rassicurante. "Anche tu hai persone che vogliono aiutarti. Ci sono persone che vogliono vederti stare meglio. Meriti di essere felice. Noi teniamo a te, Dimitri."
Sottrasse la sua mano dalla mia con forza, sfregandosi il viso mentre scuoteva la testa. "Non dovresti. Non dovresti. Non dovresti."
"Shh." Riuscii a ricatturare la sua attenzione solo quando fui letteralmente inginocchiata di fronte a lui.
"Ti ho ferita."
"È tutto okay. Ti perdono."
"Sono un mostro."
"No. Non lo sei."
"Dovresti odiarmi."
"Mai. Ti amo."
"Tu…" qualsiasi obiezione avesse pensato di lanciarmi cadde all'istante. "Tu mi ami? Persino dopo tutto ciò che ti ho fatto? Mi ami ancora… reale o non reale?"
"Reale, Dimitri. Sempre reale." Perché non importa cosa, questo non cambierà mai.
"Guardiano Hathaway!" Eli chiamò di nuovo da fuori la cella, echeggiando leggermente attorno ai muri di calcestruzzo. "Hans ti sta cercando. In più, l'orario di visita è finito cinque minuti fa e qualcuno mi presto farà storie."
"Grazie Eli." Sapevo che stava provando a darci più privacy possibile restando fuori dalla nostra visuale dietro il muro, ma non era molto ciò che poteva fare. Nonostante ciò, apprezzavo lo sforzo e sembrava che lo facesse anche Dimitri. "Forse dovrei andare."
"Aspetta," entrambe le mani di Dimitri scattarono in avanti, ancora costrette dalle manette d'acciaio. "Tornerai domani?"
"Reale."
Lui sorrise mentre me ne andavo, e mentre camminavo via, potei sentire il deboli suoni dei suoi discorsi con sé stesso, questa volta in inglese:
"Il mio nome è Dimitri Belikov. Sono nato a Baia, Russia. Sono stato trasformato in Strigoi contor la mia volontà. La Principessa Vasilisa Dragomir mi ha risanato. Sono di nuovo un dhampir. E in qualche modo… Roza ancora mia ama. Mi ama ancora. Starò bene. Lei mia ama."
