A tredici anni il Natale non ha ancora cominciato a perdere parte della magia che si trova in esso da bambini. Si aspetta ancora trepidanti Babbo Natale, si parla di Jack Frost, e i regali arrivano ancora abbondanti, e iniziano ad essere utili, cose davvero belle, non più semplici svaghi o giocattoli con cui passare le giornate divertendosi.
Da qualche anno a quella parte però, per la principessa Anna di Arendelle, il Natale acquisiva un valore tutto speciale. Forse non magia, in fondo nella sua vita non c'era alcuna traccia di magia, ma emozione, impazienza, grande gioia… Quello sì.
"Padre! Madre!"
La principessina correva giù per la grande gradinata d'ingresso. Il Re e la Regina erano tornati da un viaggio che li aveva visti lontani tre giorni. Non certo il viaggio più duraturo che avrebbero affrontato, sicuro, e certamente non quello che li avrebbe visti lontani più a lungo. Anna aveva paura che non ce l'avrebbero fatta a tornare per tempo, ma i suoi genitori erano stati di parola, come sempre. La principessina si gettò fra le loro braccia stringendoli con tutte le sue forze, riempiendosi del loro profumo fino in fondo all'anima. Il braccio forte del Sovrano la teneva a sé cancellando in un secondo ogni preoccupazione, tristezza e solitudine.
Il 25 era il giorno dopo, ma per Anna era già Natale.
"Piccola mia…"
La Regina le passò dolcemente una carezza sulle guance rosse. Anna si sporse un po' per dare un grande bacio sul viso della mamma, che le sorrise con tutto l'amore che soltanto una madre può mettere in quel gesto.
"Ti abbiamo portato un regalo!"
La bambina spalancò gli occhi e la bocca in un'espressione che doveva essere sorpresa, ma che in fondo era solo pura gioia. Certo che mamma e papà avevano un regalo per lei! Ma in fondo, davvero, non era quello che aspettava. Il Re la lasciò andare e correre verso il giardino, dove era ancora ferma la carrozza e un paio di domestici stavano smontando i bagagli dei Sovrani. La Regina disse ridendo qualcosa come "Copriti, tesoro, fa freddo!" ma la bambina era già uscita, mentre i genitori la osservavano sorridendo, e il Re cingeva l'amata con un braccio, stringendola a sé… perché si sa, le mamme dicono ai figli di coprirsi quando sono loro ad avere freddo.
"Principessa, la prego aspetti un attimo!"
Il povero servitore, senza riuscire a trattenere le risate, osservò la bambina gettarsi all'interno della carrozza come si fa da un trampolino per tuffarsi in piscina. All'interno, ben poggiati sui sedili, c'erano due pacchetti più o meno delle stesse dimensioni. Ne afferrò subito uno al volo, con l'impazienza di un affamato davanti ad un piatto di leccornie, e ne lesse il bigliettino appeso ad un sottile filo dal colore dorato: "Anna", diceva il foglio in una grafia elegante e delicata, esattamente come la mano della mamma che l'aveva scritta… E a quel punto, Anna poggiò con cura il pacchetto accanto a sé. Il cuore le esplodeva d'amore, ma davvero non era quello che stava cercando. Quasi con mani tremanti afferrò l'altro pacchetto e ne lesse il nome scritto sopra: "Elsa".
Strinse a sé il regalo come ad abbracciarlo, cercando di farvi entrare dentro tutto il suo affetto.
Dopo pochi secondi afferrò anche il suo, scese dalla carrozza e corse di nuovo dentro il Castello per raggiungere i genitori che si stavano appena sistemando i soprabiti, mentre alle spalle della principessina i domestici chiudevano i portoni subito dopo il suo ingresso.
"Madre?"
Anna, impaziente, con gli occhi che brillavano più di qualunque sfarzosa decorazione natalizia di cui il Castello era adorno, si avvicinò con passettini che più che timidi sembravano ruffiani.
"Madre quando possiamo aprire i regali?"
Era per questo che il Natale, per la piccola Anna, era ancora un giorno speciale.
I regali li avrebbe aperti assieme a "lei". Non soltanto… Quella sera, a cena, la cena di Natale, tutta la famiglia si sarebbe trovata a tavola per celebrare. L'avrebbe vista, sarebbero state insieme tutta la sera… L'avrebbe vista aprire i regali, essere contenta, forse ci avrebbero giocato insieme! Non vedeva l'ora. Era impossibile aspettare… Aspettare ancora.
Anna era troppo piccola per vedere l'immenso dolore dietro al sorriso di sua madre, in quel momento. La quantità impossibile di amore con cui lo nascondeva era troppa, per essere attraversata dallo sguardo di un bambino.
Il Re giunse da poco più in là, dopo aver sistemato i soprabiti fra le braccia di uno dei servitori che poco prima avevano sbarrato il cancello d'ingresso. La sua espressione non tradì lo sforzo della consorte, per quanto il suo cuore condividesse il suo stato d'animo.
"Adesso andiamo a salutare anche Elsa, poi apriremo i regali.. Va bene, Anna?"
"Non essere impaziente, tesoro… Fra poco a cena staremo tutti insieme."
Avrebbe voluto saltare per la gioia. In effetti, lo fece. Corse con entrambi i pacchetti verso il grande albero di Natale sistemato a lato della scalinata principale, nel salone di ingresso. Lì sotto c'erano già sistemati tre pacchetti, di cui Anna era orgogliosa: li aveva fatti lei. Uno diceva "Papà", uno "Mamma" e l'altro "Elsa". Poggiò gli altri due accanto a questi, scoprendosi ad avere più cura di quello di Elsa che per il proprio. Rimase lì seduta un po', decidendo di trovare la posizione perfetta per i pacchetti. Li impilò a piramide all'inizio, poi decise di provare a sistemarli a terra a forma di cuore. Cinque pacchetti erano pochi, sembrava una "V" sbilenca… Provò a farne una torre, ma era instabile e poco elegante. Forse in fila, sistemati uno di fianco all'altro. No, non era carino. Ci passò molto più tempo di quanto non ne servisse… Ma doveva essere tutto perfetto. Doveva! Voleva che fosse felice… Voleva vederla sorridere…
Voleva vederla sorriderle.
Toc toc.
"Elsa?"
"Tesoro, siamo noi, apri la porta."
Il silenzio totale che albergava nel corridoio venne spezzato dall'armeggiare di una chiave nella serratura della porta. La porta si aprì quel tanto che bastò perché una piccola figura bianca sfrecciasse oltre, stringendosi con tutte le sue forze al Re e alla Regina in un abbraccio che era ricolmo di caldo amore, per quanto alla pelle gelasse.
"Elsa…"
La bambina piangeva. Stringeva, e piangeva.
Tremava forte, anche se non era per il freddo che stavano sentendo i suoi genitori. La Regina poggiò una mano sulla porta. Era come accarezzare il ghiaccio.
La spinse leggermente, aprendo alla vista sua e del marito l'interno della sala.
Regnava il bianco. Il letto pareva una statua di marmo. La luce a malapena filtrava dalla finestra, coperta da uno spesso strato di brina. Come se il cielo fosse lì dentro, cadevano fiocchi di neve tutt'intorno, svanendo tuttavia lentamente, come se la bufera avesse iniziato a calmarsi soltanto nel momento in cui i Sovrani erano arrivati alla porta.
"Oh… Elsa…"
La Regina si gettò in ginocchio ed abbracciò la figlia con ogni goccia d'amore possibile nel Mondo. Il Re poggiò una mano sul capo della bambina, carezzandone i capelli gelati, che solo adesso tornavano a scoprire un certo calore. I singhiozzi soffocati della principessa, che ancora soffocava il viso nelle stoffe, era la voce del dolore della famiglia reale.
"Ho paura… Padre!... Ho paura… Madre, aiutatemi…"
I sovrani accompagnarono la figlia all'interno, muovendola con la cautela con cui si sfiora un passerotto ferito. I singhiozzi della principessa si soffocarono dietro alla solida porta bianca, una volta chiusa dalla Regina prima di sparire all'interno con figlia e marito.
Sul volto, l'agonia.
