Daniele iniziò ad occupare i pensieri di Edi verso la fine di marzo.

In realtà i due si conoscevano già dall'inizio della scuola, ma non si erano mai confrontati sul serio.

Entrambi si erano iscritti alla quinta elementare del quartiere, trasferendosi da altre scuole. Edi all'epoca non era certo famosa come oggi, ma la sua faccia era già conosciuta grazie ad alcune pubblicità, e quindi attirava molto l'attenzione dei suoi nuovi compagni. Edi non era abituata alla grande città e alla nuova scuola, ma ci mise un tempo sorprendente breve a diventare la beniamina della classe. Il suo carattere allegro e intraprendente la contraddistingueva già.

Daniele, che l'anno precedente frequentava un istituto privato, stava in disparte quanto Edi attirava l'attenzione. Per i primi tempi rimase tranquillo e silenzioso; i bambini della classe lo dimenticarono presto, e l'unico che gli stava accanto era Enrico (che, scoprì poi Edi, era suo vicino di casa e lo conosceva da anni).

In realtà, nelle riunioni dei genitori si era già parlato molto di quel Daniele, di come era bocciato l'anno prima e di che genere di carattere avesse, ma poiché sua madre non frequentava le riunioni, Edi non ne seppe mai niente.

Verso la metà dell'autunno, Daniele sembrò svegliarsi. Iniziò ad avvicinare i maschi della classe uno alla volta, e rimase a lungo a parlare con ciascuno di loro. Parlava piano, quasi in un bisbiglio, e veniva ascoltato con avidità.

A scuola e nei dintorni iniziarono a verificarsi piccoli incidenti. Qualche oggetto sparito, qualche muro o prato rovinato. Capitava alla sera di vedere una banda di bambini maltrattare un cane o una vecchietta. I genitori e gli insegnanti ci misero molto a realizzare che erano i maschi della Quinta B a organizzare i vandalismi. Tutti i ragazzi furono puniti, ma, nonostante fosse evidente che il capo di tutti era Daniele, nessuno dei suoi compagni lo accusò.

Ai bambini fu impedito di continuare le loro scorribande, ma trovarono presto un nuovo passatempo. Fu ancora Daniele, ovviamente, a individuare tra gli insegnanti quelli più giovani e deboli. Il maltrattamento iniziò in sordina. I bambini non sembravano apprezzare le lezioni, si annoiavano, chiacchieravano. Iniziarono a prendere in giro le maestre, con sorrisi innocenti e occhi brillanti di cattiveria. Piano piano, le lezioni in classe di Edi diventavano tese. Quando Edi si rese conto della situazione, era appunto marzo.

Provò a interrogare le sue amiche, ed esse le parlarono di Daniele, che all'epoca tutti chiamavano "il mostro della Quinta B". Edi, che fin a quel momento non gli aveva prestato attenzione, iniziò ad osservarlo per capire che tipo fosse; non ne ricavò nulla. Mentre gli altri maschi lanciavano palline di carta ai maestri o strappavano i libri, lui se ne stava seduto in silenzio in fondo alla classe, leggendo o ascoltando musica. A volte rivolgeva una parola a Enrico, che stava accanto a lui. Per il resto, sembrava ignorare quello che lo circondava. Ma era lui a manovrare la classe, non c'era dubbio. Gli sguardi felici che gli rivolgevano i bambini, i sui occasionali cenni, lo confermavano. Edi scoprì di trovare molto irritante il comportamento di quel ragazzino. Fu in quel giorno che si ripromise di fargliela pagare.