DISCLAIMER: non possiedo alcun diritto su D. Gray-man, PURTROPPO è tutto in mano a quella pazza della Hoshino... Perchè, se fosse stato altrimenti... Il manga non sarebbe diventato un'accozzaglia informe di assurdità, e Lavi sarebbe insieme a Kanda da un bel pezzo!
ATTENZIONE YAOI - se non sapete cosa questa parola voglia dire, o se non gradite le relazioni uomo/uomo questa storia non fa per voi, siete avvisati! Come si dice, se non vi piace NON LEGGETE!
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OK, avrei voluto completarla e pubblicarla tutta insieme (sì, l'idea era quella di fare una one shot) visto che è nata appositamente per il compleanno di Kanda , ma non ho fatto in tempo, così ho deciso di spezzarla in due parti^^ Spero di finire il pezzo mancante per domani.
E, bé... Ammetto che questa volta Kanda ha ricevuto come regalo una fanfiction non proprio idilliaca, ma avrà il suo lieto fine, promesso. XD
Inoltre... Ho bellamente dimenticato di postare qui oltre che su EFP, così, ahimé, sono un giorno in ritardo... è_é Chissenefrega, l'importante è il contenuto, no?
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6 GIUGNO 2011, AUGURI KANDA!
E con il compleanno di Kanda anche quest'anno ha inizio il Festival!
Benvenuti al LaviYu Festival, evento giunto alla sua terza edizione!
Organizzato dalle fan di tutto il mondo, il Festival si colloca a cavallo dei compleanni di Lavi e Kanda, iniziando il 6 Giugno, data del compleanno di Kanda, e culminando nel LaviYuu day, che è stato scelto esattamente a metà fra le due ricorrenze, l'8 di Luglio, per terminare il 10 di Agosto con il compleanno di Lavi.
Quest'anno l'evento non ha un programma ricco come quello scorso, complice il declino del fandom e l'abbandono di massa che ne è seguito.
Tuttavia sono stati indetti un paio di contest, e noi ci proponiamo di gestire una kinkmeme week Italiana.
Trovate i dettagli dei contest nella discussione del LaviYuu Festival linkata nel mio profilo, ed anche la data della Kinkmeme Week. L'unico punto fermo Italiano quindi anche quest'anno siamo noi del Black Order Forum; chiunque voglia partecipare è libero di lasciare il link del suo lavoro (sia esso una fanart, una foto oppure una fanfiction) nel thread apposito che riunirà tutti gli omaggi fatti alla nostra coppia preferita.
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Quel giorno
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Nel vicolo era buio, la luce di un lampione a malapena ne raggiungeva l'imbocco, creando un'atmosfera tetra, celando quei dettagli sciatti che identificavano il posto come zona malfamata. Il muro alle sue spalle gli penetrava nella schiena mentre qualcuno lo premeva con forza contro di esso, tanto che avrebbe potuto contarne i mattoni.
Un respiro affannoso si mescolava al suo, lambendogli il volto, scendendo lungo la curva del collo, facendolo fremere e contorcere; il suo corpo vibrava come una corda di violino pizzicata con perizia da un musicista esperto, il desiderio di quel contatto perverso che lo divorava dall'interno, quasi fosse la soluzione ultima a tutti i suoi problemi.
Ma non lo era, lui lo sapeva bene, eppure aveva lasciato che accadesse, stava lasciando che accadesse, e non intendeva fare assolutamente nulla perché l'altro smettesse di baciarlo, di toccarlo, di possederlo come se per loro non ci fosse un domani.
Però domani sarebbe arrivato, puntuale come sempre, portando con sé la consapevolezza di ciò che aveva fatto, insieme al dolore del rimorso, oltre quello del corpo. Ed era ciò che voleva, che cercava, una dose letale di dolore che gli ottenebrasse talmente i sensi da fargli dimenticare tutto il resto, perché autodistruggersi era l'unica cosa che lo faceva sentire vivo.
Bere fino a stordirsi completamente iniziava già a non funzionare più, perché, come si diceva, i dispiaceri sanno nuotare, e la sua vita vuota gli era sempre più insopportabile.
La confusione del locale dietro l'angolo riempiva l'aria come una musica, costante, ipnotica, quasi irreale, perfetta per coprire i loro gemiti, mescolandoli al suo interno quasi fosse un cocktail dagli ingredienti esotici.
Neanche si era accorto di quando erano usciti, a malapena aveva registrato di essere sbattuto contro quel muro in un vicolo sporco e maleodorante, sotto gli occhi dei barboni che sicuramente lo abitavano, ben nascosti nell'ombra dei loro giacigli di cartone; erano entrambi così ubriachi che non si rendevano conto di quel che stavano facendo, perlomeno il giovane che aveva attaccato bottone con lui, nonostante la sua espressione fosse così proibitiva da scacciare chiunque al primo sguardo.
Si era avvicinato con un sorriso di quelli che abbagliano, un solo occhio visibile ma brillante di gioia (ed ebbro di alcool) che si fissava nei suoi, palesemente cercando di sedurlo, e fiammeggianti capelli rossi, corti e spettinati; aveva capito subito che quel giovane così bizzarro l'aveva preso per una donna talmente era ubriaco, ma quella sera non gli importava.
Sì, di solito l'avrebbe preso a pugni per un affronto di quel genere, però in quel momento voleva solo farsi del male, per dimostrare a sé stesso e al mondo che non era un pezzo di ghiaccio, che era in grado di provare emozioni, di sentire il desiderio come chiunque altro; e, no, non gli interessava che la persona messagli di fronte dal caso fosse un altro uomo, rendeva semplicemente il tutto ancora più spregevole.
Un uomo ignaro, talmente ubriaco da non accorgersi di avere fra le braccia un maschio nemmeno sentendo la sua erezione premuta contro il proprio stomaco. Forse però l'errore era stato di entrambi, perché si era accorto subito dell'effetto che il tocco del giovane sconosciuto aveva su di lui, sulle sue reazioni, e la realizzazione l'aveva gettato in un abisso di disperazione; forse, forse la ragione per cui evitava ogni rapporto con le donne era quella, aspettava di trovare chi lo accendesse così.
Quel qualcuno però, era meno gay di quanto non fosse stato lui fino ad un attimo prima di incontrarlo, e non poteva nemmeno biasimare il maledetto pub, perché era un normalissimo locale, non un club gay. In aggiunta, se anche avesse voluto una relazione, rivederlo in circostanze diverse, da sobrio, lui l'avrebbe respinto.
Quando il giovane si era presentato nemmeno ne aveva compreso il nome, ma doveva averlo guardato in un modo che a lui era piaciuto, che aveva interpretato come un invito a continuare, perché dopo aver biascicato qualcosa di incomprensibile si era avvicinato piazzandogli un bacio sulle labbra.
Avrebbe dovuto esserne sconvolto, dargli quel che si meritava, invece aveva alimentato l'equivoco piegando le labbra in un ghigno soddisfatto e stringendosi di più a lui, badando bene a non dire una sola parola per evitare che si accorgesse dello scambio di persona.
Abbietto? Ignobile? Indegno? Sì, forse, ma potevano andare tutti al diavolo per quel che gli importava, purché quella sera lui ottenesse ciò che voleva, provare a sé stesso di essere vivo.
E forse era la cosa più contorta che potesse venirgli in mente, ma, come si dice, bisogna accontentarsi di quel che passa il convento, ed era certo che se fosse stato sobrio non l'avrebbe mai fatto.
Doveva lasciarsi andare finché la sua coscienza non fosse stata in grado di protestare. Ci fu un altro bacio, e lui lo ricambiò con ardore.
Ciò che era accaduto dopo non gli era chiaro, si era sentito afferrare e trascinare sulla pista di ballo, le mani del giovane che scivolavano lungo il suo corpo, e l'attimo successivo era fuori, nel vicolo, mezzo nudo con lui addosso. Non aveva dubbi di aver attivamente partecipato a tutto ciò, l'unica domanda che gli ballava in testa era: "Perché? Perché provo tanto desiderio di lui?"
Ogni bacio che riceveva, ogni carezza lo faceva impazzire, ne voleva ancora, voleva di più, ora che finalmente sentiva qualcosa non vi poteva rinunciare. Permise che gli fosse aperta la camicia, accogliendo le labbra dell'altro sui suoi capezzoli, la lingua di lui che disegnava i contorni dello strano tatuaggio che aveva sul petto sopra uno di essi, incredulo su come fosse possibile che il giovane non si accorgesse che non aveva seno.
Guidò le mani di lui lungo i propri fianchi, posizionandole a sostenergli le natiche, deciso ad andare fino in fondo prima che l'amante rinsavisse, prima che tutto ciò smettesse di mandagli brividi di passione lungo ogni singola fibra del suo corpo.
Non poteva credere di stare per fare una cosa simile con le proprie mani, lui, l'integerrimo Yuu Kanda, idolo della scuola, persona irreprensibile; quello che non beveva, non si drogava, non andava a puttane, non flirtava con nessuno.
Oh, come si sbagliavano! Quella sera aveva ceduto su tutta la linea, si era ubriacato fin quasi a non sapere più chi o dove fosse, si era lasciato rimorchiare da un uomo nientemeno, ed ora era in un vicolo buio a fare sesso con lui. Consenziente.
Lo baciò avidamente, distraendolo dai movimenti dei loro corpi uniti, sollevando una gamba dopo averla liberata dei pantaloni per agganciarla alla sua vita, ed introdusse due dita nel proprio corpo, sperando in tal modo di prepararsi abbastanza da ridurre il dolore.
Le dita strette fra le ciocche vermiglie del giovane, si fece baciare a lungo sul collo, incurante dei lividi che avrebbe avuto la mattina dopo, e quando ritenne di essere pronto ne afferrò l'erezione, portandola dove la voleva, fra le natiche, e premendo su di essa con tutta la sua forza, aiutandone l'ingresso con quella stessa mano che la stringeva.
L'esclamazione soffocata del suo proprietario gli giunse come musica alle orecchie ed emise a sua volta un lungo gemito, cercando di bilanciare il proprio peso fra il muro e le spalle del giovane cui era disperatamente aggrappato.
Il giovane sconosciuto gli venne in aiuto, afferrandolo per i fianchi ed iniziando a spingere dentro di lui, dapprima lentamente, poi con più forza, fino a trasformare i suoi gemiti in urla soffocate, a stento trattenute solo dalla caparbia forza di volontà che era uno dei suoi tratti distintivi.
Quel movimento toccava qualcosa dentro di lui che lo faceva uscire di senno, il dolore che si mescolava all'estasi, talmente intenso che quando venne sul petto dell'amante quasi collassò su di lui; nemmeno si rese conto se l'altro avesse o no riversato il proprio seme nel suo corpo finché non crollarono a terra rovinosamente.
Si rialzò, disgustato, tremante, vergognosamente nudo, sporco di sesso e di fango, pieno di polvere del muro, i capelli scarmigliati, appiccicati di sudore, pieni di schegge d'intonaco. Si rivestì come meglio poteva, malfermo sulle gambe, e si trascinò zoppicando a casa, deciso a dimenticare per sempre quella follia.
Il Lunedì, quando si ripresentò a scuola, era più scontroso che mai, dopo che il ricordo di ciò che aveva fatto gli era piombato addosso con tutto il suo ripugnante realismo. Non poteva davvero lamentarsi, ora aveva quel dolore che inseguiva da tanto tempo, sottile e tagliente come lama di coltello, piantato a fondo nel suo cuore.
Aveva abbandonato lo sconosciuto nel vicolo nudo come un verme, in balia di chiunque l'avesse voluto derubare, stuprare o uccidere. "CHE," gli sfuggì dalle labbra a quel pensiero. Non l'avrebbe mai più rivisto, ed era questo il dolore più grande.
Sedette in classe con la solita aria gelida, composto e disinteressato di tutto fuorché della lezione che stava per iniziare, ma quando la professoressa entrò c'era qualcuno con lei, un nuovo studente. Lui.
A Kanda si fermò il cuore, il fiato gli si bloccò in gola e divenne mortalmente pallido: l'avrebbe riconosciuto? Quanto ricordava lui di quella notte? Si sarebbe reso conto che la ragazza che si era sbattuto contro il muro non era affatto tale? Che si trattava invece di un maschio, di lui?
Questa volta il nome del giovane gli era giunto forte e chiaro, Lavi Bookman, appena trasferito in città dopo un lungo peregrinare in giro per il mondo. Per quello era a bere dentro il dannato bar? Per festeggiare il suo ritorno nel paese d'origine? Maledizione.
Cercò di mantenersi indifferente quando Lavi si sedette al banco accanto al suo, sforzandosi di sembrare concentrato sui compiti dovuti per quella mattina. Lavi però parve da subito interessato a lui, ed un brivido di gelo gli corse lungo la schiena: allora ricordava? Sapeva?
Il dubbio lo torturò fino al suono della campanella che annunciava la ricreazione, momento in cui l'oggetto dei suoi pensieri si avvicinò al banco cui sedeva, l'aria amichevole e l'espressione gentile.
- Lavi, piacere. - gli rivolse quello stesso sorriso col quale l'aveva catturato la sera incriminata, tendendo la mano.
- CHE. - rispose Kanda sprezzante, valutando la reazione del giovane per capire se l'avesse o meno riconosciuto e voltando la testa di lato in modo molto sgarbato. Lui parve sorpreso, totalmente spiazzato, senza parole per quella reazione così brusca.
- Piacere, Allen. - disse allora un altro studente dal banco davanti a quello di Lavi.
Quello stupido impiccione albino che non poteva soffrire si stava mettendo in mezzo per inimicargli Lavi. Non che lui avesse fatto qualche sforzo per essere cordiale, intendiamoci, però la cosa lo irritava lo stesso.
- Ciao. - Lavi si voltò verso il nuovo arrivato, stringendo a lui la mano, e subito il ragazzetto si avvicinò sussurrandogli all'orecchio.
- Non devi badargli, Kanda è fatto così, odia tutto e tutti. Fai attenzione a non rivolgerti a lui chiamandolo per nome, o ti mangia vivo. - lo avvisò con aria grave, sbirciando da dietro la figura di Lavi per verificare che l'orco cattivo in questione non l'avesse sentito.
- D-Davvero? - mormorò il giovane mantenendo il tono della voce altrettanto basso. - Non è Kanda il suo nome?
- No, è Yuu, ma lui non vuole che lo si usi. - spiegò Allen con una scrollata di spalle. - Deve essere una qualche tradizione del suo paese, sai è di origini Giapponesi.
- Oh... - esclamò Lavi, sbirciando il giovane orientale di sottecchi. - E non parla bene la nostra lingua?
Allen scoppiò a ridere, tirando il compagno in disparte e guadagnandosi con quello un'occhiata omicida da parte di Kanda, anche se ne fraintese la ragione attribuendola alla sua persona, che il giovane detestava cordialmente.
- No, no, sa benissimo l'Inglese, solo non voleva parlare con te. - il ragazzetto continuò a ridere di gusto, assestando una pacca sulla spalla del nuovo compagno. - Ti abituerai. Ora vieni, andiamo a mangiare prima che finisca il tempo. Che hai fatto all'occhio, se non sono troppo indiscreto? - chiese poi curioso mentre si incamminavano.
Kanda fissò i due uscire dalla classe con aria truce: l'albino maledetto glielo aveva portato via! Digrignò i denti cercando di non mostrare quanto la cosa lo turbasse, ma si rifiutò di ammettere con sé stesso di essere terribilmente geloso, attribuendo il sentimento d'irritazione alla sua avversione per il pestifero ragazzetto, che lui amava apostrofare col nomignolo di 'moyashi' per il suo aspetto gracile e minuto.
Riflettendoci a mente fredda, quello era davvero un gran guaio, una vera terribile catastrofe che rischiava di rovinarlo. Se Lavi rivelava a moyashi quel che avevano fatto, no, quel che lui aveva fatto...
Doveva assolutamente scoprire quanto il giovane ricordava di quella sera maledetta.
