Meno ventitré gradi, sembrava che l'intera città fosse stata calata all'improvviso dentro un gigantesco freezer, era tutto ghiacciato, non solo le fontane che sicuramente erano anche bellissime da vedere, si poteva pensare di essere finiti dentro il set di Frozen, il problema era che si erano congelate anche le strade, i marciapiedi, tutto.
Era difficilissimo rimanere in piedi perché non si trattava di soffice neve, ma di ghiaccio puro e pericolosissimo. In questi casi si rimane in casa, a farsi coccolare dalla stufa accesa, dal camino se ce l'hai, da un plaid e cioccolata calda e chi se ne importa di quello che succede fuori, sempre che non ti salti l'elettricità, ovvio. Rimani in casa, se puoi, se sei un poliziotto, invece, sei tra i pochi 'fortunati' a dover lavorare come se tutto quel ghiaccio non esistesse, perché, cosa strana, anche ai malviventi non interessa che non si riesca a camminare e ti si ghiaccia tutto, anzi, sembrano attirati dalle situazioni meno gestibili, più la città è nel panico maggiori sono i matti che decidono di delinquere proprio in quel momento.
Kate Beckett lo sapeva bene, mentre tentava di correre, o meglio scivolare lungo un marciapiede, l'aria fredda bruciava i polmoni, il fiato le sembrava si condensasse davanti a lei. Era all'inseguimento di un sospetto di omicidio segnalato da una telefonata anonima, correre infagottati come se si fosse appena usciti da una base artica non era semplice, così come mantenersi in equilibrio, l'unica consolazione era che anche il malvivente aveva gli stessi problemi. Scivolò proprio davanti a lei, che dovette fermarsi bruscamente per non finirgli addosso, entrasse la pistola, di fatto aveva le mani talmente congelate, nonostante i guanti, che non sarebbe riuscita neanche a premere il grilletto, ma l'uomo non se ne rese conto, riuscì ad ammanettarlo e per farlo stare buono lo minacciò di tenerlo con la faccia sul ghiaccio se non se ne fosse stato immobile fino all'arrivo della volante di appoggio.
Era stremata, infreddolita ma soddisfatta, non aveva sparato un colpo, nessuno s'era fatto male e il sospettato era in custodia, ma non era finita, doveva riempire una pila di scartoffie per formalizzare l'arresto e sapeva che al distretto non c'era il riscaldamento, per un attimo credette che non sarebbe arrivata sana alla fine del turno.
Invidiò Castle, gli aveva intimato di non presentarsi al distretto per nessun motivo, neanche se avesse trovato chi aveva sparato a Kennedy, e lui, forse per la prima volta da quando lo conosceva, le aveva dato ascolto, non lo aveva visto quella mattina e neanche sentito per telefono. All'improvviso le fece uno strano effetto quella mancanza, era troppo abituata ad averlo sempre fra i piedi, era come se avesse il dono di 'riempire i vuoti', non in modo invasivo e fastidioso come spesso lei gli faceva credere, al contrario, era rassicurante e divertente e…
Si scosse, ma cosa diavolo andava a pensare, il freddo doveva averle bruciato qualche neurone, o mandato in tilt le sinapsi se era arrivata a sentire la mancanza di quell'uomo. Sospirò e si preparò a proseguire quella giornata infinita
Aveva appena lasciato in custodia il sospetto, stava cercando di scongelarsi le punte delle dita con il riscaldamento dell'auto, si ritrovò a desiderare un caffè caldo da rigirarsi tra le mani, magari portato da Castle.
Sbuffò, generando una nuvoletta davanti a sé, possibile che non riuscisse a toglierselo dalla mente quando non c'era, e desiderare che sparisse dalla sua vista quando la seguiva come un'ombra sui luoghi del delitto? Uhm, magari proprio sparire del tutto no… la radio gracchiò destandola da quella rincorsa di pensieri contraddittori che le stavano facendo venire il mal di testa.
"chiamata per un possibile 187…"
"ricevuto, posizione?"
"595 di Broome Street" ebbe un colpo al cuore, 187, omicidio, nel palazzo di Castle!
"ripetere indirizzo prego"
"possibile 187 al 595 di Broome street, agenti e personale sanitario già sul posto"
Impossibile correre in auto, a mala pena si riusciva a guidare evitando di slittare sull'asfalto ghiacciato, provò a chiamarlo mentre era per strada ma non rispondeva al cellulare, continuava a ripetersi che il palazzo era grande, perché mai doveva essere capitato qualcosa proprio a lui.
Ad un isolato da Broome Street le squillò il cellulare, vide sul display il viso beffardo di Castle, rispose sospirando di sollievo, continuando a camminare in precario equilibrio sul manto ghiacciato
"ehi, Castle, stai bene? Dicono che c'è stato un…"
"Beckett, sono Esposito"
Si bloccò all'istante, se Javier rispondeva al telefono di Castle c'era una sola spiegazione…
"cosa succede Espo?"
"lui non è qui, il loft è a soqquadro… il telefono era sotto la scrivania dello studio…"
"arrivo, sono a pochi minuti"
Riattaccò imponendo alle sue gambe di muoversi nuovamente, e al cervello di funzionare a pieno ritmo, non c'era tempo di chiedersi il motivo per cui aver solo ipotizzato che potesse essere stato ucciso e poi saperlo in pericolo la destabilizzasse fino a quel punto.
"Perché mi è arrivata la segnalazione di omicidio e l'ambulanza…se non è qui"
"È arrivata una chiamata al 911, dal telefono di Castle… e l'operatore ha agito di conseguenza"
Le porse il piccolo tablet da poco in dotazione alla polizia, dava accesso a tutti i data base comunali e dei diversi dipartimenti, anche alle registrazioni del numero di emergenza
Spinse sull'icona 'play', e la voce affannata di Castle emerse dalle casse del dispositivo "Blooming street, vi prego… fate presto… vogl… uccidermi" poi rumori di sottofondo che spiegavano il disastro che avevano trovato
"Armi?"
"Nulla"
"Tracce… ematiche"
"Stanno ancora lavorando…"
"Ok" ingoiò al vuoto, poi si spostò verso lo studio, ritrovò il grande schermo che lui usava come lavagna per tessere la ragnatela di connessioni tra i personaggi dei suoi romanzi, le venne istintivo accenderlo e rimase interdetta
Apparve un titolo "il Fantasma del Blizzard" e sotto una serie di immagini raccolte da internet o scannerizzate da quotidiani, per lo più scandalistici e di second'ordine famosi per la poca attendibilità delle notizie pubblicate. Foto di uomini morti per congelamento, clochard per lo più, ma anche persone morte per assideramento in circostanze quantomeno improbabili, erano almeno una decina
"Ma cosa è questa roba?" Esposito le arrivò alle spalle facendola sobbalzare
"Non ne ho idea" scosse la testa anche se c'era qualcosa di familiare in quella vicenda che vedeva dipanarsi sullo schermo, le venne in aiuto Ryan che intervenne guardandoli come se non si capacitasse che non conoscessero quella storia "Come no ragazzi, dai, il Fantasma del Blizzard!"
"Stai parlando della Leggenda metropolitana del serial killer che usa il blizzard per uccidere, Kevin?" si beccò un'occhiataccia da Esposito
"Esatto!" lui rispose entusiasta
"Ma è una favoletta, come gli alligatori dentro alle fogne di New York o gli uomini talpa…"
"Non sono leggende, solo teorie non ancora del tutto verificate" rispose piccato
"Perché mi sembra di ascoltare Castle?" intervenne Kate che non aveva staccato gli occhi dallo schermo
"Perché è una sua frase… Beckett" Ryan la guardò quasi scusandosi, alzò le spalle e si rimise al lavoro, testa china sul taccuino
Un brivido le attraversò la schiena, in cosa si era andato ad impelagare? Ma certo! la loro scommessa sulle teorie inspiegabili!
"Chiama i ragazzi della scientifica, che scarichino tutti i dati da questo computer" si guardò attorno ancora una volta, combattendo per non essere sopraffatta dall'effetto straniante di trovarsi nel loft di Castle, senza Castle, costretta a fare lo slalom tra suppellettili in frantumi, libri rovesciati e…s'inchinò attirata da un rumore costante, qualcosa che batteva fuori dalla grande finestra, mossa dal vento gelido che imperversava all'esterno
Nel grigiore diffuso dell'aria impastata di neve e vento notò una corda molto spessa, sembrava penzolare dall'alto, provò a sporgersi per seguirne il percorso, terminava sul tetto, un piano più su
"Venite"
Corse fuori dall'appartamento, prese le scale di corsa
"nessuno ha controllato il terrazzo?"
"non credo… non ce ne era motivo…"
Aprì la porta antipanico spingendola con entrambe le mani, vennero investiti tutti e tre dalle raffiche di vento gelato che aveva gioco facile su quell'enorme spazio aperto, nessun ostacolo alla sua corsa
"Non c'è niente qui" Esposito dovette alzare la voce per sovrastare il rumore delle raffiche, stava per voltarsi e ridiscendere quando vide Beckett correre verso il lato sinistro del terrazzo, le parve avesse gridato qualcosa, la seguì con lo sguardo e poi iniziò a correre anche lui in quella direzione sfilandosi il giubbotto per passarlo di corsa alla collega che ora era inginocchiata davanti ad una statua di ghiaccio, al corpo di Castle, legato ad una sedia, coperto solo da una leggera maglietta di cotone, completamente congelato
"È… morto?"
"Non lo so, portiamolo via di qui, al coperto!"
"Vado a chiamare i paramedici, spero siano ancora qui sotto!" Ryan si precipitò dentro
"Se è in ipotermia grave e lo muoviamo troppo, il sangue gelato può arrivare al cuore e farglielo fermare del tutto"
"Cosa proponi"
"Di prenderlo con tutta la sedia e portarlo dentro"
Kate sfilò il berretto di lana dalla tasca del suo giubbotto e lo mise sulla testa di Castle, ricordava qualcosa sul riscaldare prima alcune parti del corpo in caso di congelamento e la testa era in cima alla lista. Già proprio quel berretto 'pizzicoso' per il quale lui l'aveva presa in giro nei giorni precedenti, sperò di avere la possibilità di scherzarci ancora su, con lui. Non sarebbe stato affatto contento di sapere che glielo aveva messo in testa senza il suo permesso, odiava la lana sulla pelle. Per un secondo ebbe la strana sensazione che qualcuno la guardasse da lontano, girò lo sguardo abbracciando tutta l'ampiezza del terrazzo, il freddo pungente faceva brutti scherzi davvero.
Non c'era tempo da perdere però, in attesa dei paramedici lo stesero non senza difficoltà sul pianerottolo, niente battito, freddo, scambiò uno sguardo significativo con Javier e iniziò la rianimazione cardiopolmonare, massaggio, respirazione, massaggio, respirazione, continuò senza fermarsi anche se sembrava non servisse a nulla, fino a quando una coperta termica arrivò dall'alto e due mani guantate le chiesero gentili ma ferme di farsi da parte.
"Eravamo ad un piano da lui, pensando di doverlo cercare chissà dove…"
"Non puoi fartene una colpa, non potevamo immaginare che fosse lì"
"A che ora è arrivata la chiamata al 911?"
"Alle 3 e un quarto"
Guardò l'orologio "è stato lì fuori quaranta minuti, a -14°… eppure nel freezer ci siamo stati molto di più"
"Col vento così impetuoso e lui legato, impossibilitato a muoversi… è un miracolo che sia ancora vivo"
Vivo, lo era da pochi minuti in realtà, era arrivato al pronto soccorso senza battito, senza segni di attività cerebrale, temperatura corporea vicina, molto vicina ai 24°. Lo avevano sottoposto ad una serie di pratiche di riscaldamento corporeo sempre più invasive perché quelle più blande non erano state efficaci, erano dovuti arrivare al riscaldamento del sangue.
"È in coma detective, lo avete salvato voi con la rianimazione cardiopolmonare, avete dato al cervello l'ossigeno necessario perché non spegnesse tutto"
Si lasciò andare sulla sedia di plastica dura della sala d'attesa, le mani sul viso e ancora quella strana sensazione di essere osservata, tolse le mani e si guardò attorno, c'erano Javier e Kevin che parlavano vicino al distributore e nessun'altro, silenzio, e il ronzio di una lampada al neon che aveva deciso di terminare la sua vita proprio in quel momento, anzi no, la vide riaccendersi all'improvviso, dopo una folata di vento che le spostò lievemente i capelli, guardò la finestra, era chiusa.
Era iniziato tutto quasi per scherzo, dopo l'ennesimo battibecco sull'improbabilità di una delle sue teorie "vedrai, un giorno arriverò con le prove che dimostrano in modo inoppugnabile qualcosa che sembra assurdo e tu dovrai ricrederti"
"ok, attendo con impazienza quel giorno Castle"
"bene, giochiamoci qualcosa… che ne dici di una cena?"
"che modo subdolo di procacciarti un appuntamento, ok, ma se non ci riesci entro la prossima primavera… mi lascerai guidare la Ferrari…"
"l'hai già guidata…"
"non come avrei voluto…"
"d'accordo… già mi sto pentendo…"
"perché sai che non vincerai mai questa scommessa"
"vedremo…"
Le aveva scandagliate tutte o quasi, più o meno famose leggende metropolitane dell'area di New York, senza ottenere nulla di significativo fino a quando non si era imbattuto in quei trafiletti di giornale, dapprima neanche lui aveva creduto a ciò che aveva letto. Un fantomatico uomo del freddo che appariva ad ogni blizzard della grande mela, uccideva tre o quattro persone e poi spariva insieme al gelo. Erano per lo più senza tetto, così aveva liquidato la faccenda con l'estremo tentativo fantasioso di qualche scribacchino di accollare le morti di quei poveretti ad un fantomatico killer in carne ed ossa, e non al loro stato di indigenza che li esponeva ad ogni agente atmosferico. Poi però aveva trovato qualcosa di insolito, due ritrovamenti dell'anno precedente a cui la polizia non aveva saputo dare una spiegazione ed erano stati archiviati come tragici e inusuali incidenti, un tizio trovato morto assiderato nella sua auto regolarmente parcheggiata nel garage della sua villetta a schiera, e una donna ritrovata semi immersa in una fontana di un parco periferico, probabilmente caduta accidentalmente, svenuta e quindi morta nel ghiaccio formatosi per bassissime temperature di quel giorno. Andò a ritroso e ne trovò altri, sempre bizzarri, sempre a New York e sempre nei giorni di maggior freddo dell'anno.
Avrebbe voluto correre da Beckett sventolare quella raccolta di indizi e pretendere la ricompensa, sognava da mesi di portarla fuori ad un vero appuntamento ed anche se quello sarebbe stato estorto con una scommessa a lui sarebbe andato bene lo stesso. Non aveva granché in mano, fu costretto a rimandare, avrebbe atteso l'inverno incipiente e le avrebbe portato il killer su un piatto d'argento.
Aveva freddo, per quel poco che riusciva ancora a percepire del suo corpo era seduto ad una sedia di metallo ed era completamente nudo, gli erano rimasti solo i boxer, e una maglietta di cotone leggera, troppo leggera.
Il corpo aveva tremato per minuti interminabili poi si era fermato, i muscoli si erano irrigiditi, il cuore aveva accelerato i battiti ed ora combatteva con una sonnolenza irresistibile, l'unico rumore che sentiva era quello della sua respirazione sempre più frequente e corta.
Sapeva di essere nel primo stadio di ipotermia, aveva ancora qualche minuto poi sarebbe arrivato al secondo, il cuore avrebbe cominciato a battere irregolarmente e poi a decelerare, la pressione sarebbe scesa, i problemi respiratori sarebbero aumentati fino alla perdita di coscienza. Come era accaduto quando erano rimasti chiusi in quel freezer, qualche mese prima, ma poi erano arrivati a salvarli, erano arrivati in tempo e l'unico vero dolore lo aveva avvertito quando l'aveva vista abbracciata a Josh.
Stavolta era diverso, era tutto più veloce, non aveva i vestiti a separarlo dal gelo, non c'era lei da proteggere, gli aveva dato un motivo in più per combattere, era riuscito a chiamare il 911, ma sapeva che difficilmente sarebbero saliti sul terrazzo a cercarlo, dal putiferio rimasto in casa avrebbero creduto fosse stato rapito e portato chissà dove.
Ma lui non aveva nessuna intenzione di morire, non quando aveva vinto la scommessa, aveva trovato il killer del blizzard, sarebbe uscito a cena con Kate e forse le avrebbe detto che… i libri erano solo una scusa, da mesi e al diavolo Josh che non la meritava! Raccolse tutte le forze e provò di nuovo ad alzarsi da quella sedia, ci riuscì, incredibilmente di ritrovò in piedi sul terrazzo, non provava più freddo, era salvo! Si girò verso la porta, vide Beckett, Esposito e Ryan apparire alla soglia, li chiamò
"ehi sono qui, sono salvo, non avete idea di cosa…ehi?!"
Lo superarono correndo verso la sedia… si girò e vide il suo corpo, immobile, ancora legato la testa reclinata in avanti, i suoi amici che si affannavano attorno a lui.
