PROLOGO

Harry Potter credeva che quella sarebbe stata la soluzione giusta, se le cose erano cambiate nel futuro erano solo migliorate. Finoa quando...

"Amore, per la barba di Merlino! Dove sei stato?" domandò la strega infuriata.

"Herm... Hermione... perché mi chiami in quel modo?"

"Cosa significa perché? Ti sei forse scolato dieci litri di idromele?" chiese lei avvicinandosi con fare minaccioso.

"Dov'è Ginny?"

"Ginny? Ginny chi?" Hermione Granger aveva una vena pulsante sulla tempia, Harry non l'aveva mai vista più infuriata.

"Ginny Weasley... la donna coi capelli rossi, alta più o meno così...".

"Mi vorresti spiegare, di grazia, perché ti interessa tanto sapere della moglie di Neville Paciock?". Harry ebbe un colpo al cuore, il pugno si strinse intorno alla Giratempo spasmodicamente e il respiro gli si accorciò. Si toccò la fronte come per sentire
se avesse la febbre, si pizzicò pure un braccio per controllare se tutto quello non fosse un assurdo sogno, ma niente, la fronte non era calda e il punto in cui si pizzicò il braccio gli faceva male. Harry Potter era sveglio e tutto quello che stava
succedendo era reale.

Naturalmente, i gesti del mago non passarono inosservati all'occhio attento di Hermione, che per quanto la furia le permettesse cercò di calmarsi e di far luce su quell'assurdo comportamento.

"Harry, amore mio, che sta succedendo? Sembriconfuso" sussurrò lei avvicinandosi all'uomo e sfiorandogli la guancia nel modo in cui solo un'innamorata può. I loro occhi si fissarono per indeterminati secondi e Harry sentì qualcosa pari alla più
totale inadeguatezza nel trovarsi così vicino alla sua migliore amica tanto che si allontanò scaltramente e si sedette su una poltrona vicina al caminetto acceso. Hermione lo osservò spaesata, ma non disse nulla. Harry Potter guardò il salotto di
casa sua e non sembrava ci fosse niente di mutato, il colore delle pareti era lo stesso, pure la disposizione dei mobili era esattamente come l'aveva lasciata, l'unica cosa fuori posto era la donna che ora gli si stava sedendo di fronte, con la fronte
aggrottata e gli occhi lucidi, la moglie del suo migliore amico.

"E Ron?" chiese lui con riluttanza, sapeva di non voler sentire la risposta.

"Harry, amore..."

"Ti prego Hermione, non mi chiamare 'amore', - lei si mise una mano sulla bocca, quasi a voler soffocare un grido di dolore, spalancando gli occhi all'inverosimile, Harry capì di farle del male così, ma si sentiva così perso in quel momento che diede
maggior priorità ai propri capricci e sentimenti – dimmi solo di Ron... Ron Weasley" finì lui inghiottendo la propria saliva, sudando freddo.

"Harry, Ron è morto, da tanti anni, questo lo sai e ora, ti prego di spiegarmi cosa diavolo sta succedendo – inveì lei alzandosi dal divano come se avesse preso una scossa – torni a casa di notte fonda e fai queste sceneggiate assurde: 'non mi chiamare
amore', mi chiedi di Ron, sembri confuso e mi stai facendo..." ma Harry Potter non seppe mai cosa lui stesse facendo alla sua migliore amica, perché la notizia riguardante Ron gli inebetì completamente le attività cerebrali.

Cosa accidenti aveva combinato? Perché? Tutto questo non era possibile. Voleva solo... voleva solo cambiare una piccola parte della storia, ma aveva finito per scombussolare completamente il futuro. No... no... no... doveva tornare indietro, doveva cambiare
tutto di nuovo, lasciar stare tutto com'era. Il palmo della mano destra si aprì autonomamente in risposta ai suoi pensieri, ma ciò che gli si parò davanti agli occhi fu il colpo di grazia, Harry si gettò in ginocchio sul tappeto persiano che la sua
adorata moglie Ginny aveva scelto per decorare la casa un tempo, pianse come un bambino, pianse a dirotto, strappandosi i capelli e urlando parole a caso: "era l'ultima – ripeteva – era l'ultima speranza, non ne fanno più, ora tutto resterà così,
Voldemort ha vinto un'altra volta".

A questo punto il Grifondoro sentì due braccia calde avvolgere il suo corpo, Hermione si era inginocchiata e piangeva anche lei.

"Herm...ione -sussurò lui con gli occhi gonfi dal pianto, ed un'espressione turpe – questa che vedi nella mano è una Giratempo, sono sicuro che sai cos'è una Giratempo, mi hai mostrato tu come funziona al terzo anno ad Hogwarts – lei aggrottò la fronte-
ecco, questa ti fa tornare indietro nel tempo, io volevo solo che nessuno morisse a causa sua, ma non volevo neanche ucciderlo, volevo solo dargli la possibilità di essere amato, di avere una famiglia, così ho girato questo, vedi? E poi, ho girato
questo per gli anni, invece delle ore – Harry si fermò per qualche secondo per asciugarsi le lacrime con la manica del maglione – poi sono tornato indetro, ma non al suo tempo, prima! E ho conosciuto Merope Gaunt, quando era incinta di lui e ho fatto
un complicato incantesimo quando dormiva, ho fatto finta di esserle amico, capisci? - il suo discorso fu confuso e molto intrinseco, ma Hermione cercò di seguirne al meglio il filo logico - e così l'ho addormentata e ho fatto la magia, ed ero sicuro
che alla fine avrebbe avuto due gemelli, che Riddle avrebbe avuto una famiglia anche se il padre e la madre non sarebbero mai stati presenti, lui, il piccolo Tom avrebbe avuto una famiglia, un gemello, capisci?" dal volto di lei Harry capì che Hermione
stava per dire qualcosa di importante, infatti: "una gemella Harry, una gemella".


E così Harry Potter cambiò davvero il passato, anche il futuro naturalmente. Ma chissà se Tom fu contento del fatto di ritrovarsi una sorella di cui prendersi cura?

1 Settembre del 1944, sull' Hogwarts Express.

Layla Colby si precipitò ansante verso l'ultimo corridoio del treno, che ormai aveva percorso tutto, chiedendo a tutti di qualcuno in particolare, qualcuno che era davvero poco ben visto dalla parte del treno dove predominavano i colori rosso ed oro.
Arrivata ad uno degli ultimi scompartimenti la ragazza fece un respiro profondo e con la mano si risistemò il ciuffo ribelle che era solito caderle proprio sull'occhio sinistro.

Lasciatemi, per un momento, far un po' di luce su questa giovane. Layla Colby era una sedicenne, aveva lunghi capelli castani ed occhi celesti, che a volte diventavano grigi, oppure verdastri, fatto che dipendeva a volte dal suo umore, a volte dal clima,
non era mai certo quale dei due fattori influenzasse di più il peculiare cambiamento. Era bassina e snella. Non era mai, prima di quel momento, salita sull'espresso per Hogwarts, e girava voce che fosse alla ricerca di un parente perduto.

Così la bella Layla si precipitò ad aprire l'ultima porta dell'ultima cabina di quel corridoio, che chissà perché era molto più tranquillo e buio degli altri corridoi. E quando lo fece cinque paia di occhi perplessi la fissarono attoniti.

"Posso... posso sapere se tra di voi c'è un certo Tom Riddle?" domandò lei tutto d'un fiato, guardando disperatamente, ma molto più attentamente, ognuno dei ragazzi. E non le servì sentire nessuna risposta, lo sguardo di lei si fissò nei suoi stessi occhi.

"Tom? -chiese in un bisbiglio, sentiva che di lì a poco si sarebbe commossa, lui la guardava con una smorfia mista al disgusto ed incredulità, ma non le importò molto in quel momento- Tom, io sono Layla, sono tua..." ma lei non finì di dire quella frase,
perché Riddle si alzò e racchiuse tra le lunghe dita pallide ed affusolate il medaglione che la sconosciuta portava al collo. Con espressione criptica nello sguardo e un sorrisetto bieco le domandò: "hai la minima idea di cosa tu stia portando al
collo in questo preciso momento?". Layla sapeva benissimo cosa fosse, ma qualcosa nello sguardo famelico di quel ragazzo che lei sapeva essere il suo gemello, perduto da anni, la fece desistere dal parlare oltre. Forse lasciare Ilvermorny e convincere
la sua famiglia adottiva a ritrasferirsi in Inghilterra era stata una decisione troppo azzardata.

NDA: Buongiorno, eccomi tornata con una nuova fanfiction, che è unicamente frutto di un colpo di testa. Spero vi appassioni e vi renda dipendenti, perché questa ho intenzione di finirla, promesso! Scrivetemi in tanti, criticatemi, incoraggiatemi,
non maltrattatemi, insomma, scrivete.

E fino al prossimo capitolo,

Avada Kedavra b*tches