Titolo: Fuego de Infierno
Personaggi: Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Pair: Spagna/Sud Italia
Numero capitoli: 1/3
Generi: storico, drammatico, introspettivo, slice of life
Avvertimenti: shonen ai
Rating: arancione
Numero parole: 3214
Nota dell'autore: l'idea per questa storia nasce quasi per caso. Mentre guardavo Il gobbo di Notre-Dame e cercavo un'idea per il concorso. Poi Frollo ha iniziato a cantare, e tutto ha preso forma. Cosa meglio dell'inquisizione? Cosa meglio di Antonio preso da questo senso di colpa per dei sentimenti peccaminosi? E la cosa si è scritta da se, anche se con qualche intoppo.
Come sempre. Dedico questa cosa alla mia principessa tsundere. Perché è la mia costante musa e fonte di ispirazione infinita.

Madrid, XVI siglo.

Confiteor Deo Omnipotenti
Beatae Mariae semper Virgini
Beato Michaeli archangelo

Beato Ioanni Baptistae
Sanctis apostolis Pietro et Paulo
omnibus sanctis
Et tibit Pater
Quia peccavi nimis
Cogitatione
Verbo et opere

Si alzò dal letto della vergogna mormorando in latino. Aveva preso i propri vestiti, abbandonati la sera prima su una sedia, e se li era infilati il più velocemente possibile.
Entro poco la porta si sarebbe aperta e un imbronciato adolescente Italiano avrebbe fatto la sua comparsa come ogni mattina. Avrebbe portato la colazione e avrebbe brontolato sul fatto che se proprio voleva mangiare, poteva anche andare da solo a recuperarsela.
Avrebbe poi guardato il letto alle sue spalle e avrebbe fatto una smorfia disgustata. Perché il suo protetto non era uno stupido, e anche se lui mandava via tutte le donne con cui si intratteneva la notte, Lovino sapeva che fino a poche ore prima quel letto era occupato da una cortigiana. O a volte più semplicemente da una qualche prostituta, comprata per qualche soldo al postribolo.
- Mea culpa – aveva pronunciato a voce poco più alta, mentre indossava degli abiti che gli stavano troppo stretti, per ciò che rappresentavano.
Abiti ecclesiastici. Abiti che il suo cattolicissimo re gli aveva donato. Abiti che lui non voleva assolutamente portare.
- Mea maxima culpa...
- E' inutile che ripeti queste parole ogni mattina.
Oh, la porta si era spalancata, proprio come aveva previsto. Aveva alzato lo sguardo verso di lui e gli aveva sorriso. Non poteva fare altro.
- Sto solo entrando nella parte – aveva accennato col capo alla tonaca appoggiata ancora alla sedia.
Con una smorfia il ragazzo l'aveva guardata, per poi avvicinarsi al tavolo e appoggiare il vassoio con la colazione per lo Spagnolo.
- Non credevo dovessi lavorare oggi...
Lo Spagnolo aveva sospirato abbandonandosi sulla sedia: - Non è che ne abbia voglia. E non so nemmeno quando finirò – aveva cercato di sorridergli ancora. Oh, voleva soltanto rendere felice il suo pequeño Lovino, ma a quanto pareva non ci riusciva mai.
- Se non vuoi farlo, basta che tu lo dica, non credi? - gli occhi castani del giovane si erano soffermati seri sulla sua persona. Lovino lo guardava quasi sempre così. E non gli sorrideva mai.
Oh, avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di farlo sorridere. Invece era solo riuscito a farlo piangere.
- Se potessi rifiutare lo avrei già fatto, non credi? - aveva abbassato lo sguardo, sorridendo amaramente. Avrebbe decisamente desiderato non partecipare ai vari auto da fé a cui doveva presenziare. Ma non poteva.
Si era stiracchiato sulla sedia, restando seduto scomposto mentre lasciava gli occhi vagare sul soffitto decorato: - Dimmi, Lovino. Se tu fossi un comune essere umano. Un devoto cristiano. E venissi a contatto con esseri che non possono, in apparenza, morire. Ecco, non crederesti che questi si avvicinino in qualche modo ad una divinità?
L'Italiano lo aveva guardato e poi aveva sospirato: - Stai peccando di superbia, Spagna – Antonio parlava a quel modo solo quando era arrabbiato per qualcosa.
- Vallo a spiegare a Filippo! - aveva improvvisamente alzato la voce, facendo sobbalzare il giovane – Secondo lui sono quello perfetto per difendere l'integrità della nostra religione.
Ma non lo era affatto. Era anzi degno di finire direttamente tra le fiamme dell'inferno. Aveva compiuto molti peccati. E continuava a peccare senza alcun rimorso. Gli bastava trovare un prete. Gli bastava raccontare qualche balla. Ed essere assolto.
Perché non avrebbe mai potuto rivelare a nessuno di quel bruciante desiderio che lo aveva completamente rapito.
Ed ora era perduto.
Perduto completamente in quei due pozzi di ambra, perduto su quelle labbra delicate e sempre imbronciate, perduto su quelle guance che a volte si tingevano del colore dei pomodori maturi.
- Tu? - il tono e l'espressione del ragazzo esprimevano solo scetticismo – Si vede che il tuo re non ti conosce per niente bene – scosse la testa e andò ad aprire le finestre della stanza. L'odore di donne e sesso, che permeava la stanza, gli dava la nausea.
- Vero – lo Spagnolo non gli aveva tolto gli occhi di dosso. Aveva guardato la linea del collo che si perdeva nella camicia. Aveva seguito la linea dei fianchi. E in un modo per nulla casto ora osservava il fondoschiena del ragazzo – Ma del resto nemmeno lui è l'incarnazione della religiosità, anche se tanto gli piacerebbe – storse il naso al pensiero di come il suo re cambiasse le donne. Ma a quanto pareva ce l'avevano nel sangue, visto che anche suo padre non era di certo stato un santo.
Chiuse gli occhi. No, non riusciva a stare tranquillo con Lovino in quella stanza. Non riusciva a controllare i pensieri che passavano per la sua mente, e che erano tutto fuorché casti.
Era un peccato. Peggiore di quello di fornicazione che praticava quasi ogni notte. Era peggiore di qualsiasi peccato avesse mai commesso.
Perché voleva possedere un essere puro.
E sporcarlo. E probabilmente destinarlo così alle fiamme dell'inferno.
- Cos'hai stamattina? - la voce del ragazzo lo fece tornare in sé – Hai bevuto troppo ieri sera e non ti sei divertito abbastanza?
Scosse la testa, non riuscendo a trattenere un sorriso: - Mi sono divertito fin troppo, temo... Davvero fin troppo.
Lovino non riuscì a trattenere una smorfia: - Ma che razza di cattolico sei, Antonio?
Lo Spagnolo, a quelle parole, proruppe in una fragorosa risata: - Sono stato molte cose prima di essere cattolico, Lovino! Ho avuto fenici, celti, greci, romani, arabi. Non ho la tanto desiderata limpieza de sangre che vorrebbe Filippo. Ma io sono un semidio per lui, quindi vengo risparmiato dalla sua cieca furia cattolica! - oh, era tutto così maledettamente ironico.
- Smettila di parlare così. Sei blasfemo – odiava quando lo Spagnolo si comportava così. Riusciva addirittura a fargli paura. Da quando i suoi re cattolici avevano istituito l'Inquisizione, da quando aveva iniziato la conversione forzata di popoli non cattolici, Antonio era cambiato. Era diventato più tetro.
E il suo sorriso si stava perdendo.
Lo Spagnolo rise ancora, prima di alzarsi dalla sedia e osservare il ragazzo: - Vuoi per caso denunciarmi alla Santa Sede, Italia? - lo aveva guardato negli occhi, quasi divertito dall'espressione contrariata del giovane.
- Di cosa diavolo stai parlando? Perché dovrei farlo? - lo odiava quando faceva così. Sembrava che lo mettesse sempre alla prova. O che lo provocasse per qualche maledetto motivo – Hai una vita dissoluta della quale dovrai rendere conto a Dio – di certo non agli uomini. Che erano forse più corrotti di loro. Anche quelli che dovevano essere i più santi, come i papi.
- E se Dio non esistesse? - aveva osservato, e gli occhi del più giovane si spalancarono – Se fosse solo un'invenzione degli esseri umani? Perché se Dio esistesse, – fece una pausa, spostando lo sguardo dal ragazzo – se esistesse, allora io sarei perduto.
Si spostò velocemente dal ragazzo, per evitare di compiere qualche gesto di cui poi si sarebbe pentito. E per evitare di farsi odiare dal suo Lovino. Lovino che era suo soltanto nei suoi pensieri, e che mai nella realtà avrebbe potuto avere.
- Ma di cosa stai parlando? Ci sono stati anche uomini che avrebbero dovuto essere integri, che si sono fatti delle famiglie...
Antonio rise di nuovo, mentre si sedeva sul letto: - Guarda caso, quello più famoso era spagnolo! Credimi, passerà alla storia; lui e la sua progenie! - aveva conosciuto Rodrigo quando ancora era in Spagna, ed era sicuro che una volta salito sul soglio pontificio avrebbe fatto parlare di sé. E per nulla bene. E così era stato. Si parlava sempre male, sia di lui che dei suoi figli.
Ricordava ancora quella bella ragazza che doveva sposare il figlio del re di Napoli. Povera vittima sacrificale nei piani ambiziosi di un uomo che non aveva nulla di santo, nonostante il suo ruolo.
Lovino scosse la testa: - Mangia qualcosa. Secondo me è solo l'alcol di ieri sera che sta parlando ora – sembravano davvero gli sproliloqui che lo Spagnolo faceva quando lasciava che la sua mente annegasse nell'alcol. Cosa che negli ultimi cent'anni succedeva fin troppo spesso.
Sospirò, lasciandosi cadere sul letto e fissando la stoffa del baldacchino: - Magari fossi ubriaco. Riuscirei a proferire le condanne senza nemmeno rendermene conto, e sarebbe tutto più facile – aveva chiuso gli occhi desiderando sprofondare in un sonno dal quale si sarebbe svegliato come un uomo nuovo, senza alcun peccato – Dovrei condannare me stesso. Condanno il mio stesso popolo, il mio sangue e la mia carne, ma non condanno me...
Il ragazzo si avvicinò al letto continuando a guardarlo. Sapeva bene a cosa si riferisse Antonio. Arabi ed ebrei erano stati costretti a convertirsi. Dovevano abbracciare una fede che non era la loro per volere di sovrani che brandivano lo scettro della cristianità dietro cui nascondere soltanto motivi politici ed economici. E non era strano che i moriscos, al contrario dei più tranquilli marrani, ogni tanto si ribellassero. Tutto gli era stato tolto, e vivevano in uno stato di totale asservimento. Non potevano parlare la loro lingua, non potevano nemmeno custodire gelosamente qualcosa che avesse a che fare con la loro religione.
Anche se poi, chi trasgrediva c'era sempre.
Antonio per primo. Lovino sapeva bene che aveva salvato sia dei testi arabi che ebrei dalla cieca furia cattolica che li voleva distruggere.
Antonio era più santo di quanto credesse.
- Sei stato a Cordova, vero? - aveva posato gli occhi sull'uomo sdraiato – Hai visto cos'hanno fatto alla moschea e ti sei chiesto se era giusto? - aveva sentito un brivido, che non sapeva come definire, corrergli lungo la schiena, nello stesso momento in cui gli occhi verdi di Antonio si erano posati su di lui.
- Avevo del lavoro da fare – aveva parlato, con tono calmo – Hanno scoperto dei moriscos che custodivano cose proibite, e sono stati condannati. C'erano anche dei bambini – guardava ancora il ragazzo. Anche nelle sue vene scorreva sangue arabo. Avrebbe dovuto un giorno condannare anche lui?
No, Lovino era puro e sacro. Non gli sarebbe mai successo nulla. Lui non lo avrebbe mai permesso.
- Mi sto chiedendo sempre più spesso se questa ortodossia che difendiamo sia effettivamente giusta. Perché non capisco come possa essere peccato avere un'altra religione – continuava a guardare il ragazzo. Sapeva che Lovino poteva capire.
- A me lo chiedi proprio? Noi abbiamo la Santa Sede a casa – con un sospiro si era seduto sul letto – Di la verità... Hai una vita focosa per via del tuo sangue morisco?
Lo Spagnolo rise, non aspettandosi quell'uscita dell'Italiano, ma almeno aveva alleggerito la situazione. Ed era meglio che Lovino la pensasse così. Almeno non si era accorto che tutti i suoi partner occasionali in qualche modo gli assomigliavano, quantomeno nell'aspetto. Nel carattere nessuno poteva eguagliarlo.
Con un braccio lo attirò a se, facendolo cadere sul materasso e ricevendo qualche insulto come prima risposta. Rise soltanto, mentre nascondeva il viso nell'incavo del collo del ragazzo. Sentì Lovino sospirare, ma stranamente non si mosse.
- Lovino, resta sempre con me – mormorò. Se anche non fosse mai stato suo, voleva almeno averlo accanto a sé.
- Ma dove dovrei andare? - il ragazzo sbuffò – Certo, sei un bastardo, pervertito e ti odio come poche cose al mondo, ma ritengo che da Austria starei peggio – aveva girato il viso, per poter scorgere almeno un po' il viso dello Spagnolo. Prima o poi sarebbe diventato indipendente, ma non ora. Ora sarebbe ancora stato sotto l'ala protettiva di Antonio.
Lo Spagnolo sorrise, restando nascosto contro il suo piccolo Italiano: - E tu come fai a sapere che sono un pervertito? Mi spii di notte?
- Ma che cazzo di domande fai? - sbottò subito, e Antonio era convinto che era diventato di un bel rosso intenso – Sei anche tu discendente del nonno! E sei come lui!
Ridacchiò contro il collo del ragazzo, mentre lo stringeva di più a se. Profumava di buono, come sempre. E lui adorava il profumo della sua pelle. Avrebbe fatto di tutto pur di assaggiarla.
Ma non poteva. Non avrebbe mai potuto toccarlo. Perché era del suo prezioso Lovino che si trattava. Facendo anche solo una delle cose che gli passavano per la mente rischiava di spaventarlo e di farsi odiare. Doveva accontentarsi. Doveva farsi bastare gli abbracci rubati, e qualche raro bacio che riusciva a posare sui capelli dell'Italiano.
Doveva accontentarsi e non far cadere anche Lovino in peccato. Non poteva permetterlo.
Controvoglia allentò la presa attorno al corpo del ragazzo.
- Se finisco presto, possiamo andare al mercato insieme – sorrise, mentre gli accarezzava una guancia. Sapeva che il ragazzo scendeva ogni giorno fino al mercato. E spesso e volentieri si lamentava che era troppo pesante per lui portare la spesa.
- Così compri quello che vuoi e non ti lamenti poi di ciò che ti cucino – l'Italiano si era imbronciato – E ogni tanto potresti anche cucinare tu! Non sono mica la tua sguattera!
- Oh, Lovi... Non imparerai proprio mai quale sia il tuo ruolo qui! - ridacchiò leggermente. Quei piccoli battibecchi riuscivano sempre a rasserenarlo in qualche modo. Gli facevano capire che andava tutto bene.
E che Lovino era ancora suo.
- Il mio ruolo è quello di prigioniero politico! Quindi le pulizie dovresti fartele da solo! Oppure prenditi una cazzo di sguattera, così io finalmente potrò dedicarmi all'ozio come fai tu! - sentenziò il più giovane guardandolo serio, e Antonio non riuscì a trattenere le risate.
- Non cambiare mai, Lovi... Giurami che non cambierai mai – sorrise quando ebbe finito di ridere e gli accarezzò una guancia – Anche se potrai essere lontano dal Boss, non cambiare mai, va bene?
- Smettila di parlare così. Purtroppo nemmeno volendo, potrei andarmene, giusto? - Lovino continuava a guardarlo, serio come sempre. Lo guardava sempre in tale modo.
E lui quasi si sentiva odiato dal suo giovane protetto.
- No, perché al Boss servi qui – cercò di sorridergli come faceva sempre – E non perché sei un bottino di guerra o perché sei erede diretto di Roma. Mi servi perché sei mio... - sussurrò le ultime parole, timoroso della reazione del ragazzo. Non voleva spaventarlo. Non voleva schifarlo.
- Smettila con queste stronzate. La gente potrebbe fraintendere le tue parole – lo Spagnolo aveva sorriso alle guance improvvisamente rosse del ragazzo. Probabilmente credeva solo che Antonio fosse una persona strana. Che diceva le cose senza pensare. Ma non sapeva, non si rendeva conto di come la sua sola vicinanza lo confondesse. Di come anche solo sfiorarlo faceva scorrere dei brividi lungo tutto il suo corpo.
No, Lovino non si rendeva conto di quanto ormai fosse perduto. E di quanto non c'era nulla di fraintendibile nelle sue parole, perché lui pensava esattamente queste cose.
- La gente può pensare ciò che vuole – ridacchiò nervosamente mentre chiudeva gli occhi. Guardare il ragazzo lo feriva. Feriva il suo cuore, perché non poteva averlo.
Sentì l'Italiano sbuffare: - Sei proprio un tipo strano. La gente viene processata se anche solo esiste il sospetto che siano deviati – Lovino restò un attimo in silenzio, come se stesse soppesando i propri pensieri prima di trasformarli in parole – Forse dovrei denunciare Francis. So per certo che quello è un pervertito! Ha tentato di infilarsi anche nel mio letto! - il suo tono di voce era quasi isterico, e Antonio poteva mettere la mano sul fuoco che fosse anche arrossito.
Oh, il suo Lovino era così retto e puro.
- Ma quando sarebbe successo? - rise mentre apriva gli occhi, per trovarsi di fronte al viso sconvolto ed imbronciato del ragazzo – E' la prima volta che sento questa storia...
- Ogni volta che viene qui! - si lamentò, ma poi venne come colto da un'epifania – Tu sei un pervertito come lui visto che siete tanto amici!
Antonio rise ancora di più. Lovino sapeva molte più cose di quanto non volesse dimostrare. Era sicuro che sapesse tutto, o quasi, anche della sua dissoluta vita sessuale. Ma preferiva non fare domande e fare finta che fossero solo le donne ad occupare quel letto la notte.
- E non ridere! Io sono serio, bastardo! - imbarazzato si alzò a sedere, allontanandosi così dal caldo corpo dello Spagnolo. Per qualche strano motivo lo disturbava sapere che Antonio avesse molti partner. Si disse che era solo perché era un comportamento sbagliato, lontano anni luce da ciò che la loro religione gli avevano insegnato. Voleva credere che fosse solo quello il motivo. Voleva credere che non fosse quel senso di fastidio che provava ogni volta che lo vedeva tornare a casa con qualcuno. Non quella gelosia che gli attanagliava le viscere al pensiero di quella voce che pronunciava il nome di altri. No, non era gelosia. Lui odiava quel bastardo. Provava solo quello.
Antonio restò a guardarlo per un attimo che gli parve eterno, prima di sospirare ed alzarsi dal letto. Sospirò nuovamente dirigendosi verso la sedia su cui erano poggiati quei vestiti tanto scomodi che volente o no doveva indossare.
Prima o poi sarebbe finito anche quel ruolo. Un giorno forse avrebbe anche smesso di chiedere perdono a quell'entità invisibile, per tutti quei peccati commessi. Un giorno non avrebbe più provato quel senso di colpa, per via di quei sentimenti.
Un giorno Lovino se ne sarebbe andato. Forse avrebbe anche trovato una compagna. Perché di certo Lovino avrebbe trovato una donna, visto il suo aperto odio per gli uomini. Forse proprio con Belle, che sembrava adorare così tanto. E sarebbe stato giusto.
- Confiteor Deo Omnipotenti...- mormorò appoggiando la croce sul petto, dopo averla stretta in mano. Anche se sapeva bene che anche confessandosi a Dio la sua condanna era firmata. I suoi pensieri erano forse peggio di qualsiasi atto avesse mai compiuto. All'apparenza era un uomo retto, ma scavando sotto la superficie di quel sorriso, era marcio. E lo sapeva bene. Perché non era possibile desiderare qualcuno quanto lui desiderasse l'Italiano. Ma davvero non riusciva a togliersi dalla mente l'adolescente. Il desiderio di possederlo gli bruciava l'anima. E quando gli stava vicino sentiva lo stomaco sottosopra e le vertigini. Temeva anche che prima o poi il suo autocontrollo sarebbe crollato. E questo lo spaventava.
Ma quando si girò verso il ragazzo finse il migliore dei suoi sorrisi. A lui non averebbe mai fatto capire quale bruciante desiderio provocasse in lui. Avrebbe solo continuato ad essere il bastardo Spagnolo che lo teneva in gabbia. E si sarebbe fato andare bene quel ruolo, pur di non perderlo.
- Cercherò di fare presto – parlò piano, in realtà per nulla motivato a lasciare la stanza – Poi andremo al mercato. E prepareremo il pranzo insieme.
Il ragazzo, ancora seduto sul letto, lo guardava. Aveva soltanto annuito, intuendo perfettamente quanto falso fosse il sorriso di Antonio in quel momento, ma non voleva farglielo notare, visto che era per lui, per non farlo preoccupare. Nemmeno fosse ancora un bambino.
- Si, vedi di sbrigarti, idiota bastardo – sbuffò, incrociando le braccia al petto e guardandolo negli occhi, che lo guardavano dolcemente come sempre.
Antonio annuì, uscendo dalla stanza velocemente, perché già tentato di rimanere lì con il suo querido.

Mea maxima culpa.

Note storiche: Nel medioevo nacque la Santa Inquisizione per sradicare l'eresia, perché l'eretico era considerato un "assassino di anime" e pertanto meritevole della pena di morte. Una primitiva Inquisizione venne costituita nel 1231 da papa Gregorio IX. Veniva quindi consentito, con una bolla papale antecedente, di torturare "scientificamente" gli accusati al fine di ottenere una confessione. Se gli accusati non abiuravano, venivano consegnati al braccio secolare per l'esecuzione. (la Chiesa non si è quasi mai sporcata le mani direttamente. Le esecuzioni erano quasi sempre affidate al braccio secolare, seppur in stretta collaborazione con l'Inquisizione.)
I Domenicani furono gli Inquisitori per eccellenza, coprendo col loro raggio d'azione la penisola iberica e italiana, riuscendo ad entrare anche in Francia e Germania.
La vera protagonista dell'Inquisizione fu la Spagna, dove dal 1478 al 1813 dilagò senza alcun controllo. I Re Cattolici, Isabella di Castiglia e Ferdinando d'Aragona, usarono la lotta all'eresia come un metodo per consolidare il potere della monarchia e portare benefici alla corona. Davanti alla crisi economica che investì il paese, i cristiani trovarono il capro espiatorio prima nella comunità giudaica, e poi in quella musulmana (le tre religioni avevano convissuto per secoli sotto il domino musulmano). Da qui si arriva all'ossessione dei "cristiani vecchi" per la limpieza de sangre; purezza che doveva dimostrare una loro superiorità in confronto a coloro che si erano convertiti per sfuggire alle angherie perpetrate a loro danno. E i Re Cattolici non volevano l'intromissione dell'oligarchia giudaica che si era formata in passato (gli ebrei avevano spesso ruoli importanti; come medici, banchieri, funzionari pubblici). Così Ferdinando argomentò che la difesa della vera fede aveva priorità anche sopra le leggi locali, e il fanatismo religioso si pose al servizio della politica.
La persecuzione dei falsi convertiti si tradusse nel 1492 con l'espulsione dalla Spagna di tutti gli ebrei, e in seguito con la conversione ed espulsione dei musulmani. Alla fine fu usata anche nella persecuzione degli omosessuali.
In Spagna l'Inquisizione fu abolita nel 1834, e si stima che siano morte 135.000 persone. Ma, parlando di Inquisizione è molto difficile avere dei dati certi. E sono ancora in atto delle ricerche in merito. Molti tribunali ecclesiastici non permettono ancora di prendere visione degli atti dell'Inquisizione...

L'autodafé, o auto da fé o sermo generalis, era una cerimonia pubblica, facente parte soprattutto della tradizione dell'Inquisizione spagnola in cui veniva eseguita la penitenza o condanna decretata dall'Inquisizione. Il nome deriva dal portogheseauto da fé (in spagnolo auto de fe), cioè atto di fede, e fu il cerimoniale giuridico più impressionante messo a punto e usato dall' autodafé prevedeva: una messa, preghiere, una processione pubblica dei colpevoli e la lettura della loro sentenza. I condannati venivano trascinati in pubblico con i capelli rasati, vestiti con sacchi (sanbenitos) e berretti da somaro (corazos), o copricapi con la fenditura centrale e condotti a colpi di azotes (sferzate) in numero variabile secondo la sentenza. Le immagini riprodotte sulle vesti del reo indicavano la pena decretata: una croce di Sant'Andrea se si era pentito in tempo per evitare il supplizio, mezza croce se aveva subito un'ammenda, le fiamme se condannato a morte. Gli autodafé si svolgevano sulla pubblica piazza e duravano diverse ore, con la partecipazione di autorità ecclesiastiche e civili.

Come personaggi storici in questo capitolo vengono nominati Filippo II di Spagna, durante il cui regno ho ambientato il capitolo, e suo padre Carlo V.
Filippo II nacque nel 1527 come unico erede al trono legittimo di Carlo V e della moglie Isabella del Portogallo. Il suo regno fu tormentato da problemi finanziari e minacciate invasioni da parte musulmana, come anche dal conflitto con l'Inghilterra e la rivolta dei Paesi Bassi. Inoltre Filippo dovette affrontare le ribellioni contro il suo governo nella stessa Spagna, soprattutto la rivolta dei Moriscos. Ma una cosa che mi ha sempre colpita di questo re fu la sua vita privata: si sposò prima con Maria Emanuela d'Aviz (sua cugina), poi con Maria Tudor (si, quella passata alla storia come Maria la Sanguinaria, e che prima era fidanzata in via ufficiosa con Carlo V, suo cugino, che poi le fece sposare suo figlio), poi con Elisabetta di Valois ed infine con sua nipote Anna d'Austria (che, povera anima, prima era stata promessa sposa a Don Carlos, figlio di Filippo, ma purtroppo il ragazzo morì...e Filippo la prese in moglie).
So benissimo che i matrimoni tra consanguinei erano più che frequenti tra i regnanti, ma è una cosa che trovo curiosa trattandosi di un re che era così cattolico.
In ogni caso, Wikipedia offre un bel articolo su Filippo. wiki/Filippo_II_di_Spagna

E poi Carlo V. Nacque nel 1500, e per via dei suoi genitori diventò prima re di Spagna e poi imperatore del Sacro Romano Impero. Sua madre era Giovanna di Castiglia, detta la Pazza, figlia dei re cattolici Isabella e Ferdinando; mentre suo padre era Filippo il Bello, figlio di Massimiliano I, imperatore del Sacro Romano Impero. Carlo abdicò nel 1556, dividendo il suo immenso regno tra il figlio Filippo, a cui lasciò la Spagna, e il fratello Ferdinando che diventò imperatore dello SRI.
Carlo ha avuto una sola moglie, che gli ha dato 5 figli. Ma ne ha avuto anche 7 illegittimi tra cui Giovanni, che guiderà la battaglia di Lepanto. wiki/Carlo_V_del_Sacro_Romano_Impero

Vengono successivamente nominati i Borgia. I più famosi esponenti di questa casata sono ovviamente Rodrigo Borgia, salito al soglio pontificio nel 1492 con il nome di Alessandro VI, e i suoi figli Cesare e Lucrezia. Rodrigo ha avuto 4 figli da Vannozza Cattanei, uno da Giulia Farnese, e poi una figlia da una donna rimasta sconosciuta.
I Borgia li conosciamo grazie alla cattiva fama che li avvolge. Un papa libertino, che è stato accusato di incesto con la figlia. Stessa sorte riservata a Cesare. E poi la povera Lucrezia, che era solo la pedina in un gioco politico di alleanze. La prima volta l'hanno fatta sposare a 13 anni, annullando poi il matrimonio perché gli Sforza erano scomodi. La fanno poi sposare con Alfonso d'Aragona, figlio illegittimo del re di Napoli, ma quando anche questi diventa scomodo, lo fanno assassinare. Ed erano stati proprio gli uomini di Cesare ad ucciderlo. E due anni dopo, Lucrezia fu data in moglie ad Alfonso I d'Este.
wiki/Borgia

wiki/Papa_Alessandro_VI

wiki/Cesare_Borgia

wiki/Lucrezia_Borgia

Il capitolo ho deciso di iniziarlo con il pezzo della canzone "Fuoco dell'Inferno", appunto, perché ho trovato il "Confiteor" perfetto come spunto per iniziare. Questa forma è tratta dal Messale di Giovanni XXIII.
Il "Confiteor" è una preghiera penitenziale, che tutti conosciamo in italiano nella forma: "Confesso a Dio onnipotente e a voi fratelli che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E supplico la beata sempre vergine Maria, gli angeli, i santi e voi fratelli di pregare per me il Signore Dio nostro. Dio onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna."

Ad un certo punto nomino anche la cattedrale di Cordova. In verità la Cattedrale, era una moschea, a sua volta sorta su una chiesa precedente. La Grande Moschea è il più importante monumento musulmano in Spagna. Nel 1236 viene trasformata in una Cattedrale con l'aggiunta di una torre campanaria. Come dice Wikipedia, l'unione tra moschea e cattedrale genera un effetto architettonico strano ed impressionante. Nel XVI secolo il clero di Cordova decise di trasformare la Cattedrale per farne un edificio più sontuoso e moderno. Il progetto consisteva nella demolizione di una parte importante del centro dell'edificio, rompendo la prospettiva della foresta di colonne, e l'inserimento al suo posto di una cattedrale cristiana. Il progetto fu inizialmente contrastato e oggetto di forti polemiche e soltanto dopo l'intercessione dell'imperatore Carlo V ne fu avviata la costruzione. È però riportato da J. B. Alderete che lo stesso Carlo V successivamente disse: avete distrutto una cosa unica al mondo e avete messo al suo posto qualcosa che si può vedere dappertutto. Fu probabilmente grazie all'inserimento della cappella cristiana che il monumento poté però sostanzialmente salvarsi dalla furia devastatrice della Chiesa e della nobiltà spagnola, ferocemente ostili al ricordo sia pur minimo di una presenza che aveva per secoli schiacciato la Cristianità iberica in una condizione di grande precarietà politica. [l'ultimo pezzo è stato liberamente copiato da Wiki ù_ù]