Attraverso le pianure infestate della Città Infame, oltre le sudice paludi verdastre e passati I pilastri decadenti e screpolati che sostenevano il mondo stesso, lei lo vide arrivare: la sua armatura dorata che risplendeva e brillava ad ogni movimento della sua torcia, ad ogni passo attento e valutato che faceva. L'uomo, e la sua stessa armatura, erano ridicoli in quel frangente. L'oro non ha posto in quelle paludi. Quelle paludi erano fatte per ciò che è oscuro, corrotto, come lei, e Quelana decise che se il folle si fosse trovato ad una distanza sufficiente per colpirlo, avrebbe fuso quell'armatura direttamente sul suo corpo per insegnargli qualcosa.
Trascinandosi per la palude, schiacciando le zanzare troppo cresciute che la abitavano ed evitando accuratamente una coppia di ragni infetti che stavano banchettando su di un cadavere, Quelana capì che il cavaliere non era semplicemente intenzionato ad avvicinarsi a lei, ma che essa stessa era il suo obiettivo. I suoi occhi, sotto l'elmo, continuavano a muoversi, prima fissandola, poi tornando a badare ai suoi passi, per poi tornare su di lei, mentre si avvicinava sempre di più.
Il battito del cuore di Quelana aumentò di intensità. Si alzò in piedi e preparò la sua piromanzia sotto gli spessi strati del suo manto nero, tenendo i suoi occhi ben fissi sull'estraneo che si avvicinava da sotto il suo cappuccio. Il folle dall'armatura dorata, ormai distante appena una mezza dozzina di metri, fermò la sua avanzata, con la viscosa melma della palude fino alle caviglie, fissandola.
Nessuno dei due parlò per diverso tempo, finchè il suono di una risata non uscì fragoroso dall'elmo dell'uomo, mentre se lo toglieva. Quelana strizzò gli occhi, rimanendo cauta, mentre il cavaliere abbassava l'elmo e lo portava sotto un suo braccio, spostando alcune ciocche di capelli biondo sporco dal proprio volto. I suoi occhi si posarono su di lei, freddi e grigiastri, e il suo sorriso si apriva in un ghigno attorno alla sua barba incolta, mostrando i suoi denti bianchissimi. "Rilassati, strega. Non ho intenzione di nuocerti in alcun modo."
Quelana spostò il suo peso sui talloni. L'uomo l'aveva chiamata "strega". Ciò significava che lui sapeva chi lei fosse, ed improvvisamente la donna non era più a suo agio in sua presenza, esposta e sola. "Che cosa vuoi?" Sibilò da sotto il suo mantello, sperando di sembrare intimidatoria.
L'uomo in armatura dorata la guardò meglio e fece un passo avanti. Quelana alzò il suo braccio, lasciando che la cappa cadesse sul polso, mostrando al cavaliere le fiamme che avvolgevano la sua pelle candida, quasi pallida, e le sue dita sottili, pronte a colpire; pronte a bruciare. L'uomo si fermò, si inginocchiò, e piantò la sua torica nella melma prima di estrarre uno shotel da un fodero sulla sua schiena. Lo tenne ben alto davanti a se e fece roteare la lama lunga e curva dell'arma in un semi cerchio, facendo danzare i riflessi della fiamma sulla sua superficie metallica. Alzò di nuovo il suo sguardo su di lei e le mostrò un secondo ghigno a trentadue denti. "Potresti darmi fuoco, strega, non lo nego. Ma sopravvivrei al primo colpo e sarei estremamente irritato al riguardo. Saresti capace di colpirmi di nuovo prima che io mi proietti verso di te e ti pianti la lama nel petto? Forse, forse no. Nessuno di noi vuole davvero scoprirlo, no?" Attese una risposta dalla donna, ma quando ella non disse nulla, lo fece lui al suo posto. "No, non vogliamo. Spegni la fiamma, strega. Ti ho già spiegato che non intendo nuocerti… Ma lo farei certamente se dovessimo arrivare a tanto."
"Rispondimi, " sbottò Quelana, sentendosi sempre meno a suo agio ad ogni momento che passava. "Cosa vuoi, folle?!"
"Una fine," disse l'uomo, mentre il suo volto si oscurava improvvisamente. "Una fine… A tutto questo. Questa follia. Questo… Cerchio di follia."
"Di che follia, oltre alla tua, stai parlando?"
"Ci siamo già incontrati in passato, strega, ed io so che tu lo sai," le spiegò l'uomo. "Rifletti attentamente. Tu mi conosci."
Un sopracciglio di Quelana si inarcò, da sotto al suo mantello. "Io… Stai mentendo. Non sei solo un folle, ma un bugiardo."
"Qual'è il mio nome?" Insistè l'uomo. "Lo sai. Avanti. Pensa. Il primo nome che ti viene in mente. Qual'è?"
"Lautrec," disse immediatamente la donna.
"Si. Esatto. Vedi?"
Quelana scosse la testa. "Che razza di stregoneria è questa? Cosa…" Si guardò alle spalle, mentre la paranoia di poter subire un attacco cresceva di secondo in secondo. Desiderò di essersi nascosta prima che l'uomo la raggiungesse. Intendeva farlo. Se solo fosse stata più rapida…
"Sono solo, strega," spiegò Lautrec."Rilassati, libera la tua mente. Sei l'unica altra persona che conosco che comprenderà ciò che ti sto per dire. Lo so, perché te ne ho già parlato in passato."
"Non ha senso!" Sbottò di nuovo Quelana. "è un tuo tentativo di confondermi! Di distrarmi! Dove sono i tuoi compagni? Nascosti nell'ombra, dietro di me?"
Lautrec rise. "Strega, se ti avessi voluta morta, lo saresti. Non mi sarei mostrato da cento metri di distanza, a viso aperto. Ti sarei sgusciata alle spalle e ti avrei passato una lama sulla gola. Sei una maestra nell'arte della piromanzia, e su questo non ci piove. Ma per un cavaliere come me, nei tuoi abiti stracciati e a piedi scalzi, pensi che saresti una minaccia? Che non avrei potuto ucciderti? Avrei potuto. Ma non l'ho fatto. Non ho intenzione di nuocerti. Non lo dirò di nuovo. Ora ascoltami. Il Prescelto è quasi pronto per nascere in questo mondo, e non abbiamo più tempo."
"Il Prescelto…" ripetè Quelana, ed il velo di confusione che aleggiava nella sua mente si diradò. "Intendi… Il mio discepolo."
Lautrec ghignò. "Ecco. Hm, forse avrei dovuto iniziare parlandoti di questo. Un promemoria per la prossima volta, se, gli Dei ci salvino, ce ne sarà un'altra. Si, il Prescelto è spesso un tuo allievo. Ma a volte non lo sono. A volte ti uccidono. A volte, nemmeno ti incontrano. Tu sei una curiosa e astuta donna, difficile da trovare."
"Parli del prescelto come se ce ne fossero diversi anzichè uno solo. Perché?"
"Perchè ho scoperto la verità, strega. Che questo "Prescelto" che entra nel nostro mondo calpestando tutto e tutti, trucidando bestie, suonando campane, riempiendo ricettacoli… Se davvero fossero stati "prescelti" per essere "l'unico" che potesse porre fine a tutto, hanno fallito. Ancora e ancora. Ci hanno delusi. O forse… Noi abbiamo deluso loro."
"Come sai tutto ciò?"
"Perchè siamo ancora qui," spiegò Lautrec. Alzò la sua mano ed osservò bene I suoi dintorni, la palude. "Pensaci, strega. Tu hai un tasso di sopravvivenza molto, molto più alto del mio durante questi cicli. Il Prescelto nasce in questo mondo, completa tutti i suoi incarichi, si avventura sottoterra con il buon vecchio Frampt, ed uccide Gwyn. Indi sceglie se ravvivare la Fiamma o meno. In ogni caso- eccoci qua. Noi viviamo. Il mondo… Si azzera ed un nuovo Prescelto arriva. Tu lo sai, strega. Io e te abbiamo vissuto attraverso questo ciclo per un lungo, lungo tempo."
Quelana si mise una mano sul capo e fissò le acque sudice vicino ai suoi piedi. "Questo… Non può essere."
"Ed invece è così," disse Lautrec con un sospiro.
"Come potresti sapere cose del genere?" domandò Quelana. "Non sei altro che un mortale, ma parli come se fossi un Dio."
"Guardare nell'Abisso e vedere qualcos'altro, oltre all'Abisso in sè, mi ha richiesto diverso tempo," spiegò Lautrec, e Quelana notò che mentre lo faceva, si era avvicinato di un altro passo a lei. Voleva bruciarlo, ma ora… Ora aveva bisogno di sapere quello di cui stava parlando. "Credo che sia iniziato con un accenno di familiarità da parte mia. Una frase, forse. Un movimento. Un'azione. Una folata di vento che catturò la mia attenzione. Non ne sono sicuro. In qualche modo, comunque, ad un certo punto ho realizzato che ho già vissuto tutto questo in passato. Più ci pensavo, e più evidente diventò. Non ho vissuto solo una o due volte. Ho vissuto tutto questo decine di migliaia di volte. Forse milioni. Forse… Forse da sempre."
Quelana iniziò a distinguere nella sua mente il volto del suo allievo. Per tutto quel tempo, aveva pensato al suo discepolo come uno solo, ma la sua faccia iniziò a deformarsi e a cambiare finchè non ci furono diversi volti… Troppi per vederli chiaramente. Capì, allora, che il folle stava dicendo il vero. "Il Prescelto… Hai ragione. Ce ne sono molti."
"Troppi, second me," disse Lautrec con un sorriso amaro, quasi una smorfia. "Quando realizzai per la prima volta di questa eterna reclusione temporale, credetti che i Prescelti venissero intrappolati nel nostro mondo come se fosse una sorta di punizione. Ma ora, vedo il tutto in una maniera diversa. Noi siamo i prigionieri, strega. Io e te e ogni altro abitante di questo regno maledetto. Non sono rinchiusi nel nostro mondo, noi siamo rinchiusi nel loro. E, francamente, sono stanco di tutto ciò."
"Cicli… Hai parlato di cicli."
"Si. Il ciclo inizia quando un Prescelto nasce. Finisce quando affronta Gwyn. Quindi, un nuovo prescelto si mostra. A volte sembrano… Inesperti. Nuovi. Come se non fossero mai passati attraverso gli orrori di Lordran. Ma molti di loro… Molti di loro ritornano! Ritornano con nuove conoscenze ed abilità impeccabili. Trucidano i mostri di questo mondo con facilità, precipitandosi al traguardo, e a quale scopo? Ma per rifare tutto di nuovo!" Il cavaliere d'oro alzava la voce ad ogni parola, furioso, ed ora il suo volto era acceso di rossore, nervoso, i suoi denti stretti in un'espressione di rabbia. "Hai idea di quante volte mi abbiano ucciso, strega?"
"Ti meritavi di morire. Sei un uomo malvagio," gli rispose Quelana. Rimembrava sempre di più ad ogni parola dell'uomo, ed ora si era ricordata qualcosa di terribile. "Uno sciagurato, un peccatore! Tu uccidi la povera Anastacia di Astora! La donna, rinchiusa, priva della sua lingua, eppure tu la uccidi comunque! Ancora ed ancora! Assassino!" Le fiamme che avvolgevano le sue dita aumentavano di intensità mentre parlava, furiose quanto la strega stessa.
Lautrec alzò gli occhi al cielo, sospirando. "Si arriva sempre a quello, no? Povera, muta, Anastacia. I miei affari sono I miei affari, strega. Non ne sai nulla. Non giudicarmi come se lo sapessi. E credi forse che I prescelti mi uccidano con qualche senso di giustizia dalla loro parte? Ha! Forse una manciata di loro, ma conosci il vero motivo per cui sono stato massacrato decine di migliaia di volte?" Si strappò il bracciale dal polso, mostrando la mano. Sul dito medio si trovava un anello d'oro. "Per un gioiello." Rise amaramente, sconfortato. "Un anello che li aiuta nella loro avventura. Ecco per cosa muoio. Se io sono uno sciagurato perché prendo la vita di una Guardiana del Fuoco muta qualche volta, questo cosa rende il Prescelto? Hanno preso milioni di vite, e non danno l'impressione di essere soddisfatti."
"Ne ho abbastanza, folle!" sibilò Quelana. "Perchè sei venuto fin qui a parlarmi di questo? Se questo ciclo è infinito come tu stesso affermi, né tu né io possiamo fare nulla al riguardo!"
"Ah, è qui che ti sbagli, strega! Vedi, il Prescelto-questo Prescelto, perlomeno- si sta dirigendo verso Gwyn proprio ora, mentre parliamo. Mi sono nascosto da lui. Mi sono fuso alle ombre finchè non se n'è andato. Mi sono liberato da solo dalla mia prigione. Ho scarpinato per tutta Lordran. Trucidato molti nemici. Preso quella maledetta ruota di legno fino alla Città Infame, ed ora intendo prenderti con me in un'ultimo viaggio prima che Gwyn esali il suo ultimo respiro. Un viaggio lontano da Lordran, nel posto dove tutto questo ha inizio. Nel Rifugio del Non Morti. Noi due saremo li quando comparirà il nuovo Prescelto. Quindi troveremo un mondo per rompere questo ciclo e porre fine a questa follia. Per sempre."
Quelana riflettè sul carico di nuove informazioni che le era stato portato. Le rimase quindi solo una domanda che riteneva degna di risposta. "Perché io?"
"Io sono il miglior cavaliere in tutta Lordran" disse Lautrec senza la minima traccia di umiltà nella sua voce. "Ma anche il miglior cavaliere di Lordran non può sperare di portare a termine un obiettivo come disgregare l'ordine del mondo da solo. Tu sei Quelana, la prole della Grande Strega Izalith, Figlia del Chaos, e Madre della Piromanzia. Se ho te al mio fianco, non ho bisogno di nessun'altro."
Fu il turno di Quelana di ridere. "Il tuo unico errore, folle dorato, è stato di credere che io avrei mai accettato di aiutare un uomo tanto spregevole, presuntuoso e mostruoso come te. Vattene. Questo "ciclo" che sei così intenzionato a concludere non mi interessa. Mi sono abbastanza appassionata ad esso, in verità. Ora lasciami sola."
Lautrec la fissò per un momento. Un orribile ghigno si insinuò sul suo volto."Il tuo errore, strega, è stato di pensare che io volessi chiederti di aiutarmi. E, ovviamente, l'avermi creduto quando ho detto di essere solo."
Un secondo uomo balzò fuori dalle ombre di fianco a Quelana, prima che potesse preparare la sua piromanzia. Il suo intero peso la colpì e fece crollare entrambi a terra. Trasalì, colpita, e urlando cercò di liberarsi dalla presa dell'uomo. Delle fiamme scoppiettarono e danzarono sulle sue dita, ma se si fosse azzardata a lanciarle più lontano, rischiava di dare fuoco ai suoi stessi abiti. L'uomo ridacchiò mentre costringeva le braccia della donna sui suoi fianchi e iniziava a legarla con una spessa corda. "L'ho presa, Lautrec! L'ho presa! Hee-hee! Puttana di fuoco! L'ho presa!"
"Bravo, Patches," disse seccamente Lautrec, avvicinandosi ai due. "Hai sopraffatto una fragile donna. E attaccandola alle spalle, oltretutto. Legala velocemente, prima che sciolga la tua carne e le tue ossa."
L'uomo pelato ridacchiò. "Non può farlo!"
"Può. Lo farà. Sii rapido, idiota." Ordinò Lautrec.
Il sorriso dell'uomo scomparve e fissò Quelana. "Vuoi bruciare il povero Patches, puttana di fuoco? Hm?" Ridacchiò di nuovo. "Ti ho beccata, eh?"
"Argh!" ruggì Quelana a denti stretti, lottando per liberarsi dalla corda. Non servì a nulla. Sentì i suoi polsi legati assieme dietro di lei mentre l'uomo stringeva e tirava la corda. Quindi avvolse altra corda attorno a lei, bloccando le sue braccia sul suo corpo finchè non fu legata dalle spalle ai fianchi.
"Hee-hee" ridacchiò Patches. "L'ho legata ben bene, Lautrec. Non brucerà nulla, ora."
"Buon per te. Lega I suoi piedi," Ordinò di nuovo Lautrec, rinfoderando il suo shotel. "Sbrigati. Se Gwyn muore prima che noi abbiamo lasciato Lordran… Tutto questo sarà stato inutile."
"I suoi piedi? Come farà a camminare con I piedi legati?" chiese Patches, grattandosi la pelata.
"Non camminerà, idiota. La porterai tu di peso."
"Io?! Portarla?!" sbottò Patches. "Non è giusto! Non voglio!"
Lautrec si inginocchiò davanti all'uomo e lo fissò negli occhi con I suoi: grigi, inespressivi, freddi. "Davvero? Dimmi altro su ciò che non vuoi fare, Patches. Avanti… Lamentati."
"Io…Io…" l'uomo era chiaramente spaventato dal cavaliere. Deglutì, si grattò la testa, e distolse lo sguardo da Lautrec. "E va bene. La trasporterò. Semplicemente non vedo perchè dovrei…"
"Perchè siamo nella sua casa, quaggiù. Potrebbe scappare. E non abbiamo tempo da sprecare cercandola. Legala e sbrigati. Sei ti lamenterai di nuovo… Beh, sai come sono quando mi arrabbio."
"S-si, Lautrec." Balbettò Patches.
Lautrec annuì, si alzò, ed afferrò la torcia, ancora infissa nella melma. Si voltò verso le paludi e si infilò il suo elmo dorato.
"Lasciami andare, folle!" Gridò Quelana, scuotendosi. "Lasciami e brucerò solo lui." Disse, facendo capolino dal cappuccino.
"Buona, puttana di fuoco." La avvertì Patches, girandola di lato e iniziando a legarle I piedi. "Ooooh, scalza? Non puoi permetterti degli stivali, puttana di fuoco? Hee-hee! Ghirighirighiri!" disse mentre le solleticava I piedi.
Quelana sollevò la gamba e sentì chiaramente il tallone schiantarsi sulla mascella dell'uomo. Patches tentennò a cadde sul suo sedere. Quelana si rivoltò, si mise in ginocchio e si alzò, pronta a correre nella palude.
Fece a malapena due passi, prima che Lautrec la afferrasse per il mantello e la ritirasse indietro. "No!" Urlò Quelana quando le braccia dell'uomo la avvolsero e la tennero stretta a lui. La sua fredda armatura era dura e affilata al tatto. "Lasciami andare! Non hai il diritto di farmi questo!"
Lautrec la fissò. Improvvisamente, alzò una mano ed abbassò il cappuccio della strega. Quelana odiava essere senza cappuccino. Si sentiva esposta, nuda. Fece una smorfia quando la fredda aria della palude colpì le sue guance, si infilò nei suoi capelli e danzò sulle sue labbra. Cercò di voltarsi, ma l'uomo la tenne ferma, allungando il collo per vederla meglio. "Beh… Le dicerie sono vere. Tu sei estremamente bella, strega." La fissò un momento ancora, conscio che la donna fosse a disagio mentre I suoi occhi osservavano ogni dettaglio del suo viso. "Davvero stupenda."
Patches si rialzò, borbottando e imprecando sottovoce, e legò I suoi fianchi e le sue ginocchia, mentre Lautrec la teneva ferma. Indi, il cavaliere la lasciò andare, e l'uomo pelato la caricò su una spalla.
"Ed ora, in marcia. In fretta." Disse Lautrec, camminando dentro alla palude, mentre la luce della torcia nelle sue mani faceva danzare il suo riflesso sull'elmo. "Abbiamo un mondo da cambiare."
