Set the World on Fire

Una Fanfiction su Glee di Cora709

Versione originale: /s/7790714/1/Set_the_World_on_Fire

Adattamento italiano: Brittana Fanfiction Den

Traduzione a cura di eli

Revisione a cura di Evey-H, the old phib


Capitolo 1

Sei mesi. Ecco quanto tempo era passato. Sei mesi, due settimane e quattro giorni dall'ultima volta che aveva visto Brittany. Sei mesi, due settimane, quattro giorni e ... Santana lanciò un'occhiata all'orologio mentre dava un'altra sistemata ai cuscini sul divano. Cinque ore. Non che le stesse contando.

Perché adesso era un'adulta, si ripeté per quella che sembrava la centesima volta. Una donna indipendente e matura che viveva da sola in una grande città, o meglio, quasi da sola, e voleva che Brittany se ne accorgesse subito, una volta arrivata. Farsi prendere dall'ansia o dare troppa importanza alle apparenze avrebbe mandato all'aria l'accordo fatto quando avevano programmato quella visita, l'accordo di prendere la loro relazione con calma, un giorno alla volta. Con prudenza. In modo disinvolto. Fa' la disinvolta, cavolo, si impose, torcendosi le mani.

Mentre dava un'ultima controllata al salotto, posizionò un vaso al centro del tavolino da caffé e fece un passo indietro per esaminarlo con occhio critico. Lo spostò su un altro tavolo a attraversò la stanza per guardarlo da un'angolazione diversa. Poi si rese conto che stava facendo la lunatica e che a nessuno sarebbe fregato un bel niente del vaso, anche perché i fiori non erano neppure ancora arrivati. (Ma per sicurezza, lo spostò di nuovo sul tavolino da caffè. Disinvolta.)

Si fermò ad esaminare ancora una volta il minuscolo salotto dell'appartamento, costringendosi a fare un respiro profondo per calmare i nervi. Era quasi ora. Brittany sarebbe arrivata da un momento all'altro. Dopo un intero giorno passato a mettere a punto ogni singola cosa e a pulire l'appartamento, cercando di farlo sembrare il meno piccolo e scialbo possibile, assicurandosi che anche il più insignificante dettaglio fosse perfetto... finalmente era arrivato il momento

Incapace di trattenersi ancora, andò alla finestra per controllare la strada quattro piani più sotto, in cerca della station wagon di quel tipo della band con la faccia da scemo. Jeff. O John. Jasper? Una roba del genere. Non si era mai presa la briga di imparare i loro nomi. Ma a quanto pare Jeff o John o come cavolo si chiamava sarebbe venuto a New York lo stesso giorno di Brittany, e, da patetico cascamorto qual'era, si era offerto di accompagnarla in cambio di metà dei soldi per la benzina, e soprattutto a patto di non fargli ascoltare Ke$ha durante il viaggio. Santana scacciò con forza il sospetto che il tizio avesse un secondo fine. Quella era la vecchia sé stessa. La Santana possessiva e insicura. Non la nuova versione versione adulta riveduta e corretta.

Perché non aveva il diritto di essere gelosa. Non stavano insieme. Non in quel senso, non più. Avevano entrambe avuto altre storie durante quei sei mesi di separazione. E quello che avrebbero fatto adesso, ora che Brittany si era diplomata con un semestre di ritardo al McKinley e stava finalmente per arrivare in città... non ne aveva davvero idea. Non sapeva nemmeno se lei sarebbe rimasta o se fosse solo una visita di passaggio. Avevano deciso di fare una specie di giro di prova. E così Santana il giorno prima aveva preparato il divano-letto in salotto, anche se il solo pensiero di dormire in stanze separate le aveva fatto venire un nodo alla gola. Ma sapeva bene che era la cosa più sensata da fare. Dovevano prima mettere in chiaro le cose. Sei mesi erano un bel po' di tempo da trascorre lontane. A dire il vero, a volte le sembrava che fossero passati sei anni.

Erano successe talmente tante cose. A partire, ovviamente, dal modo confuso e triste in cui si erano separate. Ancora oggi non sapeva bene cosa pensare di quella loro ultima conversazione. Si mise a ricordarla parola per parola, ma aveva appena cominciato quando sentì delle voci in lontananza, e quindi dei passi che salivano le scale. Rimase ferma per un attimo, speranzosa. Forse le era sfuggita la macchina? Ma le voci si fecero più distinte avvicinandosi lungo il corridoio. E, sfortunatamente, queste due in particolare le erano anche troppo familiari. Erano quei due. Merda. Sperava che Brittany sarebbe arrivata per prima, in modo da poter passare almeno un paio di minuti da sola con lei. Ma ovviamente no. La sua solita sfiga.

Le voci si avvicinarono alla porta, ancora smorzate, ma alte e polemiche.

"Kurt, non sto di certo negando la tua considerevole esperienza in materia, ma chiaramente il ruolo più memorabile di Mandy Patinkin è stato quello del Che nella versione originale di Evita. È una parte iconica."

"Non mi metterò a discutere con la tua evidentemente antiquata definizione di iconico, ma Sunday in the Park with George è senza dubbio la sua performance definitiva. C'è il nome del personaggio nel titolo. Cosa vuoi di più?"

"Ha vinto un Tony per Evita! Cos'altro c'è da dire?"

Oh, Rachel," ribatté Kurt in tono di compiaciuta superiorità mentre spalancava la porta. "Le tue opinioni sono adorabili nella loro inesattezza." Dall'ingresso si spostarono in salotto e, vedendola in piedi di fronte alla finestra con un'aria di malcelata irritazione, Kurt aggiunse, "Chiediamolo a Santana."

Lei colse l'occasione al volo con un luccichio letale negli occhi. "Ma che idea fantastica. Chiediamolo a Santana. Perché mi pare di intuire che voi due fenomeni da baraccone state parlando di qualche fesseria di Broadway, vero?" Incrociò le braccia e si fece avanti minacciosamente, felice di poter sfogare almeno un po' del suo malumore. "Per esempio quale ruolo è più checca dell'altro? O magari quale musical faccia venire meno voglia al pubblico di inzuppare due cotton fioc nella benzina, infilarseli nelle orecchie e darsi fuoco per smettere di ascoltare? Lasciate che vi spieghi come stanno le cose, Lucy e Ethel*, la risposta è che fanno schifo entrambi. Quindi evviva, avete ragione tutti e due, e ora potete chiudere quelle boccaccie!"

Rachel alzò gli occhi al cielo e prese a sbottonarsi la giacca con aria rassegnata, lasciando che si sfogasse. "Significa che Brittany non è ancora arrivata?"

Santana fece un respiro profondo per riprendersi dalla sfuriata. Come sempre, urlare l'aveva fatta sentire un po' meglio. Quindi tornò alla finestra. "Sono solo le cinque e dieci. Aveva detto tra le cinque e le sei."

"Beh, per fortuna non stai guardando l'orologio," commentò Kurt con aria da finto tonto, ricevendo un'occhiataccia in risposta.

Santana esaminò di nuovo la strada. Ancora niente. Si morse un labbro, ricacciando indietro un sospiro d'impazienza. Poi, mentre tornava a voltarsi, lo sguardo le cadde sul vaso ancora vuoto. "Rachel, dove sono i fiori?"

La mano di Rachel si bloccò mentre appendeva il cappotto nel guardaroba. "Oh no," sussurrò con una vocina piccola piccola.

Santana si materializzò subito accanto a lei, su tutte le furie. "Che cazzo, Rachel! Ti avevo chiesto di fare una cosa sola!"

"Posso spiegare!" si difese lei, arretrando il più possibile. "È una storia talmente buffa, davvero. Stavo andando al negozio di fiori quando mi sono imbattuta in un gruppo di studentesse cattoliche che cantavano le canzoni di Rihanna ai loro ragazzi su un tavolino nel parco. Avevano senza dubbio del potenziale, ma la tecnica respiratoria era completamente sbagliata e ballavano in modo che più che suggestivo era... pornografico. Così da paladina delle arti quale sono, mi sono trattenuta per dare loro qualche suggerimento. E quindi, una cosa tira l'altra, e per farla breve ..."

"Troppo tardi," borbottò Kurt.

"... ho finito per cantare qualche canzone io stessa." continuò lei "E penso che abbiano davvero apprezzato la lezione. È vero, mi hanno appiccicato della gomma sulla borsa e credo che una di loro mi abbia insultata in cinese. Ma in futuro, quando ripenseranno a quello che è successo oggi, sono certa che i miei consigli cambieranno in meglio le loro vite." Concluse il suo racconto con aria di beata abnegazione. Si vedeva quasi l'aureola. "Dopotutto, Santana, che cosa è più importante? Un mazzo di fiori destinato ad appassire o l'opportunità di condividere il mio talento con le nuove generazioni?"

Santana la fissò sconcertata e indignata per qualche secondo, e poi balzò in avanti. Con uno scatto felino Kurt la afferrò per i fianchi, e Rachel corse a barricarsi dietro il divano. Sembrava un balletto perfettamente coreografato che avevano messo in scena un'infinità di volte.

"Spero ti piacerà cantare senza denti, santa Rihanna, perché ora vengo lì e ti spacco la faccia!" Ma Kurt la teneva saldamente bloccata. Grazie a quelle continue scenate, aveva sviluppato dei bicipiti notevoli. Era un modo bizzarro per fare palestra, ma decisamente efficace.

"Va bene, va bene!" Rachel alzò le mani in segno di resa. "Torno subito dal fiorista, okay? Contenta, ora?"

"No che non sono contenta, perché è chiuso, razza di cretina! Ti avevo detto che chiudeva alle cinque!"

"Santana ..." Rachel chiuse gli occhi e appoggiò le mani sullo schienale del divano. "Scusa. Mi è passato di mente. Non so cos'altro dirti!"

Santana sentì il veleno abbandonarla, lasciando il posto alla rassegnazione. "Sei incredibile, lo sai?"

Kurt mollò la presa, ma rimase all'erta in caso la situazione precipitasse di nuovo. "Se vogliamo essere onesti," disse, "è vero che l'egocentrismo di Rachel raggiunge livelli astronomici, ma è poi tanto diverso da quella volta che abbiamo perso la maratona di Jersey Shore perché una certa personaaveva rubato i soldi dell'abbonamento TV per comprarsi uno smalto da quaranta dollari?"

Cavolo, perché tiravano sempre in ballo quella storia? Santana evitò lo sguardo di entrambi mentre si risistemava la maglietta, leggermente a disagio, cercando di conservare un minimo di dignità. "Quante volte devo chiedervi scusa per quella volta?"

"Non hai mai chiesto scusa," ribatté Rachel, petulante.

"Era una domanda retorica," borbottò lei, esaminandosi le unghie, che avevano ancora un aspetto fantastico. Aveva fatto benissimo a comprare quello smalto.

"Quello che sto cercando di dire," continuò Kurt, "è che abbiamo fatto tutti delle cose di cui non andiamo fieri."

"Ho trovato!" esclamò Rachel, il viso che le si illuminava. "Preparerò la cena per tutti. Per farmi perdonare. A Brittany piacerà, non è vero?" E senza attendere una risposta corse a nascondersi in cucina con l'aria di chi vuole fuggire dalla scena del crimine.

"Noi non mangiamo le tue schifezze vegane!" Santana le gridò dietro. E, stranamente, usare il plurale per riferirsi a lei e Brittany le fece venire un brivido. Era passato così tanto tempo. Saremo di nuovo un "noi", si rese conto. Almeno per un po'. E se le cose avessero funzionato, forse ancora per più tempo.

Ma pensare così in anticipo era pericoloso, e quindi si fermò immediatamente. La cosa matura da fare, tornò a ripetersi, era affrontare quella situazione un giorno alla volta. Riprese a guardare fuori dalla finestra. La strada sotto di lei era vuota come raramente l'aveva vista, quasi volesse prenderla in giro. Con la coda nell'occhio notò che Kurt era ancora lì in piedi e sperò che si ritirasse nella sua camera o che andasse a fare compagnia a Rachel in cucina, togliendosi dalle scatole. Ma era chiedere troppo. Lui si limitò a tirare fuori una copia del New York Times e a sistemarsi sul divano accendendo la lampada.

L'ostentata lettura del giornale era una delle sue nuove abitudini, e Santana quasi sospettava che lo facesse apposta per farla arrabbiare il più possibile. Prima lo spiegò e lo scosse, e un fastidioso fruscio riempì la stanza, facendole quasi saltare i nervi per la seconda volta. Poi lo sollevò a braccia tese, alzò il naso, accavallò le gambe leziosamente, e si mise a fissarlo. Gli mancavano solo la pipa e la vestaglia di velluto per completare il quadretto. Voltava perfino le pagine in maniera teatrale. In passato si era chiesta perché non lo leggesse online come tutto il resto del mondo non ancora decrepito, ma ormai aveva capito che l'edizione online non gli avrebbe dato l'occasione di atteggiarsi a coglione con la puzza sotto il naso.

"Ma lo leggi sul serio?" gli domandò infine, visto che non c'era ancora segno dell'auto sulla strada e la sua pazienza si era più che esaurita. "O ti stai allenando per diventare il figurante più noioso della storia?"

Kurt voltò un'altra pagina e, ignorando le sue parole, chiese "Perché non la chiami e senti dov'è?"

Lei distolse lo sguardo e aspettò qualche secondo prima di rispondere. "L'ho già chiamata sei volte. Non voglio sembrare paranoica."

Kurt non rispose, ma perfino il suo silenzio le sembrò un commento sarcastico.

Sapendo bene che non avrebbe dovuto farlo, controllò di nuovo l'orologio. 5:23. Dove cavolo era finita? Forse si erano fermati a cenare da qualche parte. Forse avrebbero portato cibo d'asporto per tutti. Ben le stava, a Rachel, se nessuno avesse toccato la sua stupida cena. Che di sicuro faceva schifo. I suoi piatti sembravano tutti provenire da una fogna, e l'odore non faceva che confermare quel sospetto.

Ormai fuori si era fatto talmente buio che Santana poteva vedere la propria propria immagine riflessa dalla lampada sul vetro della finestra. Quello che vi scorse le fornì un nuovo motivo di preoccupazione. "Kurt," si lamentò, piazzandosi di fronte a lui, "I miei capelli stanno di nuovo facendo quella cosa strana."

Lui alzò lo sguardo. "Vedo. Probabilmente è successo quando ti sei lanciata su Rachel." Quindi tornò a leggere.

"Embè? Sistemali!"

Kurt sospirò e mise giù il giornale. "Perché tocca sempre a me sistemarteli?"

"Perché sì. È quello il tuo compito. Sei tipo la mia fata madrina. Ora alza il culo e vieni a agitare la tua bacchetta magica." Si avviò verso il bagno e poi si bloccò, divertita dalle sue parole. "Sbaglio o questa suonava un po' sconcia?"

Lui si alzò e la seguì, controvoglia. "Solo quando esce dalla tua bocca."

Una volta arrivata nel minuscolo bagno, si mise a sedere sul ripiano del lavandino. Mentre Kurt frugava in un cassetto alla ricerca degli strumenti necessari per restituirle la sua bellezza, lei esaminò l'ambiente in modo critico, cercando di vederlo attraverso gli occhi di un estraneo. Era sempre stato così sciatto e deprimente? Come aveva potuto abituarsi a questo schifo?

"Dobbiamo comprare un'altra tenda per la doccia."

"Cos'ha questa che non va?" Kurt si strizzò un po' di gel nelle mani e iniziò a lavorarle i capelli

grigia. Sembra uscita da un orfanotrofio sovietico. Dio solo sa quanti microbi ci sono annidati dentro. Ricordi quel Kurt Cobain dei poveri che ti sei portato a casa lo scorso fine settimana? Scommetto che non entrava in contatto con un impianto idraulico da mesi."

"Brittany non sta venendo a New York per controllare la tenda della nostra doccia, Santana. Sta venendo per incontrare te. Raddrizza la testa."

"Lo so." Alzò il mento, cercando di tenere ferma la testa per permettergli di compiere la sua magia. "Voglio solo ... che sia tutto carino." A voce più bassa e sperando di non suonare troppo ridicola aggiunse, "Voglio che questo posto le piaccia."

L'espressione di Kurt si addolcì, e sembrò sul punto di dire qualcosa per rassicurarla, ma prima che potesse aprir bocca sentirono dei passi attraversare di corsa il corridoio. Rachel apparve sulla porta, le labbra strette in una linea sottile. Si torse le mani nervosamente contro l'orrendo grembiulino di pizzo che indossava. Aveva l'aria di qualcuno che si era preparato ad un certo ruolo per tutta la vita, ma che all'ultimo momento era stato preso da inspiegabile ansia da palcoscenico. O forse aveva davvero bisogno di fare pipì. La fissarono, in attesa.

"Cosa c'è?" domandò infine Kurt, visto che non si decideva a parlare.

"Solo... non perdere la testa, Santana. Cerca di restare calma. Fa' un bel respiro."

Ovviamente, queste parole le fecero venire la tachicardia per lo spavento. "Di cosa stai parlando?"

"Il tuo cellulare si dev'essere scaricato," continuò Rachel. "Hanno cercato di chiamarti. Non so come hanno fatto a trovare il mio nuovo numero ... forse..."

"Rachel, dillo e basta!" esclamò Kurt. Santana gliene fu grata, perché non sapeva se al momento sarebbe stata in grado di parlare.

Entrando nel bagno già affollato, Rachel si rivolse direttamente a Santana. "Hanno avuto un guasto alla macchina. Brittany e John. Sono fermi in un motel nel New Jersey."

Lei aspettò, ma sembrava che Rachel avesse finito. "Allora sta bene?"

"Certo che sì, sta benone. Ma non... non arriverà stasera. Sapevo che ci saresti rimasta male."

Santana fece un profondo respiro, chiudendo gli occhi un istante per il sollievo. Non sapeva se voleva abbracciare Rachel o strozzarla.

"Gesù santissimo, razza di uccellaccio del malaugurio!" esclamò Kurt. "Non si inizia a parlare di un incidente stradale dicendo Cerca di rimanere calma!"

"Beh, mi dispiace!" si difese lei. "Non sono abituata a portare cattive notizie. Di solito mi chiedono di portare quelle buone. A volte con una canzone."

Mentre battibeccavano, Santana realizzò il significato di quella notizia e passò dal sollievo alla delusione. Brittany non sarebbe arrivata. Dopo averla aspettata tutto il giorno, dopo aver passato ore a cercare di rendere tutto perfetto... non sarebbe arrivata affatto. D'improvviso tutta l'eccitazione e la tensione nervosa della giornata si prosciugarono, lasciandola esausta.

Rachel aggiunse, "Però ha detto che domani arriverà sicuramente, non appena riusciranno a far riparare l'auto. E ha detto di dirti che le dispiace. E di caricare il telefono."

"Sì, okay. Chissene importa," Santana borbottò in tono poco convincente. "In fondo è solo un giorno in più." Cercò di non dare a vedere quanto si sentisse svuotata. Scivolò giù dal bancone e si voltò, fingendo di essere intenta a riporre il gel nell'armadietto del bagno, quando nello specchio li vide scambiarsi uno sguardo preouccupato alle sue spalle, e li odiòentrambi. Sembravano i genitori di un poppante imprevedibile in attesa dell'ennesima scenata.

Kurt sollevò una spazzola con aria interrogativa. "Vuoi ancora che ti ..."

"No," rispose, spingendolo da parte per uscire in corridoio. "Lascia perdere. Non importa." Si diresse nella sua stanzetta, con l'unico desiderio di rimanere da sola.

"Visto?" La voce di Rachel la raggiunse, come per cercare di rallegrarla. "Per fortuna non ho portato i fiori! Al suo arrivo sarebbero già tutti marciti!"

Senza curarsi di darle una risposta, Santana si sbattè la porta dietro le spalle, mentre Kurt bisbigliava, "Stai scherzando, Rachel?"

Ora, finalmente, era da sola. Rimase in piedi contro la porta per qualche secondo, ripetendosi come faceva da tutto il giorno che era un'adulta. Un'adulta non si sarebbe mai rintanata in camera a fare il broncio quando riceveva una brutta notizia. Un'adulta non si sarebbe mai rannicchiata sul letto ad autocommiserarsi come stava facendo lei adesso. E un'adulta di sicuro non avrebbe mai seppellito la faccia in una pila di cuscini cercando disperatamente di non piangere, torturandosi al solo pensiero della persona che desiderava vedere e toccare più di ogni altra cosa al mondo, terrorizzata dalla paura irrazionale di non poterla incontrare mai più per colpa del destino o di Dio o di qualche stupida coincidenza. Un'adulta non avrebbe mai fatto cose del genere.

Allora, si chiese, come si sarebbe comportata un'adulta in questa situazione? Facendo qualcosa di maturo. Di razionale. Come alzarsi ad accendere qualche luce, innanzitutto, in modo che il neon della pizzeria di fronte non fosse l'unica fonte di illuminazione della stanza. Poi, probabilmente, avrebbe messo il telefono in carica. E poi, magari, sarebbe andata ad aiutare a preparare la cena. E, dopo aver finito, sarebbe andata a letto presto e avrebbe cercato di dormire un po', per potersi alzare a rifare tutto da capo il giorno dopo, sperando di ottenere un risultato migliore.

Prese seriamente quel piano in considerazione. Quasi si convinse a seguirlo. Poi, invece, afferrò l'iPod, calciò via le scarpe e si sollevò le coperte fin sopra la testa. Fanculo. Avrebbe sempre potuto iniziare a comportarsi da adulta l'indomani. All'arrivo di Brittany, di sicuro. Non c'era il minimo dubbio. Ma solo per quella sera, le andava benissimo comportarsi ancora da ragazzina.


*Protagoniste della serie televisiva degli anni 50 I Love Lucy ("Lucy ed io" in Italia)