Questa storia è da un pò che vaga nella mia mente. Dal termine della puntata 13 della quinta stagione e da una canzone che amo. Ho preso parte dei dialoghi iniziali perchè erano adatti a far partire tutto. Poi l'ho sviluppata come mi sarebbe piaciuto che andasse realmente. :)
E' la mia primissima fanfic e spero vi possa piacere. Doveva essere di un solo capitolo ma mi ha preso la mano... li ho pubblicati tutti perchè essendo impaziente odio dover aspettare per leggere la fine di una storia.
Potrebbe essere vagamente AU ma non troppo, o forse sì? :D

Ringrazio tutti quelli che hanno commentato la mia fanfic. Se volete avere delle risposte alle domande che mi lasciate cortesemente mandatemi un PM altrimenti non saprei come rispondervi!

Non detengo nessun diritto sui personaggi, solo sulla trama.


Erano passate quasi tre settimane dal giorno in cui Jane era stata ripescata e riportata da un peschereccio sulla banchina, dopo aver saltato dal ponte per salvare Paul. E ancora non riusciva a dimenticare l'abbraccio di Maura, diverso dai soliti che si scambiavano occasionalmente. Era qualcosa di più profondo. Lo aveva sentito chiaramente.

"Non sono mai stata così tanto felice di vederti" le disse. Aprendo un braccio per accogliere Maura, tenendo la coperta drappeggiata sull'altro. Jane era scossa, infreddolita ma l'avere Maura tra le sue braccia aveva cancellato tutto in un lampo. Nessuna caduta folle verso il buio e freddo muro d'acqua, nessuna paura di non tornare per poter rivedere gli splendidi occhi della sua migliore amica. Aveva sentito Maura tremante, stringerla e appoggiare la sua testa sulla sua spalla. Dio il profumo dei suo capelli e delle sua pelle l'aveva fatta sentire a casa, al sicuro da tutto e da tutti.
Poi quel distacco freddo e improvviso. "Ci rivediamo in ufficio" le disse e poi rivolgendosi a Korsak e Frankie proseguì: "Prendetevi cura di lei". Girandosi e andando verso il pontile. Lasciandola senza parole, ferita e improvvisamente svuotata. Aveva seguito con lo sguardo il medico legale sperando che si voltasse e tornasse sui suoi passi, ma non era successo, spezzandole il cuore.
Era innegabile che quello che provava per quella donna non era più sola e semplice amicizia, ma stava diventando ogni giorno di più qualcosa di serio e terribilmente vero.

Tornata a casa si era infilata nella doccia, per cercare di cancellare tutto il dolore, lo stress e la fatica accumulata. Rimase parecchio sotto al getto caldo, lasciando che l'acqua corresse sul suo corpo, sperando di capire cosa doveva fare.
Dopo quasi un'ora uscì dal bagno, la pelle oramai raggrinzita ma ancora con tanta confusione nella sua testa. Si asciugò prese una maglia e un paio di pantaloni della tuta e si mise a sedere sul divano con Jo Friday al suo fianco che non l'aveva mollata un secondo dal suo arrivo. Accarezzò il cane teneramente. "Sai piccola, a volte vorrei essere te..." Sospirò, tenendo una bottiglia di birra fredda appoggiata alle tempie. Facendola scorrere da un lato all'altro, sperando di poter trovare risposte al turbinio di pensieri che affollava la sua mente. Maura era il suo pensiero fisso. Da quanto tempo i suoi sentimenti erano cambiati? L'idea di non poter stare costantemente con lei la lasciava ogni volta sgomenta. Era quasi drogata da quella donna, una dolce malattia che la consumava terribilmente. I suoi capelli biondo miele e quegli occhi dal colore così unico la lasciavano senza fiato. Quante volte aveva avuto voglia di passare le sue mani in quei capelli, stringerla e baciare le sue dolcissime labbra? Chissà che sapore avevano...
Dopo aver bevuto alcuni sorsi appoggiò la bottiglia sul pavimento e si sdraiò, mettendo un braccio sulla fronte, cercando di riposare un po' e recuperare lucidità.


Maura era nel suo laboratorio. Intenta a compilare rapporti e fare ricerche per risolvere il caso. Ma non riusciva a concentrarsi. Aveva ancora nella mente l'immagine di Jane, la sua Jane, l'incosciente Jane, la coraggiosa Jane che saltava dal quel ponte mettendo a rischio la sua vita per gli altri. Il terrore che aveva provato era qualcosa di indescrivibile, non era riuscita a muovere un muscolo per evitare la caduta del detective. Eppure sapeva che Jane avrebbe fatto di tutto per salvare Paul. Non poteva lasciarlo annegare. Ma era talmente pietrificata che il suo cervello, solitamente attivo e pronto, era andato in corto circuito.
E questo accadeva sempre quando c'era Jane di mezzo.
Per lei i sentimenti verso la donna bruna erano mutati da amicizia in qualcosa di più da diversi anni. Certo prima era stata semplice attrazione fisica, qualcosa di pericolosamente chimico e selvaggio, poi si era trasformato in amore. Jane l'aveva fatta sentire viva, le aveva offerto la sua amicizia, il suo affetto, il suo supporto, la sua dedizione. E la cosa più importante, la fiducia e la sensazione di avere una famiglia e di imparare a credere in se stessa. Sapeva che per lei era sempre presente, pronta a correre da lei in qualsiasi momento della giornata. Un porto sicuro dove poter tornare tutte le sere, nonostante giornate tempestose. Quante volte l'aveva salvata, sia dai pericoli che da insicurezze. Come poteva non amarla e non amare il suo modo di essere?
Ma aveva anche paura di perderla. Non poteva sapere come il detective avesse reagito alla rivelazione dei suoi sentimenti. Nonostante gli anni di conoscenza, Jane Rizzoli era ancora un enigma per Maura quando si toccava la sfera emotiva e sentimentale.

Il suo cuore era scoppiato quando l'aveva vista uscire viva dalla cabina del peschereccio. Infreddolita, stanca ma viva. Aveva atteso pazientemente che Frankie lasciasse sua sorella libera per poi accellerare i suoi passi e tuffarsi nel suo abbraccio. La sensazione di pace nel sentire la sua voce roca che tanto amava. Il suo abbraccio, forte e timido allo stesso tempo, tremante si era appoggiata alla sua spalla, sperando che il tempo si fermasse in quel fotogramma. Poi si rese conto che stava per piangere, una crisi di pianto dettata dallo stress e dalle forti emozioni che provava per Jane. Si allontanò quasi come se avesse ricevuto una scossa, dal corpo della sua migliore amica. Scappando per evitare di rivelare cosa davvero provasse.

Un leggero rumore di passi conosciuti la strapparono dai suoi pensieri. Alzò lo sguardo e la vide. Ferma, tra la porta e il corridoio con fare incerto e nervoso ma terribilmene bella.
"Come ti senti?" Le chiese cercando di mantenere un tono indifferente e un po' offeso.
Jane la guardò "Stanca, ammaccata". Con un lieve imbarazzo le porse un sacchettino continuando a muoversi nervosamente da un piede all'altro. Con un espressione da bimbo che sa di averla fatta grossa.
Maura prese la borsa e aprendola le disse: "E' il mio preferito" Tenendo tra le mani una piccola bottiglietta di profumo, fissandola.

Jane si sedette, e cercando di non balbettare troppo tentò di spiegarsi, combattendo con i suoi capelli per tenerli indietro.
"Sapevo che saltare in acqua dopo Paul sarebbe stato pericoloso. Ma non potevo fare altrimenti Maura, non potevo lasciarlo annegare". Disse con un sospiro muovendo nervosamente le mani.
Il medico legale la guardò. "Hai pensato a qualcuno di noi mentre saltavi?"
La donna bruna sospirò con un leggero sorriso: "No, non ho pensato a nessuno. Non ho pensato a te. Non ho pensato alla mia famiglia e non ho pensato nemmeno a me stessa, l'unico a cui ho pensato era Paul. Dovevo salvarlo".

Nella sua mente la risposta era differente, dannazione Maura certo che ho pensato a te, ai tuoi occhi, al tuo profumo, al fatto che forse non avrei mai più rivisto il tuo sorriso, il tuo bellissimo viso... come poteva dirle tutto questo?

Maura nel sentire la frase provò un dolore acuto, cercando di mascherare l'espressione del suo viso le disse:
"E' questo che fa di te un poliziotto così bravo".
Jane la guardò per alcuni secondi. "E forse un po' difficile da amare".
Maura rimase senza parole, fissando gli occhi color cioccolato di Jane, si sarebbe persa in quell'oceano scuro, caldo e profondo. La situazione stava diventando imbarazzante.
La donna bionda si riprese continuando: "Avevo paura di averti persa. Perchè non ero più vicina per afferarti, perchè non sono venuta con te oltre la balaustra, perchè..." i suoi occhi si riempirono di lacrime che scendevano numerose sulle guance. Jane si avvicinò inginocchiandosi di fronte a lei e prendendo le mani tra le sue.
"Maur..." le disse sussurando il suo nome "Non piangere ti prego, non sentirti in colpa! E' stata una mia decisione, solo mia, tu non hai nulla da recriminarti".
La tirò a se in un lungo e caldo abbraccio, poggiandole un dolce bacio sulla testa. E rimanendo in quella posizione per diversi minuti, cercando di far calmare i singhiozzi oramai disperati del medico legale. Maura si stacco leggermente, tanto da permetterle di guardare il suo amato detective. Gli occhi aggrappati a quelli di Jane, come la gravità tiene ancorato un corpo alla terra. I loro respiri diventarono sempre più veloci quando si accorsero che le loro labbra erano a pochissimi centimetri. Jane strinse le mani di Maura ancora più saldamente, avvicinandosi pericolosamente. I suoi occhi erano diventati ancora più scuri e avevano una nuova espressione, qualcosa che Maura non aveva mai visto.
Un brivido scese lungo la schiena della donna bionda, mosse la testa verso di lei, le loro labbra si sfiorarono.

"Dottoressa Isles le ho portato i risultati dell'esame sul sang.." Il Senior Criminalist Chang era entrata nell'ufficio di Maura, rimanendo sconvolta. Vistosamente a disagio si bloccò. Le due donne si staccarono di botto. Jane si alzò di scatto facendo due passi indietro, passandosi nervosamente le mani nei capelli, schiarendosi la voce e guardando in malo modo Susie.
Maura di riflesso fece lo stesso ma non guardò Susie. Si diresse velocemente verso la sua scrivania, mettendosi davanti al suo portatile che le coprì parzialmente il viso arrossato.
"Grazie Susie. Puoi lasciarlo sulla scrivania" le disse cercando di mantenere un tono di voce normale.
Jane approfittò del momento per uscire dall'ufficio salutando entrambe e dicendo a Maura senza voltarsi: "Possiamo parlarne più tardi così avrai maggiori dettagli sul caso da riferirmi" e uscì a grandi falcate.

"Ehmm... mi scusi dottoressa non volevo interrompere..." disse Susie tenendo lo sguardo basso
"No, non preoccuparti non è successo nulla..." le rispose Maura, "Grazie per il tuo lavoro". Susie uscì, sempre tenendo lo sguardo verso il basso, senza aggiungere altro.
Jane raggiunse l'ascensore e attese che le porte si chiudessero alle sue spalle per mollare un pugno tremendo sulla parete di ferro, facendo uscire un grido selvaggio dai suoi polmoni. "Maledizione!"


Mi ha sempre divertito Susie, le sue continue interruzioni nei momenti meno opportuni le ho trovate esilaranti, e ho deciso di usarla anche nella mia storia.
Commenti sono sempre ben accetti! :)