L'idea di questa ff nasce dopo l'episodio 11x5, un pò per la necessità di metabolizzare la rottura fra Callie e Arizona, un pò per la voglia di esplorare aspetti di Arizona che, a parer mio, sono stati tralasciati o esplorati male all'interno dello show.

Amo profondamente entrambi i personaggi e li amo ancor di più come coppia. Di seguito vi propongo il primo capitolo di questa mia nuova avventura. Sperando che sia di vostro gradimento e sperando che mi vorrete lasciare una recensione, vi auguro buona lettura.

HFC

"I suoi occhi sono su di me; le do le spalle ma so che mi sta guardando.

Non voglio girarmi, so che infrangerei di nuovo le regole.

Muovo leggermente il collo intorpidito e provo a concentrarmi di nuovo sulla mia pancia di gelatina.

Improvvisamente un brivido intenso percorre il mio corpo; quel brivido che solo le sue mani sono in grado di darmi. Quelle mani che ora si trovano sulla mia schiena e che, lentamente salgono fino alle mie spalle doloranti, massaggiandole delicatamente. Socchiudo gli occhi per un secondo. Vorrei che il tempo si fermasse, vorrei non opporle resistenza.

"Calliope...devo esercitarmi"

Avvicina lentamente il suo volto al mio.

"Non parlare..è la regola"

La sua voce è calda, le sue parole sussurrate mi penetrano nelle orecchie, il calore del suo respiro si infrange sul mio collo e, ancora una volta, le mie difese crollano davanti a lei.

Il suo corpo sul mio, le sue labbra su di me, le sue mani che mi esplorano"

Arizona continuava a fissare la porta della cucina, come se si aspettasse di vedere comparire la sua Callie da un momento all'altro; proprio come era accaduto la sera prima o come accadeva nelle serate in cui veniva trattenuta in ospedale e rientrava con passo veloce, portando della pizza per farsi perdonare per il ritardo. Quelle sere in cui Arizona, sentendo il rumore della porta, versava i due bicchieri di vino che erano solite sorseggiare insieme parlando della giornata, di Sofia, di tutto e di niente.

Non riusciva a pensare ad altro. Fissava quella porta e non era ancora in grado di concepire che Callie non l'avrebbe più varcata. Era incredula e attonita. Nemmeno ventiquattr'ore prima aveva fatto l'amore con sua moglie, con la donna della sua vita, con la donna che amava con tutta se stessa. Si, perchè amava tutto di lei: dalla sua capacità di rapportarsi ai pazienti, al modo in cui si mordeva impercettibilmente il labbro mentre controllava gli esami. Amava le voci che faceva alla sera mentre leggeva la storia a Sofia; amava quel grande e bellissimo sorriso che le veniva alla notte mentre dormiva e, amava più di tutto che quella fosse la prima cosa che vedeva ogni mattina quando si svegliava.

Fare l'amore con lei quella notte le aveva trasmesso la certezza che le cose fra loro si sarebbero potute sistemare; magari non subito, non istantaneamente, ma col tempo e facendo un passo alla volta, avrebbero superato anche quella prova.

Quel mese era stato uno dei più difficili della sua vita, ma le era servito per capire che nonostante tutto, l'unica cosa che le serviva per essere felice, l'unica cosa di cui aveva davvero bisogno e di cui non avrebbe mai potuto fare a meno era proprio la sua Calliope.

Invece, ancora una volta Callie aveva deciso per lei.

Si, perchè in quei trenta giorni Callie si era sentira libera e quella sensazione di libertà le aveva fatto vedere chiaramente che tentare di continuare ad aggiustare le cose fra loro, la stava lentamente uccidendo. Non era più in grado di farlo. Non voleva più continuare ad amare Arizona così tanto a discapito di se stessa. Aveva deciso che voleva mettersi al primo posto; ma voleva che anche Arizona imparasse ad amarsi di più, che si sentisse libera e che avesse molto di più di quello che avevano ora. Molto di più di una relazione che faceva sentire bloccate entrambe.

Avevano Sofia e lei l'avrebbero continuata ad amare insieme.

Finalmente Arizona distolse lo sguardo dalla porta, si sfilò la giacca e l'appoggiò sullo schienale della sedia. Si diresse verso la cucina, si versò un bicchiere di vino, lo bevve in un sorso sentendone a malapena il gusto e, istintivamente, vuotò il resto della bottiglia nel lavello. Senza Callie, nemmeno il vino aveva più lo stesso sapore.

L'unico sapore che sentiva in bocca era quello del fallimento, dell'abbandono. Ancora una volta aveva perso un pezzo di se e ancora una volta avrebbe dovuto ripartire da capo.

Il vino e la tristezza le avevano dato alla testa. Era sconvolta, ma sapeva che non riusciva a pensare razionalmente, non ne aveva nemmeno voglia. Almeno per quella sera, voleva solo concedersi il lusso di potersi abbandonare liberamente al dolore. Voleva continuare a piangere finchè non avesse eraurito le lacrime. Non aveva la forza di farsi domande, ne tantomeno di darsi risposte, per cercare di capire quello che le stava succedendo.

Si sentiva svuotata; ancora una volta aveva perso qualcuno che amava. Prima Tim, poi Nick, poi il loro bambino e adesso lei. Non riusciva a crederci, le sembrava tutto così irreale che più di una volta aveva pensato di vivere un incubo.

Camminava per casa come se fosse alla ricerca di qualcosa. Passò davanti alla stanza che, per trenta giorni, era stata quella di Callie. Istintivamente aprì la porta sperando irragionevolmente, che lei fosse li. Accese la luce e si diresse lentamente verso il letto. Si sedette e guardò il cuscino, immaginando di vedervi posato il volto di Callie illuminato dal suo bellissimo sorriso; allungò la mano e afferrò il cuscino stringendolo a se, inspirando il profumo della moglie che vi era ancora impresso. Senza nemmeno accorgersene, fece il gesto che le venne più naturale in quel momento. Si infilò sotto le coperte che fino ad un paio di notti prima avevano avvolto Callie. Spense la luce, sentiva il cuscino farsi umido sotto le sue lacrime. La stanza in penombra le permetteva di prendere sempre più coscienza di ciò che disperatamente voleva negare; le permetteva di vedere che era sola. Così chiuse gli occhi per cancellare quell'immagine, per sostituirla con quella della sua Calliope. Le coperte iniziarono a scaldarla e lei si abbandonò al pensiero che quel calore fossero le braccia della sua donna che la cingevano. Sentì i muscoli del corpo lentamente rilassarsi finchè si addormentò.

Arizona era in piedi davanti al lavandino del bagno e fissava la sua immagine riflessa allo specchio. Gli occhi erano gonfi e arrossati per le troppe lascrime versate. Il viso era segnato dal dolore provato la sera prima.

Quell'immagine non le piaceva; odiava sentirsi così ancora una volta. Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto trovare la forza per reagire. Ma ora doveva farlo completamente sola.

Aprì il rubinetto, abbassò il capo e si lavò il viso con abbondante acqua gelida, come se quel gesto fosse la soluzione per destarla da quel suo stato di smarrimento e confusione.

Sollevò di nuovo il volto e riprese a guardare l'immagine che le mostrava lo specchio.

" "Mi sento finalmente libera. Cercare continuamente di sistemare le cose tra di noi è qualcosa che mi sta uccidendo lentamente e non voglio più farlo. Non voglio più sistemare il rapporto che c'è tra di noi".

Lo aveva rifatto. Ancora una volta aveva deciso anche per me e ancora una volta mi ritrovavo impotente a subire le conseguenze delle sue decisioni.

Mi sentivo come se mi avesse spinto giù da un auto in corsa. Tutto intorno a me continuava a muoversi velocemente ma io ero ferma. Non avevo più appigli. Mi aveva spinto giù e stava continuando il suo viaggio da sola. Lei sapeva farlo. Era forte, coraggiosa e niente e nessuno erano in grado di fermarla.

E io?

Bella domanda. Io non avevo più nulla. Anzi no, io avevo la mia Sofia e avevo la specializzazione. Mi era rimasto questo.

Ma non avevo più lei e questo mi terrorizzava, mi faceva mancare il respiro, non era possibile che la mia vita dovesse proseguire senza di lei. Lei che fino al giorno prima era stata mia.

Era sempre stata mia.

Anzi no! Non era mai stata completamente mia. Era mia, ma anche di Mark.

Mark Sloan: il terzo componente del nostro rapporto di coppia. Il suo migliore amico, il suo confidente, il padre di sua figlia; di nostra figlia.

Presenza ingombrante la sua. Col tempo ho imparato a volergli bene; perchè gliene volevo sinceramente. Ma ho dovuto farlo, ho voluto farlo, perchè io amavo lei. Non avrebbe mai rinunciato al suo amico, nemmeno per me; così ho trovato il modo di riuscire ad accettare anche lui: ma l'ho fatto per lei.

Io volevo lei, non Mark. Lei era inscindibile da lui. Io ero inscindibile da lei.

Mark Sloan è stata la prima decisione di Callie, le cui conseguenze, sono ricadute su di me.

Ora è chiaro: non è mai stata davvero mia.

Non volevo ammetterlo perchè era più facile tenere la testa sotto la sabbia e fingere che fosse tutto normale. Ma ora non ho più nulla da perdere. Ho già perso. Perso, come perdita di lei. Perso, come sconfitta.

Ecco come mi sento. Mi sento sola e sconfitta.

"Ho capito che mi sarei sentita soffocare. In queste settimane ho riso di più, ho fatto più cose, mi sono divertita molto di più. Voglio che tu abbia molto di più Arizona. Molto di più per entrambe"

Ho riso, ho fatto, mi sono divertita.

Sempre tu Callie al primo posto. Vuoi che io abbia. Ora non hai più diritto di dirmi ciò che vuoi o non vuoi per me. Lo hai rifatto, continui sempre a farlo: a decidere per entrambe, a mettere le tue eigenze davanti alle mie. Mi fai parlare ma non mi ascolti, poi dici la tua, prendi e te ne vai e ogni volta mi lasci li.

Mi ami. Ti credo. Ti amo anche io, tanto. Ci amiamo forse troppo.

Ma sono arrabbiata, terribilemente arrabbiata. Devo essere arrabbiata, ne ho necessità per andare avanti.

Ho bisogno di provare queste cose, perchè continuare solo ad amarti mi consuma. Devo andare avanti e devo rialzarmi .

Devo farlo per me stessa. E devo farlo per Sofia, mia figlia.

Il punto, ora, non è che tu non sei più la mia Calliope. Il punto è che io non sono più la tua Arizona. "