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Una Fanfiction su Glee di EverShadow
Versione originale: /s/6177788/1/Color
Adattamento italiano: Brittana Fanfiction Den
Traduzione e revisione a cura di giulsigelso, the old phib
Capitolo 1:
Lima, Ohio, Oggi
Quinn e Rachel si ritrovarono in città lo stesso giorno. Entrambe avevano in mano dei fiori, quelle di Quinn erano margherite bianche, quelle di Rachel roselline rosa. Quando si incrociarono all'entrata si lanciarono uno sguardo sorpreso seguito da un veloce sorriso.
"Ehi. Non sapevo saresti venuta." cominciò Quinn.
"Già, buffo, vero?" replicò Rachel, "Sei qui per…"
"Sì." la interruppe Quinn prima che potesse dire di più. Poi in silenzio si avviarono assieme lungo il viottolo di pietra, ricominciando a parlare soltanto dopo aver oltrepassato la fontana.
"Che cosa ti ha portato a Lima?" domandò Quinn.
"Oh, sai… è…" la voce di Rachel si affievolì piano.
"L'anniversario." concluse in fretta l'altra. Rachel sorrise tristemente con lo sguardo basso cercando con tutte le forze di non lasciarsi andare.
"Sono passati, quanto, cinque anni da allora?"
"Esatto. Cinque anni." replicò Quinn. "Finn come sta?"
"Sta cercando di ottenere un dottorato. Ha un grosso incarico ora, se no sarebbe qui anche lui." spiegò Rachel. "Finalmente ci siamo presi un appartamento assieme visto che ha vinto quella borsa di studio per l'insegnamento." Quinn sorrise a quel pensiero.
"Non avrei mai creduto nemmeno che Finn sarebbe riuscito a finire il college."
"Ha una vera passione per l'educazione. Immagino voglia ripercorrere i passi del signor Schuester o qualcosa del genere." continuò Rachel.
"E tu? Sempre a Broadway?"
"Mi sono presa una pausa, almeno per il momento. Ma presto farò un'audizione per una nuova piece di Schwartz. Per il ruolo principale." terminò poi lanciando in direzione di Quinn un largo sorriso speranzoso.
"Ti auguro davvero di farcela. Eri la cantante migliore tra tutti noi." Quinn le diede una gentile pacca sulla spalla e Rachel gradì il tepore delle sue dita. Era una giornata davvero gelida, non c'era da stupirsi dal momento che era Novembre, ma questa giornata in particolare sembrava rendere l'aria particolarmente pungente.
"Puck come sta?"
"Oh, sai, è sempre più preso con questa storia di essere una rock star e tutto il resto. È in tour adesso. L'ultima volta che l'ho sentito era da qualche parte in Tennessee. Ogni tanto mi arriva qualche cartolina e io lo chiamo la sera quando so che non è sul palco."
"Beh, non suona per niente male." commentò Rachel, "Voglio dire, aveva sempre sognato di-" Quinn si bloccò di colpo facendo incespicare l'altra su di lei. "Quinn?" Il suo viso si era fatto innaturalmente pallido e la sua bocca era spalancata. Rachel non l'aveva davvero mai vista così spaventata e sorpresa prima. Così seguì la direzione del suo sguardo e fu quasi sul punto di lasciar cadere le rose non appena capì su cosa lo sguardo di Quinn si fosse soffermato.
"Oh, mio Dio." bisbigliò Rachel, "Non è…"
Pochi metri davanti a loro c'era una donna in piedi che dava loro la schiena in un impermeabile color terra di Siena. I suoi capelli le cadevano sulle spalle e fra le mani reggeva un bouquet di margherite gialle, quasi cullandolo come fosse un bambino. Quindi si inginocchiò e sistemò i fiori sull'erba morbida che stava davanti alla lapide di marmo. Poi appoggiò piano la fronte sulla pietra e ci avvicinò la mano. Quinn la udì sussurrare qualcosa.
"Mi sei mancata." bisbigliò.
"Quinn." Rachel l'afferrò per il braccio, "Quinn… è…"
"Zitta. Lo so." sibilò l'altra e con la mente inconsciamente ritornò ad una conversazione che aveva avuto con Puck due giorni prima.
Erano le 3 del mattino quando lui l'aveva chiamata. Lei aveva lanciato un'occhiata d'odio in direzione del cellulare.
"Che c'è?" aveva domandato avvicinandosi il telefonino all'orecchio.
"Quinn. L'ho vista." aveva balbettato lui con urgenza.
"L'hai vista?" aveva ripetuto Quinn.
"Quinn, l'ho vista. È qui. Le ho anche parlato per tipo 3 secondi. Quinn, è viva e sta bene!" ormai lei si era svegliata del tutto.
"Stai scherzando? Non l'abbiamo vista o sentita per anni!" aveva sibilato.
"Credo che voglia tornare a Lima. Si è comportata come se neppure mi conoscesse. Mi ha detto soltanto 'Non so di cosa tu stia parlando.' e se n'è andata. Ma io lo so che era lei. Non è per niente cambiata da… da allora." Quinn aveva cominciato a sentire il sangue raggelarsi nelle vene. Le parole di Puck avevano preso a gocciolare piano, sillaba per sillaba, nella sua testa e così aveva chiuso gli occhi per metabolizzarle tutte.
"Sei sicuro?" aveva chiesto di nuovo.
"L'ho sentita parlare con un barista chiedendogli quanto ci voleva da lì per arrivare a Lima."
"Oh, mio Dio."
"Q, devi prendere un aereo per Lima al più presto. Se sta davvero tornando questa potrebbe essere la nostra unica chance." Quinn si era affrettata ad accendere il suo laptop e a prenotare un volo sul primo aereo che era riuscita a trovare, senza badare al fatto che stava spendendo una fortuna dal momento che era una prenotazione last minute e per di più in business class. Ma i soldi erano davvero l'ultima delle sue preoccupazioni. Migliaia di pensieri continuavano a correre per la sua testa mentre disperatamente tentava di districarcisi.
Non l'avevano mai più vista da quando se n'era andata. Che cazzo le era passato per la testa? Non aveva immaginato quanto si sarebbero preoccupati per lei? Perché stava tornando a Lima dopo tutto quel tempo? Avrebbe dovuto avvisare anche gli altri? Dio… e poi cosa le avrebbe detto se mai l'avesse trovata?
Poi però aveva d'improvviso realizzato cosa la stesse portando a Lima proprio in quel momento e aveva lasciato cadere il cellulare per terra mentre Puck dall'altro capo della linea aveva continuato a ripetere "Pronto?" ancora per una manciata di istanti. Dopo aver schiacciato il tasto per chiudere la chiamato aveva lasciato la testa scivolarle nelle mani e aveva pianto mentre il sito internet registrava la sua prenotazione.
L'impossibile stava succedendo, proprio in quel momento. La stessa ragazza che era svanita nel nulla così tanti anni prima se ne stava lì di fronte a loro, inginocchiata davanti a una lapide. Quinn si allontanò di qualche passo, non sapeva davvero cosa dire e aveva paura che qualunque cosa sarebbe riuscita a blaterare l'avrebbe soltanto fatta fuggire di nuovo.
"Dobbiamo riflettere. Oh, Dio. Oh, Dio." balbettò Rachel.
"Non è davvero il momento per lasciarsi prendere dal panico, Berry." la interruppe Quinn con tono seccato.
"Voi due siete silenziose come una locomotiva." ridacchiò la donna alzandosi in piedi. "Credevate davvero che non potessi sentire le vostre chiacchiere logorroiche da un miglio di distanza?" si voltò quindi. Quinn trattenne il respiro e piantò i piedi fermamente per terra preparandosi a bloccarla se solo avesse avuto la minima intenzione di scappare di nuovo. La donna di fronte a lei non poté fare a meno di notare il suo cambio di posizione.
"Rilassati." la tranquillizzò sollevando le braccia. "Non vado da nessuna parte. Scommetto che Puck ti ha informata del nostro rapido incontro."
"Ma dove sei stata in tutti questi anni?" le domandò Rachel. La donna sollevò le spalle.
"Con il corpo? Ovunque. Con il cuore? Assieme a lei." indicò con il pollice la lapide. "E ci sono ancora." aggiunse con un sussurro triste. Rachel combatté il desiderio di abbracciarla. Era sicura che non sarebbe stata la cosa migliore da fare. Quinn intanto camminò passandole oltre, sistemò i suoi fiori accanto alle margherite gialle, poi si voltò verso di lei e le tirò uno schiaffo. La sua mano fredda lasciò un'impronta che in men che non si dica divenne sempre più rossa sulla guancia della donna.
"Ti comporti come se non fosse successo nulla!" le gridò poi.
"Quinn!" esclamò Rachel. La donna si lasciò sfuggire un piccolo sorriso compiaciuto.
"E allora?"
"Te ne sei andata 4 anni e 9 mesi fa, esattamente 3 mesi dopo che è successo. Ci hai mollati tutti così, ad arrabattarci alle Nazionali, ad arrovellarci su dove cazzo fossi, su cosa stessi facendo, a chiederci se fossi…" non ebbe poi il coraggio di concludere Quinn.
"Morta?" terminò quindi la donna. "Come ho già detto, col cuore sono assieme a lei."
"Oh, non attacca con me!" le palpebre di Quinn si strinsero gravemente, "L'abbiamo persa tutti quanti, okay?"
"Voi non l'avete persa come l'ho persa io!" rispose urlando la donna, poi quasi impaurita dalla sua stessa rabbia si portò una mano alla bocca con uno schiocco, "Voi non… voi non l'amavate come l'amavo io."
"Mi dispiace." Quinn le sfiorò la spalla.
"Solo… andate via. Lasciate i vostri fiori e andate."
"No, voglio parlarti. Non voglio che tu sparisca di nuovo senza dirci nulla. Sei amica nostra e preferirei andare all'inferno piuttosto che lasciarti fare una cosa così ancora un volta." pretese Quinn.
"Ti prego, vogliamo solo parlare. Ce lo devi. Andiamo solo a prendere un caffè. E poi... poi potrai fare quello che ti pare." la implorò Rachel. Quinn si voltò bruscamente verso di lei. Lei non voleva "solo parlare" ma Rachel le lanciò un'occhiata che chiaramente diceva "prendiamo le cose con calma…"
"Va' bene. Solo un caffè." replicò la donna. "Però datemi un minuto, okay?" Quinn la squadrò con espressione scettica. "Giuro solennemente che non scapperò. Se non vi fidate la mia auto è parcheggiata fuori dall'entrata, quella blu, okay? Non scapperò." Quinn annuì e si voltò. Rachel si avvicinò alla lapide e sistemò i suoi fiori alla sinistra degli altri. Poi regalò un sorriso un po' triste alla donna e l'abbracciò anche se continuava a temere che non fosse il caso. Con sorpresa la donna non la cacciò via in malo modo e Rachel la prese come un'approvazione. Assieme le due camminarono verso l'entrata. Non appena sparirono dalla sua visuale la donna si voltò di nuovo verso la lapide. Poi si infilò le mani nelle tasche e si inginocchiò come prima.
"Ehi." bisbigliò, tracciando lentamente con l'indice le lettere incise sul marmo. "Mi dispiace di non essere venuta per così tanto tempo. Sono io, B. Santana."
