Kate Beckett finì di lavorare presto quel giorno, cosa inusuale per lei. A quanto pareva nessun cadavere aveva deciso di saltar fuori all'ultimo minuto, consentendole di terminare le sue pratiche a un'ora decente e avere ancora una notevole energia da spendere nel resto della giornata.
Non avrebbe fatto niente di speciale, ma poteva permettersi di bighellonare per la città senza precipitarsi in metropolitana insieme ad altri sconosciuti che, come lei, sarebbero andati a casa giusto il tempo per farsi una doccia e una dormita e il giorno dopo essere di nuovo pronti in battaglia.

Si fermò a prendere un caffè, per una volta seduta al tavolino, con davanti una vera tazza di ceramica, invece che il solito cartone da portare via veloce, il cui contenuto veniva trangugiato di corsa senza nemmeno sentire che sapore avesse. Si concesse perfino di sfogliare un giornale abbandonato lì accanto, fingendo di interessarsi alle varie notizie di cronaca, come se non ne avesse già abbastanza di vita reale e di crimini, nel suo lavoro.
Arrivò velocemente a pagina sei, nascondendo perfino a se stessa che le importava di più del gossip e delle vite dei vip che delle dispute politiche. Anche di quelle ne aveva già abbastanza al suo distretto.
E poi era abbonata al Newyorker, e questa era una scelta abbastanza intellettuale da compensare qualsiasi indulgente curiosità mondana che le potesse essere successivamente rinfacciata.
Affondando la testa dentro al giornale lesse tutti i trafiletti per aggiornarsi sulle vite di personaggi famosi e starlette televisive, cosa che le consentiva di esercitarsi nel suo noto sarcasmo.

Oh, c'era anche Richard Castle, menzionato nella lista di vip che avevano qualche problema amoroso. Non che le importasse. Però, nel dubbio, lesse la notizia da cima a fondo.
Scoprì non solo che aveva dato spettacolo, come sempre, litigando in pubblico con una qualsiasi attricetta sconosciuta relegata al ruolo di guest star in un telefilm cancellato dopo una stagione, peraltro rifatta e peraltro bassa. Ma seppe anche che l'ultimo libro con protagonista Derrick Stormera pronto a fare il suo debutto nelle librerie, come suggeriva la notizia del party di lancio previsto per quella sera.

Non voleva che la saga finisse. Era un po' arrabbiata con l'autore per la decisione di concludere le vicende del suo eroe, anche se capiva che le cose non potessero andare avanti in eterno, e lei avrebbe sempre potuto rileggere i suoi libri tutte le volte che voleva e averli sempre con sé, in caso di bisogno. Non aveva comunque voglia di leggere l'ultimo capitolo e poi 'Arrivederci, è stato bello'. Voleva ritardare il momento in cui avrebbe dovuto salutarlo.

Ciò nonostante, era del tutto consapevole che non si sarebbe data pace finché non avesse avuto il libro tra le mani, al sicuro nella sua borsa. Solo dopo avrebbe pensato a trovare il momento migliore per leggerlo e dirgli addio.

Anzi, visto che aveva tempo e non sapeva quando sarebbe stata benedetta da un'altra mezza giornata libera, poteva fare un giro in libreria e ordinarne una copia, così da essere sicura di trovarlo quando avesse avuto cinque minuti per parcheggiare, uscire dall'auto, e correre dentro a ritirarlo, tra un interrogatorio e l'altro.
Intanto avrebbe dato un'occhiata alle altre novità e si sarebbe persa nel profumo dei libri, per una volta senza fretta.
Avrebbe preso qualcosa di nuovo da leggere nella vasca, più tardi, insieme a un bicchiere di vino e molto tempo per sé.
Respirò felice perfino lo smog di Manhattan, davanti a una tale rilassante prospettiva. La vita sapeva essere bella.

Si diresse verso la prima libreria sulla sua strada, quella più vicina al distretto, che era intima come piaceva a lei e non ancora fagocitata dalle grandi catene dell'editoria.
Spinse la pesante porta di metallo, sentendo un campanellino suonare, un tintinnio familiare che la fece immergere subito nell'atmosfera libresca.
La proprietaria le sorrise educatamente, distogliendo l'attenzione per un istante dall'uomo con cui stava chiacchierando fittamente, e che se ne stava appoggiato disinvolto al bancone a diffondere charme per tutta la sala.

Kate la salutò cortesemente a sua volta. L'uomo si voltò in automatico nella sua direzione, seguendo lo scambio di cortesie e le lanciò un'occhiata distratta, oltrepassandola con fare annoiato e tornando a concentrarsi sulla donna alla cassa.
Beckett riconobbe all'istante, gelando sul posto, il suo autore preferito. Lì. In piedi. Davanti a lei, che aveva ancora una mano sulla maniglia della porta, pietrificata senza sapere se volteggiare su se stessa per l'entusiasmo o fingere classe e indifferenza. La stessa indifferenza con cui lui nonaveva registrato la sua presenza.
Si indignò senza saperne il motivo - non che lei di solito andasse in giro sperando di far girare la testa agli uomini. E, invece, sì, era proprio quello che succedeva, perché mai Richard Castle doveva rimanere indenne? Soprattutto, come si permetteva di guardare attraversodi lei, come se fosse stata invisibile? Non le aveva nemmeno sorriso, per educazione.

Raddrizzò le spalle con fare impettito, e si allontanò il più velocemente possibile, decisa a nascondersi in una delle altre sale.
Non gli avrebbe dato la soddisfazione di andare a chiedergli un autografo come qualsiasi fan svenevole.
No. Mai. Lei era un detective della polizia. Lei dava ordini ai suoi sottoposti, non andava in giro a emettere suoni inarticolati alla vista di un qualsiasi uomo di bell'aspetto (parecchio di bell'aspetto), a suo agio e affascinante a tal punto che l'intera libreria sembrava pendere verso di lui, che se ne stava al centro dell'ammirazione generale senza farci troppo caso.

Girando l'angolo, senza voltarsi nemmeno una volta a guardarsi indietro, si rifugiò nel settore più lontano, prese un libro a caso e iniziò a sfogliarlo fingendo di concentrarsi sull'argomento. L'arte di fare gli origami. Beh, è pur sempre un'attività utile da conoscere, pensò, la gente non si dedica abbastanza alla creatività. Lei, soprattutto.
Presa dal suo ostentato intento di non mostrare alcun interesse per l'oggetto in questione, non si accorse che l'uomo l'aveva seguita sfacciatamente con lo sguardo, mentre camminava a testa alta fissando il vuoto davanti a sé, smettendo perfino di seguire il filo del discorso per non perderla di vista.

Con anni di allenamento alle spalle nel campo della buona educazione e molto bravo nelle pubbliche relazioni, Richard Castle riuscì a non dare l'impressione di voler tagliar corto la conversazione, fece sentire la donna al centro della sua totale attenzione ancora per qualche minuto, e intanto guidò l'incontro verso la sua naturale conclusione, perché il suo radar da uomo single aveva segnalato possibile preda a ore nove meno un quarto.
Si congedò, salutò la donna prendendole la mano tra le sue, aggiunse un complimento galante che la fece arrossire e, fingendosi molto rammaricato, si liberò della sua compagnia per dedicarsi al successivo, più intrigante, impegno.
Dove era finita la ragazza con la sciarpa di un pallido coloro avorio e i capelli corti e scuri che incorniciavano i lineamenti più delicati e perfetti su cui avesse posato gli occhi nell'ultimo periodo?
Si affacciò sulla sezione thriller, sperando di trovarla lì, ma non fu così, dovette constatare un po' deluso. Avrebbe potuto sfoderare il suo fascino da: "Ehi, sono il Grande Autore in persona e ti ho scelto".
Si fermò per valutare il da farsi. Il negozio non era grande, ma era suddiviso in piccole nicchie labirintiche. In questo modo rischiava di girare a vuoto senza riuscire a trovarla e facendosela scappare di mano.
No, non era quello che aveva in mente.
Si tolse la giacca, appoggiandosela su un braccio. Schivò abilmente alcune fan, spostandosi dal loro obbiettivo visivo prima che potessero braccarlo.
Dove diavolo era finita?

Coprì con lunghe falcate l'intero spazio della libreria, che conosceva molto bene, per esserci praticamente cresciuto, fino a rendersi conto con un certo disappunto che era molto probabile che lei avesse fatto un rapido giro e se ne fosse andata, scomparendogli da sotto il naso.
Beh, non che fosse importante, in fondo. Era solo un ragazza. Carina. Più che carina, ammise. Ma lui aveva un buon numero di impegni prima della festa del lancio del suo romanzo, quella sera, dove avrebbe incontrato molte donne meno sfuggenti e meglio svestite con cui divertirsi.
Ma voleva lei.E saperla lì nei dintorni e non riuscire a scovarla aumentava il suo desiderio, meglio definibile come capriccio, di rivederla.

Si sporse nell'ultima sala, relegata in fondo, piena di libri che lui non avrebbe mai comprato, e che, per conto suo non avrebbero nemmeno dovuto essere messi in commercio, e fu lì che la trovò, seminascosta da una colonna di gadget a tema, calamite, segnalibri, cartoline, poster, immersa in un volume, così concentrata che non si accorse del suo arrivo.

Oh, si era accorta benissimo.
Dalla sua posizione privilegiata l'aveva osservato gironzolare senza una meta precisa e si era rifugiata nel posto meno visibile che aveva trovato.
Non che pensasse che stesse cercando lei. E nemmeno capiva il motivo per cui dovesse celarsi al suo sguardo, nel caso. Era sicura che sarebbe di nuovo passato oltre non degnandola di alcuna considerazione. Preferiva evitare per la seconda volta la cocente delusione di non interessare minimamente l'artefice dei romanzi che amava.

Le rimaneva pur sempre un po' di orgoglio femminile. Né le piaceva particolarmente l'idea di scoprire che lui era più cafone di quello che aveva sempre pensato.
Oh, in senso fisico era interessante esattamente per come se lo ricordava, nell'unica volta in cui lo aveva incontrato, e anche lì non era andata granché bene: "A chi lo dedico?" "A Kate", gli aveva risposto arrossendo, come se gli stesse svelando un affascinante ed evocativo nome letterario tipo Ginevra.
Le aveva scritto una frase svolazzante, aveva firmato, le aveva sorriso anche con gli occhi, e non solo con le labbra, - le ragazze poliziotto certe cose le notano, e le nota soprattutto il loro stomaco zuppo di adrenalina -, e l'aveva congedata. Niente grande incontro. Niente chiacchiere in cui chiedergli di svelarle i retroscena delle sue scelte narrative e offrirgli il suo punto di vista molto ragionato e approfondito. Niente. Era tornata a casa felice per il suo libro autografato, ma delusa per aver scoperto che lui era sì attraente e pieno di fascino virile, ma non c'era stato alcun incontro di anime affini finalmente ricongiunte.

Lo vide sporgersi, passarsi una mano tra i capelli, cosa che lei non avrebbe disdegnato di fare - presentandosi l'occasione in un'altra vita -, appoggiare un braccio sul muro per dare un'occhiata nella sala e fermare lo sguardo su di lei. E guardarla. Intensamente. Kate si chiuse la giacca con una mano, con l'impressione di sentirsi troppo esposta sotto ai suoi occhi.

Lui si mosse nella sua direzione, facendole capire inequivocabilmente che era lei la destinataria delle sue ricerche finora infruttuose.