Nota: rifaccio l'upload del primo capitolo e aggiungo (finalmente) gli altri... anche se ormai i pochi che hanno letto la storia l'avranno ritrovata sull'EFP ^^; Se solo fosse un po' meno contorto, lo userei regolarmente. Va bene, ecco la cavolata che ho scritto parecchi anni fa. Spero vi divertiate come mi sono divertita io a scriverla (e non troviate troppi awkward moments nel mucchio) XD;


Chi ha detto che mi voglio sposare?

I

"La festa"

Presto o tardi, nella vita di un adolescente, arriva il momento di prendere decisioni. Anche nella vita di un adolescente molto viziato, ricco e capriccioso, che resterebbe per sempre in braccio a mamma e papà.

Molte volte queste decisioni rimangono entro la sua abilità gestionale. Tuttavia, nella vita di questo giovane rampollo c'è una cosa che può sfuggire tragicamente di mano.

Può mandare in frantumi patrimoni, amicizie, stabilità mentali. Può iniziare come un sogno e finire come un incubo… ma può anche iniziare e continuare come incubo. E' un mondo nuovo ed inesplorato e, per questo, nell'immaginario maschile assume toni foschi e indistinti; di sicuro il giovane di sangue vivo tende ad evitarla come la peste. Purtroppo, però, prima o poi arriva per tutti.

Il suo nome è matrimonio d'interesse.


‹‹Gianni, vorresti smetterla, per piacere?››

La luce degli splendidi lampadari muranesi brillò sulla porcellana di un servizio completo da tè, che Gianni Tornatore stava meticolosamente impilando pezzo su pezzo. Ad ogni tazza uno stuolo di ragazze lo applaudiva.

Ormai la torre raggiungeva una discreta altezza.

‹‹Andiamo, Vier… non fare il musone. Non vedi come si divertono?››

‹‹Non sto facendo il musone›› rispose il ragazzino, strappando di malagrazia lo champagne a un cameriere. ‹‹Quello è il servizio originale Wedgwood che Andrew mi ha regalato il Natale scorso. Lo sai quanto ci tiene.››

L'altro sbuffò, annoiato.

‹‹Ma è tuo, no? Una volta regalato, ci puoi fare quello che vuoi›› e rivolse un sorriso smagliante alle ammiratrici.

Olivier sospirò, tra l'esasperazione e il piacere, sorseggiando lo champagne. La scelta di sua madre era sempre eccellente.

Non sapeva ancora quanto si sarebbe ricreduto nel giro di tre ore.

‹‹Insomma, è questa festa che mi deprime. Io mi aspettavo musica classica, spettacoli, i fuochi d'artificio a termine serata. E invece guarda. Guardati intorno: un mortorio. E' la prima volta che mi vergogno di una festa in mio onore.››

Gianni incrociò le braccia, dimenticando per un attimo le ragazze. Sagaemente, evitò di commentare sulla musica classica.

‹‹In effetti, sono rimasto un po' stupito dalla mancanza del teatrino ― ormai la comédie era una tradizione. E anche l'opera, per non parlare della quadriglia, dove rimorchiavo così bene…›› Improvvisò un sorriso, cogliendo appieno la propria gaffe. ‹‹Ma questo non significa affatto che sia una festa deludente! Anzi, il cibo, i costumi, la compagnia sono raffinati come sempre.››

Olivier sprofondò nella poltrona color crema.

‹‹Ormai ci conosciamo da parecchio, non c'è bisogno di indorare la pillola.›› Guardò la pila di tazze. ‹‹Ti stai annoiando anche tu, vero?››

‹‹Ehm…››

Olivier sprofondò ulteriormente.

‹‹Ma almeno tu hai sempre un ventaglio di belle ragazze intorno.››

‹‹Che stai dicendo?›› esclamò l'italiano, salutando una brunetta di passaggio. ‹‹Tu non sei meno affascinante di me. Il tuo difetto è la timidezza. Coi ragazzi attacchi subito bottone, mentre la vista di una donzella ti lascia gentile ma impietrito. Goditi la vita!›› e così dicendo abbracciò tre deliziosi esponenti del gentil sesso, tutti seduti sulle sue gambe.

Una gocciolina di sudore imperlò la guancia dell'amico. Poi Olivier notò un movimento con la coda dell'occhio.

Fatalità. Accadde tutto in un attimo.

Un donnone arrivò a passo di marcia, oscillò paurosamente sulle gambe a forma di prosciutti (forse era ubriaca, ma forse anche no) e precipitò fra le torri di porcellana, diroccandole una dopo l'altra. Le ragazze di Gianni si dispersero gridando. Ma il grido più acuto fu quello che squarciò la gola di Olivier.

E, nel silenzio generale, gli unici suoni udibili furono il pianto disperato del ragazzo, curvo sui resti del servizio, e la rispettosa domanda di Gianni: ‹‹State bene, signorina?››

Essendo un latin lover, Gianni non poteva abbandonare una fanciulla in difficoltà; anche se la fanciulla non era una principessa. Ma la ragazza era molto, molto al di là delle sue peggiori aspettative.

Una mano carnosa e sudaticcia afferrò la sua, galantemente tesa. Gianni si violentò la faccia per non lasciar trasparire il disgusto, obbligandosi a restar fermo. E non era finita: nell'alzarsi l'amabile creatura lo tirò in terra, senza neanche offrire delle scuse.

‹‹Ouch!››

Olivier alzò gli occhi dal motivo del suo dolore.

Non poté che fissare con orrore ciò che si presentava agli occhi di tutti. Gianni indietreggiò, pulendosi nervosamente la mano sui pantaloni del gessato.

La creatura era a malapena definibile umana. Aveva la stazza di una balena e, in mezzo alla faccia da razza, due occhietti porcini che scrutavano intorno con malignità. I capelli, normalmente la salvezza delle donne poco attraenti, nel suo caso peggioravano la situazione: stopposi, slavati, male acconciati.

Ai bisbigli degli altri ospiti la creatura puntò altezzosamente il naso al soffitto.

‹‹S-state bene, signorina?›› balbettò Gianni.

‹‹Hmf›› rispose quella.

E cannoneggiò via, terremotando il suolo.

Il ragazzo barcollò per un attimo, incerto tra lo svenire e il darsela a gambe, poi crollò sulla poltrona più vicina.

Olivier lottò tenacemente per strappare qualcosa a un cameriere e venne piangendo sull'oggetto, che si rivelò un coccio.

‹‹Il mio servizio!››

‹‹Il mio cuore›› boccheggiò l'amico, scarmigliato. ‹‹Per un attimo ho creduto di non sopravvivere.››

Olivier sedette poco distante da lui. Una lacrima gli solcò la guancia, piovendogli sulle mani.

‹‹Il mio servizio preferito…››

Poverino. Sembrava davvero giù di corda. Gianni si sentì immensamente in colpa, anche perché era difficile veder piangere l'orgoglioso Boringer. Si sentì in colpa, d'accordo, almeno finché non colse sulla sua faccia i segni di un'emozione più pericolosa.

Subodorando il pericolo, si chinò in avanti e cercò di fugare i segni nascenti della collera di Olivier con due occhioni azzurri (marchio registrato).

‹‹Mi dispiace. Non avrei dovuto fare quelle torri. Mi annoiavo e ho finito per combinare un disastro.››

L'imprudente riferimento alla piattezza della festa gettò il ragazzo un gradino più in basso, e ne seguì un torrente di lacrime rabbiose.

Mentre Gianni si affannava per distrarlo, giunse una seconda visita. Stavolta però era snella e posata: entrambi misero a fuoco un Andrew McGregor molto elegante, con tanto di guanti neri alle mani.

‹‹Non preoccuparti, Olivier. Te ne farò avere un altro, se ci tieni.››

‹‹Oh mio Dio, sei diventato un damerino!›› sghignazzò l'italiano, già dimentico della situazione, guadagnandosi un'occhiataccia.

Andrew sedette con loro, analizzando i commestibili sul tavolino di vetro. Scelse una tartina alle olive.

‹‹Immagino ti sia goduto tutta la scena›› continuò Gianni.

‹‹Sì.››

‹‹Beh, che hai da dire? Dov'è la solita acredine che ora tanto curerebbe il mio orgoglio ferito?››

L'inglese parve assorto; il suo malumore permeò l'angolo di ritrovo.

‹‹Ti dirò invece che la vostra disavventura mi ha fatto un sacco piacere. Sono stato salvato da una persona forse peggiore della balena che ha demolito il servizio.››

‹‹No›› fu l'esclamazione di Gianni. ‹‹Descrivila.››

‹‹Ecco―››

‹‹Scusate›› interloquì una voce lamentosa.

Impietriti, i tre smisero di fissarsi per inquadrare la nuova venuta. Il loro buon gusto gemette come un bambino.

Presso il loro tavolo sacro era giunta una povera sventurata. Il suo viso non sarebbe stato brutto se avesse provato a sorridere, ma quella bocca sembrava incapace di qualunque gioia; Olivier vide le sue spalle cascanti, le occhiaie scure, il portamento scialbo ― e sotto quel foulard c'era una gobba! E smise di piangere per lo shock.

Gianni ed Andrew, invece, digrignarono i denti. Istinto atavico dei gorilla.

‹‹Oh, perché è triste?›› domandò la ragazza a un incauto singhiozzo di Olivier, facendosi premurosamente avanti. Il padroncino di casa vide allungarsi una mano ossuta.

Non ne poté più. Normalmente la sua vita era tranquilla, controllabile e razionale. Vedere il controllo che vi esercitava scivolar via proprio a una festa in suo onore era troppo. E quella piattezza, quelle presenze denotavano una grande falla nel suo sistema di monitoraggio.

Indietreggiò fino a salire in braccio a Gianni. Forse, in un momento di maggior lucidità, si sarebbe sentito mortificato da quelle maniere; in un momento di lucidità, ho detto.

‹‹Non ti avvicinare!››

L'unico a conservare un minimo di decoro fu Andrew, che si alzò, fece un inchino e baciò quella mano ossuta, gelandoli nel profondo.

‹‹Perdonatelo, miss. Ha avuto una brutta giornata.››

Altroché, pensarono loro.

‹‹Ma non dovete preoccuparvi per lui, ce ne occuperemo noi. Piuttosto, permettetemi di condurvi al tavolo dello champagne. Sceglierò per voi il migliore.››

‹‹Oh… oh, come siete gentile›› rispose la gobba, sempre trascinando la sua voce lamentosa. ‹‹Non dovreste, non dovreste.››

Gianni si asciugò gli occhi, tremando, mentre i due si allontanavano.

‹‹Non dimenticheremo il tuo sacrificio, Drew!››

Olivier lo guardò male e, improvvisamente conscio del loro morboso abbracciarsi, gli scese di dosso. Ormai la festa era destinata ad andare di male in peggio, ma che i ripetuti shock mandassero Gianni in tilt era imprevisto e inquietante. Che cosa avrebbe detto ai Tornatore?

Passarono appena due minuti e il loro amico inglese era di ritorno.

‹‹Sei ancora vivo?›› esclamò Gianni.

‹‹Certo. L'ho mollata a Ralf.››

‹‹Te la farà pagare per questo, lo sai.››

‹‹Meglio con lui che con noi›› fu la risposta. Andrew buttò giù il liquore tutto d'un fiato ― quasi strozzandosi, perché era più forte di quanto pensasse ― poi si asciugò la bocca. ‹‹Comunque, se sentite la sua mancanza, posso mostrarvi la strada.››

Gianni chiuse gli occhi, levando le mani.

‹‹Se non lo farai, potrei anche regalarti la spider che ti avevo promesso in quella piccola scommessa.››

Al ricordo, l'inglese mandò lampi e sbatté un pugno sul tavolino. Olivier avrebbe sobbalzato, non fosse stato immensamente stanco.

‹‹Ti ricordo che ho legalmente vinto quella macchina! E tu non sei uomo di parola, visto il sospetto ritardo che stai impiegando per onorare la scommessa.››

‹‹Spiacente, amico mio. C'era quella postilla che…››

‹‹Me ne faccio un baffo delle tue postille!››

E si lanciarono in una discussione che ormai aveva tutte le battute scritte. Quando ebbero finito si rivolsero annoiati al terzo blader, in strenua lotta contro il sonno.

Andrew rigirò il bicchiere fra le dita, scrutando l'amico con criticismo.

‹‹Non so se il bianco ti dona, sai›› disse, in uno slancio di generosità.

Olivier sollevò le palpebre e sbirciò il proprio completo di gala.

‹‹Uh? Dici? Eppure l'ho sempre messo.››

Gianni, ferratissimo in materia, si sentì in dovere d'intervenire.

‹‹Drew ha ragione.››

‹‹Ti ho detto che odio quel soprannome. E' un nome da donna. L'unico mio soprannome potrebbe essere Andy, e lo odio almeno altrettanto.››

L'italiano fece orecchie da mercante. ‹‹Sei cresciuto, Vier. Il verde dei tuoi capelli è diventato più intenso e stona col bianco.››

Olivier storse la bocca, piccato.

‹‹Se è per questo, Gianni, il gessato ti fa sembrare un povero, piccolo―››

‹‹Cosa?›› scattò l'italiano, facendo per alzarsi.

Andrew li fissò, sbalordito. Sbagliava, oppure si stavano rapidamente scaldando?

S'interpose fra i due, beh, virtualmente fra i due, protendendo un braccio al di sopra del tavolino.

‹‹Hey, ragazzi. Calmatevi. Questo vostro orgoglio è totalmente fuori luogo.››

‹‹Senti chi parla.››

‹‹Mister Acredine in persona!››

Il giovane rimase impassibile, deciso a dare il buon esempio. Puntò il naso al soffitto e iniziò a far loro la predica, forte e chiaro, parlando piano come se fossero dei mocciosi.

‹‹Via, siamo gente civile. I nostri nomi sono sulle agende più in vista del mondo, che in parte stanotte si trovano qui. Ecco, guardate Lady Windsor, al tavolo dei dirigenti; Madame e Monsieur Bonacieux sulla pista da ballo, che scambiano battute coi Lafayette; il signor di Trani insieme al barone von Thurn und Taxis, accanto alle finestre, insieme ai nostri genitori. Pensate cosa si direbbe nel bel mondo se facessimo a pugni nel bel mezzo di un party.›› Nonostante l'insopportabile tono di superiorità con cui furono pronunciate, le sue parole andarono a segno, e Gianni ed Olivier si fissarono i piedi. ‹‹Perciò, prendiamo le rimostranze con educazione e gli scherzi per quello che sono. Non intendevamo offenderti, Olivier. E sono sicuro che Olivier non intendeva offendere te, Gianni.››

‹‹A me non sembrava›› commentò quest'ultimo, ricevendo un'occhiata velenosa dal francese. ‹‹Mi annoio›› spiegò tutt'a un tratto, alzando le spalle. ‹‹Litigare un po' mi sveglierebbe. Non voglio mica fare a botte.››

Non sembrava convinto, però. Dopotutto, il suo bitbeast era Amphisphena, un drago che riusciva a litigare persino con se stesso.

Olivier scurì in volto.

‹‹Già, sveglierebbe pure me…››

‹‹Basta, basta. Fermi. Che avete bevuto, stasera, nitroglicerina?Sembrate psicopatici.››

‹‹Dillo ai due mostri di prima.››

Inarcò un sopracciglio. ‹‹Chi, Balena e Maddalena Piangente?››

Olivier dovette soffocare una risata. ‹‹Loro.››

‹‹Beh, potrei sempre…››

Non aveva finito di parlare che una voce rasposa lo apostrofò con sgarbo. Scattò in piedi di botto, come se uno scorpione l'avesse punto fra le chiappe.

‹‹No! Ancora tu!›› urlò.

Buona parte degli invitati si voltò a guardare. Gianni e Olivier ammutolirono, annichiliti per la terza volta nella serata.

‹‹Ti ho detto che ne ho abbastanza della tua regale presenza per tutta la vita!››

La donna, che probabilmente aveva il doppio della loro età ma si agghindava come una ragazzina, ululò una volgare risata al soffitto, accostando il ventaglio al viso. Olivier saltò di nuovo in braccio a Gianni.

Era alta in modo innaturale, zigomosa e priva di una qualunque forma. Le ossa del bacino spuntavano dal vestito lungo, ammazzando qualunque illusione fosse rimasta sulle sue grazie.

Questa è la sfilata degli orrori, pensò Gianni.

‹‹Mio caro giovanotto, alla tua età dovresti preoccuparti delle ragazze, non degli amici›› e diede una timida occhiata a se stessa, quasi facendo vomitare la platea.

‹‹Ma quali ragazze›› rantolò lui.

‹‹Ma come, non vedi, non riesci a vedere? Mio caro, mio caro!›› La strega fece alcuni passi avanti, per ognuno dei quali il ragazzo ne fece uno indietro. ‹‹Mio giovane gentiluomo, la tua cortesia sfiora la frigidità!››

Ora, paura o no, c'erano occasioni che Gianni Tornatore non poteva lasciarsi sfuggire. Non poteva, tutto qui. Questione di coerenza. Questa era una di quelle.

Incapace di trattenerla, scoppiò in una fragorosa, gustosissima risata (anche un po' isterica).

Andrew gli passò attraverso con uno sguardo. Olivier invece si alzò e, piuttosto che commentare, corse fuori a velocità supersonica. Gianni ingoiò il resto della risata.

‹‹Olivier, dove vai? Aspetta!›› e, convenientemente, di galoppo dietro l'altro.

Ormai il brusio intorno a lui era difficile da ignorare; Andrew se ne infischiò, dimenticando a bella posta le proprie perle di saggezza. Era stato importunato, offeso, umiliato pubblicamente, e ci vedeva abbastanza giustamente rosso. Ciò che era peggio era che in qualche modo la consideravano una donna, quella cosa, quindi non poteva sbatterle in faccia il guanto di sfida.

Cercò nella sala, poi vide Ralf. I loro occhi si incontrarono.

Tornò all'ibrido umano che ridacchiava dietro il ventaglio rosa, avvertendo una profonda repulsione.

‹‹Vedete, signora, l'amicizia è molto importante per me. E poi come fate a dire che non sono impegnato?››

Negli occhi petulanti della racchia passò un lampo.

‹‹Oh, io so, io so.››

‹‹E sapete male!›› sputacchiò, fuori di sé. Basta. Non ce la faceva più.

Doveva uscire.

‹‹La festa è finita!›› annunciò, uscendo a grandi passi.

Ralf lo precedette, mentre i signori Boringer si affannavano a porgere scuse a destra e a manca e a sbollire gli animi dei convitati.


‹‹Olivier! Olivier, apri la porta!›› esclamò Gianni, picchiando con insistenza.

‹‹Che cosa gli è preso?›› chiese Ralf.

Andrew rimase in cima alla scala per controllare se qualcuno li seguiva.

‹‹Non lo so›› rispose il biondo, preoccupato. A parte lo scempio pubblico di stasera. ‹‹Mi è sembrato molto strano… prima di entrare in camera si teneva una mano sulla bocca, e ha bevuto più del solito…››

‹‹Ah, non sarà un po' di champagne a buttarlo giù›› esclamò Andrew, raggiungendoli. ‹‹Non mi stupirei se fosse colpa della strega. Stava cominciando a spaventare anche me. Era lei la persona di cui vi parlavo. Mi ha tampinato tutta la sera.››

‹‹Miseriaccia.››

‹‹Già, e non è tutto.››

Descrisse loro come si fosse dichiarata gran dama tedesca, invitata espressamente dai Boringer insieme alle sue tre sorelle.

‹‹Gente del tuo paese, Ralf.››

‹‹Hmph.››

‹‹Quindi c'erano quattro esemplari di quel genere qui stasera?›› piagnucolò Gianni, ricordando con malinconia lo stuolo di belle ragazze che l'avevano applaudito.

‹‹Mi chiedo se non avesse qualcosa a che fare con quella mademoiselle che è finita sul mio servizio›› intervenne Olivier, dallo spiraglio aperto nella porta.

Eccetto il beyblade che stringeva convulsamente in mano, sembrava normale. Tutti tirarono un respiro di sollievo.

‹‹La donna cannone?›› chiese Andrew.

‹‹Olivier. Tutto bene?›› aggiunse Ralf.

Il minuto francese sorrise, sicuro di sé.

Gianni parve assorto. ‹‹E quella – come l'hai chiamata? Maddalena Piangente? Pure lei ci ha tormentato.››

‹‹Una ragazza molto sfortunata invero›› fu il commento di Ralf.

‹‹Beh, allora cuccatela tu. Io―››

‹‹Sst! Ascoltate!›› sibilò Andrew.

Dalle scale provenivano alcune voci. Erano femminili, e salivano.

Olivier spalancò la porta.

‹‹Presto, entrate.››

Scivolarono dentro, chiudendo appena in tempo. Chiunque stesse arrivando era appena arrivato sul loro stesso piano.

‹‹…affatto gentili, sorelle care, ma con dei visetti come i loro, oh mio Dio, avessi visto i loro visetti, così innocenti, così affascinanti…››

Un brivido corse lungo la schiena dei quattro amici, incollati alla porta.

‹‹Chi è?›› sussurrò Gianni.

Andrew era livido.

‹‹Non vorrei spaventarvi, ma…››

‹‹Ora, quale sarà la stanza del signorino Olivier? Dopotutto non ti sei presentata come si deve, cara.››

‹‹Cerchiamo in ogni stanza›› suggerì un'altra voce, piuttosto corpulenta.

Intanto, Olivier ci vedeva rosso.

‹‹Come osano girare impunemente per casa mia?››

Andrew si voltò verso di lui.

‹‹Dove si trova questa stanza?››

‹‹E' la… seconda dalle rampe.››

‹‹Ci troveranno!››

‹‹Al passaggio segreto.››

E caracollarono verso un magnifico quadro del Re Sole, che Olivier staccò dalla parete spingendo un bottone nascosto. Ai loro occhi si rivelò un passaggio scuro, percorso da una corrente fredda. Fossero stati da soli, probabilmente ci avrebbero pensato due volte prima di infilarcisi; lo stesso campione francese preferiva usare poco la Ragnatela (come chiamava il sistema di passaggi nascosti) perché la situazione sarebbe stata rischiosa, se si fosse ferito una volta dentro.

Ma adesso erano insieme e lo stato delle cose era incentivo sufficiente. Uno dopo l'altro scomparvero, inghiottiti dal dedalo di vie segrete.

Ralf, l'ultimo, si tirò dietro il pannello, riappendendolo alla parete.

Tempismo perfetto. Scivolando via, udirono la porta socchiudersi e la voce corpulenta commentare la bellezza della stanza.

‹‹Ma è vuota. Non è questa.››

Poi tutto fu inghiottito dall'oscurità.

Camminarono per un bel pezzo, maledicendo la mancanza di una luce, tremando dal freddo. Era estate, ma quei cunicoli non vedevano la luce del sole dalla costruzione della villa, quindi dai primi dell'Ottocento.

La disperata conventicola procedette tra sbuffi e un insistente rumore di cuoio.

‹‹Chi è che ha le scarpe col tacco?›› chiese Olivier tra i denti.

‹‹Non sei tu?››

‹‹Non credo, visto che ha le pantofole.››

‹‹Ma allora chi è?››

Gianni abbozzò una risatina.

‹‹Capisco. Te le puoi togliere?››

‹‹Perché dovrei?››

‹‹Fai troppo rumore. Le pareti sono spesse, ma la profondità della Ragnatela amplifica i suoni. Come capirai, in questo momento preferisco proseguire senza interruzioni. La mia casa è diventata improvvisamente un covo di estranei invadenti.››

L'italiano grugnì di malcontento.

Tu guarda se con un paio di Armani sottobraccio devo camminare in calzini!

Ma il padroncino di casa aveva ragione. Un paio di volte incapparono in un'uscita e udirono distintamente delle voci. Olivier sbirciò fuori attraverso gli occhi di un dipinto. Andrew rabbrividì.

‹‹Non guarderò mai più un quadro con la stessa fiducia›› giurò.

Poi notarono il silenzio del francese.

‹‹Che c'è, Vier?››

‹‹Siamo ancora al secondo piano. Se usciamo, potremmo ritrovarcele davanti.››

Gianni fischiò.

‹‹Continuiamo, allora.››

‹‹Olivier, sei ben sicuro di dove stiamo andando?›› aggiunse l'inglese, fissando con una certa apprensione oltre la spalla di Ralf. ‹‹Non vorrei passare il resto della mia vita a girovagar per casa tua ― senza offesa…››

‹‹Non preoccuparti›› rimbeccò Olivier.

Strinse con maggior convinzione il suo beyblade, chiedendogli silenziosamente protezione ― non sapeva proprio contro che cosa… magari il freddo. La sola risposta di Unicol fu una lampeggiante risata.

Al diavolo anche te.

‹‹Non c'è niente di cui preoccuparsi. Uso questi passaggi da quando ero bambino.››

‹‹Ed esattamente quando hai smesso di esserlo?›› sghignazzò Gianni.

Olivier ignorò il commento. Quindi andò per l'affondo.

‹‹Cambieremo piano usando il vecchio scarico.››

Gianni parve oppresso da un cattivo ricordo. ‹‹Che cosa intendi per "scarico"?››

Il sogghigno del francese fu facilmente intuibile. ‹‹Oh, l'hai già provato quando avevamo nove anni.››

Gianni Tornatore e Olivier Boringer si conoscevano infatti sin da piccoli, perché una zia del primo aveva sposato un cugino del secondo. Stupide complicazioni di parentela. E stupidi parenti.

‹‹No! Non può essere quello!››

‹‹Abbassa la voce›› intimò Andrew.

Arrivarono a una svolta. Da lì diramavano tre cunicoli.

Uno era così basso che solo un bambino di cinque anni avrebbe potuto entrarci stando in piedi; da lì saliva gran parte dell'aria fredda. Ralf diede segni di inquietudine.

‹‹Vuoi chiedermi qualcosa?›› indovinò Olivier.

‹‹Beh, sì.››

‹‹Quello è lo scarico.››

‹‹Non c'è un altro modo?›› rispose il tedesco, presentando per la prima volta delle rimostranze. ‹‹Credo di esser troppo cresciuto per passarci.››

‹‹Fidati. Ci passerai.››

Lui non aggiunse altro, limitandosi ad annuire.

Olivier guardò il cunicolo.

‹‹E ora silenzio. Passiamo sulle stanze dei miei genitori.››

Si accucciò e strisciò dentro carponi. Andrew, Gianni e Ralf lo seguirono, sentendosi improvvisamente degli avventurieri.

Almeno finché le loro mani non slittarono su uno spesso strato di alghe.

‹‹Bleah.››

Gianni ringhiò. ‹‹Dannazione, l'ho appena comprato questo vestito!››

‹‹Fa' silenzio.››

La traversata sembrò durare un'eternità. Procedere gattoni era davvero difficile là dentro e, a partire da chissà dove, le loro ginocchia facevano un sacco male. Di punto in bianco, una debole serie di luci baluginò sull'irregolare pavimento di pietra, mostrando la strada come la pista d'atterraggio di un aeroporto; provenivano da profonde crepe formatesi nel punto d'incontro fra un mattone e l'altro.

La vista avrebbe fatto rabbrividire più di un uomo coraggioso. Immaginatevi loro.

‹‹Non c'erano l'ultima volta›› commentò Olivier.

‹‹E' davvero confortante›› fece Andrew, pieno di sarcasmo. ‹‹Ti spiacerebbe accelerare?››

Gianni impallidì.

‹‹Avete sentito anche voi quello scricchiolio?››

‹‹Per niente›› rispose Ralf, calmo. ‹‹Vai avanti.››

‹‹S-sì›› obbedì Olivier, che apriva la fila.

Ma i loro timori restarono timori. Quei muri avevano resistito per secoli, e anche se quella sera la sorte ce l'aveva con loro, non ce l'aveva così tanto.

Proprio allora la corrente d'aria si fece più forte. Erano giunti alla fine del passaggio.

‹‹Beh?›› chiese Andrew, sottovoce.

‹‹Qui comincia la discesa›› rispose Olivier, un po' soffocato. ‹‹Ogni volta è un'emozione.››

Quel commento non fece bene ai loro nervi. Gianni gemette.

‹‹Io odio le altezze.››

‹‹Non ne vedrai. Scivolerai soltanto.››

‹‹Oh che consolazione.››

Infatti odiava anche gli scivoli.

‹‹Che dobbiamo fare?›› chiese Ralf, sempre pratico.

‹‹Ci butteremo di testa›› spiegò il francese. Il gemito di Gianni risuonò più forte. ‹‹Ora, la prima svolta è un angolo largo. Un cuscino attutirà la caduta e ci aiuterà a fermarci. Da lì proseguiremo con le gambe avanti. Tenetele vicine al corpo.››

Andrew si schiarì un po' la voce. Avrebbe tanto voluto chiedere come avevano piazzato il cuscino, ma decise che preferiva non sapere. Gianni, che lo seguiva, non vide che s'era fermato e gli sbatté contro.

Il ragazzo oscillò e cadde dritto sulla faccia.

‹‹Che cavolo?››

‹‹Oh, scusa. Olivier?››

‹‹Cosa. C'è.››

‹‹Per favore, dimmi perché devo rifare tutto questo.››

Gli occhi di Olivier scintillarono nella flebile luce, divertiti, proprio al di sopra della sua spalla.

‹‹Non lo farai da solo, lo sai? E non scendi nemmeno per primo, visto che apro io la fila e non c'è modo di cambiare posto.››

‹‹Beh, grazie. Questo lo vedevo da me.››

‹‹Sembravi ansioso di scappare dai tre mostri…››

L'altro rimase a bocca aperta per un secondo, poi il ricordo lo zittì.

Silenzio.

‹‹Vado›› disse Olivier.

E si buttò, scivolando sulla pancia. Un suono sibilante lo accompagnò. Gli amici divennero tutt'orecchie, aspettando l'urlo raccapricciante che sicuramente sarebbe echeggiato, scuotendo la casa.

Ma non accadde nulla del genere.

L'imboccatura dello scivolo amplificò un tonfo (sobbalzarono, dando una testata al soffitto) e subito dopo il sussurro del ragazzo.

‹‹Io proseguo. Andrew, puoi venire. Non abbiate paura.››

Facile a dirsi.

Quando fu il suo turno, Gianni deglutì.

‹‹Avevo giurato di non farlo mai più…››

Oh beh, tirarla per le lunghe non serviva. E si tuffò, trattenendo il fiato finché non sbatté contro l'imbottitura del muro. Sentì il terreno scivolare via e si aggrappò con tutte le forze, battendo i denti. Non era cambiato. Olivier aveva ragione, non si scorgevano altezze, ma c'era pur sempre lo scivolo: un oscuro, umido passaggio senza alcuna apparente via di fuga.

Cercò di respirare. Calma. Niente panico.

Magari sono anche claustrofobico?

Dannazione, lui aveva bisogno di spazi ampi, come il Colosseo e il Foro, non di cunicoli buoni per l'Uomo di Gomma. Guardò sotto, dove il grande salto assumeva la forma di un buco nero; la pendenza pareva notevole. Mio Dio.

Prese tre respiri profondi per calmare i nervi.

‹‹Pss, Gianni! Avanti›› esortò la voce di Olivier, distante. ‹‹C'è un materasso alla fine. Non aver paura.››

Oh beh, pensò.

E si lasciò andare, con la bora nelle orecchie. Nello spazio di qualche secondo aveva acquistato grande velocità. Due o tre volte credette di andare a sbattere contro il muro, ma il pavimento era modellato e sterzò, con la mascella che scattava a ogni dislivello.

Altro che Gardaland! La casa di Olivier era la vera Magic House.

Dopo un secolo, intravide finalmente l'uscita; e fu sputato fuori dallo scarico come un mucchio di spazzatura. Si alzò a sedere sul materasso d botto, rigido. Andrew gli ficcò un fazzoletto in bocca.

Aveva urlato a squarciagola per tutta la discesa.

‹‹G-grazie.››

‹‹Non c'è di che.››

Poco dopo arrivò Ralf, dignitoso come sempre.

Si guardarono, chiedendosi cosa sarebbe venuto dopo. Erano molto, molto sporchi. Specialmente Olivier, vestito di bianco. E molto, molto matti.

‹‹Beh?››

‹‹Muu.››

‹‹…››


‹‹Fate buon viaggio.››

Non si sa bene come, erano riusciti a pulirsi, cambiarsi, passare inosservati per ore e raggiungere l'immenso retro della villa, un giardino chiuso al pubblico, dove si potevano trovare grandi voliere d'oro, daini e falconi, ma anche l'ovale di atterraggio per elicotteri e, accanto agli edifici, i garages.

In quel momento, l'ovale era occupato dal dirigibile Boringer IV, sul quale salivano Gianni Tornatore ed Andrew McGregor. L'orizzonte schiariva in un blu infinito, come spesso succede in estate.

‹‹Mi dispiace che dobbiate già tornare a casa›› disse Olivier. ‹‹Ora che i Mostri se n'erano andati…››

‹‹Lo so. E concordo.›› rispose Gianni, aggiustandosi i capelli.

Ci fu un silenzio piuttosto teso.

Non volevano tradurre in parola il tremendo sospetto che si sentivano addosso; ma tutti sapevano quanto strane potessero andare le cose, nei paraggi del Palais Boringer. A volte era più sinistro del castello di Ralf; e questo non era dir poco. Povero Olivier, con quei pazzi per genitori!

Andrew e Gianni studiarono l'amico, apparentemente padrone della situazione.

‹‹Bene›› disse Ralf, ‹‹ho un volo che mi aspetta al Charles de Gaulle. Io andrei.››

‹‹A presto, Ralf›› annuì Andrew.

Il tedesco rispose con un altro cenno, sorrise a Olivier e si diresse verso un'auto rombante.

Intanto, Gianni si guardava attorno, forse sperando che gli amici che li avevano accompagnati a Parigi (per poi sparire) rispuntassero alla chetichella. Inutile dire che non accadde.

Dannazione. Avrebbe dovuto volare su quella cosa. Di solito non gli dava fastidio ― si sentiva abbastanza al sicuro ― ma…

‹‹Sembra che non vogliano farci cambiare rotta›› notò Andrew, lanciando un'occhiata al suo maggiordomo, comparso dal nulla e silenziosamente appostato sul dirigibile. ‹‹Da ieri sera prende tutto una strana piega. Non so voi, ma io ho la netta impressione che i nostri amati genitori stiano per tirarci un brutto scherzo.››

Gianni corrugò la fronte.

‹‹Hmm.››

Olivier invece deglutì, sapendo che quella sarebbe stata una cosa degna dei suoi.

‹‹Speriamo di no.››

‹‹Già. Dopo quello che è successo a Sabine…››

‹‹Per favore. Non nominiamo certe pietre miliari, per scaramanzia.››

‹‹Giusto.››

Sabine era la sorella minore di Olivier. Era passato appena un anno da quando i loro genitori, seguendo qualche folle idea, l'avevano gettata dalla finestra più alta del palazzo dichiarando che sarebbe stata presa dall'angelo della sua vita. Olivier era quasi morto di paura. Fortunatamente (o fatalmente?) i Bladebreakers erano giunti in visita proprio quel giorno, e Max l'aveva acchiappata per un pelo.

Ancora non era riuscito a far internare nessuno per quell'episodio allucinante; ormai dubitava che ci sarebbe riuscito, eppure la pazzia meritava retribuzione…

‹‹Comunque saremo presto di ritorno. A Roma quest'estate fa troppo caldo, e non ho intenzione di passare le vacanze a sudare da solo›› affermò Gianni, aspettando che Andrew salisse sul dirigibile. ‹‹Ciao!››

‹‹Sì, ci vediamo›› salutò l'altro.

E la porta ermetica si chiuse alle loro spalle.

Olivier osservò il suo dirigibile manovrare e rimpicciolire nel cielo azzurro, alla volta di Londra. Poi notò che l'auto di Ralf era ancora lì col suo profondo rombare. La raggiunse, perplesso.

‹‹C'è qualcosa che non va?››

Il tedesco abbassò il finestrino nero, controllando che nessuno origliasse.

‹‹Occhi aperti.››

Detto da Ralf Iurgens, l'impassibile, il sicuro, era inquietante. E inquieto divenne Olivier, stringendosi nel solito cappotto blu, gettato sulle spalle, mentre il suo ultimo appoggio psicologico se ne andava. Ora lo aspettavano quegli squilibrati dei suoi genitori. Mon Dieu. Qualcosa tramava nell'ombra. Ma cosa?

Andrew aveva ragione, l'atmosfera era strana. La gente che incrociava cercava di dissimulare… sorrisi? Compassione?

Quanto vorrei che Sabine fosse qui.

Eh, non aveva tanta fortuna.

Tornò lentamente indietro, diretto all'edificio color albicocca, cercando consolazione nell'aria frizzante. A colazione ― lo sentiva ― avrebbe saputo la verità.

E così avvenne.


Gianni ed Andrew fissarono il moderno telefono a video, il cui schermo mandava i sorrisi smaglianti delle loro famiglie. I loro occhi erano quasi fuori delle orbite.

Le posate caddero sul tavolo.

‹‹E' uno scherzo›› minacciò Andrew.

‹‹Affatto, tesoro›› rispose sua madre, appena visibile sotto il grande cappello inglese. ‹‹Io e tuo padre ne abbiamo discusso ampiamente e abbiamo deciso che è la cosa migliore che ti potesse accadere.››

Il ragazzo tenne a freno il sarcasmo, ben consapevole di fare il proprio interesse.

‹‹Ma non ne avete discusso con me!››

E la combriccola di adulti scoppiò a ridere, come se fosse la battuta più bella del mondo. Lui e Gianni si guardarono, sperando ancora che si trattasse di una semplice farsa.

Non poteva essere vero.

‹‹Gianni, zuccherino, anche tu la pensi così?›› chiese la signora Tornatore. Peccato che quella bellezza nascondesse completa insania mentale.

‹‹Cavolo, sì!›› disse lui, impedendosi di colpire il tavolo. ‹‹Io sono convinto che ognuno abbia diritto a scegliere per sé, soprattutto in un campo come questo! L'amore è una cosa meravigliosa. Non lo si più incatenare, imporre o ammaestrare, perché muore. E senza amore non si vive!››

L'aria intorno a lui brillò, mentre fiori sbocciavano a iosa.

Andrew cacciò la testa in una mano. Ecco che ci risiamo.

Lo spirito del Grande Latin Lover lo aveva sopraffatto di nuovo.

‹‹Nulla potrà mai sostituire la gioia, la meraviglia dell'incontrare per la prima volta una ragazza, la speranza che lei sia quella giusta, il calore del suo sorriso. Il dolore di una perdita cancellato da un nuovo incontro. Per questo sì, la penso come Drew!››

Le quattro facce di alla tele non risposero. Sembravano colti alla sprovvista. Wow, non poteva crederci. Gianni li aveva impressionati.

Bisognava battere il ferro finché era caldo.

‹‹Siamo ancora molto giovani›› disse Andrew, professionale. ‹‹Cosa vi fa pensare che non vogliamo goderci questi anni?››

Inaspettatamente fu il padre di Gianni a rispondere, in un inglese perfetto.

‹‹Sì, è vero, siete ancora molto giovani. Ma oltre al piacere, lo sapete, esiste il dovere. Avete giocato per quindici anni. Adesso è il momento di ripagarci prendendo in mano una parte degli affari di famiglia.››

Ah, e così si erano alleati, i farabutti!

‹‹Nulla contro il progetto, ma perché dovremmo… che diavolo ha a che farci quello con questo?›› replicò Gianni.

‹‹E' ora, tutto qui.››

‹‹Personalmente non mi sento pronto.››

Andrew annuì. La famosa irascibilità del signor McGregor, allora, entrò in funzione e l'uomo esplose.

‹‹Voi non avete parola in questo!›› suo figlio spalancò la bocca, ‹‹Così abbiamo deciso, così farete!››

Andrew, essendo l'erede di un uomo simile, non poteva che imitarlo. Gianni si turò le orecchie.

‹‹Io farò come mi pare e piace! Detesto ricevere ordini, tu lo sai meglio di chiunque altro, papà! E quando mi si ordina qualcosa, per ripicca mi faccio punto d'onore di non farlo. E allora? Che intendete fare? Diseredarmi? Ma se avete avuto me per grazia di Dio! A chi lascereste i vostri amatissimi milioni?››

‹‹Tu―›› ringhiò McGregor.

‹‹Io cosa? Non dimenticate, papà, mamma, ho anch'io dei conti alla London Bank, piuttosto cospicui e del tutto indipendenti dai vostri. Siete stati voi a volerli così!›› Sogghignò. ‹‹Anche per te è così, vero Gianni?››

L'amico annuì, soddisfatto.

Sentivano che qualcosa di buono stava arrivando. Magari la vittoria. Sarebbe stato perfetto.

Ma dovevano ancora scoprire tutta la testardaggine dei loro genitori.

‹‹Bene. Allora è tutto sistemato. Cercate di costringermi a questo passo e non mi rivedrete…››


‹‹…mai più!›› ansimò Olivier, curvo sul tavolo.

I signori Boringer guardarono la faccia paonazza del figlio, la signora sventolando un ventaglio, il signore arricciandosi i baffi sul labbro.

‹‹Figlio mio, stento a riconoscerti.››

Il ragazzo li fissò negli occhi.

‹‹Sono io che lo dovrei dire! Mamma, papà. Sono sempre stato un figlio obbediente, non potete negarlo. Ma se decidete di continuare su questa strada, beh, ho una notizia per voi: le mie decisioni le voglio prendere da solo, senza l'aiuto di nessuno, e grazie tante!››

I due non si mossero.

Sua madre sorrise, poi i genitori uniti andarono per l'affondo.

‹‹Ma voi non siete ancora maggiorenni. Per questo la polizia vi bloccherà i conti, se doveste combinare qualcosa di spiacevole come scappare. Per questo, mon petit chou, rimarrete senza una proprietà se non sposerete quelle ragazze.››

‹‹Sposatevi.››