Era stata una scelta tanto difficile, quanto importante; sua madre le aveva consigliato di non lasciarsi guidare unicamente dall' attrazione, ma anche dal buon senso. Aveva compiuto vent'anni e non era più una bambina, né poteva festeggiare Beltaine da Fanciulla. Era suo dovere diventare adulta, prendere consapevolezza della Natura; non era stata concepita per essere una Vergine.

"Il tuo potere aumenterà ed anche il tuo ruolo nella nostra comunità" aveva cercato di persuaderla Susan Craine, sua madre.

"Io non voglio restare con i Faerie, lo sai, ad Albione hanno bisogno di me. Sono qui perché l'hai deciso tu".

"Sei ancora inesperta, Frida, non saresti che d'impiccio senza un'istruzione adeguata" la driade aveva sospirato: "E tu sei sospesa fra la fanciullezza e la maturità, non avrai premi per il tuo timore di cambiare e servire Chi ci ha generato"

"Devo scopare perché Dio lo vuole?" aveva obiettato aspramente.

L 'aveva colpita. Uno schiaffo lieve sulla guancia.

"Sei egoista, come tuo padre" aveva ribattuto: "Non appartieni soltanto ai Mortali, ricordalo. Figlia, io posso importi la mia volontà, ma non lo voglio. Sacrificherai il tuo sangue per il bene di tutti. Non sei stata la sola ad essere stata costretta".

Quel discorso, inizialmente, l'aveva offesa: s'era ritenuta libera di vivere secondo le proprie regole, ma ogni creatura ha un dovere verso l'Equilibratore.

Frida aveva rinunciato a combattere contro il Fato; suo padre si sarebbe ingegnato e l'avrebbe tirata fuori dai guai, ma Susan aveva ragione: non era più una bambina.

S'era quasi rassegnata a parlarne con Syder, suo amico sin dall'infanzia, quando era arrivato il Cacciatore. No, non un disgraziato che copriva la propria insicurezza sessuale con armi smodatamente grandi e dalla palese forma fallica; lui era un Guerriero che combatteva contro i nemici più temibili, senza mai cedere terreno.

L'aveva scorto sulla sua macchina nera ed aveva stretto la mano di sua madre.

"Lui" aveva sospirato.

Susan aveva annuito: "E sia, mia cara" aveva detto con un sorriso sollevato.

Era stata sistemata dalle Sacerdotesse più anziane, Susan le aveva detto di restare tranquilla, perché era perfettamente naturale.

Aveva fatto un bagno caldo, che profumava di gelsomino, poi aveva cosparso il corpo con oli purissimi di fragranze fiorite ed era ancora tesa. Lui avrebbe potuto provare orrore per la sua natura, poteva rifiutarla o cercare di combatterla, perfino.

Le donne avevano spazzolato a lungo i capelli, il pettine d'osso le massaggiava il capo e scendeva sino ai fianchi. Frida guardava la propria immagine in uno specchio graffiato: era una delle tante Fanciulle. Indossava l'abito cerimoniale di lino non colorato, tessuto da sua madre e sprovvisto di ricami di cinture, era semplice e modesto, ma a suo modo elegante.

Non l'avrebbe mai più indossato, era stato confezionato per quella occasione.

Ogni donna aveva vissuto il rito di passaggio, era normale provare una morsa quasi dolorosa allo stomaco, ma la paura era infondata: ciò che stava per sperimentare era stato concepito dalla Madre e dal Padre, era qualcosa di mistico e di puro, specie in quella notte.

Erano stati benedetti tutti i Fuochi, la musica allietava gli animi e dentro il piccolo Tempio di Abaton, la Fanciulla era stata condotta e spogliata, era stata aiutata a sdraiarsi sul terreno e poi era rimasta sola.

Chiuse gli occhi, cercando di placare il senso di vertigine; era nuda e scaldata dalle fiamme che ardevano ai lati, non lontano lo sciabordio rassicurante della fonte d'acqua regolava il suo respiro.

Pregò che fosse l'alba, maledisse quella barbara usanza ed attese, le braccia lungo i fianchi, le gambe lievemente divaricate. Era esposta, vulnerabile e riluttante. Non era quello il suo posto, non era così che doveva avvenire.

Udì dei passi incerti, quasi malfermi. Il Guerriero era giunto, probabilmente l'avevano fatto ubriacare per condurlo sin lì, dalla Fanciulla. Era una consuetudine, perché i Mortali non credevano più nell' esistenza del Popolo dei Faerie.

"Dove mi trovo?" domandò e lei prese fiato: era colui che aveva scelto. Non aprì gli occhi e dischiuse appena le labbra, un suono roco e malfermo le uscì dalla gola: "Sei ad Abaton, Guerriero, per festeggiare Beltaine e l'unione fra Dea ed il Dio".

"Fantastico!" ribatté lui: "Sono finito dentro 'Le nebbie di Avalon'" il tono era ironico, poté figurarsi il sorriso di scherno sul suo viso, in altre occasioni, avrebbe riso, ma non lì. Non in quella condizione tanto umiliante.

Scoppiò in lacrime, in singulti quasi isterici; il suo esile corpo sussultava, non aveva neanche la forza di muoversi o di coprirsi.

Il Guerriero non indossava un'armatura, ma un giubbotto scuro ed una maglietta bianca, i jeans erano lisi, ma portava con sé un'arma che aveva intuito essere inutile: una pistola non avrebbe recato danno ad esseri immortali. Non erano demoni, non era vampiri: erano Driadi, Silfidi, Fate e Folletti, c'era qualche Elfo scuro come quella serata illuminata dalle fiamme di Beltaine.

Il barista doveva essere un loro alleato, perché alla seconda bottiglia di birra s'era alzato barcollando, diretto al motel dove suo fratello minore, Sam, stava già riposando.

Era successo qualcosa di strano, per una volta persino piacevole: uno scintillio argentato l'aveva abbagliato per un attimo, come se un fulmine gli fosse saettato davanti e poi al posto del parcheggio aveva visto un borgo medievale in festa, con più creature fatate che in un libro fantasy.

"Un varco dimensionale?" aveva chiesto a se stesso, mettendo mano alla pistola.

"Benvenuto, Dean Winchester" l'aveva salutato una creatura dai capelli nivei quanto l'incarnato: "Eri atteso".

Una Banshee che gli andava incontro con un sorriso festosa, Dean inarcò un sopraciglio. Era meglio tacere, erano capricciose.

Guidato da lei era giunto in un cerchio di pietre rettangolari, poste un anello quasi perfetto. In mezzo c'era una donna, anzi una sorta di Driade, dalle gambe simili a cortecce: le vene blu e le cartilagini erano in evidenza, incastonate nella carne, priva d'uno strato di normale epidermide.

Aveva lunghi capelli bruni e l'espressione tesa, quasi spaventata.

Era stato condotto fin lì per fare sesso con uno splendido essere non del tutto umano. Sam l'avrebbe preso in giro sino alla morte.

Lui pure era a disagio, in imbarazzo e non comprendeva che comportamento dovesse assumere:certo, non poteva piombare su di lei come un ergastolano alla visita coniugale. Cercò d'inventarsi qualcosa da chiedere ed una battuta brillante: ottenne una crisi di pianto.

Il senso di colpa lo paralizzò, improvvisamente provò disgusto per le sue stesse parole, per la sua facile ironia, in una condizione che lei doveva percepire come sacra.

"Mi spiace" farfugliò, immobile.

La Fanciulla non rispose, gli occhi erano congestionati dalle lacrime che le scorrevano lungo le guance, con un braccio si coprì il seno e si rannicchiò come un animale ferito.

Dean si sfilò la casacca e s'accostò a lei lentamente, attendendosi una qualche reazione, Frida però non si spostò.

Le posò l'indumento sulle spalle ed ella vi si strinse volgendo di lato il viso.

"Non sono affatto bravo negli scambi culturali" aggiunse goffamente, abbozzando un sorriso.

Lei parve riscuotersi dalla sua disperazione: "Vedo" gracchiò.

Lo guardò: aveva le iridi scure, la tristezza sembrava rendere ancora più vivida la sua bellezza, era chino su di lei, aveva ritratto le mani congiungendole nervosamente. Il desiderio pareva andare contro la sua stessa volontà, forse era stato stregato da quella birra o più semplicemente una bella ragazza nuda faceva un certo effetto su di lui, nonostante i problemi che l' assillavano.

"Sono Dean Winchester" si presentò, persuaso che l'esibizione del perfetto imbecille potesse rincuorarla in qualche modo: "Tu chi sei?"

"Una mezzadriade" rispose la Fanciulla. Soffocò un singhiozzo serrando la bocca, poi riprese a parlare, con voce più ferma: "Mi chiamo Frida Constantine".

Dean annuì e calò il silenzio, in lontananza v'era musica, qualcuno rideva già ebbro di vite.

Frida levò a sedere, un brivido di freddo la scosse, cercò l'abito per infilarlo: "Questo è sbagliato, sai?

Mi è stato ordinato di decidere ed io l'ho fatto, mi sono fatta forza, perché capita a tutte, ma non ero convinta".

Dean le sedette accanto, il tepore era piacevole e non disse nulla, aspettò che Frida si fosse rivestita

"Ho compiuto vent'anni, sono ancora… Una Vergine e dato che non è mio destino conservare l'illibatezza, mia madre mi ha detto di scegliere un uomo" spiegò in fretta a capo chino.

Dean evitò qualsiasi commento osceno e rispose: "Temo di non aver afferrato il problema".

"Siamo in due" sbottò amaramente Frida: "Dicono che la mia esistenza è ferma alla giovinezza, ma io sono adulta ed una donna deve conoscere anche i misteri… Deve essere stata di un uomo".

"Dei femministi questi tizi" commentò e finalmente Frida gli sorrise; gli sembrò di non poter resistere a lungo senza baciarla, ma voltò la testa e finse d'essere calmo.

"Non capisco le loro leggi" ammise lei.

"Perché le assecondi, allora?"

"Deluderei mia mamma, non che viva per compiacerla" spiegò la giovane, arricciando una ciocca al dito: "In fondo, ciò che ha detto era vero: quante ragazze diventano donne in una macchina lercia, oppure controvoglia? Quello che deve accadere, succede".

"Sì, in genere, ci si immagina scenari più romantici" obiettò lui.

"Non sempre si raggiungono"disse Frida: "Sai, quando ti ho veduto ho subito capito che eri un eroe, come i paladini di Francia, come i cavalieri d'Artù, non ti rendi conto di quanto sia nobile la tua missione e quanto onore tu abbia e con te, il tuo compagno".

"Mio fratello minore" precisò Dean: "Dividiamo la stanza, ma non siamo in intimità".

Lei rise e scosse la testa: "Scusa … Non potevo essere certa che avesse il tuo sangue" si giustificò impacciata.

"Non importa, in tanti fanno questo errore" la blandì lui: "Tu hai capito che ero un Cacciatore di Demoni guardandomi dall'auto in corsa?"

"No, ero fermo davanti ad una casa disabitata a Boston, qualche mese fa".

"Leggi nel pensiero?"

"No, perché dovrei?" si meravigliò Frida.

Dean fece spallucce: "Ero curioso"disse.

"Ho letto che pensate al sesso ogni otto secondi" lo canzonò la mezzadriade.

"Di più se abbiamo una splendida ragazza di fianco".

Gettò la frase con noncuranza, con un'occhiata spiò la reazione di Frida: s'era schernita imbarazzata o lusingata.

"Vedi quel lago?" indicò con un gesto aggraziato un punto davanti a loro: "Si narra che una Ninfa lo fece sgorgare dal terreno, per lavare il corpo del suo amore, morto in una guerra ed una volta che egli fu ripulito, lo rimandò alla sua casata perché fosse tumulato".

"Non è igienico" rise Dean.

"No, ma è tenero".

S'alzò ed i primi passi furono titubanti, aveva le gambe intorpidite. Dean l'osservò: non aveva la più pallida idea di cosa intendesse fare, né sapeva cosa volesse realmente lui.

Prenderla?

Sì, ma s'era giocato la possibilità della notte di follie con un esordio pessimo ed una sensibilità, che lei aveva inteso come disinteressata. Se Frida non aveva intenzione di concedersi, la storia era chiusa.

Non sarebbe stato lui ad imporle di portare a termine ciò che aveva iniziato chiamandolo ad Abaton, sarebbe stato un gesto vile ed indegno.

La seguì, non sapeva cos'altro fare e la scorse seduta sull'erba, intenta a sciacquarsi il viso.

"Ti ringrazio per… Avermi coperta" balbettò a disagio e gli porse il giubbotto, l'abito che indossava sembrava velare soltanto il suo corpo, Dean le prese la mano, involontariamente o meno non aveva più importanza.

Frida non era sorpresa.

"Prendi quello che ti spetta" sussurrò, teneva la testa abbassata, i capelli sciolti le coprivano il viso.

Dean la liberò subitamente: "No, non è come credi".

Conosceva abbastanza i druidi per sapere quanto fossero brutali e talvolta violenti durante le cerimonie. Dean non faceva parte di quel sistema che Frida trovava estraneo a lei.

Imporre con la scusa del destino un'unione era stupido, lo trovava tale ed aspettare nuda e disponibile un uomo era deprimente. Non era un Athame, era una ragazza, aveva dei sogni a cui nessuno aveva badato, non sua madre, non le più anziane di Abaton.

Doveva essere "adulta" per difendere la Natura d'Albione?

Quindi, un qualsiasi bavoso vegliardo era perfetto per il compito e Frida aveva scelto lui: un giovane, così arrogante nei modi, così sfrontato nel sorridere ad entrambe (madre e figlia), così umano ed ignaro delle Leggi. Era stata una ripicca, in fondo.

Adesso, però, era vicino a lei e non esibiva la sua strafottenza, non le aveva rinfacciato l'assurda faccenda in cui l'aveva invischiato. Era fermo, pronto ad andare via. Non la biasimava, non la giudicava.

Sarebbe stato con lei per piacere, non per mistico fervore. Non era così che doveva essere?

Non doveva concedersi che ad un uomo che la voleva e che lei trovava attraente?

Sì, era il Destino, ma non quello folle riportato dalle sacerdotesse, ma il semplice susseguirsi d'azioni e d'emozioni.

Frida era di nuovo in piedi, l'aria era satura di magia, non c'era più timore nel suo sguardo ma qualcosa di consapevole. Tolse il vestito e lo lasciò cadere a terra.

Le braccia erano lungo i fianchi e dentro di sé provava sia curiosità che ansia, ma sapeva che non avrebbe permesso a nessun altro di toccarla, voleva fare l'amore con lui, perché era umano, perché era confuso quanto lei, perché era pronta.

Lo fronteggiava con la sua nudità fiera: il seno prosperoso, il ventre illuminato dalla luce tenue della notte: "E' quello che vogliamo" bisbigliò dolcemente ed allungò la mano, accarezzandogli il collo.

Fu lei a sospingerlo con delicatezza o fu lui ad approssimarsi, oppure entrambi sentirono il bisogno d'unirsi, d'un tratto però la pelle della creatura, simile a quella d'una qualsiasi donna era a contatto con le bocca di Dean. La baciò, appoggiando la fronte sul seno, scese lentamente sotto l'ombelico e raggiunse la rada peluria; assaporò con la lingua quel lembo di pelle.

Avvertiva appena i sospiri di Frida e le dita che quasi guidavano la sua testa. Sarebbe rimasto così a lungo, abbracciandola per i fianchi ed attirandola a sé, sino a quando le labbra non avessero toccato il suo sesso.

"Aspetta" un ordine, ma così amabile che Dean le obbedì e l'aiutò a sedersi, le sorrise, non trovò una parola che spiegasse cosa stesse provando o quanto bella gli apparisse la mezzadriade.

"Ti posso spogliare?"

Lui rise e lei lo imitò, alzò i palmi in segno di resa: "Era una domanda stupida, lo so" sogghignò.

"No, è indispensabile avere il consenso" ribatté Dean.

Frida sembrò indugiare, poi sfiorò la maglia bianca e cercò di toglierla, ma era inesperta e questo riportò l'uomo alla realtà: lei era vergine. Non che ciò lo intimidisse, ma lo rendeva più cauto; le prese le mani fra le proprie e restò a torso nudo, poi il tocco di Frida si concentrò in basso.

Si morse le labbra ed aspettò che lei avesse terminato d'armeggiare con i bottoni e la cintura.

Ora c'era poco da togliere, pensò Dean, l' attirò a sé per baciarle il volto ed il collo, le spalle e scivolare verso i capezzoli, per poi spingere appena con l'indice in lei, sperando che non si bloccasse, che non si ritraesse per una ragione qualsiasi e completamente inopportuna.

Gocce d'acque fresca sulla schiena e risa soffocate. Dean s'interruppe ansante: "Piove?"

Frida non commentò, lo squadrò divertita, immerse la mano nell'acqua e lo spruzzò sulla faccia.

"Divertente" replicò lui: "Io qui mi do da fare e tu fai dispetti… Bene".

Con un lieve spinta la gettò nella polla, udì un grido sorpreso, pensò che non sapesse nuotare, ma Frida riemerse più ridente di prima: "Bravo" esclamò vivace: "Adesso io resto a mollo. Non ho voglia d'uscire".

"Ah… sì?" reagì Dean: "Sono proprio fregato, insomma".

Il ragazzo s'immerse, la temperatura era relativamente tiepida, la sua erezione ne risentì; sbuffò: "Sei contenta?" domandò.

Frida gli strinse le braccia al collo, appoggiò la testa sulla sua spalla: "Sì, lo sono" ed era d'una disarmante sincerità.

Dean la cullò, era l'ultima volta che l'avrebbe domandato, si promise, ma era suo dovere assicurasi d'essere "ricambiato", quella cappa di dovere che incombeva su Frida non gli piaceva affatto: "Non c'è bisogno d'andare oltre. Non sei in dovere di fare niente. Io non… Potrei obbligarti e se lo sto facendo, in qualche modo, allora dillo e sarà finito. Sei sicura di volerlo fare?"

Frida sembrò meditare sulla risposta, poi disse piano, con molta calma: "Non sono del tutto Umana, se lo volessi potrei tenerti ad Abaton in eterno, per il mio diletto. Tu non invecchieresti mai, né moriresti, perché qui non c'è lo Spazio e non c'è il Tempo. Io cercavo qualcuno che fosse forte e bello, che non mi trattasse come l'oggetto d'un rituale. Tu non l'hai fatto. Non mi hai forzata" prese fiato: "Quindi io ti voglio. Ti voglio per me, potrei indurti a desiderarmi sino alla sfinimento, lo sai?"

I loro corpi aderivano, un sottile velo d'acqua li separava, li circondava e li proteggeva.

"Lo so, perché lo stai già facendo".

La baciò nuovamente, con passione, sfiorando le ciocche che ricadevano sulla schiena, scivolando sino alle natiche per premere il suo bacino contro il proprio. Baciò le sue labbra e la sua lingua, raccolse le perle d'acqua sul seno e avvertì finalmente Frida baciarlo alla base del collo, s'era divincolata e la punta della sua lingua indugia sul petto bagnato di Dean.

A quel punto, doveva possederla. Non era più una fantasia, era un bisogno quasi fisico, l'avrebbe trattenuta se necessario o forse no, ma non riusciva a pensarci, anzi non riusciva a pensare ad altro che al suo membro che l'invadeva, a contatto con il sesso di Frida, che reagiva con impercettibili movimenti muscolari, stimolandolo, eccitandolo sino allo spasimo.

Era già in lei e si muoveva con cautela, la ragazza era tesa, s'aggrappava a lui come se temesse d'annegare.

"Frida, credimi" soggiunse ansante: "Avresti potuto rifiutarmi in qualsiasi momento… Ma ti supplico, non ora".

Annuì, la mezzadriade e una resistenza naturale scemò nella dolcezza del lago e nei movimenti premurosi di Dean.

Le tastò le gambe, scoprendo con curiosità quegli arabeschi di muscoli.

Avvertì un sussulto, la consolò con parole dolci, con le labbra che percorrevano ogni centimetro di pelle.

Quando terminò, era stanco, avvertiva un vago senso di vertigine. Frida probabilmente aveva sentito del dolore e un lieve piacere; l'aiutò ad uscire dalla sorgente e le porse la veste.

"Andiamo ai fuochi, ci scalderemo" consigliò la fanciulla.

Aveva ragione: le pire li asciugarono; erano distesi sopra i propri abiti ad osservare la notte.

"Vediamo se indovini cosa manca in questa scena?" disse d'un tratto Dean, scrutandola malizioso.

"Tuo fratello" ridacchiò allegra.

"Simpatica" soggiunse Dean: "No, c'è bisogno d' una degna colonna sonora".

"Mio padre direbbe una canna".

Dean annuì: "Andrei d'accordo col tuo vecchio" approvò.

"Non dopo questa notte".

Risero ancora, come se per un po' le loro vite fossero felici.

I festeggiamenti erano conclusi, perché non s'udivano che i rumori della foresta.

Dean ispirò a fondo: il profumo di resina e di legna bruciata lo esaltava, non era mai successo prima, strinse la mano di Frida: "Sono contento…" si bloccò e scosse il capo: "No, sono stato fortunato, perché tu mi hai scelto e perché mi hai accettato".

"Potrei dire lo stesso" abbozzò Frida.

"Non devi farlo, non sono sicuro d'essere valoroso come hai detto, ma il fatto che tu l'abbia pensato, mi onora" sussurrò, guardando la volta celeste, sentendosi metaforicamente (e non solo realmente) a nudo.

Tacquero, ascoltarono la notte ed le loro riflessioni. Respirarono e si tennero per mano, Dean socchiuse le palpebre, era lucido eppure in uno stato di leggero dormiveglia. Gli parve di scorgere una fata danzare fra le lingue di fuoco, una splendida donna in miniatura con ali di luce che si muoveva sinuosa.

Frida lo baciò, lo ridestò gentilmente toccando fuggevolmente le labbra, adagiandosi su di lui, come fosse stata la cosa più normale del mondo. Lui l'accolse, come se l'avesse fatto altre volte, come se le sue forme, il suo peso gli fossero note da prima che avesse amato una donna, da prima che avesse veduto Frida.

La sua mezzadriade, sorrise sornione, una definizione che sarebbe durata sino all'alba.

La toccò di nuovo, era già successo… Altre volte, in altri tempi, forse…

Sentì i suoi capelli solleticargli il collo ed il petto, mentre Frida lambiva il suo corpo, quando raggiunse il bacino, Dean inarcò la schiena, un gesto brusco che lei accolse con una risata.

"Paura?" lo canzonò.

"Frida, questa tua insinuazione più rovinare il piano, lo sai?" sospirò.

Gli piaceva: sapeva scherzare, ma non era sciocca. Lo sapeva e basta.

Non era dotta in quel campo, ma non ci furono incidenti con i suoi affilati dentini bianchi, per un secondo Dean temette si stesse soffocando, ma appoggiandole una mano sulla testa ancora umida, riuscì ad evitare una tragedia.

Lei si fermò di botto, con un'espressione imbarazzata.

"Sadica" gemette Dean.

"Volevo evitare che mi venissi in bocca" si giustificò piccata.

"Avvisa, allora… Per Dio!" replicò Dean: "Non ti facevo lo scherzetto di nascosto!" adagiò la testa al suolo, con un lamento teatrale.

"Scusa".

Era contrita, bizzarramente mortificata ed era una sensazione assurda nel sesso.

"Di cosa?" la zittì: "Ti prego, non c'è motivo".

Frida si sdraiò nuovamente, la testa sul suo petto, le gambe fra le sue. Non avrebbe resisto fino al mattino senza farlo almeno una volta, ma era assonnato, era incredibilmente sereno e rimase immobile sino a quando non fu certo che lei dormisse, poi ascoltò il suo respiro ed il proprio. Era in pace.

Non c'era il fuoco, ma i pallidi colori dell' aurora. Frida era vestita, sedeva con le ginocchia strette in grembo, i capelli raccolti in una coda sulla nuca: "Questa è la fine" disse piano, in tono cupo.

"Adoro il profumo del Napalm alla mattina presto…" gli fece eco Dean e le strappò un sorriso.

L'uomo individuò gli indumenti abbandonati vicino al lago, si levò in piedi stiracchiandosi: "Sei volte in una sola notte!" esclamò.

"Erano due, veramente" lo corresse Frida.

"Tu hai dormito troppo, driade".

La vide mascherare una smorfia.

"Mio padre mi chiama così, sai?" spiegò allora: "Driade o miss. Non ho mai permesso a nessuno di darmi nomignoli, già fatico a capire l'utilità dei cognomi, figurati di vezzeggiativi e simili".

"Ti ha dato fastidio?"

"No, questo è il problema" rispose Frida: "Mi hai chiamata come un uomo che mi vuole bene, qualcuno a cui io tengo. Mi posso illudere?"

Dean infilò i jeans: "Parli come un oracolo" rispose.

"Lo fossi, almeno" sospirò Frida: "Mi posso illudere che da qualche parte, in qualche maniera, per un attimo, tu possa ricordarti di me?

Che il tuo sia un pensiero amabile e buono, come tu lo sarai per me?"

I Winchester non erano dei sentimentali, lui lo era meno di Sam e stentava a credere che John avesse amato solo sua madre (sebbene non ne dubitasse), però quelle parole e quel tono sommesso erano più strazianti d'un pianto.

"Certo, io ti ricorderò. Penserò a quanto tu sia bella, a quanto tua sia gentile e pura ed ora so che lo sono i Faerie ed anche qualche uomo, ad esempio, tuo padre" ritornò sui suoi passi, per circondarle le spalle con un braccio: "Mi verrà in mente questa notte quando vorrò stare bene, perché qui mi sono sentito libero e questo è successo grazie a te".

"Io non so se ci rivedremo" fece allora la mezzadriade: "Una vera profetessa mi disse che avrei avuto una sola vita ed un solo amore. Lei aveva ragione, per quanto mi riguardava.

Pregherò l'Equilibratore che ti conceda quello che vuoi e la gloria che meriti".

"Non avete il telefono?" Dean tentò disperatamente di sdrammatizzare, prima d'essere legato ad una dichiarazione d'amore che gli sarebbe pesata come un macigno sulla coscienza: "Posso chiamarti nel pomeriggio e quando fate una festa…"

"Sono vissuta fra i Mortali, ma i miei hanno chiesto alla lucente Yvaine d'accogliermi ad Abaton, perché nel mondo ero in pericolo" e mostrò la caviglia sinistra, ove con una striscia di cuoio era saldato un gri gri: "Presto tornerò a servire Albione: la Natura è in collera con gli Uomini".

"Ti posso dare il mio numero, quando torni nella bella Albione di re Artù, mi fai uno squillo" sbottò divertito Dean, sfiorandole la tempia con un bacio.

"Ho di meglio" disse a quel punto Frida e dalla mano ostinatamente chiusa e celata fra le pieghe della gonna gli mostrò una piccola ampolla di cristallo: "L'acqua del lago della Ninfa. È un richiamo. Rifiutala pure se non t'interessa, io non m'offenderò… O forse sì, ma non ti maledirò".

"Grazie, driade" rise Dean.

Lei lo pizzicò sul braccio: "Prendi la fiala e quando vorrai che ti sia accanto gettala al suolo, non sul cemento sacrilego o sui marmi lavorati: sull'erba, sulla terra. Io saprò che mi avrai chiamata e giungerò, portando con me la potenza che resta al mio popolo… Ed è poca".

"Vederci per un birra è banale?" chiese Dean.

"Fa più effetto se fai questo rituale" borbottò Frida e gli tese la bottiglietta sigillata con un tappo color ocra. Lui la prese con cura.

"Grazie, Frida" riuscì a dire, sopraffatto da un turbine d'emozioni indesiderate: "Non ti scorderò, sul serio e… Ti chiamerò sino a prosciugare quel lago, credimi".

Frida l'abbracciò: "Fai quello che è giusto" mormorò e poteva condividerne lo smarrimento: "Devi proteggere, devi salvare, io ti capisco… Non è facile".

"No, non lo è" un singhiozzo. Un solo breve, involontario singhiozzo fra le braccia della sua mezzadriade: "Tu mi capisci. Lo so. Vieni con noi…"

Nessuna risposta.

"Che tu sia benedetto, Dean Winchester, perché sei un Guerriero".

Nulla, poi l'oblio.

Frida era svanita, così come Abaton. Era solo.

"Hai dormito fuori dal bar, ti avranno scambiato per un senzatetto" Sam lo stava scuotendo leggermente: "Non potevi avvisarmi?"

Dean lo fissò stranito, era appoggiato al muro esterno del bar in cui era entrato la sera precedente, il Sole era alto in cielo e lui aveva sulle gambe la giacca scura.

"Ho sempre sognato di passare una notte fuori da un bar, come River Phoenix" esordì.

"Divertente".

Sam l'aiutò a rimettersi in piedi. L'altro s'infilò il giubbotto: "C'è una storia, comunque, voglio che tu la sappia, perché è speciale ed è importante, lo sarà, spero" iniziò a raccontare, prese dalla tasca una bottiglietta che conteneva un liquido trasparente: "Quest'acqua è la fine della mia storia, ma all' inizio c'è una splendida festa in un posto senza tempo e una mezzadriade che aspetta il suo guerriero".