Ciao ragazzi!
Questa è la prima fic che scrivo in Italiano e non in Inglese, probabilmente più avanti la tradurrò se il tempo me lo permetterà...
Per il momento ditemi che ne pensate, seppellitemi di commenti e siate pure brutali, mi raccomando! :)
Un grazie di cuore a eli e Evey-h che stanno beta-leggendo la mia fic!
the old phib
1.
"Grazie ancora Mike. Vi chiamo!" esclamò con uno dei suoi dolci sorrisi salutando con un ultimo aggraziato gesto della mano il ragazzo dai tratti orientali, che, rispondendo silenziosamente al suo sorriso, si avviò verso il Grand Cherokee grigio di seconda mano che stava parcheggiato lungo il vialetto, quindi lo osservò fare retromarcia, voltarsi verso di lei e farle un ultimo educato cenno di saluto attraverso il finestrino prima di sparire lungo la strada vuota.
Da quello che Brittany ricordava era sempre così la domenica mattina da quelle parti. Vuoto, sì. Vuoto e silenzioso. E certo, doveva ammettere che erano passati anni dall'ultima volta che ci aveva messo piede e che il tempo passa e le cose cambiano, ma… Ecco, in realtà non le pareva che le cose fossero poi cambiate così tanto. Almeno non ad una prima impressione. Per qualche secondo continuò a guardarsi ancora un po' in giro cercando di ricollocare sistematicamente ogni particolare del cortile, della strada e delle case dei vicini che riusciva a scorgere standosene lì, in piedi sul porticato, e con una stravagante mescolanza di familiarità e noia si rese conto di ricordarsi perfettamente quasi ogni cosa.
Per un istante si chiese per la millesima volta se prendere la decisione di trasferirsi lì non fosse stato soltanto un colossale errore. In fondo forse non sarebbe stato meglio cercare un appartamento in città assieme a qualche amico o a qualche sconosciuto come faceva la gente normale a 23 anni? Vivere in compagnia, fare casino, organizzare feste da urlo… Lo sguardo poi le cadde sullo scatolone che conteneva la macchinetta per il caffè che le avevano regalato Mike e Tina e tutti i suoi dubbi si accantonarono di nuovo in un angolo della sua mente, perché era proprio quello il reale motivo per cui si stava trasferendo lì. Erano loro e la loro stupida macchinetta del caffè. Era il desiderio di chiudere una volta per tutte con la sua stupida fase college, il desiderio di cominciare a vivere una vita vera in cui ci fosse spazio per qualcuno con cui bere il caffè al mattino presto senza doversi addormentare con la preoccupazione di non sapere se una volta riaperti gli occhi sarebbe stata di nuovo sola, il desiderio di innamorarsi davvero.
Questo e la sua inguaribile tendenza, quando beveva troppo, a finire a letto con chiunque avesse sotto tiro, che, considerando le sue scarsissime capacità a rimanere sobria già dopo un solo paio di bicchieri di vino, e la sua altrettanto inguaribile memoria che le impediva di dimenticarsi ogni più minimo particolare degli innumerevoli modi in cui riusciva a rendersi ridicola, costituiva senza dubbio un ottimo incentivo a ritenere che vivere da sola nella casa ereditata da sua nonna fosse più salutare. Per tutti quanti. Tina compresa.
Con un grosso sospiro si fece coraggio e raccolse da terra il suo East Pack ricoperto di margherite rosa, quindi infilò la mano destra nella sua borsa di stoffa per cercare il portachiavi. Sapeva che probabilmente non avrebbe dovuto pensarlo, ma la pesante madonna di metallo che reggeva il mazzo cominciò a sembrarle davvero imbarazzante ora che le chiavi erano sue e non più della sua religiosissima nonna. Così prima di cambiare idea se ne liberò sfilandola via con le unghie e facendola cadere distrattamente sul fondo della borsa con un morbido tonfo. Decisamente meglio. Quindi infilò la chiave nella toppa e poi la ruotò verso destra forzando leggermente la serratura e appuntandosi mentalmente di oliarla prima che si bloccasse.
Due mandate più tardi la porta si aprì e Brittany venne investita da un leggero sbuffo di aria fresca e di odore di nonna. Avrebbe dovuto tenere spalancate le finestre come minimo per tutto il giorno per far cambiare del tutto quell'aria viziata. Quindi spalancò la porta di legno bianco che accompagnò l'intero percorso con uno irritante cigolio. C'era più lavoro da fare di quanto avesse sperato, sbuffò alzando gli occhi al cielo. E proprio nell'esatto istante in cui, piegandosi verso il basso per raccogliere da terra anche la sua sacca da palestra, cominciò a maledirsi per aver declinato l'offerta di Mike e Tina che si erano proposti di aiutarla a sistemarsi nella sua nuova dimora, un pesante oggetto di consistenza morbida accompagnato da un disperato miagolio la investirono facendola rotolare per terra.
Meeeeeeeeeeeeeeeeeeeoooowwww !
Brittany avrebbe davvero voluto gridare ma quella grassa bestiaccia pelosa le era planata sulle spalle e le stava soffocando la bocca contro la sua borsa di stoffa. Non appena si fu ripresa dallo shock riuscì senza troppi complimenti a scrollarsi di dosso il gatto e a ricomporsi rimettendosi in piedi mentre l'animale continuava a miagolare disperato strusciandosi contro i suoi pantaloni.
Possibile che nessuno si fosse preso la briga di avvisarla che il centenario gatto di sua nonna era ancora vivo? Considerando poi che lei era morta da quasi dieci giorni ormai e che presumibilmente nessuno era stato incaricato di dargli da mangiare non era affatto stupita che fosse così esasperato. Ci mancava solo Lord Tubbington, si disse con aria esausta, lanciando un'occhiata alla bestiola. Riusciva a ricordarsi ancora perfettamente il giorno che l'aveva visto per la prima volta. Ovviamente il nome l'aveva scelto lei. Era appena nato, ma era già così grosso che anteporre l'appellativo Lord al nome le era sembrato davvero d'obbligo. Quel pensiero le fece finalmente scappare il suo primo sorriso della giornata e così, sentendosi riempire di rinnovato entusiasmo tirò un forte sospiro e fece il suo ingresso nella sua nuova casa aprendo la zip del suo East Pack alla ricerca di un po' di cibo che potesse andare a genio al suo nuovo inquilino.
