Disclaimer: i personaggi contenuti in questa storia non mi appartengono, sono proprietà di Eric Kripke e degli aventi diritto. Non ricavo alcun profitto
Dust in the Wind
Polvere nel vento
Nicholas
Shelton osservò la piccola città stendersi pacifica
sotto di lui. Dal punto in cui si trovava riusciva a percorrere con
lo sguardo l'intero perimetro del centro abitato, persino scorgere
il tetto della sua piccola casetta costruita in legno mentre il sole
arrossava il cielo annunciando la venuta del giorno.
Inspirando a
pieni polmoni l'aria fresca del mattino, l'uomo sorrise di fronte
a tanta bellezza. Le sue guance si colorarono di un rosso purpureo,
le sopracciglia presero un'angolazione convergente verso l'alto.
L'espressione dapprima serena si tramutò presto in una
smorfia isterica. Dalla sua bocca uscì un suono indefinibile a
metà tra un singhiozzo ed una risata.
Un primo debole
raggio di sole gli illuminò il volto marcando le sottili ombre
proiettate dalle rughe. Le lacrime si fermarono improvvisamente.
Ora,
non c'è altra soluzione.
Afferrò
con entrambe le mani il parapetto e dandosi una spinta si gettò
nel vuoto.
Il taglio si era ormai cicatrizzato del tutto, una
linea rossastra che percorreva l'intero avambraccio sinistro. Sam
sospirò amaramente ricordando che era stato lui stesso ad
infliggersi tale ferita. Decise di fasciarla nuovamente, nonostante
non ce ne fosse più bisogno, desiderava farla sparire insieme
con la memoria degli ultimi giorni. Aveva fatto di tutto per
nascondere quanto profondamente la faccenda dello spirito di Steve
Wondell lo aveva sconvolto, ma ogni volta che i suoi occhi si
posavano sulle bende bianche i ricordi riaffioravano
sorprendentemente vividi e dettagliati.
Si rinfrescò il
volto inspirando profondamente. C'era ben altro a cui pensare
ora.
"SAMMY!"
La voce potente del fratello seguita da una
serie frenetica di colpi alla porta gli fece prendere un
colpo.
Bonjour
finesse!
"Cosa
c'è?"
"Cosa c'è?! E' mezz'ora che sei lì
dentro!"
Sam alzò gli occhi al cielo ma sorrise.
"Se
sei preoccupato per me puoi dirlo apertamente."
"Maledizione,
sono preoccupato per ME! Se non esci me la faccio addosso!!"
Raccolse
le bende usate e le buttò nel cestino, poi prendendosela con
comodo si lavò le mani e solo dopo aver ricontrollato più
e più volte di non aver lasciato nulla fuori posto – il
tutto ovviamente ad una lentezza esagerata - Sam uscì all'aria
aperta.
"Era ora!" esclamò Dean a pochi passi di
distanza, saltellando scompostamente verso il bagno. Quando sorpassò
il fratello si bloccò improvvisamente.
"Cos'è
quella?" chiese indicando la fasciatura sul braccio dell'altro
"Pensavo non ti servisse più."
"Sì,
beh..almeno evito di prendere colpi."
Lo sguardo di Dean si fece
penetrante. Non
me la dai a bere, Sammy, sono giorni che sei così
silenzioso...
"Quel
cacciatore è storia passata, giusto?"
Sam abbassò
gli occhi. Non gli andava di parlarne. Era da stupidi continuare ad
affiggersi, ne era pienamente cosciente, eppure sentiva un fastidioso
senso di colpa in agguato, pronto a colpire quando meno se lo sarebbe
aspettato..
"Dean sto—"
"Giusto?" lo interruppe il
fratello.
Ci fu un attimo di silenzio, Sam sospirò
guardando l'orizzonte.
"E' solo che..è stata colpa
mia, Dean, il cacciatore e Bobby..ho fatto un casino."
L'altro
scosse la testa in silenzio senza lasciarsi sfuggire alcuna
espressione. Se solo ci fosse stato un modo per comunicare a Sam
quanta paura aveva provato nel vederlo posseduto da uno spirito che
voleva ucciderlo, quanto odio verso quel maledetto fantasma…se solo
Sam avesse captato anche un centesimo della gioia che Dean aveva
sentito allargargli il cuore nel vedere il fratellino tornare in sé,
allora avrebbe certamente smesso di compiangere Wondell e dispiacersi
per la sua morte. Ma Sam scrutava il cielo davanti a lui, sordo delle
silenziose preghiere del fratello maggiore.
"Sam, sai bene che
non è così, eri posseduto, tecnicamente non eri nemmeno
tu."
"L'ho ucciso io con queste mani."
"Le stesse con
cui hai salvato un sacco di gente.."
Sospirò. "Non
c'entra.."
"Non sei un assassino, lo sai bene.. E poi
guardati, quell'aria da cucciolo abbandonato non si addice proprio
ad un killer."
Sam gli concesse un sorriso sinceramente
divertito. I loro sguardi si incontrarono e Dean riassunse
un'espressione grave. Negli occhi di Sam leggeva chiara la
gratitudine per il tentativo di consolarlo.
"Seriamente Sammy.."
cominciò il maggiore con un tono sorprendentemente
appassionato
"..se non vado in bagno ora me la faccio nei pantaloni."
Circa
un quarto d'ora dopo Sam vide il fratello riapparire dal piccolo
bagno, un sorriso soddisfatto dipinto in volto ed entrambi i pollici
alzati in sua direzione.
Che
razza di scemo..pensò
tra sé Sam portandosi una mano alla fronte in un finto gesto
sconsolato.
"Se ti muovi riusciamo a partire prima di
mezzanotte."
Dean sembrò offeso.
"Ha parlato
Flash..che fretta hai, non abbiamo nemmeno una meta.."
"Basta
che ce ne andiamo di qua, questa puzza di marcio mi sta facendo
venire il mal di testa."
Effettivamente l'odore era acuto e
penetrante, impregnava ogni singolo elemento della stanza.
Decisamente uno dei peggiori motel in cui avessero
alloggiato.
"Finisco di mettere via la mia roba e riconsegno le
chiavi."
Sam annuì rispondendo che lo avrebbe aspettato
in macchina con una tazza di caffè take away.
Già
pregustando la bevanda, Dean raccolse la maglietta che usava come
pigiama dalla moquette color verde marcio e la appallottolò
nel borsone insieme ad alcune pistole, boccettine di acqua santa ed
un sacchetto ancora intatto di sale. Alzò il suo cuscino e
ripose il solito coltello con gli altri oggetti, poi notò un
lembo di stoffa colorata sbucare da sotto il letto. Era di un lilla
rosato orripilante. Lo raccolse scoprendo che si trattava di una
maglietta stropicciata, sul fronte il disegno di un righello e di un
sasso, il primo diceva "You rock!" ed il secondo rispondeva "You
rule!". Annusò la stoffa. Oltre all'intenso olezzo
conferitogli dalla sporcizia accumulata tra le maglie della moquette,
il tessuto conservava ancora tracce di Acqua di Giò. Dean
ridacchiò. Il profumo di Sam.
Eh
eh, Sammy, non puoi chiedermi di non prenderti in giro per
questa..
Si
avviò verso la porta d'ingresso col borsone in spalla,
pronto a punzecchiare il fratellino, quando qualcosa gli tremò
nella tasca dei jeans. Il cellulare. Afferrò l'oggetto e
guardò il display illuminato. Numero
privato. Aggrottando
le sopracciglia rispose.
"Pronto?"
Un rumore confuso arrivò
dall'interlocutore sconosciuto. Sembrava che stesse soffiando sul
ricevitore.
"Pronto? Chi è?"
Il suono ritmico
dell'interferenza, poi una voce lontana.
"..Dean
Winch…so..o….ica..John."
Per quanto riusciva a capire stava
parlando con una donna.
"Cosa? Non capisco, il segnale è
disturbato."
Di nuovo il soffio e l'interferenza.
"…n
Winchester?"
"Dean Winchester, sì sono io."
"So…..amica
di Joh…"
"Un'amica di John? Mio padre?"
"Sì…isogno
del t...iuto."
Il frastuono di sottofondo si fece assordante per
alcuni secondi.
"Hai bisogno mio del mio aiuto?" Cercò
di interpretare le parole della donna.
"Augusta,
Missouri."
Prima di poter replicare la chiamata venne
interrotta. Dean rimase confuso a fissare il terreno davanti a sé,
il cellulare ancora stretto in mano.
Che
cavolo..?!
Da
quel poco che era riuscito a cogliere, un'amica di papà
necessitava del suo aiuto e voleva che si recasse in Missouri, ma
John non gli aveva mai detto di conoscere qualcuno proveniente da
quello stato. D'altra parte, rifletté Dean, erano molte le
cose di cui papà non gli aveva mai parlato. Inoltre, avrebbe
potuto infangare la memoria del genitore se non avesse soccorso
un'amica di famiglia che aveva esplicitamente richiesto
l'assistenza dei Winchester.
Ci pensò sopra un attimo. A
Sam non sarebbe dispiaciuto, purché si fossero allontanati da
quel luogo puzzolente.
Uscì dalla stanza e si recò a
passi svelti alla reception dove attese qualche minuto l'arrivo del
proprietario. L'uomo dall'aria trasandata pareva in tinta con il
suo stesso motel. Senza dilungarsi in addii gli riconsegnò le
chiavi della stanza allungandogli la carta di credito falsa,
dopodiché si sedette nella Impala e afferrò il
portatile di Sam che ancora non si vedeva.
Digitò il nome
della città su Google attendendo i risultati.
"Dean,
lascia stare il mio computer!" Sam lo colse di sorpresa.
"Calmati,
sto cercando una mappa."
L'altro si sistemò al suo
fianco passandogli il bicchiere di carta colmo di caffè.
"Una
mappa? Di dove?"
"Si va ad Augusta."
"Che?! Perché?
Dean non dirmi che è solo per qualche stupido
puntello.."
"Metti in dubbio la mia professionalità?"
Sam
lo guardò negli occhi e rispose convinto: "Sì, senza
ombra di dubbio."
Il maggiore raccontò della
telefonata.
"Mah, tanto non abbiamo niente di meglio da fare, io
dico di andare."
"E' quello che pensato anch'io."
"Allora
vada per il Missouri."
Dean avviò il motore ma prima di
partire tirò un pizzicotto sul braccio al fratello.
"Ahi!
Perché cavolo l'hai fatto?!"
"Per quella tua
bellissima mogliettina lilla." Detto ciò sgasò due o
tre volte ed infine partì sgommando in direzione
Sud-Ovest.
"Dove hai detto che stiamo
andando?"
"Augusta…hey! Tira giù i piedi da lì!"
Dean diede una sberla ai piedi del fratello che osavano poggiare sul
cofano vicino al volante.
"Che palle! Sono tre ore e mezzo che
viaggiamo, non possiamo fare una sosta?" Si lamentò il più
giovane cercando una nuova posizione che gli evitasse il
torcicollo.
"Vedi per caso un posto dove mi possa
fermare?"
Guardarono entrambi oltre il parabrezza: la strada si
perdeva tra le curve in mezzo a chilometri di fitta boscaglia. Non
avevano incontrato alcun segno di presenza umana per miglia ed i loro
stomaci cominciavano a brontolare.
"Quanto manca?"
"Almeno
altre due o tre ore. Dormi e non rompere."
Sam appoggiò
la testa al finestrino. La linea bianca che delimitava la carreggiata
scorreva veloce sotto i suoi occhi come un fiume candido in mezzo ad
un mare di nero asfalto. Poco più in là i colori caldi
delle foglie morte contrastavano vivacemente con il verde dell'erba
selvatica. Alzò leggermente lo sguardo. Per quanto riusciva a
vedere c'erano alti e folti alberi a perdita d'occhio. Sbuffò.
Nessun dannatissimo punto di ristoro.
Tre ore. Altre tre
noiosissime ore per raggiungere Augusta. Studiò Dean ma era
troppo concentrato nel canticchiare sottovoce una canzone dei Kansas
che suonava in sottofondo per accorgersi di essere osservato.
Peccato, era disposto anche a litigare un po' per far passare il
tempo.
Tornò al finestrino. Ora che ci faceva caso notò
che il vetro era piuttosto sporco, le gocce di pioggia che si erano
asciugate avevano lasciato un alone biancastro. In un punto in
particolare. Strizzò gli occhi e notò che la macchia
chiara sul vetro stava diventando sempre più grande, molto
velocemente, quasi alla stessa velocità della
macchina..
..guardò fuori dal finestrino.
"Dean
FERMATI!"
Spaventato dall'urlo improvviso il ragazzo inchiodò
rischiando di sbandare. Non appena si voltò verso il fratello
notò una piccola cosa bianca sul ciglio della strada, distante
al massimo una decina di metri dalla Impala.
"La vedi anche tu?"
chiese Sam senza distogliere lo sguardo dalla cosa.
"Sì.."
Una
bambina pallida come la neve, vestita con un abito a maniche lunghe
di un colore indescrivibile tra il rosa, il grigio e il bianco se ne
stava sul ciglio della strada, i lunghi capelli biondi da albina le
scendevano scompostamente sul viso nascondendolo.
Dean spalancò
la portiera e scese dalla macchina, sfiorando con le dita il calcio
della pistola nascosta dietro il sedile, a portata di mano.
"Possiamo
aiutarti?" disse cercando di farsi sentire, ma non ottenne alcuna
risposta.
Il fruscio del vento tra le foglie era più
intenso di quanto sembrasse dall'interno dell'auto. Inquietante
,
pensò Sam alzandosi a sua volta.
I due ragazzi si
scambiarono un'occhiata. Quando i loro sguardi tornarono a posarsi
sulla strana figura, questa era scomparsa. Al suo posto soltanto la
strada, lunga tortuosa e oscura. Gli alberi raggiungevano un'altezza
tale da proiettare ombre di un profondo nero su tutto il percorso ed
il paesaggio intorno a loro.
"Dov'è andata?" Sam
sentì la tensione irrigidirlo.
Il fratello sfoderò
la pistola pronto a far fuoco, si guardò intorno puntando
l'arma in direzione del suo sguardo.
Eccola.
"Destra."
Sam
si voltò. La bambina era là, ferma come di pietra, il
vento non le muoveva nemmeno una ciocca, pareva fuori dal tempo e di
certo non appartenente a quella dimensione.
Improvvisamente sparì
e ricomparve qualche metro più lontana. Si stava inoltrando
nel bosco. E voleva essere seguita.
Senza dire una parola Dean
aprì il portabagagli e ne estrasse un fucile a canna mozza che
passò al fratello, mentre scelse un coltello ed una carica di
proiettili di salgemma per sé. Con un ghigno stampato in volto
si rivolse a Sam mentre entrambe le armi scattavano nel venir
caricate:
"Finalmente si torna al lavoro."
