IMMAGINI DA UN MATRIMONIO
Come
sarebbe svegliarsi e scoprire di non avere alcun ricordo dell'ultimo
anno passato? Hermione Granger non riesce a capacitarsene. Tutto le
sembra così irreale, così assurdo. Ma cosa ci può
essere di peggio che venire a sapere di essere sposata, senza nemmeno
ricordare il nome o il volto del proprio marito? Un'amnesia
richiede calma e molta pazienza.
Ma quando il marito in questione
si chiama Draco Lucius Malfoy, le cose non sono mai semplici come si
vorrebbe che fossero…
CAPITOLO 1 – IL RISVEGLIO
Il
fascio di luce accecante la indusse a richiudere repentinamente le
palpebre contornate da lunghe ciglia scure. Il dolore alla testa non
accennava a diminuire. Quel martellare costante, poco sopra la tempia
sinistra, la stava facendo impazzire.
Una voce gentile, che aveva
già sentito più volte durante la notte, la spronò
– "Coraggio, apra gli occhi"
"La luce…è troppo
forte" – bisbigliò a fatica Hermione Jane Granger,
sentendo nuovamente la propria voce dopo giorni di silenzio.
"E'
normale. I suoi occhi hanno bisogno di tempo per abituarsi di nuovo
alla luce, dopo giorni di buio costante. Provi a socchiuderli
lentamente" – le consigliò, accarezzandole un braccio con
tocco gentile, in segno di conforto.
Hermione alzò
impercettibilmente le palpebre, e di nuovo quella luce accecante
abbagliò le sue iridi dorate. Facendo appello a tutte le sue
forze tentò di resistere. A poco a poco, i suoi deboli occhi
si abituarono. Figure indistinte e contorte cominciarono a delinearsi
in maniera sempre più chiara.
L'esplosione di colori si
attenuò, e ogni tinta tornò al giusto posto. C'erano
delle tende azzurre alle finestre – fu la prima cosa che la giovane
donna notò.
Un azzurro inusuale, con una punta di grigio.
Il sole brillante in quella giornata di primavera inoltrata entrava
prepotentemente nella stanza, rifrangendosi e riflettendosi sul
vetro, illuminando il tessuto e rendendone i colori ancora più
vividi, accesi.
Familiari.
Hermione scosse la testa,
allontanando quello stupido pensiero. Il piccolo movimento della
testa, la fece gemere per il dolore.
"Piano" – la redarguì
l'infermiera – "Faccia piano. E' stata a letto per settimane,
avrà i muscoli indolenziti"
"A letto? Settimane? Dove
sono?" – chiese confusa la ragazza, cercando di fare mente
locale, senza riuscirci, per via di quell'inspiegabile nebbia che
avvolgeva la sua mente.
"Si trova al San Mungo. Reparto di
terapia intensiva. Ha avuto un incidente, è rimasta in coma
per parecchio tempo" – proseguì la donna in piedi accanto
a lei.
Hermione la scrutò attentamente. Capelli biondi
raccolti in una treccia, occhi verdi. Sulla trentina. Un camice
bianco, una spruzzata di lentiggini sul naso e un'aria
piacevolmente sbarazzina. Simpatica.
"Dovrei conoscerla?" –
sussurrò, ancora palesemente disorientata.
"Temo di no"
– sorrise. Un sorriso caldo, sincero. – "E' la prima volta
che apre gli occhi, da quando è stata ricoverata"
"Al
San Mungo, ha detto?" – chiese Hermione, a caccia di ricordi in
quel baratro senza fine che era al momento la sua
memoria.
"Esatto"
"Io…sono una medimaga" – Gli
occhi dorati leggermente spalancati, si sorprese per la sua stessa
affermazione. Non era una domanda, ma un dato di fatto, saltato fuori
da chissà dove. Lei era una medimaga.
Vaghi ricordi
riaffiorarono alla sua mente. Si, certo…Hogwarts, il settimo
anno….gli esami, voti eccellenti, come sempre del resto…
Dopo,
ancora studi e molto impegno, per essere presa al San Mungo. E si, ce
l'aveva fatta.
Il sorriso contagioso di un bambino a cui mancava
un dentino davanti, dopo che gli aveva curato e fasciato una ferita
al braccio.
Si, ora tutto tornava. Piano piano, la nebbia si stava
diradando. Ogni cosa andava al suo posto.
Hermione Jane Granger,
la più brillante e giovane medimaga che il San Mungo avesse
mai avuto.
"Io non la conosco. Però lavoro qui" –
obiettò l'ex Grifondoro – "Come è
possibile?"
"Sono stata assunta solo da tre settimane" –
spiegò la bionda – "Quando sono arrivata lei era…beh,
stava già poco bene"
"Capisco" – Hermione
assottigliò lo sguardo, cercando di mettere a fuoco il nome
stampigliato sul tesserino che la giovane portava appuntato sulla
divisa candida – "S. Canon" – lesse ad alta voce.
"Parente
di Colin?" – domandò incuriosita.
"Si. Mio fratello
ha studiato ad Hogwarts. Un Grifondoro. Come lo era lei, se non
sbaglio" – rispose gentile, gli occhi che le brillavano di gioia
e d'affetto mentre parlava del fratello minore.
Hermione annuì
– "La S per cosa sta?"
"Susan"
"E' un piacere,
Susan" – ignorando il pulsare continuo e doloroso della tempia,
abbozzò un sorriso – "Io sono Hermione"
"La conosco
di fama. Ho studiato a Beauxbatons, ma Colin mi parlava spesso
del…aspetti, com'è che lo chiamava? Il magico trio? Si,
esattamente. Lei, il grande Harry Potter e il famoso portiere dei
Chudley Cannons, Ron Weasley"
"Beh, famoso….ha appena
iniziato" – obiettò Hermione, senza per questo voler
sminuire le potenzialità del suo migliore amico.
La donna
in piedi davanti a lei parve non farci caso, presa come era dal suo
discorso – "E poi, da quando sono stata assunta al San Mungo…beh,
deve sapere che qui non si fa altro che parlare di lei. E' una
specie di leggenda. Dicono che sia la più preparata, nel suo
campo"
La ragazza si sistemò le coperte che le arrivavano
alla vita, impacciata – "G-grazie, io…non so cosa dire…sono
davvero molto lusingata" – rispose, un leggero rossore le tingeva
le guance.
"Si figuri. E' la verità" – proseguì
Susan allegramente – "E se non fosse stata già famosa per
conto suo, avrei avuto modo di sentire comunque il suo nome, per via
di suo marito…"
La risata cristallina di Hermione si stemperò
nella quiete della stanza – "Deve esserci uno sbaglio" –
mormorò sorridente, cercando di placare l'ilarità –
"Io non ho alcun marito"
Sorprendentemente, Susan non rise a
sua volta.
Al contrario, si rabbuiò.
"Signora….sta
scherzando, vero? Voglio dire…lei ricorda suo marito, non è
così?"
Hermione tacque, lo scherzetto era stato
divertente, d'accordo, ma ora cominciava a diventare noioso –
"Per ricordami di avere un marito dovrei essere sposata, non
crede?" - stette comunque al gioco, estraendo la mano sinistra da
sotto le coperte e mostrandola all'infermiera.
Un bagliore
inaspettato attirò la sua attenzione.
E lì,
sull'anulare lungo e sottile di quella mano delicata, da sempre
priva di qualsiasi genere di ornamento…una spettacolare fede d'oro
lucente faceva bella mostra di sé.
Hermione fissò il
cerchietto scintillante basita, incapace di emettere alcun
suono.
Alzò la mano destra, tremante, appoggiandola
sull'altra. Fece scorrere le dita le une sulle altre,
meravigliandosi di percepire il contatto da entrambe le parti.
Quella
non era la sua mano. Era l'arto di qualcun altro. Senza
dubbio.
Perché LEI non era sposata. Non esisteva alcun
marito. Nessuno.
Chiuse un attimo gli occhi, prendendo un bel
respiro.
Quando li riaprì, abbassando nuovamente lo
sguardo, inorridì.
Perché il temuto anello era
ancora lì, al suo posto.
E questo poteva voler dire
soltanto una cosa.
Amnesia.
˜
No. Non poteva
succedere. Non a lei.
Ma i fatti parlavano chiaro. Non
ricordava.
O meglio, ricordava meno di quanto avrebbe
dovuto.
Guardò Susan negli occhi e capì che era
arrivata alla sua stessa conclusione.
"Ricorda come si chiama?"
– fece apprensiva.
Che domanda stupida..certo che ricordo come
mi chiamo. Non sono mica deficiente!
Calmati, Hermione – si
disse mentalmente – Calmati! Sta solo facendo il suo lavoro. E tu
lo sai bene.
Aveva avuto a che fare con alcuni casi di amnesia.
Questo lo ricordava. E ricordava bene le domande banali a cui aveva
sottoposto i suoi pazienti. Ma questo era il protocollo.
"Ricorda
come si chiama?" – le ripeté Susan.
"Hermione Jane
Granger" – soffiò la ragazza, tentando di mostrarsi più
tranquilla di quanto fosse in realtà.
"Quanti anni
ha?"
"Ventidue. Ancora da compiere. Il 19 Settembre" –
sospirò Hermione – "Sto andando bene?" – non riuscì
a trattenersi dal domandare, una sottile nota di ironia nella voce.
Non ce l'aveva con Susan, per carità – lei era davvero un
angelo – ma quell'assurda situazione rischiava di farla
impazzire.
"Più o meno"
"Come sarebbe a dire più
o meno?" – si allarmò l'ex-Grifondoro.
Susan abbasso
lo sguardo sulla cartelletta che aveva appena recuperato dal cassetto
del comodino – "Da questi documenti risulta che lei ha ventitré
anni. Compiuti."
"Che cosa?!?! Mi faccia vedere!" – e con
scarsa gentilezza le strappò di mano il plico di fogli in
questione. Lì esaminò con cura, fermandosi di tanto in
tanto, per dare un attimo di tregua agli occhi stanchi.
Si era
abituata alla luce da pochi minuti, di certo mettersi a leggere era
l'ultima cosa da fare.
Ma non le importava. Doveva sapere.
Passò
a setaccio tutta la documentazione, mentre una smorfia le distorceva
le labbra.
Informazioni scarse, per nulla dettagliate.
Era
stata investita da un'auto nel mondo babbano. A Londra, per la
precisione.
Una tale Christine Keller l'aveva soccorsa,
portandola di volata al San Mungo.
Hermione fece mente locale.
Christine Keller…Christine Keller…quel nome non le era nuovo…
Ma
si! Una Corvonero, di due anni più giovane di lei.
Mezzosangue, come lei. E per di più, londinese. Alla prima
occasione l'avrebbe ringraziata – si ripromise.
Scorse
velocemente il resto dei fogli, con sguardo critico,
professionale.
Forte trauma cranico. Un coma profondo, durato tre
settimane. Deboli cenni di risveglio registrati il 7 aprile.
"Che
giorno è oggi?"
"Il 12 aprile" – rispose
prontamente Susan.
Cinque giorni. Era sveglia da cinque giorni.
Troppi.
Non poteva essere un semplice stato confusionale. Non dopo
così tanto tempo.
Se si fosse trattato di un paziente
qualsiasi, Hermione non avrebbe avuto alcun dubbio sulla
diagnosi.
Amnesia. Causata dal forte impatto e dal coma che era
seguito.
Nonostante questo, stentava ancora a crederci.
Aveva
ventitré anni, non ventidue.
Un intero anno dissoltosi nel
nulla. Semplicemente…sparito.
E un marito. Senza un nome né
un volto. O una voce.
Un perfetto sconosciuto.
˜
Un
lieve bussare fece sobbalzare le due donne.
"Avanti" –
mormorò Susan.
Un uomo moro, non molto alto, sulla
trentina, fece il suo ingresso. Indossava un lungo camice bianco, ma
Hermione non vi fece caso.
La mente occupata da pensieri ben più
preoccupanti.
E' lui? – si domandò, scrutando con
attenzione quei piccoli ma simpatici occhi scuri, al di là
degli occhiali dalle lenti spesse. Senza sapere che fare, abbozzò
un timido sorriso.
L'uomo ricambiò il sorriso, poi si
rivolse a Susan.
"Da quanto si è svegliata?"
"Oh…circa
venti minuti. Forse mezz'ora" – rispose l'infermiera.
"La
vista? Qualche ombra strana, figure doppie?"
"No, no, la vista
è a posto" – affermò Susan – "Ma vede…il
problema è un altro"
L'uomo, che aveva già
raggiunto la porta soddisfatto, si voltò a quelle parole –
"Che è successo?"
"Lei…la signora…vede…pare che
abbia perso la memoria. Le ho fatto qualche domanda, per cercare di
capire…da quel che ho capito ha rimosso completamente gli ultimi
dodici mesi" – sussurrò titubante.
Il medimago la
guardò sorpreso – "Amnesia?"
Hermione annuì,
rassegnata.
"Questa non ci voleva!" – decretò l'uomo
subito dopo – "Cosa ricorda degli ultimi mesi?"
Susan
s'intromise prima che Hermione potesse proferire parola – "No,
non capisce. Lei non ricorda nulla" – spiegò seria,
guardandolo negli occhi – "Non sa nemmeno di essere sposata"
A
quell'affermazione il medimago sbiancò, diventando pallido
quanto il camice che portava.
"Oh no" – fu tutto quello che
riuscì a dire, spostando lo sguardo preoccupato
dall'infermiera alla paziente – "Torno subito"
E detto
questo si catapultò di corsa fuori dalla stanza.
Hermione
aveva assistito silenziosa a quella conversazione. Sollevò le
iridi ambrate verso la bionda – "E quello chi era?"
"Patrick
Davenport. Medimago di primo livello" – rispose Susan – "E,
prima che me lo chieda…si, è normale che non lo riconosca.
Come me, anche lui è arrivato al San Mungo da poco"
Hermione
si lasciò ricadere all'indietro, sul soffice cuscino di
piume. Portò le mani alla fronte, chiudendo gli occhi e
desiderando con tutta sé stessa che quell'incubo avesse
fine.
"Oddio… e io che ho creduto che fosse…." – non
riuscì a terminare la frase.
Susan la guardò
interrogativamente per un istante, poi comprese. E sorrise.
"Oh
no, quello non è suo marito!" – affermò – "Non
gli somiglia per niente, tra l'altro. Suo marito è alto,
biondo, con gli occhi chiari. E se me lo consente, estremamente
affascinante" – aggiunse con una punta di
imbarazzo.
Alto?
Biondo? Occhi chiari?
Affascinante?
Nella
mente della mora, ancora il buio più totale.
Ma chi diavolo
sono andata a sposare? – si domandò.
Passò in
rassegna tutti i suoi vecchi amici e conoscenti, alla ricerca di
qualcuno che corrispondesse a quella descrizione. Niente. Nemmeno un
possibile candidato.
Che fosse uno sconosciuto incontrato da poco?
Una sorta di colpo di fulmine?
Non si era mai reputata una persona
capace di lasciarsi trascinare dall'impulso del momento, a dire la
verità. Di certo non fino ad arrivare all'altare.
Ma
visto come stavano le cose, tutto era possibile.
Il suono della
porta che veniva aperta la riscosse.
Il medimago di poco prima
rientrò a passo svelto.
Hermione non fece in tempo ad
aprire bocca, perché l'uomo la precedette.
"Non si
preoccupi, Signora Malfoy, le posso assicurare che è in buone
mani" – tentò di rassicurarla, con un sorriso sulle
labbra.
Hermione lo guardò, ma non riuscì a
vederlo.
I lineamenti dell'uomo si erano fatti improvvisamente
confusi, sfuocati.
Non riuscì a sentire quasi nulla di
quello che disse.
Solo una parola.
QUELLA
parola.
Malfoy.
L'aveva chiamata Signora Malfoy.
Alto,
biondo, occhi chiari. Estremamente affascinante. Nella sua mente,
ora, una sola immagine.
Un volto maschile.
Quello di Draco
Lucius Malfoy.
La stanza cominciò a vorticare
pericolosamente intorno a lei. Non riuscì a scorgere il
medimago, ne tanto meno Susan.
E successe una cosa che non le era
mai capitata.
Per la prima volta in vita sua, Hermione
Granger…svenne.
