16 luglio 1789
16 luglio 1789, Versailles, Residenza Jarjayes…
Mia figlia.
L'ultima delle mie figlie.
La più piccola...
La voce di donna gridava, gridava forte un nome…
Lo conosceva quel nome, lui lo conosceva e dannazione…
Il nome di sua figlia.
Nel timbro una disperazione senza pari.
In mezzo al fumo, alle grida, all'odore della polvere da sparo…
Sì, persino quella gli pareva d'avercela lì, appiccicata addosso, acre e tagliente, come la certezza acre e tagliente che qualcosa di terribile ed ineluttabile stesse accadendo.
Che distinto s'era udito fino lì, fin quasi a Versailles, il boato dei cannoni.
E il generale s'era persino immginato il lento scorrere delle bocche di fuoco ruotate e quello delle canne rose dai bastoni intrisi d'olio per spingere giù i calibri…
Mia figlia.
L'ultima delle mie figlie.
La più piccola...
Non capiva.
Intravedeva capelli chiari…
E l'indistinto amaranto…
Jarjayes li aveva già visti….
Sì, la voce la conosceva, l'aveva già sentita ma non ricordava dove e quando…
Poche volte…
Il timbro apparentemente più sommesso e cauto.
Di quel groviglio d'immagini, suoni, voci, sensazioni, non riusciva a metter a fuoco nulla…
Se non che, alla fine, essi si mescolarono sormontandosi e confondendosi fino a divenire assoluti e strazianti ed acuti da risvegliarlo, lasciandolo senza respiro nel letto, bagnato di un sudore pesante, incapace di muoversi, immobile nella posizione di quite raggiunta alla visione della luce.
Il generale tentò di nuovo di liberarsi dal peso che gli opprimeva il cuore e i muscoli, intrisi dei suoni distorti che gli avevano riempito le orecchie e fiaccato i sensi.
Cercò di calmarsi e comprese d'essere riuscito a svegliarsi, quasi d'aver condotto a forza la propria mente verso la realtà apparentemente immobile, per porre finalmente termine all'incubo che ormai da più di tre notti lo tormentava e gli toglieva le poche ore di sonno che ultimamente riusciva a coltivare sempre più raramente.
Si accorse di un barlume di luce che filtrava dalle pesanti tende socchiuse e solo la visione del chiarore dell'alba gli restituì un attimo di conforto, capace di scacciare il vuoto cupo in cui il suo precario sonno era scivolato per l'ennesima volta.
Sempre lo stesso, ricorrente e terribile.
Il dubbio impellente era comprendere se esso fosse stato davvero solo incubo inciso nel profondo della mente, partorito dai timori che ormai da mesi gli attraversavano i pensieri, risalendo dai biechi rimorsi della propria coscienza impazzita, oppure se le visioni fossero una sorta di premonizione di quanto si sarebbe abbattuto su di lui, sulla sua famiglia, sul suo paese, contaminato dai fatti che si erano succeduti nelle ore precedenti e tali da gettare l'uomo nello sconforto più totale.
Mia figlia.
L'ultima delle mie figlie.
La più piccola...
Oscar...
Un'altra figlia!
Gli bruciava adesso quell'appelativo affibbiato all'esistenza dell'ultima delle sue figlie, la più piccola, trentatré anni prima, nell'anno 1755, nella notte che precedeva la giornata della nascita del Salvatore.
Un'altra figlia…
Che se ne faceva un generale dell'esercito che apparteneva al casato che per secoli aveva servito la famiglia reale di un'altra figlia?
Per continuare a servire la famiglia reale ci voleva un figlio maschio…
Il Generale Jarjayes si portò le mani al viso, sfatto…
Mia figlia.
L'ultima delle mie figlie.
La più piccola...
Oscar...
Dio…
Che cosa ho fatto?
Questa è la giusta punizione per quello che ho fatto…
Bruciava ancora di più la scelta ch'era seguita alla sconsiderata e blasfema affermazione, altrettanto assurda e dirompente, ossia che quella figlia sarebbe diventata suo figlio, il tanto agognato erede che sarebbe stato cresciuto secondo i dettami militari più ferrei e severi e che l'avrebbe reso orgoglioso della sua scelta.
Le parole insensate si erano perse nello scorrere degli anni….
Perché lui, alla fine, quella figlia, sua figlia, aveva imparato ad amarla…
Ma la scelta atroce imposta dalle regole dell'aristocrazia e dell'ereditarietà delle cariche militari che potevano essere tramandate solo di padre in figlio, stava lì, davanti a sé, e adesso l'uomo stava lì, dilaniato dal dubbio che allora avrebbe potuto agire diversamente. Senza lasciarsi invadere dalla propria presunzione, folle e dannata e cieca, che l'aveva indotto a ritenersi capace di educare e piegare suo figlio alla propria volontà e rendere suo figlio un essere privo di paure, un soldato capace di obbidire senza contestare e di salvare ad ogni costo, anche con la sua stessa vita, l'onore della propria famiglia.
Educarla forse sua figlia c'era riuscito…
Piegarla all'ideale di perseguire l'onore del proprio casato…
No.
Erano trascorsi trentatrè anni da quella fredda notte di Natale e ora correva l'estate piovosa e calda dell'anno 1789.
E dopo che un gruppo di sudici rivoltosi…
Perché solo così - pensava il generale - poteva chiamarsi quell'accozzaglia di plebei senza ragione e senza ideali, se non quella di pretendere d'avere la pancia piena e vivere come i nobili, che aveva assaltato la Fortezza della Bastiglia…
E come c'erano riusciti quei popolani senza intelletto, capaci solo di tenere in mano badili e forconi, ad assaltare la Bastiglia…
Jarjayes nulla aveva più saputo di sua figlia.
L'ultima delle sue figlie.
La più piccola...
Oscar...
Nessuna notizia, nulla...
Nessuno che gli avesse saputo dire cosa le fosse capitato.
Non era nemmeno riuscito a salutarla tre giorni prima.
Aveva inviato alcuni soldati a Parigi…
Pareva scomparsa nel nulla, inghiottita dalla città che aveva finalmente mostrato il suo vero volto caotico e terribile, con la gente che aveva preso a sfidare i soldati, ad attaccar briga per ogni inezia, a tendere persino rozze imboscate per disorientare i drappelli chiamati a mantenere l'ordine.
Ogni foborgo s'era animato e aveva preso coraggio e le strade, visto che fucili e pallottole scarseggiavano, erano state prese d'assalto e i ciottoli del selciato divelti e accatastati ai lati, pronti per esser tirati addosso ai soldati, che se avessero potuto quei dannati parigini avrebbero ficcato pure le pietre dentro le bocche di fuoco!
I parigini non riconoscevano più alcun ordine, alcuna regola…
E l'unico intento era riappropriarsi delle vie, delle piazze, dei luoghi simbolo del potere dei sovrani…
Persino tra di loro quei pezzenti si scontravano...
Quelli con i denti marci e le dita nere e i vestiti rattoppati s'immaginavano che gli altri, mercanti o commercianti dalle vesti più sobrie e pulite e volti meno emaciati e capelli raccolti, tenessero la farina e la carne nascosta nei magazzini e la cavassero fuori solo quando il prezzo risaliva, per guadagnarci di più...
E allora li prendevano a sassate...
Non i negozi, ma proprio i mercanti, i panettieri...
E non è che quel maledetto 14 luglio si fosse concluso così, con la fortezza violata e saccheggiata e quasi sbriciolata.
Con le salve di cannone ch'erano tuonate infilandosi nelle vie di Fabourg Saint Antoine e poi giù per gli altri foborghi fino all'Hotel de Ville dov'era riunita la municipalità di Parigi, e poi su, fin sulla cima di Notre Dame che davvero molti avevano pensato che a girarli quei cannoni anche le torri sarebbero finite giù.
Dopo…
La folla era entrata e aveva preso a distruggere tutto e a portar via i barili colmi di polvere da sparo.
Dopo…
Dio, che ne avrebbero fatto di tutta quella polvere…
E dopo…
Anche il governatore De Lonay era stato preso e…
L'avevano fatto a pezzi e non abbastanza soddisfatti, quei dannati l'avevano issata su una forca la testa del comandante della prigione, assieme a quella dei soldati di guardia alla fortezza che erano stati massacrati.
La folla...
Dio, la folla pareva essersi accorta di che odore avesse il sangue.
E non ne sembrava sazia.
Le teste le avevano portate in trionfo per le strade della città. Esibite in spregio a qualsiasi regola d'ordine e di rispetto per i morti. La folla s'era diretta all'Hotel de Ville e più di mille persone c'erano entrate dentro portando i sinistri stendardi della vittoria: le chiavi della Bastiglia, il regolamento…
E la testa recisa di De Lonay.
Agitata addosso a quelli dentro il municipio, come un trofeo e nessuno era riuscito a dissuadere quei dannati ad avere pietà della testa d'un morto.
E siccome quel sangue appunto sembrava non essere abbastanza, il resto lo avevano cavato fuori da un altro rappresentante d'una categoria che aveva preso ad essere mal vista già da qualche tempo.
Il Prevosto dei Mercanti, Monsieur Flesselles, il governatore di Parigi, era stato adocchiato mentre parlava dentro il palazzo della città e la folla aveva deciso che quello dovesse essere processato all'istante, perché sospettato di aver preso tempo e di avere ordito chissà quali congiure contro il popolo.
L'unica colpa, quella di non aver consegnato le armi quando la gente gliele aveva chieste e nemmeno la polvere da sparo. Anzi, chissà come, si sarebbe divertito a far correre la gente ai magazzini dicendo che le armi erano là e poi là non c'era un bel niente!
Allora la folla se l'era preso, il Prevosto dei Mercanti.
Sì, se l'era letteralmente preso come fosse stato un oggetto, un carretto, un pezzo di legno.
L'avevano afferrato per le braccia per portarlo a Palais Royal e fargli un processo.
Solo che quello non c'era mai arrivato a Palais Royal, perché prima ancora d'ascoltare lo scorrer della Senna con un colpo di pistola l'avevano fatto secco.
Così, in mezzo alla strada.
Parigi stava scivolando verso l'Inferno…
Per un padre quella città non poteva che essere un Inferno, visto che sua figlia c'era sparita dentro, inghiottita, finita chissà dove e perché adesso a Parigi si poteva morire così, in mezzo alla strada, senza aver fatto nulla se non avere sul capo il sospetto d'esser sospettato.
Il Generale Jarjayes si era limitato ad attendere, sperando che la figlia tornasse o desse notizie di sé ma più le ore passavano e più il timore che qualcosa di terribile fosse accaduto lo gettava in uno sconforto mai provato prima di allora.
Che la divisa lucida della figlia non avrebbe mai potuto non diventare un dannato bersaglio che chiunque avrebbe potuto colpire ed abbattere…
Come sarebbe mai riuscita a sopravvivere là in mezzo la figlia d'un generale che aveva servito e serviva la famiglia reale da secoli?
Una contessa…
Chiunque avesse conosciuto l'origine nobile di sua figlia, quando anche quell'origine non si fosse mai più riconosciuta un giorno, non le avrebbe lasciato scampo.
Il popolo pareva ebbro di vittorie e pareva non avere più paura di nulla, perché l'odio cresceva e aveva la capacità di schivare le pallottole e le baionette e quando una moltitudine diveniva avida di sangue e di vendetta essa poteva vedere dovunque nemici e spesso bastava additare una persona perché questa fosse giudicata colpevole, diventando la vittima di quella folli.
Quello non era più lo scenario d'uno spettacolo tragico da mettere in scena ed osservare divertiti dagli spalti d'un teatro…
Non metteva brividi addosso…
Non voleva spaventare perché sadico od eccessivo…
La testa di De Lonay su quella picca c'era rimasta a lungo prima che qualcuno ne avesse pietà e la tirasse giù.
No, la pietà era davvero morta e anche l'onore e…
Non c'era soltanto quello.
La divisa della figlia, l'onore della famiglia Jarjayes adesso erano unite da un destino incerto…
Perché il giorno prima, il 15 luglio 1789…
Il re…
Dannazione il re era stato costretto a piegare la testa e ad accettare la richiesta dell'Assemblea Nazionale.
L'Assemblea Nazionale, così ribattezzato dai deputati del Terzo Stato il consesso degli Stati Generali, convocati dallo stesso Luigi XVI solo due mesi prima, e che non aveva fatto altro che insistere ed insistere con il sovrano che quello le ritirasse le truppe…
A Parigi non ce li volevano i soldati e alla fine il re s'era lasciato convincere ad allontanare le guarnigioni dalla città.
Solo una parte però.
Che adesso anche quelli dell'Assemblea Nazionale s'erano messi in testa che del popolo non c'era tanto da fidarsi e anche quei dannati deputati adesso ce li volevano i soldati a guardare la sala dell'Assemblea, che non gli fosse venuto in mente a quelli del popolo di prender per il collo anche loro, così, da un momento all'altro.
Perché se il popolo avesse deciso che qualcuno non gli andava a genio, non avrebbe aspettato a spiegarlo e farlo comprendere…
Il popolo si sarebbe mosso e in un istante il popolo avrebbe inghiottito chiunque.
Non c'era nulla di sadico o costruito.
Era la realtà…
E così una delle prime decisioni del Marchese de La Fayette, proclamato comandante delle milizie generali di Parigi, era stata proprio quella di proporre l'amnistia per soldati ribelli, quelli che s'erano accodati al popolo e li avevano aiutati…
Che era il caso di non mettersi contro il popolo e se quei soldati fossero finiti di nuovo all'Abbey…
Il popolo aveva giù detto come la pensava!
Dio…
Possibile fossero stati davvero dei soldati ad armare i cannoni e a tirar giù le mura della fortezza?
Nessuna alta carica militare era stata rimossa per i fatti accaduti il 14 luglio…
Nemmeno mia figlia…
Nemmeno lei…
Quindi lei…
Lei era ancora il Comandante dei Soldati della Guardia.
Dannazione…
L'imprecazione uscì sibilata mentre gli occhi fissavano le linee di luce che filtravano dalla finestra.
Jarjayes tentò d'imprimersela quella faccenda nella testa, di nuovo, perché il punto era proprio quello, era tutto lì, mescolato alle parole delle due persone che aveva incontrato proprio il giorno prima…
Una era il Generale Bouillè che lo aveva convocato per chiedergli conto di una serie di questioni.
Jarjayes era entrato nella stanza e s'era ritrovato faccia a faccia con l'altro.
Lo sguardo cupo, quasi livido come a leggervi il netto rimprovero per la scelta, compiuta trentatrè anni prima e che, nel crescendo degli avvenimenti che si erano susseguiti nei giorni prcedenti, li aveva riportati lì, i due uomini, di nuovo faccia a faccia.
Il tentativo di allontanare la figlia dalla Guardia Metropolitana con l'assurda messinscena del processo ad un fantomatico assassino era fallito miseramente.
E poi, il 20 giugno prima…
L'ordine di chiudere le porte dell'Assemblea Nazionale, sua figlia l'aveva eseguito, sì, dannazione, quello l'aveva eseguito.
E quelli se n'erano andati a riunirsi in quella specie di campo per il gioco della Pallacorda!
S'erano dimostrati insolenti al limite dell'oltraggio e lesa maestà!
Ma il 23, che diavolo doveva esserle preso il 23!
Certo il Marchese Dreux – Breze sapeva essere alquanto indisponente…
Persino Jarjayes lo detestava con quella sua aria da soldatino saccente ed integerrimo quando si sapeva che quello non sapeva tenere nemmeno una spada in mano e l'unica ambizione era diventare consigliere di Bouillé, mettendo in cattiva luce chiunque si opponesse alle sue decisioni.
Ma quella di far entrare i deputati del popolo da una porta laterale, diversa da quella di accesso per la nobiltà ed il clero, quella era stata una decisione del Consiglio dei Ministri e del re e quindi…
Jarjayes s'era infurato alle voci che avevano accusato quell'ordine d'esser un bieco tentativo del re di rendere impossibili le riunioni…
Dannazione, il re aveva pensato al bene della Francia, che quell'accozzaglia di rappresentanti dei francesi aveva preso a far da sola e a decidere da sola e il re non avrebbe mai potuto consentire un simile comportamento!
Non si poteva considerarla una provocazione quella!
Anche se…
Sì, a pensarci poi, a mente fredda…
Quel giorno pioveva e Jarjayes aveva saputo che s'era radunata una folla immensa alla sala dell'assemblea e allora forse, ripensando a quello di cui era stato capace il popolo in quei giorni, allora forse, quella poteva davvero esser presa per una provocazione…
E lei, lei, il 23…
Lei l'aveva tirato giù dalle scale Dreux – Breze e aveva ordinato ai suoi uomini di aprire le porte e lasciar entrare i delegati, tutti, dalla stessa porta…
Così violando la consegna impartita dallo stesso sovrano!
Ma era quello ch'era accaduto dopo…
Il re ci aveva riprovato in maniera perentoria a stabilire che le distinzioni tra i tre ordini dovevano essere conservate e le deliberazioni sarebbero dovute avvenire in camere separate.
Perciò quanto deliberato fino a quel momento doveva considerarsi nullo e senza efficacia.
Il re non avrebbe tollerato altre opposizioni alle sue decisioni e ordinava ai tre ordini di riunirsi separatamente.
Era stato allora che molti rappresentanti non ne avevano voluto sapere di lasciare la sala dell'assemblea. Sia quelli del Terzo Stato sia altri, addirittura nobili e religiosi. Bouillé aveva ordinato al Comandante dei Soldati della Guardia di armarsi e di andare a disperdere i delegati ribelli…
Ecco allora cos'era accaduto.
Sua figlia s'era rifiutata di eseguire quell'ordine.
Dio, non l'aveva fatto…
E non fosse bastato questo, era pure corsa davanti a quella maledetta sala e s'era mezza in mezzo e aveva impedito alla Guardia Reale di eseguire quello stesso ordine.
Jarjayes aveva ripensato a quel giorno, il giorno in cui ogni gesto, ogni respiro, ogni sguardo di sua figlia avevano assunto l'atroce marchio del tradimento.
La vita stessa di sua figlia si era macchiata dell'onta del tradimento puro, ignobile, assoluto, senza scampo.
E lui ne era responsabile. Perchè lui era il padrone della vita di sua figlia e lui aveva il diritto di togliere a lei quella vita, se essa fosse stata di ostacolo all'onore dei Jaryaies.
Che se non fosse stato per André, lui stesso l'avrebbe eseguita quella sentenza, senza attendere il volere dei re...
L'avrebbe uccisa quel giorno sua figlia, nella sua casa e poi l'avrebbe seguita…
L'avrebbe lavata con sangue quell'onta…
Il sangue di sua figlia.
L'ultima delle sue figlie.
La più piccola...
Oscar...
E tu
Dio, invece di chiedere perdono…
Mi hai chiesto di salvare la vita dei soldati che assieme a te s'erano rifiutati di eseguire l'ordine che tu non aveva eseguito…
Dio, invece di ammettere d'aver disonorato la famiglia e l'uniforme che indossavi, tu, tu hai chiesto che quei disertori venissero tirati fuori dall'Abbey prima d'esser fucilati.
Nonostante l'accusa di tradimento e quella sentenza di morte che pendeva sulla tua testa, tu non hai speso una parola per te stessa…
Non sei più mia figlia...
Dio, nemmeno dieci giorni fa ero stato io stesso sul punto di volere la tua morte.
Jarjayes s'era ritrovato lì, nell'ufficio di Bouillé, a domandarsi dove fosse lei e se fosse viva…
Ad ascoltare la voce sprezzante dell'altro che pareva parlasse d'un traditore della corona.
Jarjayes era rimasto in silenzio davanti all'altro.
Non aveva senso giustificarsi senza nemmeno sapere che fosse accaduto.
Lo conosceva quell'ufficiale e tra i tanti difetti l'unico pregio di cui era dotato era sicuramente quello d'andar dritto al centro della questione.
Non gliel'aveva mai nascosto Bouillé d'essere sempre stato contrario a vedere una donna come Capitano delle Guardie Reali.
Neanche Bouillé avesse avuto un figlio da metterci in quel posto! No, non era per quello.
Semplicemente non ci aveva mai creduto Bouillé che Oscar sarebbe stata in grado di adempiere a quell'incarico. Non era una questione di preparazione, capacità, titoli nobiliari, decenza di linguaggio, conoscenza dell'etichetta, devozione ai sovrani.
No, per tutto quello Bouillé s'era dovuto ricredere…
Anzi, forse era stato proprio per quello che…
Dannazione…
Lei era una donna, era solo per questo…
No…
Jarjayes si disse che non era nemmeno per quello.
Bouillé aveva semplicemente intuito che nelle viscere di sua figlia si nascondeva un'anima ribelle e per questo pericolosa e per questo dannata.
Quella era una che le regole le sapeva rispettare fin dove gliel'avesse consentito la sua morale ed il suo onore…
Una che sapeva giocare alla guerra finchè le avesse fatto comodo.
Il punto era che la morale e l'onore di Mademoiselle Oscar François de Jarjayes non erano della stessa pasta di quelli di tutti loro…
E l'arte della guerra lui, il Generale jarjayes, alla figlia gliel'aveva insegnata…
Era quello che spaventava Bouillé.
E Dio solo sapeva quante volte lei si era ribellata in passato…
Incapace di tenere a freno l'insofferenza piantata nell'anima.
Jarjayes era talmente preso da quegli assurdi pensieri che quasi non l'aveva sentita la voce dell'altro.
Allora Bouillé aveva davvero tuonato inveendo contro i rivoltosi che il giorno prima avevano pressoché distrutto la fortezza della Bastiglia, passando a fil di spada il comandante e i soldati ch'erano sopravvissuti.
E poi, poi c'era che s'era saputo com'era stata tirata giù la fortezza, laggiù a Saint Antoine…
I cannoni, forse quelli ch'erano stati portati via dall'Hotel des Invalides...
Erano quelli secondo il tono minacciosamente roco e sprezzante di Bouillé che dovevan essere serviti al popolaccio.
Il punto era che quegli straccioni di parigini mica li sapevano usare i cannoni e allora…
Allora era accaduto che a quei dannati insorti s'era unito un gruppo di Guardie Francesi - disertori così li aveva qualificati Bouillé - che s'era schierata dalla parte della gentaglia ed erano stati quelli…
Quelli li avevano manovrati i cannoni e puntati sulle mura della fortezza…
E le cannonate s'erano udite fino a Versailles…
Alla parola disertori Jarjayes era sbiancato...
E l'altro era stato costretto ad alzare il tono per richiamarlo e a ripetere la domanda appena profferita.
"Generare Jarjayes, ve lo ripeto, voi sapete dov'è vostro figlio?".
Mio figlio? Mio figlio? – s'era chiesto allora Jarjayes come stranito - Di chi state parlando? Oscar...no...mia figlia...Dio...state parlando di lei...mia figlia...la più piccola...la più piccola...
Mia figlia, il Comandante dei Soldati della Guardia…
Mia figlia… pur sempre una nobile...
Non potrebbe mai tradire l'onore della sua famiglia...
Per anni Oscar era stata il figlio del Generale Jarjayes.
A tutta la servitù di casa era stato ordinato di considerarla tale ed anche il Generale Bouillè, alla fine, s'era visto costretto a cedere all'assurda finzione, piegandosi alla declinazione quando nominava la figlia del Generale Jarjayes.
Adesso forse per la prima volta Jarjayes si scontrava con altra visione…
Suo figlio era Oscar.
Sua figlia la più piccola...
Non c'era più alcuna declinazione di sesso o mansioni o ruolo in quella visione sorprendentemente pura, istintiva, inspiegabile, dirompente e terribile...
C'era solo e soltanto la visione di una figlia, che a quell'ora poteva anche esser morta.
Dio...mia figlia...la più piccola – s'era ripetuto nella testa - Ti ho cresciuto ed educato come un soldato, ti ho insegnato ad usare le armi, tutte...tutte quelle che un addestramento militare prevede...e tu...solo tu ti sei ribellata al mio volere talmente tante volte che ormai non riesco più a rammentarle...eppure tu...tu ti sei piegata...ti sei adeguata alla mia volontà. L'hai fatto fino a quando ciò che imponeva il mio volere era divenuto inaccettabile per te. E allora ti sei opposta al matrimonio...e non hai ordinato ai tuoi soldati di far allontanare i deputati dalla sala dell'Assemblea nazionale...e ora... un soldato deve difendere l'onore ad ogni costo…anche a costo della vita…
Ora…
Sì…
Sì, poteva anche essere plausibile che quell'assalto in piena regola, degno di una guarnigione di militari, fosse stata guidata da un militare, fors'anche dal loro superiore…
Sua figlia non era stata rimossa dal Comando dei Soldati della Guardia.
Questo significava che sua figlia doveva considerarsi un disertore...
Ecco allora che l'esistenza, l'onore, il prestigio della famiglia Jarjayes cessavano davvero lì, in quell'istante e per sempre.
Il casato della famiglia Jaryaies non esisteva più.
Sorprendente rivelazione...
Essa aveva recato con sé un'altrettanto sorprendente considerazione che aveva quasi fatto tremare il Generale Jarjayes che a sua memoria ricordava essergli accaduto una sola volta, da giovane, quando in battaglia aveva rischiaro di finire infilzato dalla baionetta d'un soldato austriaco.
In quell'istante, quando aveva visto la morte in faccia, s'era reso conto che null'altro gli sarebbe importato di più che vivere, vivere, vivere a tutti i costi.
Era accaduto di nuovo, lì, quando aveva convenuto che se anche il casato della famiglia Jarjayes non fosse più esistito...
Ecco, nella testa e nel sangue gli era corso il dannato pensiero che di quel casato non gli sarebbe importato un accidente di niente.
Voleva solo che sua figlia fosse viva…
E l'unico dubbio prepotente e pressante era comprendere dove fosse adesso e cosa fosse realmente accaduto quel dannato martedì quattordici…
Perché se fosse stata ammazzata là, a Parigi, là, sotto le torri nere della Bastiglia, il corpo glielo avrebbro restituito…
Ecco cos'era allora quella spina che s'era piantata nel cuore, pensiero informe e scuro, dapprima semplice intuizione, tormento indotto dalle notizie che giugevano da Parigi.
Era quello che aveva morso la coscienza e s'era piantato lì, nella testa…
Il pensiero fisso che lei non fosse morta e…
Se Oscar non fosse morta il suo destino sarebbe stato forse ancora peggiore.
Il Generale Jarjayes aveva risposto con voce bassa e ferma.
"No generale non so dove sia. E' partita da casa quattro sere fa e da allora non ho più avuto sue notizie. Io credo sia presso il suo comando e…".
L'altro l'aveva squadrato, incalzandolo…
"Generale Jarjayes, vostro figlio non è al comando. Ho già fatto controllare. Non è lì e non è stato trovato in nessun altro posto di quelli in cui avrebbe potuto e dovuto trovarsi. Nessuno sa più nulla di lui e di alcuni soldati che non sono rientrati in caserma dall'altra sera. Io mi auguro che non sia come penso ma...le voci sulla diserzione delle Guardie Francesi sono già state accertate. Resta da comprendere se vostro figlio sia coinvolto in prima persona...".
Ancora vostro figlio! Allora non volete proprio capire che Oscar è mia figlia. State parlando di mia figlia Generale Bouillè, di mia figlia! Colei che per anni ha servito fedelmente la corona e i reali di Francia e che ha rischiato la vita per loro talmente tante volte e adesso chissà dov'è e in che condizioni si trova...
Il pensiero che la figlia potesse anche essere morta...
S'era saputo di altri straccioni piombati a Parigi dalle campagne che s'erano mescolati al popolo per darsi alle azioni più turpi, persino quella d'aver strappato di dosso ai soldati uccisi l'uniforme e aver preso a girovagare per la città sostenendo d'esser diventati loro i soldati, pezzenti senza onore.
Una visione infernale sulla quale s'era incisa la voce…
La voce di sua figlia.
Padre...
Quell'appellativo era risuonato nella testa del Generale Jarjayes…
La voce di sua figlia come la ricordava adesso, bambina...
Era stato un folle, un visionario...
Aveva colmato la sua impotenza di generare un maschio, sostituendosi a Dio...
Aveva allevato sua figlia come un maschio...
Padre...
La voce era risuonata nella testa di Jarjayes.
La sua voce...
Quando lei gli correva incontro, alla sera, perchè a lei era permesso di farlo, e gli prendeva la mano e nell'altra stringeva salda la piccola spada di allenamento, ancora troppo pesante, e la punta strisciva leggera sul pavimento.
Padre...
Oscar gli stringeva la mano e la sua stringeva quella della figlia...
Sì, quan'era molto piccola se lo ricordava d'averla stretta quella mano, così piccola.
E poi la propria mano tante volte s'era sollevata veloce per mollarle un ceffone, alla figlia, che le facesse ingoiare la sua ribellione.
Padre...
Oscar si rassegnava…
I suoi occhi no. Quelli restavano su di lui, ribelli, accusatori...
Voi mi avete reso così - pareva dicessero - Siete stato voi ad insegnarmi a dubitare delle persone, ad osservare i pericoli, a scovare i dubbi, a riconoscere le ingiustizie…
No, io non ti avevo insegnato a riconoscere quelle...
Non quelle di cui tu adesso ti sei macchiata.
Padre...
Lui aveva sfidato Dio e adesso Lui gli stava togliendo ciò che aveva pensato fosse solo suo e gli appartenesse di diritto.
Padre...
Quella figlia, educata come un maschio, aveva appreso tutto.
E aveva anticipato i tempi...
Sua figlia poteva essere morta...
E lui non immaginava che l'onore e la rispettabile dignità della famiglia Jarjayes sarebbero diventati nulla a confronto.
Nessuno gli aveva mai detto come fosse perdere un figlio...
Non sentire più la sua voce...
Non percepire più la sua ribellione...
Possibile che v'interessi solamente sapere se Oscar ha tradito? Se Oscar ha disonorato le sue origini nobiliari o i suoi ordini? – s'era detto Jaryaies in un moto d'insofferenza sollevando lo sguardo verso l'altro ufficiale.
Solo un istante...
S'era sorpreso allora, per la prima volta, incapace di non riuscire più a sopportare la vista, la presenza e la voce del suo interlocutore, che, per quanto fosse suo pari grado, aveva comunque il compito di sovrintendere al mantenimento dell'ordine a Parigi e all'interno di tutti i corpi militari presenti in quel momento in città.
Bouillé non avrebbe mai potuto disinteressarsi della sorte di quel drappello di disertori, come li aveva appellati poco prima.
Il sovrano era stato informato della questione e solo per via della scarsità di notizie per il momento nessuno aveva preso alcun provvedimento definitivo sul destino di quegli uomini.
Che poi il Marchese La Fayette avesse anche deciso di riprendersi quella gentaglia tra le fila della Guardia Farncese, quello era affare che non riguardava altri che il Marchese La Fayette…
E al più i rozzi soldati semplici ch'erano pur sempre parte del popolaccio!
Ma per un ufficiale…
Bouillé s'era interrotto…
Il silenzio deponeva per ben altro scenario.
Jarjayes conosceva bene il suo interlocutore.
Altro che amnistia per quei soldati! Ne era certo Jarjayes che nella testa di Bouillé quegli uomini avrebbero dovuto essere catturati, imprigionati e con molta probabilità fucilati in quanto disertori e questo nell'intento evidente di dare un esempio fermo a tutti coloro che avessero voluto seguire la loro strada e soprattutto per impedire che quei disertori mettessero le loro conoscenze militari a disposizione di obiettivi più ambiziosi e pericolosi.
Il tono miseramente blando che aveva introdotto le considerazioni successive…
"Quanto a vostro figlio..." – aveva proseguito il Generale Bouillè – "Ho già spedito un gruppo di soldati a cercarlo in tutti gli ospedali e in ogni altro posto dove potrebbe trovarsi. Ma per quanto ne so e per quanto mi è dato conoscerlo credo che non lo troveremo facilmente. Vi ordino di fare altrettanto, Generale Jarjayes. I vostri uomini si metteranno alla sua ricerca...dovrò essere informato immediatamente non appena l'avrete trovato. Se si accerterà che ha preso parte alla rivolta, dovrà comunque essere arrestato e processato. E allora non credo che nemmeno la Regina potrà fare molto. L'indulgenza che vi è stata accordata qualche tempo fa non potrà ripetersi e dubito che qualcuno potrà salvare vostro figlio dalla perdita del suo titolo nobiliare e dalla prigione a vita…in quanto nobile non potrà subire una condanna a morte ma…".
…non aveva impedito al Generale Jarjayes di intuire gl'intendimenti dell'altro.
In quello stesso istante Jarjayes s'era ritrovato incapace di tollerarne la presenza e quindi risoluto ad uscire dalla stanza e andar via, quasi non avesse più aria per respirare. Persino la voce dell'altro aveva preso ad infastidirlo provocandogli un senso di disgusto che non aveva mai provato fino a quel momento.
Il Generale Jarjayes aveva deciso allora che quella conversazione, per quanto lo riguardava, poteva dirsi conclusa.
Il tono della voce ed il malcelato nervosismo facevano chiaramente trasparire il desiderio di Bouillé di porre fine a quella storia nella maniera più rapida possibile, tranciando di netto ogni possibile altra risonanza se non quella dell'immediatezza dei fatti così che nessun altro tra i soldati presenti nei vari reggimenti a Parigi avesse l'idea o l'ardire di imitare il comportamento dei disertori.
Nella sospensione rarefatta di quella visione, Jarjayes aveva intuito, con altrettanta certezza, che quando fosse stata trovata viva, molto probabilmente sua figlia non sarebbe mai stata arrestata e condotta in una prigione e poi processata e privata dei suoi titoli…
Dio…
Nemmeno un mese prima lui stesso avrebbe voluto fare giustizia del tradimento di Oscar.
Io l'avrei ammazzata con queste mani…- si era detto Jarjayes abbassando lo sguardo.
E adesso invece…
Jarjaies non aveva avuto più dubbi.
Sua figlia s'era messa alla testa di quei dannati disertori e c'era da esser certi che nessuno l'avesse mai costretta…
C'era lei allora sotto quelle torri ad ordinare che i cannoni sparassero fino a tirarla giù la fortezza…
L'ordine di Bouillé non sarebbe stato solo quello di trovarla…
Non senza che ciò avesse provocato lo stupore del suo interlocutore, Jarjayes s'era congedato dichiarandosi in tono asettico pronto ad eseguire quelli che non avevano tanto l'aria di essere consigli ma dei veri e propri ordini, che non ammettevano repliche o discussioni di sorta.
Il Generale Bouillè aveva guardato l'altro con aria interrogativa ma non aveva proseguto oltre, lasciando che Jarjayes uscisse in tutta fretta e sperando solo di aver toccato nel suo interlocutore le corde giuste, ossia quelle della scoperta di un atto d'insubordinazione di un sottoposto da parte del suo superiore e della conseguente improrogabile necessità che quel sottoposto venisse scovato e "assicurato alla giustizia".
Tutto stava nel comprendere chi ci sarebbe arrivato per primo…
Il Generale Jarjayes s'era incamminato velocemente verso la reggia, immerso nella chiara visione che se i disertori, come eran stati appellati, li avesse scovati prima Bouillé, allora la faccenda si sarebbe risolta ancor più velocemente e nessuno, lui compreso, avrebbero più saputo nulla di Oscar François de Jarjayes.
Sì, con Bouillé c'era d'aspettarselo…
"Generale…".
L'uomo s'era voltato sorpreso che un valletto l'avesse quasi afferrato per la giacca per trattenerlo e fermarlo.
L'altro aveva allungato un biglietto sigillato.
"Madame Jarjayes vi manda questo messaggio…".
La seconda persona che il Generale Jarjayes aveva incontrato il 15 luglio 1789 era indicata lì, su quel biglietto scritto con la grafia leggera e pulita di madame.
L'incontro era stato concordato negli appartamenti privati di Sua Maestà la Regina Maria Antonietta.
Jarjayes s'era stupito e ancora di più aveva sollecitato la sua curiosità il fatto che nella stanza, contrariamente al solito, non ci fossero altri che loro due, lui e sua maestà. Erano stati congedati valletti, cameriere, dame di compagnia…
"Generale…vi chiedo di darmi notizie di vostra figlia…".
La regina si era mantenuta con lo sguardo ai giardini, ma le parole erano uscite severe, incombenti. Maria Antonietta voleva esser certa che l'amica stesse bene…
La lieve torsione delle mani e la postura irrigidita avevano rivelato l'angoscia che si era sollevata quando Jarjayes era stato costretto ad ammettere che nessuno sapeva più nulla di sua figlia.
Lo sguardo si era sgranato…
"Di me potete fidarvi…" – aveva proseguito la donna che sperava in un mutamento di risposta quando avesse dichiarato che la sorte di mademoiselle le stava davvero a cuore ma no…
"Maestà non ho mai dubitato dell'affetto che nutrite verso mia figlia ma purtroppo sono dolente di non poter acquietare la vostra angoscia…non so più nulla…".
Maria Antonietta si era voltata allora e si era avvicinata.
"Avete già parlato con il ministro della giustizia e il Generale Bouillé?".
Era stato sibillino quel repentino cambio d'argomento.
"Solo con il Generale Bouillé. Era chiaramente risentito per i fatti di Parigi e anche lui ha convenuto che gli autori del gesto contro la fortezza della Bastiglia debbano essere trovati. In ogni caso adesso il Marchese Lafayette è stato posto al comando delle milizie che si occuperanno di mantenere l'ordine in città…".
"Generale…vi chiedo di ascoltarmi…" – le mani nervosamente chiuse una nell'altra – "Non fidatevi di nessuno…".
"Maestà…non capisco…".
"Il Marchese Lafayette sarà anche l'eroe dell'indipendenza delle colonie americane…lui difenderà Parigi da nuovi scontri e nuovi disordini…ma chi difenderà noi da Lafayette?".
La chiosa sarcastica s'era imposta e Jarjayes era rimasto lì apparentemente incapace di comprendere e di credere che le scelte assunte in quella manciata di ore avessero come unico obiettivo indebolire la monarchia anziché proteggerla.
"Dovete trovare vostra figlia…" – aveva proseguito la regina – "Dovete trovarla e portarla al sicuro…".
Jarjayes aveva iniziato a comprendere e si era ammutolito. Le mezze asserzioni di Bouillé adesso si completavano con le rivelazioni angosciate della sovrana.
"Il re è stato informato e al momento non ha assunto alcuna decisione in proposito…e…e non lo farà!".
Lo sguardo s'era sgranato…
"Maestà io non posso che esservi grato per la benevolenza che accordate alla nostra famiglia senza nemmeno conoscere i fatti…".
"Generale la mia benevolenza non servirà a molto…ho avuto notizia che i ministri e i generali dell'esercito non sono d'accordo sulla proposta del Marchese Lafayette di riammettere i soldati disertori tra le fila di coloro che dovrebbero continuare a proteggere Parigi ed i sovrani…".
Jarjayes s'era dovuto arrendere. Allora non era come pensava.
"La mia benevolenza non servirà a nulla…" – aveva proseguito mestamente Maria Antonietta.
L'uomo come accecato aveva preso poi a vederci più chiaro quando la luce s'era un poco allontanata…
"Voi sapete vero che cos'è il bando capitale?" – disse piano la regina, voltando lo sguardo verso di lui.
La definizione aveva tagliato l'aria e il sangue s'era gelato a quel punto perché l'intuito aveva colto nel segno.
Certo che lo sapeva cosa fosse un bando capitale, il Generale Jarjayes…
Solo che…
"Maestà…nessuno ha mai parlato…".
"Nessuno lo ha fatto apertamente ma ciò che si dice a proposito del destino di vostra figlia è esattamente questo…".
Bando capitale…
Chiunque avesse ritrovato Oscar François de Jarjayes avrebbe dovuto consegnarla alle autorità francesi.
La sentenza era stata emessa.
E doveva essere eseguita.
La regina aveva fissato l'altro severa.
"Farò tutto quanto è in mio potere per dissuadere il re dall'accettare questa decisione, ma sapete bene che il potere di certi militari è quasi assoluto…".
"Mia figlia e la mia famiglia accetteranno qualunque decisione le loro maestà assumeranno…".
"Generale Jarjayes per il vostro bene spero che vostra figlia sia viva ma che che nessuno la trovi…eccetto voi…".
Gli occhi della regina erano divenuti lucidi…
Le parole erano uscite sussurrate.
"Non fidatevi di nessuno…" – aveva ripetuto Maria Antonietta.
Jajayes non aveva replicato annuendo semplicemente.
Il respiro contratto della donna l'aveva convinto che altro non si sarebbero potuti dire.
Era uscito dalla stanza il Generale Jarjayes e s'era diretto agli alloggi delle sue truppe, aveva scelto alcuni soldati fidati e aveva dato loro l'ordine di setacciare Parigi con estrema discrezione e recuperare maggiori informazioni possibili sul comandante dei Soldati della Guardia Francese e sugli altri soldati che non avevano rispettato le consegne della giornata del 14 luglio…
Tutto quanto avessero scoperto doveva essere a lui per primo riferito, senza ch'essi potessero prendere iniziative o peggio ancora divulgare quelle informazioni ad altri.
Poi il generale era tornato a casa, stanco e disorientato, come se un'enorme pietra si fosse posata sul cuore, schiacciandolo ed impedendogli di continuare a battere e vivere.
Spesso quando era necessario evitare che un fatto increscioso avesse troppa eco presso l'opinione pubblica venivano emessi una sorta di mandati d'arresto in bianco, contro coloro che si erano macchiati di tradimento o contro nemici personali, per i quali non valeva la pena nemmeno celebrare un processo o consentire loro di difendersi.
Certe persone dovevano semplicemente sparire, perché solo così si sarebbero evitati moti di emulazione o di esaltazione delle loro sconsiderate gesta.
Il bando capitale era altro…
Altro che avrebbe consentito a chiunque di consegnare alle autorità che l'avevano emesso la persona destinataria…
Viva o morta.
Di fatto Bouillè aveva dato l'ordine ai suoi uomini di trovare il Comandante Oscar François de Jarjayes e di eseguire la sentenza di morte che lui stesso aveva stabilito per non avere ulteriori problemi.
Questo certo non glel'aveva detto al Generale Jarjayes e poco importava che la persona in questione fosse la figlia di quest'ultimo.
Trovare Oscar e giustiziarla all'istante.
Quello era, da sempre, il sistema che imperava e non sarebbe stata fatta alcuna eccezione…
L'ultimo pensiero del generale, prima di riuscire a prendere sonno, seppure faticosamente, dopo aver a lungo cercato di capire cosa potesse essere accauduto gli aveva riportato alla mente l'immagine di André.
Nemmeno André era tornato…
Nemmeno lui.
Chissà se anche lui era vivo e se...
Vinto dalla stanchezza l'uomo si era addormentato ma quel sogno, quell'urlo disperato e quei capelli biondi macchiati di sangue si erano subito impadroniti della mente, per tormentarlo atrocemente fino a quando non s'era risvegliato, in quella mattina apparentemente uguale a tutte le altre.
Il generale si sedette sul letto, ripensando al sogno, all'incubo che lo perseguitava ormai da giorni.
In definitiva io ho plasmato la tua indole, io ti ho fatto diventare ciò che sei, capace di decidere da sola, di non dipendere dal mio consenso, dalla mia approvazione...
Ti ho reso così e la tua ribellione alla fine ha vinto su ciò che io stesso avevo pensato di controllare...
E' solo colpa mia...
Avrei dovuto comprendere che tutto sarebbe potuto finire così...
Dio...no...non doveva finire così...
Chi sei stata fino ad adesso?
Chi sei adesso?
Non lo so...non lo so più...o forse...forse non l'ho mai saputo.
Io so soltanto che tu sei stata capace di scegliere...
E per te qualsiasi vita era…
Jarjayes ripensò alla sfida lanciata a quel dannato nobile che aveva ammazzato un bambino in mezzo alla strada a Parigi.
Gliel'aveva detto André perché Oscar avesse sfidato il Duca de Germain e che…
Che lei aveva il dubbio che nemmeno ucciderlo avrebbe avuto senso.
Lei l'aveva solo ferito per punirlo e per dimostrare che la vita di qualunque uomo era sacra e che nessun uomo aveva il diritto di togliere la vita ad un altro essere umano…
Perchè tutti gli uomini sono uguali.
Ma questo è sbagliato maledizione!
Gli uomini non sono tutti uguali e…
E solo il re può decidere se punire un ladro e se punire chi uccide quel ladro…
Non tu, non tu!
Non capisci Oscar che questo sarebbe la fine della monarchia...
Lo gridò a voce alta quel rimprovero, il Generale Jarjayes, quasi lei fosse lì, davanti a sé, gli occhi fiordaliso scuri e freddi che non c'era verso di farglielo capire a sua figlia che gli uomini non sono tutti uguali…
Tutto deve ruotare intorno al sovrano. Ogni ordine, ogni gerarchia deriva da lui e lui è il solo che può decidere chi può esistere e chi no. Solo questa è la regola che deve valere...
Tutto il resto sarebbe caos e disperazione e annientamento.
Combatteva il Generale Jaryaies. Combatteva contro sé stesso in quel momento perchè non poteva più farlo contro la figlia.
Nella testa il pensiero che se quell'ennesima ribellione fosse stata accertata, aver preso parte all'assalto alla fortezza, sarebbe stata la rovina della sua famiglia.
Nel cuore il pensiero che quella ribellione da qualsiasi parte la si fosse guardata, sarebbe costata cara a sua figlia.
Si scosse al pensiero di aver associato quegli avvenimenti...
Se Oscar fosse morta...
Ti sei ribellata...maledizione...ti sei messa contro la tua famiglia...contro il tuo rango...contro di me...
Maledizione a te...te lo ripeto Oscar...non ti perdonerò mai!
Non lo sapeva il Generale Jarjayes come fosse perdere una figlia. Non ci aveva mai pensato.
Adesso sì.
Spero che tu sia ancora viva... spero di riuscire a trovarti prima io, Oscar. Lo spero veramente, altrimenti…
Il generale si sollevò.
Nell'angolo scuro della stanza intravide a terra la sua parrucca gettata via la notte prima in un moto di rabbia e di disperazione…
La testa era pesante, i pensieri opprimenti e un'angoscia profonda ormai lo pervadevano fin nel profondo.
Doveva attendere...
Aspettare che qualcuno dei suoi soldati per primo gli portasse qualche notizia e sperare che nessuno di loro decidesse di preferire alla devozione verso il proprio superiore, quella che poteva derivare da una probabile "taglia" che il Generale Bouillè poteva aver messo sulla testa di sua figlia e che sicuramente avrebbe incentivato qualcuno a cercare con più impegno del solito quella persona, disinteressandosi del suo destino e pensando solo al proprio tornaconto.
Il bando capitale era anche quello…
Un tocco leggero alla porta lo fece sussultare.
Era ancora molto presto, di solito a quell'ora la servitù non si permetteva di disturbarlo e di certo non poteva essere la vecchia governante. Nanny giaceva a letto, ormai da giorni, raggomitolata nel suo dolore e nell'angoscia di non sapere più nulla di André e della sua "bambina".
Il generale si alzò e indossò la sua vestaglia.
Forse quelle notizie erano arrivate…
Pochi passi e fu alla porta ritrovandosi gli occhi assonnati d'una giovane cameriera che si scusava e domandava sommessamente se il Signor Generale fosse stato disponibile a ricevere una visita…
Qualcuno aveva chiesto di parlare con lui.
L'ora mattutina avrebbe suscitato lo stupore per chiunque ma il generale pensò al contrario che finalmente qualcuno dei suoi uomini, a cui aveva ordinato di informarlo immediatamente appena avessero avuto notizie su sua figlia, si fosse risolto a presentarsi proprio a quell'ora.
Sperò che nessuno avesse seguito i suoi uomini…
Il cuore prese a battere velocemente…
Ancora più fretta e quasi il respiro s'innalzò beffardo quando il generale ordinò all'altra di far salire il soldato e quella rispose che non era un militare quello che attendeva, e che lei non lo conosceva e che non era un uomo bensì una donna.
Il generale ebbe un sussulto.
Chi…
Una sorta d'ancestrale timore si riversò nelle vene.
La giovane disse che la persona non attendeva in casa ma all'interno delle scuderie.
La proverbiale fermezza e severità prese a vacillare, privata com'era adesso delle presunzioni che connotavano quella visita.
Non era un soldato ma una donna e quella chiedeva d'esser ricevuta nelle scuderie…
L'aria tiepida di luglio colpì i sensi mentre l'uomo s'avviava a grandi passi dopo essersi vestito, verso il portone scuro e freddo delle scuderie
Quando l'aprì, la luce già filtrava dai finestroni all'interno dei locali ed i raggi tagliavano l'aria, disegnando piccole scie di pulviscolo animate al calore del mattino.
L'odore del fieno e del calore degli animali ricoverati investì l'uomo che, richiuso il portone, cercò ansiosamente d'intravedere nella penombra la persona che era venuta fin lì apposta per parlargli.
La cercò, mentre gli occhi lentamente s'abituavano al buio dei locali ancora chiusi e poco illuminati ed alla fine vide una figura muoversi lentamente verso di lui.
La persona non era molto alta, il suo incedere silenzioso e cauto, un mantello le copriva le spalle ed il cappuccio calato sul capo impedirono al generale di riconoscerne il volto.
Quando fu abbastanza vicino la donna si scoprì il capo abbassando il cappuccio.
Un istante di stupore per risalire, nella mente, alla fisionomia conosciuta di colei che aveva davanti a sé…
"Voi siete...".
Il generale la riconobbe la figura esile di Rosalie, la giovane che tanti anni prima aveva vissuto nella sua casa.
La voce…
Fu quella, sebbene l'altra non avesse ancora aperto bocca, ad imporsi alla mente e il generale riconobbe il timbro che aveva ascoltato nel sonno, scivolato giù nel baratro nell'incertezza che riserva il futuro.
Lo sguardo si aprì sull'altra correndo allo sguardo dell'altra ed un nuovo moto di angoscia si affacciò più repentino e subdolo della ormai famosa freddezza.
La mente, inesorabilmente, associava all'immagine di Rosalie quella della figlia e anche se la giovane aveva ormai lasciato da tempo la casa, Jarjayes non potè non rammentare il tempo in cui la figlia l'aveva presa con sé per offrirle un tetto sulla testa e un'istruzione…
Il generale non l'aveva mai compreso perché l'altra ad un certo punto avesse lasciato la loro casa, ma c'era che adesso quella giovane era venuta fin lì, chiedendo espressamente di potergli parlare.
Un incontro, dopo tanti anni, non poteva presagire un semplice riavvicinamento, oltretutto ammantato dall'espressa richiesta di vedersi nelle scuderie…
Era molto tempo che non vedeva la giovane e l'uomo avrebbe dovuto chiederle, per forma di cortesia, come stava e cosa le fosse accaduto in quegli anni.
Sorprendentemente, i due interlocutori si scambiarono uno sguardo d'intesa che aveva per entrambi lo stesso significato e lo stesso argomento di conversazione.
Rosalie intuì lo stato di agitazione nel quale si trovava l'uomo che aveva chiesto di vedere.
Se i suoi calcoli non erano errati era ormai da tre giorni che il generale non vedeva sua figlia, perché era esattamente da tre giorni che Oscar si trovava a Parigi, ossia da quando l'aveva rivista a Place de Le Tuileries, il 13 luglio precedente.
Rosalie era una del popolo, era la moglie del giornalista Bernard Chatelet, compagno politico del deputato Maximilien Robespierre…
L'uomo che aveva di fronte era un nobile, generale dell'esercito, sicuramente al corrente dei fatti accaduti a Parigi il 14 luglio…
Forse già sapeva chi ne era il responsabile…
Forse doveva cercarli quei responsabili.
E lei allora aveva giocato d'azzardo a presentarsi a casa Jarjayes e certamente il suo arrivo in quella casa dopo tanto tempo non poteva certo essere casuale.
Questo entrambi lo sapevano.
Rosalie avrebbe dovuto rischiare e comprendere se poteva fidarsi dell'altro…
L'aveva conosciuto il Generale Jarjayes ai tempi in cui abitava nella sua casa. Gli era parso severo, incombente nella vita della figlia, seppure sottilmente impegnato a tenerla d'occhio quella vita, anche se da lontano, anche se ostinatamente senza concedere che severi consigli militareschi…
Adesso invece non le pareva d'intravederle più le antiche fierezza e fermezza di pensieri che l'avevano messa in soggezione quando gli si rivolgeva a lui.
Pareva un padre che invoca dignitosamente e sommessamente di sapere la verità, che lei era lì appunto per rivelargli.
Pareva lo sapessero senz'esserselo detti…
Rosalie poteva fidarsi.
"Signor Generale, sono lieta di rivedervi e di sapere che state bene. Sono venuta….sono qui per parlarvi di vostra figlia…. ".
"Vi prego Rosalie…" – l'incalzò il generale – "Vi prego non lasciatemi attendere ancora".
Il generale chiedeva di conoscere eventi sconosciuti e soprattutto della sorte della figlia, quella figlia che ora era lontana, ma che incombeva nella sua vita, tacitamente, seppure provocando un misto di angoscia e rabbia e paura…
Quella figlia divenuta nel tempo e soprattutto negli ultimi mesi strumento e vittima del suo egoismo, artefice di una ribellione incerta, condannata forse per questo a rischiare la vita se non addirittura ad averla già persa.
Quella figlia che non aveva voluto sentire ragioni di abbandonare l'esistenza pericolosa che si preannunciava nell'aria, per rifugiarsi in una vita consona al suo rango, così ponendo rimedio agli errori del padre, compensando il fallimento dell'altro.
Quella figlia adesso era lì, di fronte a sè, e lui avrebbe voluto farla sparire, annientarla, perchè così il suo ruolo di padre non sarebbe vento meno...
Perchè così forse quel sogno avrebbe smesso di torturarlo e lui avrebbe fatto come niente fosse accaduto.
Non ci riusciva...
Per quanto si sforzasse, il Generale Jaryaies sentiva di non riuscire più a porre dei limiti nella propria coscienza all'esistenza di sua figlia.
Lei era viva e vitale e lui sentiva di non potersi più tirare indietro e di dovere qualcosa a quella figlia che in fondo aveva solo avuto la malaugurata sorte di "essere sua figlia" e di subire le sue insulse decisioni.
Voleva che fosse viva e voleva dirle che lei era stata "figlia" al punto che lui era potuto diventare "padre" grazie a lei…
Le parole di Rosalie, per quanto il generale stesse in trepida attesa di una risposta, ebbero l'effetto di un tuono, inaspettato, vicino e dirompente, come se la tempesta che annunciava, in realtà, avesse già avvolto tutto, senza lasciare scampo.
La stanza era appena illuminata dal sole ma i raggi tenui parvero oscurarsi e perdere l'effetto salvifico di qualche istante prima trafitte dal significato che al contrario assumeva la sua forma contorta ed abbietta.
Il suo respiro quasi si fermò.
"Vostra figlia….ecco sì, lei è a Parigi…".
"E' viva allora?".
Il generale lo chiese quasi non ci avesse creduto all'affermazione precedente.
"Sì…è…viva…".
Rosalie confermò, seppure quasi a forza.
"E' viva!" – esclamò l'uomo e pareva che quello gli fosse bastato.
"Sì…però…".
"Parlate dunque…dove si trova?".
"Mademoiselle si trova a Parigi…come ho detto…".
Dannazione…
Jarjayes parve quasi imprecare.
"A Parigi…mademoiselle…Parigi dove…dove?".
Parigi era una città estesa. I palazzi si ergevano verso il cielo mentre le viscere s'inoltravano in prfondità…
Quasi un città nella città.
"A Parigi dove?" – chiese di nuovo Jarjayes intuendo che l'altra in realtà non lo volesse rivelare forse perché non era certo ancora per nessuno dei due se dell'altro si potesse fidare.
"Oscar è a Parigi" – insistette Rosalie quasi con rabbia.
Non lo voleva, non lo poteva dire dove si trovasse mademoiselle, la figlia del Generale Jarjayes, il Comandante dei Soladti della Guardia.
Ecco qual'era il punto…
"Che cosa è accaduto?" - Jarjayes provò ad andare oltre.
"E' accaduto martedì quattordici...".
"Che cosa è accaduto…".
La data era foriera di indubbie certezze.
Il generale se l'era sentito nelle ossa che la verità stava tutta lì.
"I parigini…s'era saputo che i cannoni della fortezza erano stati rivolti verso la città…".
Jarjayes ascoltava e s'immaginava…
Le scene di battaglia le aveva impresse nei muscoli e nella pelle.
Solo non s'immaginava che a quelle battaglie avrebbe preso parte anche la figlia. Lei era il Comandante della Compagnia B dei Soldati della Guardia…
Lei doveva preservare l'ordine a Parigi non…
"Oscar…lei si è messa al comando di alcuni Soldati della Guardia che avevano deciso di schierarsi dalla parte del popolo. Il governatore aveva dato l'ordine di puntare i cannoni della fortezza sulla città e...e sarebbe stato un massacro se la gente non avesse tentato di entrare nella Bastiglia…la gente era stanca e spaventata e…".
"No…non può averlo fatto…".
Il generale balbettò le parole, mescolata in esse l'ansia di sapere ed il rimprovero che già s'immaginava d'aver compreso cosa fosse accaduto.
La voce dell'altra s'incrinò leggermente.
Perché lei era là e li aveva visti i soldati armare i cannoni mentre il loro Comandante dettava l'orientamento dei calibri e…
"Dalla fortezza hanno preso a sparare…oh…era dalla mattina che sparavano e lei…lei…è stata colpita. Sono riusciti a colpire Oscar...".
Il generale osservava l'altra muto.
La voce di Rosalie gli giungeva sempre più lontana.
"E' stata colpita?" – ripetè severo – "Va bene…è ferita allora…".
Il tono era quasi recitato. Non gl'interessava al generale…
Gli bastava che la figlia fosse viva…
"Oscar è stata colpita…ed è crollata a terra…".
"Dio…è stata ferita? Come sta?".
"Non è questo…".
Rosalie s'interruppe. Il respiro s'era spezzato, inghiottito dalle lacrime trattenute lì, nella gola, silenziose, che pure le impedivano di proseguire e poi c'era la paura, sì a Jarjayes gli era sembrata davvero paura, che non consentiva di articolare altre parole, mentre la giovane si copriva con le mani il viso striscinado le guance, inghiottendo le lacrime.
"André l'ha trascinata via. E poi l'ha chiamata…tante volte…anch'io le ho chiesto che mi parlasse, che aprisse gli occhi, ma lei non mi ha risposto. L'abbiamo portata via...lontano...al sicuro. C'era gente ferita...gente che urlava…la fortezza è stata presa e la gente è entrata e…i soldati ch'erano dentro…alcuni sono stati uccisi e anche il governatore…e la testa l'hanno messa su una picca e l'hanno portata in giro per la città….è stato uno spettacolo orribile…nessuno si immaginava che la rabbia del popolo potesse arrivare a tal punto….".
Il viso di Rosalie s'inumidì, le guance appena rischiarate dalla luce che ormai s'era fatta più calda ed intensa ed invadeva prepotente tutto l'ambiente.
Era la tua voce Rosalie…
Era la tua voce quella che chiamava Oscar
Quella voce...quella voce che sentivo...quella voce che chiamava mia figlia era la tua allora?
Quei capelli biondi insanguinati erano di Oscar?
Sei viva?
Sì! Sei viva! Devi esserlo, perché altrimenti Rosalie non avrebbe pronunciato quelle parole….non sarebbe venuta fino qui….per cosa?
In mezzo ai pensieri veloci si riaffacciarono le parole della giovane.
"L'abbiamo portata in un luogo sicuro…. non la troveranno per ora…".
"Avete fatto bene…vi ringrazio…se è ferita…".
Rosalie sollevò lo sguardo che si piantò sull'altro, accusatore e livido, come a rimprovevare all'altro non tanto una falsa pietà, quanto l'incapacità di non aver compreso prima, di non aver visto ciò che adesso invece lei avrebbe rivelato…
"Aveva la febbre alta…il dottore che l'ha vista ha detto che la ferita non è grave ma lei….oh….io non so come dirlo…".
Jarjayes pareva esser scivolato giù, ancora più giù in un baratro oscuro e del tutto nuovo adesso, diverso da quello in cui credeva fosse finito lui e la sua famiglia e il suo onore…
Non sentiva….non sentiva bene... e non capiva…
Che state dicendo Rosalie?
Il silenzio calò fra i due interlocutori.
Che altro può mai esserci?
Oscar aveva preso parte alla rivolta guidando i suoi soldati in aiuto alla gente che aveva assaltato la Bastiglia...
Il Generale Jaryaies aveva tentato di scacciare dalla mente quel sospetto.
Già questo bastava a confermare l'intuizione di Bouillé che adesso diventava realtà sconvolgente e…
Il bando capitale s'affacciò alla mente.
Bouillé sarebbe andato fino in fondo…
Dio…
Non fece in tempo a dare una risposta a questa domanda che incontrò gli occhi di Rosalie che lo guardavano.
Ora erano di nuovo asciutti benché lucidi.
"Oscar è malata Signor Generale" – disse piano, quasi non ci credesse neppure lei - "Il dottore ha detto che potrebbe trattarsi….di tisi...e che nelle condizioni in cui si trova difficilmente riuscirà a salvarsi…".
Tisi? – si chiese l'uomo – Com'è possibile che non me ne sia accorto?
La mente offuscata dalla paura dell'ignoto iniziò a precipitare giù nel baratro scuro della certezza.
Ora era tutto chiaro e quella era la verità, la sola verità che forse non s'aspettava.
Le poche parole lasciate scritte su quel biglietto.
Il dubbio di una scelta avventata…
Non era tutto lì.
Ecco perché Oscar non era tornata.
Ecco perché di lei non s'era saputo più nulla.
"Rosalie cosa state dicendo?".
La giovane prese il respiro per prendere coraggio.
"Oscar non ha più ripreso conoscenza, ha la febbre alta ma il dottore dice che se riuscisse a superare questo momento forse …".
"Si potrebbe salvare?" – l'incalzò l'altro.
Rosalie non parlò immediatamente e le parole uscirono lievi, senza rabbia, come se le si dovesse pronuciare piano, perchè non incutessero paura e rabbia e disperazione e perchè esse recassero con sé solamente l'istinto della rassegnazione.
"No….no….non è così…il dottore ha solamente detto che deve essere portata via da quella casa, da Parigi, almeno per…no!".
La voce s'impose più netta, decisa, rabbiosa, contro il destino.
"Non è giusto che debba finire così….perchè? Perché? Oscar è la persona migliore che conosca. Mi ha aiutato quando ero rimasta sola, mi ha accolto nella sua casa e mi ha voluto bene come ad una sorella….e ora...".
"Parlate Rosalie….ora cosa?" – il generale l'afferrò per le braccia per tenerla lì e costringerla a proseguire.
"Dobbiamo portarla via, via…perché…perché almeno possa morire in pace. Perché dovrà morire, capisce Signor Generale!".
Lo sguardo puntò al generale ed in esso l'accusa implicita che lui, solo lui, fosse la prima ed inevitabile causa di tutto.
Che Oscar fosse così grazie a suo padre...
Adesso il destino sarebbe stato segnato sempre per colpa sua.
Dio, non se n'era nemmeno accorto lui che Oscar era malata…
Jarjayes non riusciva a parlare e Rosalie proseguì.
"Non è morta per colpa di quei cecchini, ma lei morirà lo stesso e né io né nessuno può fare niente!" – gridò mentre la voce si spense per lasciare il posto ad un silenzioso respiro, soffocato dalle lacrime.
Una fitta via via più intensa s'impose al petto dell'altro, che poco prima, solo pochi istanti prima s'era allargato quasi consentendogli di tornare a respirare e adesso era di nuovo stretto in un amorsa, il respiro cacciato a forza dentro la gola, che prima o poi pure il cuore si sarebbe fermato…
Oscar era viva…
E nello stesso tempo non lo era. Non lo sarebbe rimasta a lungo…
Ora non sorreggeva più il conforto dell'incertezza, del non sapere, riempito di congetture ed alternative e piani di fuga e…
Ora no, non più...
Di alternative non ce n'erano più ed anche lo sguardo severo dell'uomo iniziò a sciogliersi in un tremore diffuso che lo portò a scostarsi dagli occhi di Rosalie, puntati su di lui, severi e disperati, perché l'uomo non avrebbe più retto quel confronto e quelle accuse silenziose.
"Che state dicendo?".
Il tono era severo, nel tenativo estremo d'aver capito male, fino a spingersi addirittura ad accusare l'altra seppur velatamente di dire delle sciocchezze.
Lui non se n'era nemmeno accorto che Oscar era malata…
Che malattia poteva mai essere…
Tisi…
Dannazione…
"Come è stato possibile che io non mi sia accorto di nulla?".
Il generale interrogava sé stesso per comprendere…
"Io non so quando sia accaduto e…era molto tempo che non vedevo vostra figlia. Solo…solo mio marito…".
Rosalie s'interruppe. Stava parlando troppo. Il patto dell'Abbey doveva restare sepolto nelle viscere di Parigi…
"Nemmeno...nemmeno André pare si fosse accorto di nulla...anche lui era sconvolto. Era disperato quando ha capito che lei stava male...l'ha chiamata tanto, ha cercato di svegliarla, l'ha abbracciata. L'ha stretta a sé ma lei…lei è lì in quel letto da due giorni..il dottore ha detto che con tutto quello che ha passato probabilmente non ha retto alla fatica, al dolore perla ferita".
Il generale si riebbe.
"André è vivo?".
"Sì".
André era vivo...
L'appiglio al volto dell'altro, colui ch'era riuscito a salutare la sera del 12 luglio gli riportò alla mente l'augurio non gli accadesse niente e la speranza che tornasse vivo.
Poche parole, pronunciate appena prima di altre, dissonanti forse, ma inevitabili sulla bocca di un generale, aristocratico, nobile...
Se tu fossi stato un nobile...
André non lo era nobile, ma adesso non aveva più importanza...
"Ora è con lei, non si è separato un istante da lei. Non l'ha lasciata mai. Lui è lì e dice che deve starle vicino, perché se lei si sveglia avrà bisogno di lui e lui deve essere lì per lei….non l'ho mai visto così…so che le vuole bene..."
Rosalie si fermò di colpo, quasi avesse messo il piede in fallo, in un territorio sconosciuto, inesplorato ai più e soprattutto al padre di Oscar.
Cercò nello sguardo del generale un cenno di assenso, di tacita conferma alla sua supposizione...
L'altro pareva intento a seguire il suono delle parole.
Giusto quello riusciva a percepire, ma il senso no!
Quello ancora non gli era riuscito a comprenderlo, non ci riusciva…
Jaryaies pensava alla follia di quelle parole.
Quelle di Rosalie…
Oscar era malata…
E le proprie…
Dannazione André non aveva bisogno di mescolarsi alla nobiltà per essere degno di sua figlia.
Lui l'aveva dimostrato in tutti quegli anni...
Lo sapeva che l'amava.
Era stato André a gridarglielo in faccia, quella notte, quando tutto s'era stravolto e rovesciato ed annullato in un istante.
Quel legame nascosto per anni si era rivelato in quella ribellione alla sua autorità, al suo volere...
E magari vorresti fuggire con lei? - gli aveva chiesto con disprezzo il generale.
Sì…
E sposarla?
Sì…
"Dio…io…voglio vedere mia figlia, voglio vederla e fare qualcosa per lei. Voglio vederli…tutti e due…portatemi da loro, vi prego Rosalie...".
Il tono era docile ma risoluto.
Al generale non era mai accaduto in vita sua di supplicare qualcuno, un'estranea per giunta, seppure conosciuta.
"Signor Generale io capisco la vostra richiesta…".
Rosalie abbassò lo sguardo…
Temeva la domanda.
Rispondere ad essa avrebbe significato aprire una porta che avrebbe condotto il Generale Jarjayes, un generale, un militare al servizio dei sovrani, là dove si trovavano molti compagni di suo marito, ribelli, alcuni dei quali avevano preso parte all'assalto della Bastiglia.
La contestazione uscì velata…
"Voi…voi siete un nobile…anche Oscar lo è e…".
"Non dovete temere per questo…io adesso voglio solo vederla…non vi tradirei…".
Rosalie allora si fece scura in volto.
"Non si tratta di questo…ma alcuni dei…nostri compagni…nonostante ciò che hanno visto fare ai soldati temono per la loro presenza e soprattutto per quella di un ufficiale..temono che potrebbe condurre i soldati nei nostri nascondigli. Alcuni avrebbero addirittura l'intenzione di consegnarla ai suoi superiori o…o peggio ancora…".
"Cosa vorrebbero fare?".
Jarjayes sentì salire la rabbia. Era difficile ragionare alla stessa stregua di gente che s'era ribellata al governo del re e adesso quelli avrebbero addirittura voluto farsi giustizia da sé…
"Non deve accadere!" – tuonò Jarjayes.
"Non vogliono che le ricerche su di lei possano arrivare a noi. Noi stiamo facendo il possibile per aiutarla. Ci siamo già spostati in due nascondigli diversi e ora lei dovrebbe essere al sicuro. Ma non sappiamo ancora per quanto. Se la conducessi da lei questo potrebbe attirare l'attenzione e potremmo essere scoperti tutti!".
La voce di Rosalie s'era fatta stranamente risoluta ed asciutta e un poco strideva con la dolcezza delle parole appena pronunciate.
"E poi...e poi...io non ne capisco molto...ma ho sentito mio marito parlare con André...Oscar è nobile ma è anche un soldato, un militare...di fatto ha disobbedito agli ordini dei suoi superiori...lei, André e anche gli altri soldati...li hanno chiamati...sì...disertori. Durante l'assalto alla Bastiglia sarebbe stato proprio il comandante della fortezza ad ordinare ai suoi uomini di sparare contro il comandante dei Soldati della Guardia...quello che stava guidando i rivoltosi. Lei è stata solo ferita… ma tutti i reggimenti che sono a Parigi sanno dei soldati della Guardia che con il loro Comandante sono passati dalla parte del popolo e che hanno combattuto assieme a noi… quindi…".
La voce di Rosalie rallentò e le ultime parole uscirono quasi in un sospiro forzato come se dalle stesse si intuisse già quello che lei voleva dire e quale sarebbe stato il destino di Oscar se fosse stata trovata, da chiunque non la conoscesse per ciò che era, da chiunque non fosse uno di quelli che ora la stavano proteggendo.
Il generale comprese e suo malgrado fu costretto a proseguire sull'onda delle parole della giovane, anche perché in quel modo le avrebbe fornito la prova che di lui poteva fidarsi, così come avrebbero dovuto fidarsi tutti quelli che adesso si nascondevano nelle viscere di Parigi.
"Purtroppo non sono solo voci quelle che avete sentito. Risponde a verità che anche alcuni soldati del Generale Bouillè stanno cercando il Comandante dei Soldati della Guardia. E questo vale anche per i miei soldati!".
Rosalie trasalì fissando l'altro, domandandosi se non avesse sbagliato a scegliere di affidarsi all'uomo che aveva di fronte. Un passo indietro, i pugni sarrati mentre le labbra si chiusero come a voler richiamare tutto quanto aveva appena rivelato e lì a chiedersi che avrebbe fatto se l'altro le avesse ordinato di portarla da Oscar?
A chiedersi se aveva sbagliato a fidarsi…
Ne avevano parlato a lungo lei e gli altri e André era stato chiaro che non fossero in molti quelli a cui si sarebbe potuta affidare la vita di un ufficiale ribelle nella Parigi ribelle di quei giorni…
Alla fine avevano deciso di rischiare, ma solo per far sapere al padre che la figlia era viva. S'era incaricata Rosalie di andare a parlargli, perchè lo conosceva e perchè...
Rosalie era poca cosa a confronto dei capi dei rivoltosi. Se fosse accaduto che Jarjayes non avesse ceduto alle richieste...
Rosalie avrebbe rischiato di finire in cella. Ma non avrebbe parlato, non avrebbe aperto bocca. Il debito di gratitudine verso Oscar era troppo alto...
"No Rosalie, non abbiate paura…se vi ho rivelato questo è proprio per avvertire voi e i vostri compagni. Ho ricevuto l'ordine di cercare Oscar ieri, quando nemmeno io sapevo cosa le fosse accaduto. I miei uomini sono molto fidati e ho ordinato loro che qualunque informazione avessero trovato prima avrebbero dovuto riferirla a me perché io potessi comprendere cosa fare. E' anche probabile che quelli che la stanno cercando abbiano ricevuto l'ordine di eliminarla perché ormai è diventata un personaggio troppo scomodo…ha accettato di aiutare la gente ad assaltare la fortezza. Nemmeno io approvo questo gesto ma…Oscar…lei resta pur sempre mia figlia e come padre ho il dovere di aiutarla. In fondo se siamo arrivati a questo è solo colpa mia, solo mia. Io l'ho cresciuta come un soldato, io le ho dato la libertà di pensare secondo coscienza, senza seguire le regole degli altri. Quando ha lasciato questa casa ho chiesto a Dio di poterla rivedere. Ma ho capito che lei doveva essere libera di vivere come le avrebbe suggerito il suo cuore e doveva essere libera di amare e seguire il suo istinto. Io...non voglio essere io a tradirla come ho fatto tante volte in passato. Sono suo padre e le voglio bene. Devo essere io ad aiutarla, almeno per alleviare il dolore di aver fallito con lei e di averla consegnata ad un destino così crudele. Dio non voglio che muoia…".
Le ultime parole si persero soffocate dall'intento di trattenersi e di mantenere dignitosamente il piglio di sempre.
Di fronte a sé a Rosalie parve d'intravedere un uomo nuovo che lei riconosceva solo perché aveva le stesse sembianze di quello di sempre, lo stesso aspetto, ora riempito di una luce diversa, chiara ma dolorosa che solcava il viso e accentuava l'espressione disfatta.
"Quello che avete detto non fa altro che aggravare ancora di più la situazione in cui ci troviamo…" – chiosò Rosalie – "Non sappiamo come farla uscire da Parigi e dove portarla se tutti questi soldati la cercano… non sappiamo di chi fidarci. E lei…sta male, ma il dottore ha detto che deve essere portata via, almeno perché possa...André, sì, lui vuole portarla via, resterebbero insieme…anche se nemmeno lui è nelle condizioni di fare molto…".
"Che intendete dire?".
Stonava quell'incertezza sospesa nella quiete calma del mattino addolcita dall'odore della legna che s'animava nei camini e del profumo del pane che terminava la cottura…
E poi c'era l'aria piena dell'estate che si gonfiava e si spandeva all'intensificarsi del calore del giorno…
"E' stato colpito…".
"Dio…".
"E' vivo…ve l'ho detto…sono venuta io perché lui non riesce a lasciarla…ha chiesto a me di intercedere e di comprendere cosa si possa fare…ma...".
"Hai detto che è vivo? E' ferito?".
"Signor Generale voi…voi sapete che André…ecco...quando l'ho rivisto…sembra che non veda più bene…".
"Che cosa? Cosa…significa…".
"Non ha voluto dirmelo…io l'ho solo intuito…fatica a muoversi…mentre alle volte sembra sapere esattamente dove si trova…altre...no...".
"Che…".
"Credo che non veda…più bene…".
Mia figlia.
L'ultima delle mie figlie.
La più piccola...
Oscar...
"Ascoltate Rosalie, vi chiedo di accompagnarmi. Voglio vederla, provare a parlare con lei, devo vederli...tutti e due!".
Il generale si fermò un istante.
Padre...
La voce risuonava nella testa di Jaryaies...
La sua voce...
Oscar non era mai stata sua, in fin dei conti.
Per tutta la vita lei aveva obbedito alla ragione di stato, l'aveva sempre fatto…
In cuor suo Jarjayes avrebbe voluto proseguire e gridare che a lui non interessava affatto comprendere perché Oscar avesse tradito le sue origini.
L'istinto dettava un unico desiderio, nuovo, incredibilmente fulgido, incombente, luminoso, forse inspiegabile, ma che in quel momento sgorgò impetuoso nel petto dell'uomo, colpendolo come una lama che infligge una ferita mortale...
Unico sentore...
Voleva solo salvare sua figlia, il Generale Jaryaies, e non solo sottrarla alle accuse di tradimento o alla follia di ribelli integralisti…
Padre...
Ora non poteva accettare che sua figlia sacrificasse anche la vita, o almeno ciò che ancora poteva chiarasi tale.
Doveva salvarla.
Doveva impedire che quel terribile incubo che da giorni lo assaliva, e sua figlia, e i suoi capelli sporchi di sangue, nell'assordante rumore dei cannoni, e i suoi occhi che lentamente si chiudevano, si trasformasse nella cruda realtà.
Poteva farlo o almeno poteva provarci.
"Non credo di poter ritirare i miei soldati, per il momento. La cosa potrebbe far sorgere dei sospetti. Chiederò loro di essere il più discreti possibile e darò loro l'ordine di assecondare le richieste del Generale Bouillè per prevenire le sue mosse…per il resto…siete voi a conoscere chi tra quelli che osteggiano i nobili vorrebbe prendersela con lei…io non posso fare molto perché non so chi sia questa gente".
L'altra rimase lì, non era anima particolarmente coraggiosa ma nemmeno suggestionabile e se c'era voluta venire lei, lì, in quella casa, era perché conosceva i luoghi e chi ci abitava.
Era chiaro che una volta lì, sarebbe stata lei e solo lei a stabilire se fidarsi…
Si fece forza e ricordò le scarne indicazioni che le aveva dato Bernard prima di partire: erano certo direttive di massima da adattare alla realtà che avrebbe trovato per poi decidere quale strada prendere.
"Il viaggio a Parigi potrebbe essere molto pericoloso…per le strade ci sono ancora soldati e nei vicoli c'è gente che non si farebbe scrupolo ad assaltare una carrozza, per di più di una famiglia nobile".
"Non preoccupatevi. Verrò solo, a cavallo e tu e i tuoi compagni sarete liberi di decidere dove farmi incontrare mia figlia. Io non vi tradirò, perché se tradissi voi tradirei mia figlia e metterei in pericolo la sua vita".
"Va bene. Ma non oggi. Vi aspetteremo questa sera, prima del tramonto…".
"Dove?".
"Generale io non posso dirvi dov'è Oscar, questo proprio non posso. Però vi chiedo di fidarvi di noi e in seguito se sarà possibile cercheremo di trovare un sistema meno pericoloso per incontrarci. Per ora potete arrivare fino a Rue de Vaugirard, all'altezza di un piccolo convento, Les Filles du Calvaires…".
"Va bene allora ci vedremo questa sera. Chi verrà?".
"Non lo so ancora ma chi vi attenderà saprà riconoscervi e poi vi accompagnerà…vi prego…non fate parola con nessuno…".
"Non lo farò…non temete…".
L'altra si strinse le mani nelle mani intuendo che adesso il destino di molte persone dipendeva dalla decisione che aveva preso.
"Lo dirò allora ai miei uomini di tenersi lontano da Rue de Vaugirard…".
Le parole uscirono tese…
Una sorta di concessione soffocata…
Rosalie si rimise il cappuccio sul capo. Accennò un saluto all'uomo ed uscì dalle scuderie tirandosi dietro il cavallo sul quale montò velocemente per allontanarsi nella luce ormai chiara del mattino.
Il generale rimase a guardarla mentre se ne andava.
Si ritrovò sulle labbra inaspettatamente una silenziosa supplica che a quella ragazza non accadesse nulla, perdendosi nella constatazione che lei adesso che era l'unico legame tra sé e la figlia.
Lo sguardo percorse la pianta della città, i foborghi…
Al quartier generale dislocato a Parigi di certo quelle non mancavano.
Nelle ore che parevano non trascorrere mai, il Generale Jarjayes s'immerse nella visione delle vie tracciate con la grafite e dei nuovi passages e dei camminamenti che parevano scomparire inghiottiti dalle rive della Senna.
Alcuni nemmeno se le ricordava.
Sapeva solo che Rue de Vaugirard non era via particolarmente corrotta dal vizio, visto che si potevano incontrare conventi e ricoveri per disperati.
Si rammentò che anche Lasonne, il loro medico, ci abitava…
Le congetture s'intrecciarono ai comandi impartiti per dislocare le ricerche in altre zone…
Che poi nemmeno sapeva se davvero quella gente si nascondesse in Rue de Vaugirad.
Chissà come stava? – si chiese pensando alla figlia – Se aveva aperto gli occhi, se aveva parlato, se André era riuscito a dirle qualcosa…
Verso sera, poco prima del tramonto il generale tornò per un momento ad essere il militare che era.
Risoluto, deciso e severo, ci mise un po' a scegliere una vecchia palandrana da un armadio che si trovava in caserma, sobra, impolverata quanto bastava, e che probabilmente mai avrebbe indossato.
Si calcò un cappello largo in testa ed il mantello sulle spalle e si diresse verso le scuderie.
Doveva passare inosservato agli occhi dei bifolchi di Parigi…
Ma a quelli dei suoi soldati doveva sembrare tuttaltro che eccentrico.
Congedò il soldato di guardia, dicendo che sarebbe andato a fare una breve passeggiata a cavallo e che forse sarebbe tornato direttamente a casa.
L'uomo si stupì accennando una replica.
Il generale non si era mai comportato a quel modo e il momento non era certo dei migliori per una simile decisione, ma l'altro risoluto, troncò la conversazione dicendo di non preoccuparsi, che lui sapeva badare a sè stesso e che se avesse notato qualcosa di strano o pericoloso, se ne sarebbe tornato subito in caserma.
Il soldato rimase in silenzio. D'altra parte non era concesso ad un sottoposto sindacare le decisioni di un superiore, per quanto queste potessero essere bizzarre o pericolose.
Il generale non uscì dal portone principale ma si diresse verso un'uscita secondaria che dal retro della caserma portava dritta al centro di Parigi.
Si affrettò a lasciare le strade principali sulle quale stava calando un silenzio quasi irreale, rotto soltanto dal rumore degli zoccoli mentre gli ultimi drappelli s'affrettavano a raggiungere le postazioni disposte per evitare che almeno durante la notte scoppiassero rivolte o disordini.
La calma dopo il 14 luglio pareva essere tornata, come se la gente di Parigi fosse ancora lì a guardarsi in faccia e a chiedersi se davvero c'era riuscita a tirar giù la fortezza della Bastiglia.
Agli angoli dei vicoli si potevano notare barili rovesciati, casse, armadi sfondati, pietre, stracci, inequivocabili segni degli scontri che avevano percorso i vicoli più oscuri e sudici.
Il generale proseguì per la sua strada osservando da sotto la falda del cappello quello scempio.
Intento a controllare che nessuno lo seguisse si avvide di un gruppo di contadini che avevano in mano badili e forconi e bastoni…
Dove diavolo erano le ronde? – si chiese infastidito.
Riuscì ad evitare di andare loro incontro, all'ultimo, deviando repentinamente in Rue Saint Placide, e riguadagnando la via non appena il gruppetto oltreppassò l'incrocio, tra le grida becere e gl'insulti al vento.
Quelli erano dunque "i rivoltosi"?
Gente sudicia e stracciona, armata degli attrezzi del loro lavoro che girava indisturbata per le strade di Parigi come se quelle gli appartenessero?
Il generale non si soffermò su nessuna di esse, ma la visione d'insieme diretta e tragica, gli riportava alla mente l'anarchia, il caos, dove quella gente avrebbe condotto la città e dove ci sarebbe finita essa stessa…
Combatteva il Generale Jarjayes perché nulla gli pareva sensato al di fuori dell'ordine costituito, quello che discendeva dal sovrano e che solo il sovrano poteva amministrare…
Che quelli avrebbero finito per ammazzarsi tra di loro prima o poi, perché…
Il generale si strinse nel mantello. Nonostante l'aria fosse ancora calda, un timore sordo ma inesorabile si espanse nella coscienza e nelle visecere.
Se davvero il popolo di Parigi e della Francia avesse contestato la monarchia al punto da non ritenerla più legittimata a governare, che ne sarebbe stato del suo paese, della Francia?
Alla periferia ovest della città, la situazione era più tranquilla.
Il generale riuscì ad uscire appena in tempo dalla strada che percorreva, prima che quella venisse chiusa dai soldati con sbarramenti, assi disposte lungo il selciato, dove i militari avrebbero appoggiato lance e baionette.
I primi bagliori dei bracieri accesi iniziavano ad agitarsi nell'aria, rischiarando i punti strategici delle barricate per avvertire i parigini che quelle non sarebbero state vie da percorrere e che era ora di tornarsene nelle fogne…
Il generale in poco tempo arrivò alla piazzetta convenuta.
Non era distante da Palais Luxembourg che pure anche quella sera pareva abbellito per ospitare l'ennesimo ricevimento.
Che i nobili continuassero imperterriti nei loro divertimenti, neppure quello riusciva a comprendere il Generale Jarjayes.
Il convento era rigorosamente sprangato e poche casupole mezze cadenti s'affacciavano allo spiazzo polveroso tinto da qualche ciuffo d'erba rinsecchita.
Si guardò intorno.
Non c'era anima viva.
Cominciò a temere che per via del coprifuoco nessuno si sarebbe presentato ma dopo poco una sorta richiamo attirò la sua attenzione.
E' sempre buona regola aspettarsi che dove c'è Dio c'è anche il diavolo…
Il generale si voltò e nella penombra vide aprirsi un portone dalla facciata del piccolo convento.
Ne sbucò fuori una figura esile, vestita con un mantello che copriva in parte il volto.
Il generale si avvicinò e riconobbe di nuovo Rosalie.
"Da questa parte" - si sentì dire.
L'uomo scese da cavallo e mentre si avvicinava l'anta si aprì in tutta la sua altezza, in modo che anche l'animale potesse entrare.
Entrambi scomparvero, inghiottiti da quel passaggio che per un istante aveva collegato il mondo esterno a quello nascosto e sotterraneo che si stava aprendo davanti agli occhi del Generale Jarjayes.
La giovane non era sola…
Non c'erano luci, torce, braceri…
Il generale si avvide allora che c'era un altro uomo alto e ben piantato.
Vestito modestamente, l'ufficiale riconobbe gli stivali che erano quelli normalmente indossati da soldati.
L'altro non si presentò, perché non era necessario. Lo sguardo d'intesa consentì ad entrambi di risalire alle comuni vicissitudini che avevano per breve tempo legato i loro destini a quelli di un vecchio demone.
Quel soldato l'aveva già visto, anche se non rammentava il nome...
Alain Soisson...
No, lo rammentòà, il generale Jarjayes.
Alain Soisson, uno di quelli ch'era stato chiuso nell'Abbey per essersi ribellato agli ordini di Bouillé.
"Signor Generale".
L'uomo accennò un saluto col capo. C'erano davvero i Soldati della Guardia dietro quella faccenda…
Molti erano morti il tredici luglio…
"Dobbiamo andare…" - proseguì Rosalie - "Proseguiremo a piedi e poi vi faremo tornare dove verrà portato il vostro cavallo".
Le tre figure si mossero…
Il generale non fece in tempo a comprendere…
Il cavallo era già stato docilmente condotto via.
L'interno del convento accolse i viandanti che presero a scendere giù verso le cantine per poi proseguire verso stanze ancora più infossate, pregne dell'odore intenso della muffa e del terreno smosso e umido…
S'era sotto il piano della strada, Jarjayes ne fu certo.
Il corridoio pareva cieco nel fondo, chiuso, dando l'impressione che la meta fosse lì, esattamente lì…
No, Jarjayes vide il soldato spostare alcune suppellettili appoggiate ad una parete.
L'ennesima porta venne aperta con una chiave che quello si portava appresso e poi venne richiusa al passaggio.
Il percorso li portò a risalire ma il dedalo di corridoi aveva generato l'intento voluto, far perdere l'orientamento, che a quel punto, la strada in cui sbucarono era del tutto sconosciuta, con quelle dannate case che parevano tutte uguali e i panni stesi e i passi degli ultimi ubriaconi che s'erano azzardati a sfidare il coprifuoco…
Diversi vicoli, il generale ne contò due, tre forse, se poteva considerarsi tale uno stretto passage che puzzava d'escrementi di gallina…
L'olezzo lasciò il posto all'odore conosciuto e tetro dell'acqua marcia. La Senna d'improvviso prese a scorrere davanti agli occhi che ci erano sbucati davanti e il generale si domandava allora dove diavolo sarebbero finiti.
Un barcaiolo li attendeva…
Dio…
Allora erano diretti a Rive Droite…
Non c'impiegarono molto, mentre la misera caravella sfidava la corrente ma la sfruttava pure, che finì quasi per scontrarsi contro le arcate di Pont Royal, ma là sotto era difficile riconoscerla una barchetta per i soldati che stavano sopra a sonnecchiare.
Di nuovo i piedi all'asciutto, Jarjayes venne preso da una strana agitazione. Era ormai più d'un ora che camminavano. Rue de Vaugirard era lontanissima ed in effetti c'era da aspettarsi che il luogo convenuto per l'incontro non potesse essere lo stesso in cui lui avrebbe rivisto sua figlia.
Si risalì su, per il camminamento…
Un'altra piazzetta…
Dio…
Anche quella era chiusa, c'era solo il voltone da cui si era entrati.
Il soldato s'era fermato appunto lì, intento a controllare che nessuno li seguisse, mentre l'altra si era mossa verso un portone.
Ormai era buio pesto e la giovane, dopo aver atteso qualche istante, bussò tre volte, non forte, tanto che il generale si chiese se qualcuno avrebbe mai potuto sentire nulla, che più che una richiesta di entrare, quella pareva essere una sorta di convenzione, un codice che dava certezza a chi lo ascoltava di chi fosse a bussare.
La porta si aprì, infine, e i tre entrarono velocemente.
Adesso era certo che quando anche qualcuno avesse pensato di seguirlo non ci sarebbe mai riuscito. Il generale convenne tra sé che quella gente sapeva il fatto suo, forse perché il pericolo di finire alla forca non allettava nessuno…
Un altro uomo che il generale neppure conosceva li attendeva.
Quello non parlò seppure con un cenno dimostrò di conoscere gli altri due e poi se ne andò scomparendo nelle stanze buie della casa.
La solidarietà del popolo concedeva di sfruttare un altro passaggio, di quelli che mettevano in collegamento gli edifici tra loro, dai cortili interni delle case.
Di nuovo il generale si ritrovò a percorrere altri corridoi e ad un certo punto si rese conto che stavano scendendo per finire ingoiati da una galleria sotterranea, una di quelle che s'addentrava nei bassifondi, dove si rifugiavano sbandati e senzatetto.
Il ventre di Parigi, una sorta di universo parallelo, fatto di canali, gallerie, cunicoli, arterie sotterranee di una città del tutto differente da quella della superficie, dove ci finivano a morire quelli dimenticati da Dio e dal re, e dove imperavano regole e leggi a sé, e dove di chiunque si sarebbe potuto perdere le tracce e la vita.
Adesso proprio non lo sapeva più dove si trovasse, nemmeno quale potesse essere l'asse cardinale da seguire.
Avevano oltrepassato la Senna, quello era l'unico dato certo…
L'intento dei suoi accompagnatori era evitare che lui memorizzasse un qualsiasi percorso che potesse essere facilmente scoperto e quelli alla fine c'erano riusciti.
Dopo un'ora di cammino, ciascuno immerso nei propri pensieri, portando con sé forse ragioni differenti per quel cammino, ma accumunati dall'affetto e dalla gratitudine e forse dalla rabbia verso la stessa persona, i tre si ritrovarono di fronte ad un'ennesima porta.
Anche a questa Rosalie bussò tre volte senza ricevere risposta. Aspettò, quasi scandendo il tempo e alla fine bussò ancora una volta dando tre colpi decisi.
La porta si aprì questa volta e i tre entrarono.
Il generale si ritrovò in una piccola stanza buia ma nella penombra riconobbe una persona.
Non l'aveva mai vista…
Eppure gli pareva di conoscerlo…
"Mi chiamo Bernard Chatelet e sono il marito di Rosalie…".
Il generale rispose al saluto con un cenno, ricordando bene chi fosse l'altro ma non accennò alla vecchia storia che aveva portato l'altro ad essere sospettato di numerosi furti ai danni delle famiglie nobili.
Ancora sua figlia…
Era stata lei a prendere quell'uomo e nemmeno gliel'aveva fatto vedere o interrogare. S'era sbagliata, aveva dichiarato Oscar e l'aveva lasciato libero.
Non ci aveva mai creduto Jarjayes che sua figlia si fosse sbagliata e il fatto che quello adesso era diventato uno dei sostenitori del deputato Robespierre, dava conferma delle intuizioni ormai sepolte nel passato.
Il quadro era finalmente completo…
I Soldati della Guardia e i giornalisti che sostenevano la causa del popolo, del Terzo Stato…
In quel momento nulla aveva più importanza.
Il generale si sentiva stanco e voleva assolutamente vedere sua figlia.
"Vi ringrazio per quello che state facendo" – disse meravigliandosi lui stesso di quelle parole cortesi che gli erano uscite d'istinto dalla bocca.
Bernard porse al generale la mano destra in segno di saluto.
La formalità così poco aristocratica, dopo un iniziale momento di smarrimento. Venne ricambiata dall'altro con una stretta decisa.
C'era un ultimo tratto da percorrere, ancora un paio di isolati, e i quattro ripresero il cammino, scendendo nuovamente da una scala posta in una costruzione sulla destra del cortile e poi attraversando altri cunicoli che si snodavano lungo i sotterranei del palazzo.
La temperatura ora era scesa e l'aria era più fresca, umida.
Nessun rumore filtrava dall'esterno, tranne lo scricchiolare di qualche foglia secca sotto i passi.
Ancora una volta, per l'ennesima volta, un'altra porta ed un altro segno convenzionale e i quattro si ritrovarono in una casa, buia e umida, nessuna finestra che desse sull'esterno, solo una porta in fondo al corridoio.
Il generale entrò. Lo sguardo si sollevò da sotto il cappello che aveva sempre tenuto calcato sul capo, e finalmente riconobbe una figura familiare, la persona che si fece avanti entrando nel cono d'ombra illuminato dalle candele che Rosalie e Bernard avevano acceso e che istintivamente riportò il generale alla figlia.
"André…".
Solo un istante per tornare con la mente allo scontro che s'era consumato tra i due solo due mesi prima, il generale in preda all'intento di lavare col sangue della figlia il disonore che lei aveva portato alla famiglia Jarjayes per aver mancato di obbedire all'ordine del sovrano…
E lui André, che l'aveva fermato, mettendosi in mezzo, opponendosi al volere del padrone di sempre e rivelando una verità ancora più consistente e difficile d'accettare…
Lui amava Oscar, da sempre e…
Che loro erano uguali…
L'uguaglianza tra gli uomini…
Il caos…
André accennò ad un inchino non appena vide quello che un tempo era stato il suo padrone. Lo fece più per rispetto dell'antico ruolo, che non per l'obbligo di onorare la differenza di classe che c'era stata fra loro.
Il generale entrò nella stanza.
Era buia e fredda.
Illuminata solo da alcune candele poste rigorosamente lontano dalle finestre, chiuse dalle persiane, pareva una sorta di antro sepolto nelle viscere di Paris, quella stanza, che forse racchiudeva la risposta a tutte le sue domande.
Quando alzò lo sguardo sul generale, André non vide quasi nulla dell'uomo che era stato un tempo, severo e rigoroso, distaccato, per quel suo atteggiamento militaresco che aveva sempre mantenuto nei confronti di tutti.
Era un padre…
Si sorprese André.
E in quel momento gli parve che quell'uomo fosse stato sempre e solo quello.
"Signor Generale…".
L'altro non fece in tempo a proseguire che il generale l'incalzò.
"André ti prego, dov'è Oscar? Dov'è mia figlia?".
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