Spero che sia di vostro gradimento!

La storia ha contenuti totalmente inventati e non è stata creata a scopo di lucro.

The Emerald Prince

La schiuma brunita della Guinness si spande fino ai bordi del bicchiere.

Un barista dagli occhi stanchi porge il bicchiere oblungo ad una ragazza dai capelli scuri seduta al bancone, che lo ringrazia con un sorriso accennato.

La giovane prende un sorso di birra per poi guardare in basso, osservando la bevanda scura.

Dietro di lei risate, suoni di bicchieri che si scontrano, il rumore della televisione dietro di lei che trasmette una partita di calcio.

La ragazza dai capelli scuri non si volta, come a voler rimanere chiusa nel suo mondo nonostante il chiasso tipico di un pub irlandese.

"Ciao, dolcezza" la voce strascicata di un uomo mezzo ubriaco le fa alzare lo sguardo.

Non molto alto, gli occhi vitrei annebbiati dall'alcol, un sorrisetto stentato sulle labbra sottili.

La bruna non risponde, fissando il nulla davanti a sé.

"Ehi, perché non mi rispondi?" Insiste l'uomo appoggiandosi al bancone di legno "Sei molto carina, è da mezz'ora che ti guardo".

"Ti ringrazio" risponde la giovane con tono indifferente "Ma sono impegnata".

"Una ragazza impegnata non dovrebbe trovarsi qui, da sola" replica l'ubriaco "Dovrebbe essere a casa a farsi sbattere dal suo uomo".

La ragazza ignora la volgarità appena sentita, fa per alzarsi ma l'uomo le prende un braccio "Dove credi di andare, tesoro? Dai andiamo a divertirci".

Lei cerca di divincolarsi, ma la presa si fa sempre più stretta.

"Lasciami" sibila all'uomo con sguardo tagliente.

"Non ti lascio fino a che non mi dai un bacino" risponde lui, avvicinandosi.

La giovane si allontana repentina, quell'uomo puzza di alcol, di sudore, di lascivia; e non intende mollarla.

All'improvviso, una voce profonda la fa sobbalzare.

"Lasciala".

L'ubriaco alza lo sguardo intorpidito dalla birra.

"Dammi un buon motivo, bellimbusto" ribatte, arrogante ed infastidito.

Una grande mano, bianca come la neve, spunta da dietro la bruna repentina, per afferrare il colletto della camicia dell'uomo.

"Lasciala" ripete la voce bassa, inasprendosi.

L'uomo socchiude gli occhi per focalizzare meglio l'alta figura davanti a sé, il suo sguardo da baldanzoso diventa terrorizzato, e lascia di colpo il polso della ragazza, indietreggiando.

La giovane sospira di sollievo, si volta per poter vedere il suo sconosciuto salvatore.

Davanti ai suoi occhi compare un uomo alto, muscoloso, dalla pelle bianchissima; i capelli rossi come un fuoco inestinguibile, così come la barba.

Gli occhi blu argento la fissano interrogativi, sostengono lo sguardo di lei.

La ragazza sembra una statua di sale, incapace di muoversi o pensare.

Impossibile non riconoscerlo, lo aveva visto talmente tante volte in televisione.

L'uomo che l'ha appena salvata è Stephen Farrelly, ovvero Sheamus.

La bruna si ritrova a pensare a quante volte aveva fantasticato su di lui ogni volta che lo vedeva entrare sul ring, ogni volta che lo vedeva battersi il petto con impeto animale, ogni volta che vedeva il suo Brogue Kick.

Da quel viaggio a Dublino si sarebbe aspettata di tutto, tranne di vederlo in quel pub semisconosciuto, in piedi, davanti a lei con un sorrisetto accennato ad increspargli le labbra carnose circondate da quei baffi color cremisi.

La giovane socchiude appena le labbra, ma poi si accorge subito dopo che non sa cosa dire, e le richiude di colpo, senza staccare gli occhi da lui.

"…Tutto bene?" le chiede Stephen inclinando la testa da un lato, come se non sapesse come comportarsi di fronte ad una ragazza impaurita appena scampata da un ubriacone molesto.

Lei scuote per un istante la testa, sbatte le palpebre un paio di volte prima di sorridere nervosamente ed annuire.

Il wrestler le da una leggera pacca sul braccio, facendola trasalire: "Tranquilla, quel tipo non verrà più a darti fastidio" il suo accento irlandese la affascina terribilmente, ancora la ragazza non sa cosa rispondere, limitandosi a sorridere, e a darsi dell'idiota dentro di sé perché non sa come rispondere a quell'uomo così attraente che l'ha appena aiutata.

Stephen la guarda socchiudendo appena gli occhi "Perché non parli?" le chiede, un po'preoccupato.

La giovane alla fine sospira pesantemente, pigolando un "Grazie" con quell'inglese imparato a scuola, vergognandosi un po'.

"Prego" le risponde lui, mentre il suo sorriso si allarga "Pensavo non parlassi la mia lingua, di solito qui ci sono un sacco di stranieri".

"Io sono straniera" replica lei, che ora non ha più tanta paura di rivolgergli la parola, come se si fosse lanciata da un trampolino altissimo di una piscina per poi accorgersi che dopo l'acqua la sostiene.

"Ah, si? Da dove vieni?".

"Dall'Italia".

Lo sguardo di lui si fa più attento "Davvero?" le chiede "Mi piacerebbe andarci un giorno, dicono che è bellissima".

"Lo è" risponde lei sorridendo sempre più.

Intanto si siedono entrambi al bancone, Stephen fa un gesto all'indirizzo del barista che porta altre due Guinness.

"Perché sei qui tutta sola? Non è la prima volta che salvo delle ragazze da tipacci come quello che ti voleva baciare".

La giovane stringe le spalle, prendendo un sorso di birra.

"Sono venuta qui da sola, avevo bisogno di una vacanza, così sono andata in aeroporto e ho preso il primo volo per un bel posto…ed eccomi qua".

"Avventata, eh?".

"Sempre" annuisce lei, pulendosi via la schiuma dorata dal labbro superiore.

Stephen le sorride nuovamente, guardandola sempre negli occhi.

"Siamo qui a parlare da dieci minuti e ancora non mi hai detto come ti chiami" ridacchia lui.

"Io mi chiamo Laura".

"E io sono…".

"Stephen Farrelly alias Sheamus, The Celtic Warrior" termina la frase Laura "Ti conosco molto bene, sai?".

Il rosso ride "Beh, mi hai sorpreso, non ci sono molte ragazze che guardano il wrestling".

"Beh" dice Laura accavallando le gambe fasciate in un paio di jeans scuri "Qualcuna ce n'è".

Laura lo guarda, Stephen è davvero bello, e con sua somma gioia è ancora più bello dal vivo che sullo schermo, i jeans blu scuro e la maglietta nera aderente fanno risaltare ulteriormente il suo fisico massiccio e perfetto, la sua pelle è bianca come la luna, i suoi occhi blu come il più profondo dei mari, i suoi capelli rossi come il fuoco.

Fuoco che la stava bruciando dentro.

La ragazza aveva preso quel volo per Dublino solo per una ragione, allontanarsi il più possibile dall'uomo che l'aveva fatta soffrire tanto, forse troppo, per una ragazza di 25 anni.

Quell'uomo era bello, colto, affascinante; la trattò come una regina per due meravigliosi anni, poi in una fredda giornata di Dicembre, Laura scoprì la verità: quell'uomo che tanto amava aveva una moglie, e una bambina stupenda.

Laura non volle più vedere quell'uomo, anche se lui la cercò spasmodicamente per mesi in ogni modo possibile, dicendole che sua moglie non significava più nulla per lui, che voleva rimanere con lei solo fino a quando la bambina non sarebbe cresciuta…

All'ennesima chiamata supplichevole e patetica, Laura decise che non poteva andare avanti così; non provava più amore nei confronti di quell'uomo, dentro di lei c'era solo acido nero che corrodeva inesorabilmente il suo cuore vilipeso.

Riempì scompostamente un paio di valige e andò all'aeroporto, poi rimase per un paio d'ore immobile, in piedi, davanti agli schermi dove erano visualizzati gli aerei in partenza, in attesa di una folgorazione, di un luogo dove riordinare le idee e ritornare in pace con se stessa e il mondo.

Quando sul monitor luminoso lampeggiò il nome "Dublino", gli occhi verdi di Laura si illuminarono: graziosi paesini tra le verdi colline, pub accoglienti, tranquillità e birra deliziosa; in tutta fretta ottenne una carta d'imbarco e una volta decollato l'aereo la giovane guardò fuori dal finestrino, il suo paese che tanto amava si stava allontanando sempre più.

Sorrise malinconica, promettendosi mentalmente di ritornare solo quando sarebbe stata nuovamente capace di sorridere al sole della sua terra.

Ora i pensieri di Laura vorticano solo attorno a Stephen, ai suoi capelli rossi come il sangue che le circola nel corpo sempre più velocemente, fino a far quasi girare la testa; alle sue labbra che danzano ad ogni sua parola, e a quegli occhi così blu che si scontrano con le iridi verdi di lei.

La ragazza si accorge di stare arrossendo, sente le sue guance intorpidirsi, si riscuote mentalmente e cerca di darsi un contegno; ha 25 anni, non vuole fare la figura della ragazzina isterica saltellante di fronte al suo idolo, nemmeno se il suo idolo le sta sorridendo davanti ad una Guinness dopo averla salvata da un malintenzionato.

Laura ripete dentro di sé che è venuta a Dublino per ritrovare se stessa, non per saltare addosso ad un wrestler irlandese alto quasi due metri e tremendamente sexy.

"Mi sembri un po'stanca" la profonda voce di Stephen la riscuote dai suoi pensieri "Forse è meglio se ti riaccompagno al tuo hotel, non me la sento di farti andare da sola".

La bruna lo guarda nuovamente, annuendo, Stephen è bellissimo, Stephen è gentile, Stephen è tutto quello che Laura può desiderare, per una notte.

Alla fine la giovane decide: ha tutto il tempo per rimettersi in pace con il mondo, ora vuole solo andare a letto con Sheamus.

Stephen accompagna Laura fino al suo albergo, a pochi isolati dal locale.

Non smettono per un istante di parlare, di ridere; complice qualche birra di troppo.

Giunti a destinazione si guardano ancora una volta, uno di fronte all'altro: lui così alto e imponente, lei che si sente piccolissima nonostante la sua altezza nella media.

"Beh…penso che ora nessun ubriacone verrà a darti fastidio" dice lui sorridendo.

Lei lo fissa tormentandosi le mani intirizzite dal freddo, come al solito aveva dimenticato i guanti in camera.

Poi si fa coraggio.

"Potrebbe anche essere, il bar dell'albergo è ancora affollato" mormora lei tentando di essere più sensuale possibile, ma in quella fredda via, infagottata nel giaccone scuro con il cappuccio di pelo, si sente più un pinguino con l'artrosi.

"Devo prenderlo…come un invito?" chiede il rosso sorridendo malizioso.

"Ehm…si" risponde lei, arrossendo.

Stephen si avvicina a lei con lentezza, e abbassa la sua testa fino a sentire il respiro di lei che si disperde nell'aria sotto forma di candide nuvolette.

Laura riesce a sentire il suo odore, la sua maglia odora di menta, la pelle del suo collo ha il profumo del vento del nord.

La ragazza si avvicina ancora a lui, e lo bacia con dolcezza, mentre Stephen posa le sue grandi mani sulle guance di lei.

La porta della stanza si apre all'improvviso, la luce del corridoio si dirama in sottili fasci di luce attraverso la camera d'albergo.

Due figure entrano repentine strette in un abbraccio che ha ben poco di pudico.

Il leggero tonfo della schiena di lei contro il muro.

Il frusciare dei giacconi che cadono a terra.

Il suono flebile dei respiri ansanti, delle dita che attraversano i capelli tirandoli appena.

Laura sente la barba ispida di Stephen solleticarle le labbra, ridacchia sommessamente.

Le mani del rosso scivolano sui fianchi di lei, la sollevano quasi fosse senza peso per poi posarla gentilmente sul letto.

All'improvviso Stephen si ferma.

"Senti" sussurra tenendo la fronte poggiata a quella di Laura "Siamo tutti e due un po'su di giri, è meglio non fare nulla di cui pentirsi…".

Non fa in tempo a finire la frase che Laura avvicina nuovamente le labbra a quelle di lui.

"A questo punto credo che mi pentirò se non riuscirò a fare sesso con te, non pensi?" chiede lei baciandolo ancora.

Laura vede il sorriso di lui illuminato fiocamente dalle luci della città che filtrano dalla finestra semiabbassata.

Stephen poggia nuovamente le mani sul volto della bruna, carezzandole appena le guance con i pollici.

Per tutta risposta Laura cerca di levargli la maglia nera con un moto quasi di stizza: lei non vuole la gentilezza di Stephen, lei vuole la sua rude fermezza, la sua passione animalesca; vuole vedere nei suoi occhi blu la stessa furia selvaggia di quando sferra un Brogue Kick ad un avversario.

Laura non vuole fare l'amore, per la prima volta in vita sua vuole fare sesso.

La maglia di lui scivola sulla moquette ambrata, il suo petto candido e vigoroso come una statua di marmo.

Come preso da un raptus, il rosso agguanta l'orlo della maglietta verde di lei, la sfila velocemente scompigliandole i capelli castano scuro che ricadono sul suo viso arrossato a ciocche disordinate per poi gettarla sul pavimento.

Dopo poco, anche gli scuri jeans skinny di Laura e i jeans blu di Stephen cadono dal letto, attorcigliati come spire di serpenti.

Stephen guarda per un attimo il corpo della giovane: il seno perfetto, né troppo grande né troppo piccolo, fasciato in un reggiseno nero coordinato con gli slip, l'addome liscio e i fianchi stretti; le gambe rotonde e toniche.

"Sei bella" le sussurra carezzandole una gamba con la punta delle dita.

"Grazie" mormora lei ansimando leggermente.

Il rosso si riabbassa per baciarle il collo, Laura chiude gli occhi e geme sommessamente, mentre le mani di lui vagano sulla sua schiena alla ricerca del gancetto del reggiseno, con cui armeggia qualche istante prima di slacciarlo.

Le spalline nere scivolano sulle spalle della giovane che si ricoprono di pelle d'oca, il reggiseno cade a terra con un fruscio leggero come un'ala di farfalla. Gli slip vanno a fargli compagnia dopo pochi istanti.

Intanto le dita di Laura giocano con l'elastico dei boxer di Stephen, indugiano sulla pelle liscia dell'addome perfetto prima di toglierli lentamente.

Gli occhi della ragazza si spostano verso il bassoventre, e finalmente capisce perché nei circuiti indipendenti Stephen era chiamato "The Big White".

Ora sono entrambi nudi, il contatto della pelle fredda e senza barriere fa rabbrividire Laura.

Rischiarati appena dalle luci di Dublino che ancora non ha intenzione di addormentarsi, Stephen e Laura si stringono nel più lussurioso degli abbracci, scivolando sotto le lenzuola calde.

I baci si accavallano sulla pelle sudata, le mani viaggiano e il rosso alla fine scivola dentro di lei facendola trasalire.

Stephen spinge a fondo, tenendola stretta per i fianchi, deciso e rude come lei desidera.

La guarda negli occhi liquidi di piacere e vede nelle sue iridi verdi una cosa che sicuramente non si aspettava.

Rabbia.

Laura lo guarda con rabbia mentre geme inarcando la schiena, sente le sue pareti stringersi su di lui come una morsa implacabile, stimolandolo come nessuna era riuscita a fare.

Alla fine la bruna grida il suo nome affondando le unghie sulla sua schiena; Stephen sussulta, il suo nome urlato da lei lo fa rabbrividire di piacere, e quasi non sente il bruciore dei graffi di lei sulla schiena nivea.

Una spinta, un'altra ancora, e il rosso implode dentro di lei chiudendo gli occhi e affondando il viso nell'incavo tra spalla e collo di Laura.

Con il fiato corto Stephen le bacia delicatamente le labbra, sorridendo appena, prima di uscire e scivolare accanto a lei.

Laura volta la testa verso di lui: ora nei suoi occhi non c'è più rabbia, ma dolce lussuria che languidamente scivola sulle sue palpebre.

Un tenero sorriso le increspa le labbra carnose.

Si rannicchia amabilmente accanto a lui, e chiude gli occhi.

Stephen le carezza un braccio.

Sembra così fragile adesso, così indifesa; era rimasta solo l'ombra della donna che l'aveva accolto con rabbia tra i suoi lombi.

Sospirando, il rosso si addormenta, tenendo la mano ancorata al braccio di lei.