"Orsi" e "Draghi" al miele
CAPITOLO 1
DAENERYS
La primavera aveva abbracciato tutti i Sette Regni con i suoi colori più brillanti, eppure nell'Isola dell'Orso la neve non si era ancora sciolta restando aggrappata con tutte le sue forze agli alberi e al terreno. "Ci sono luoghi in cui la neve non si scioglie mai completamente" le aveva confidato Ser Jorah una sera, durante la traversata della desolazione rossa. "Per non farci dimenticare che questa terra appartiene al Nord."
Sebbene si fosse abituata ai climi più miti del vasto mare dothraki prima, a quello di Essos e Approdo del Re poi, Daenerys aveva voluto seguire il cavaliere nel suo viaggio verso casa. Sentiva che era la cosa giusta da fare, dopo aver riconquistato il Trono di Spade. Gli aveva promesso che lo avrebbe riportato a casa ed era il minimo che potesse fare per ripagarlo di tutti gli anni in cui le era stato accanto, proteggendola. Il periodo della sua assenza, quando lo aveva cacciato dopo aver scoperto il tradimento, era stato uno dei peggiori della sua vita: a Mereen aveva collezionato solo fallimenti e si era sentita sola, come mai le era accaduto. Né dopo la morte di Viserys e neppure dopo quella di Drogo, "il suo sole e stelle".
Se ripensava al tempo trascorso nella Desolazione Rossa si rendeva conto che, nonostante il caldo e le privazioni, la presenza del suo orso l'aveva reso sopportabile. Insieme avevano affrontato la morte e le erano sfuggiti, avevano navigato al di là del Mare Stretto, liberato schiavi e conquistato città. Lei aveva dato la sua presenza sempre per scontata e solo dopo averlo bandito si era resa conto di quanto lui fosse importante per lei e di quanto le fosse di conforto saperlo al proprio fianco. Riportarlo a casa era il minimo che potesse fare per lui.
Quella mattina Daenerys si svegliò piuttosto tardi, crogiolandosi tra le calde coperte di pelli del letto che Lady Maege Mormont, la zia di Jorah, aveva messo a disposizione per lei. Lady Mormont aveva accolto il nipote a braccia aperte. Troppo tempo era passato e troppe guerre erano state combattute per serbare dei rancori. Anche Daenerys, regina dei Sette Regni, era stata accolta con affetto, nonostante la casa Mormont, in quanto alfiere degli Stark, avesse combattuto contro Aerys Targaryen. Ma anche in questo caso, molte cose erano cambiate in pochi anni e la nuova regina si era dimostrata alquanto diversa dal suo "folle" padre.
Dany si alzò con la testa pesante "non avrei dovuto esagerare con il vino", pensò, sperando di non aver commesso nulla di sconveniente. Aveva solo vaghi ricordi della sera precedente, immagini sbiadite. Lunghi tavoli imbanditi con le migliori portate che il Nord potesse offrire: sfornato di lepre con funghi e noci, alce arrostita in salsa di mele e pinoli, prosciutto di cinghiale affumicato, il tutto accompagnato da pane ai semi di finocchio e birra scura. Gli invitati non erano molti, per lo più le figlie di Maege Mormont con la loro prole e mercanti che venivano ospitati tra le mura del palazzo prima di riprendere il loro viaggio.
Ricordò che alcuni di loro avevano al seguito dei giullari che si erano messi a suonare e in molti avevano ballato, anche lei aveva ballato. E con la più inaspettata delle persone presenti nella sala. Ser Jorah le si era parato davanti e le aveva offerto la mano, regalandole un sorriso talmente dolce che le era risultato impossibile rifiutare.
Dany mai aveva visto il cavaliere così felice come in quel momento. Per tutta la cena aveva riso con la Lady sua zia e aveva raccontato del suo viaggio ad una delle figlie di sua cugina. La piccola gli si era seduta sulle ginocchia e lo aveva ascoltato con occhi sognanti. La regina aveva provato una fitta di gelosia, desiderando essere lei a regalare al cavaliere quei momenti di spensieratezza che tanto meritava.
Non riusciva a calcolare per quanto tempo avessero ballato, ma ricordava che le canzoni erano state numerose e che per tutto il tempo si era stretta a Jorah e lui, di tanto in tanto aveva abbassato il volto per chiederle se stesse bene, se fosse stanca o per dirle qualcosa riguardo alla sala o ad uno dei presenti. E ogni volta la sua voce profonda era una carezza e le provocava un insolito fremito nel corpo.
Decise che era meglio non pensarci troppo e scese dal letto. C'era una bacinella di acqua fresca appoggiato ad un treppiede all'interno della stanza e si sciacquò il viso. Alcune gocce le scivolarono dal mento lungo il collo e il brivido freddo l'aiutò a svegliarsi.
Nel viaggio verso Nord aveva deciso di non farsi accompagnare da alcuna delle ancelle, un comportamento che non era sfuggito al cavaliere e a cui lei aveva risposto che né Irri né Missandei erano abituate a climi rigidi. In verità voleva fuggire tutto ciò che riguardava la corte e cercare di riassaporare la spensieratezza che aveva vissuto negli anni precedenti alla "corsa" per il Trono di Spade. Non c'era quindi nessuno a spazzolarle i lunghi capelli argentei - operazione richiese molto più tempo - si infilò alcuni abiti caldi, anche se poco femminili: un paio di brache di cuoio scuro e una corta tunica di lana verde e una cappa pesante con il collo di pelliccia. Quando fu pronta uscì dalla stanza e si avviò verso la sala.
Il palazzo dei Mormont, realizzato interamente con grossi tronchi di legno, era piuttosto modesto se equiparato alla maggior parte dei palazzi che Daenerys aveva visto, tuttavia le stanze erano ampie e confortevoli. Quando entrò nella sala grande, Dany notò che portava ancora i segni della serata precedente. La stanza poteva ospitare oltre cinquanta persone – numero tutt'altro che esiguo considerata il modesto lignaggio della casata – e nei mesi invernali era riscaldata da quattro bracieri posti agli angoli della stanza. Due tavoli lunghi occupavano le pareti a destra e a sinistra dell'ingresso, mentre adagiato alla parete di fondo c'era un tavolo rettangolare le cui gambe riproducevano le zambe di un orso, e da sei sedie di legno lavorato. Dal soffitto, dietro al sedile centrale, scendeva un drappo con lo stemma di casa Mormont: un orso nero ritto sulle zampe posteriori in campo verde.
Lady Alysane, la secondogenita di Maege Mormont, sedeva al tavolo in fondo alla stanza a consumare la colazione del mattino. Si stava servendo del pesce affumicato quando vide la Targaryen entrare nella sala. Si alzò di scatto e le rivolse un cenno di saluto. «Buongiorno, Daenerys.» A Dany il tono confidenziale con cui le si era rivolta non dispiaceva. Anzi, aveva pregato fin da subito le sue ospiti affinchè abbandonassero le eccessive formalità nei suoi confronti ed era ben lieta di constatare che l'avevano presa in parola. O almeno così avevano fatto le cugine di Ser Jorah, quanto a sua zia continuava a rivolgersi a lei come Maestà o Vostra Grazia e alla fine Daenerys aveva rinunciato ad ogni tentativo di dissuaderla.
«Spero tu abbia riposato bene.»
«Credo di ave esagerato con il vino ieri sera. E poi il freddo del luogo è di sicuro un incentivo per restarsene a letto e al caldo.» Rispose la giovane Targaryen, afferrando una brocca con del latte di capra. Sul tavolo, oltre al pesce affumicato c'erano carne salata, pane scuro con semi di finocchio e panini dolci alla birra e miele. La frutta non abbondava come al sud, ma non mancavano mirtilli, more e fragole selvatiche. Daenerys ne assaggiò una, era succosa e dolce.
«E se ci fosse un uomo a scaldare il letto sarebbe ancora meglio, vero?» Alysane le strizzò l'occhio, maliziosa. Dany finse di non cogliere l'allusione. Era evidente che la giovane Mormont si stesse riferendo a Jorah. Nonostante il tempo e l'assenza di incentivi i sentimenti del cavaliere non si erano affievoliti e Daenerys non era cieca all'amore con cui lui la guardava. E quegli sguardi non erano sfuggiti neppure a Lady Mormont e alle sue figlie.
La regina prese un panino dolce e lo inzuppò nel latte di capra, poi fingendo scarso interesse alla stessa domanda chiese: «Ser Jorah si è già alzato? »
«Sei abituata ad averlo sempre accanto, vero?» La schernì Alysane. «è una delle sue qualità, rendersi indispensabile. Oh, ma ne ha molte altre, come ben sai. Sa usare bene la spada… e non solo quella appesa al fodero. Molti cuori si sono infranti quando ha sposato Lady Lynesse.»
Dany arrossì appena prima di indurire i tatti del viso. Era vero che aveva detto loro che potevano trattarla in modo amichevole, ma ora la giovane Mormont si stava prendendo un po' troppe libertà. Anche se, doveva ammetterlo con se stessa, a volte le era capitato di immaginare Jorah in certi momenti della sua giornata.
«Perdonami, non volevo offenderti.» Si scusò Alysane. «Comunque mio cugino è uscito per il suo bagno mattutino.» l'espressione interrogativa della regina indusse Alysane a proseguire «C'è un piccolo lago oltre il gruppo di pini ad est del palazzo. In autunno e d'inverno il lago è ghiacciato, ma quando le temperature sono più miti il ghiaccio si scioglie rivelando acque cristalline. Jorah è andato ad esplorarne le profondità.»
«Mi sati dicendo che è andato a tuffarsi nel lago?»
Alysane annuì, sorridendo. «Lo fa da quando era ragazzo, quasi ogni giorno. Beh, da quando è stato esiliato non ne ha più avuto modo, ma prima era un rito quotidiano. "Rafforza il corpo e rinfranca lo spirito" diceva sempre, "fa passare la sbronza", aggiungo io.»
Risero entrambe. «Anche mio cugino ha esagerato un poco ieri sera.» Alysane sorrise maliziosa. «Altrimenti non credo avrebbe trovato il coraggio.»
«Ti chiedo di perdonarmi, ma non ho molti ricordi. È accaduto qualcosa-»
«Niente di cui preoccuparsi.» la interruppe la giovane Mormont e riprese a mangiare.
JORAH
La testa gli doleva terribilmente. Della sera precedente aveva solo immagine sfuocate. Una cosa la ricordava però, e molto bene, aveva ballato con Daenerys. Ancora non si capacitava di aver trovato il coraggio per invitare la regina a ballare, di certo il vino ingurgitato lo aveva reso spavaldo. Eppure Daenerys non aveva rifiutato, aveva preso la mano che lui le porgeva e si era lasciata guidare. Jorah era un discreto ballerino e lei aveva sorriso per tutto il tempo, le gote rosse per il vino e il caldo nella sala. Vederla ridere - e sapere che era lui a farla ridere, sussurrandole qualcosa all'orecchio – lo aveva reso estremamente felice e quasi audace. Aveva dovuto fare appello a tutta la sua lucidità per non chinarsi su quelle labbra morbide e rubarle un bacio. Se chiudeva gli occhi poteva ancora sentire il corpo di Daenerys premuto contro il suo, il profumo della sua pelle e la pressione dei suoi seni contro il torace.
I pantaloni che indossava erano diventati improvvisamente troppo stretti. Una nuotata era quello che gli serviva per riordinare le idee, farsi passare il mal di testa e placare il prurito che sentiva nel basso ventre al solo pensiero del corpo di Daenerys.
Raggiunse il lago in poco tempo. Il sole già filtrava tra i rami degli alberi e il calore delle settimane precedenti aveva disciolto il ghiaccio che ricopriva la superficie dello specchio d'acqua. A Jorah era sempre piaciuto quel luogo, non lontano dal palazzo eppur celato a esso dai folti pini. Era il posto in cui aveva imparato a nuotare, dopo che alcuni ragazzi lo avevano gettato di peso in acqua a soli quattro anni, ma era anche il posto in cui suo padre gli aveva insegnato ad usare la spada. Il pensiero di Jeor Mormont lo rattristò, non aveva mai più rivisto suo padre. La notizia della sua morte gli era giunta per mezzo del folletto, poche e vaghe informazioni. Solo ad anni di distanza aveva saputo la verità - gliela aveva portato il bastardo di Ned Stark – e con essa il perdono di Jeor Mormont e il suo ultimo desiderio: che si unisse ai Guardiani della Notte. Ma Jorah non era ancora pronto, e forse non lo sarebbe mai stato. Preferiva morire accanto a Daenerys – anche se sapeva che non sarebbe mai stata sua – piuttosto che vivere fino alla vecchiaia lontano da lei.
Si slacciò la cintura che reggeva la spada e la appoggiò sopra ad una roccia, quella più vicina allo specchio d'acqua. Si sfilò le brache di cuoio imbottite e la camicia di lana pesante, poi completamente nudo si avvicinò al lago. Un profondo respiro e si tuffò. L'acqua ghiacciata lo attanagliò lasciandolo senza fiato, ma fu solo un istante, poi ritrovò quella piacevole sensazione che provava da ragazzo. La vita cominciò a scorrere nel suo corpo, le membra ripresero vigore; poche bracciate e anche la nebbia del vino scomparve.
Nuotò per qualche minuto immergendosi nelle profondità scure del lago. Quando uscì la sue pelle era coperte di brividi, ma la sensazione gli piacque. Ancora bagnato si infilò le brache.
«Jorah. » La voce della regina lo raggiunse da breve distanza. Si voltò e quando la vide ferma sulla sponda opposta del lago si incamminò verso di lei, scordando di indossare la tunica.
DAENERYS
Dopo colazione Daenerys seguì la direzione indicata da Alysane. Il lago si trovava al di là di un doppio cerchio di pini che lo celava alla vista. Prima ancora di vederlo, la regina udì il rumore di un corpo che si gettava nell'acqua; la superficie del lago era increspata.
In un punto lungo la sponda, celato ai raggi del sole che prepotenti si abbattevano sulla neve che ancora ricopriva gran parte del prato, erano celati una camicia di lana grezza e un paio di brache di cuoio imbottite. Dany ebbe l'improvvisa consapevolezza che il cavaliere doveva essere nudo e il pensiero la fece arrossire. Si pentì di essere andata a cercarlo, avrebbe dovuto aspettare che facesse ritorno a palazzo, fece per voltarsi quando l'acqua si increspò di nuovo.
Jorah uscì dall'acqua e la regina rimase ferma. Dalla posizione in cui si trovava il cavaliere le dava le spalle. Bianche cicatrici solcavano la sua schiena abbronzata. Lo sguardo di Dany scivolò involontariamente verso il basso, Jorah aveva natiche piccole e sode per i molti anni passati in groppa ad un cavallo. Le gambe lunghe e tornite erano coperte da peli scuri.
Attese che il cavaliere si infilasse i pantaloni, poi lo chiamò.
Jorah rispose subito, incamminandosi verso di lei. Aveva scordato di indossare la camicia e i raggi del sole colpirono il suo corpo seminudo. Centinaia di gocce d'acqua erano impigliate tra i peli scuri del suo torace, ampio e muscoloso nonostante l'età. Una larga cicatrice, bianca e liscia a ricordo dell'arak di Quoto, partiva dal fianco sinistro e si perdeva tra la stoffa dei calzoni. Anche le braccia erano coperte da piccoli segni bianchi, il più vistoso, sul braccio destro, se l'era procurato nelle fosse di combattimento a Mereen.
Mentre guardava il cavaliere avanzare, le ritornarono in mente le immagini della sera precedente. La cena, la musica e il ballo. Il calore del corpo di Jorah, il senso di protezione che aveva provato tra le sue braccia. Per un momento si chiese come doveva essere giacere con lui. Farsi accarezzare dalle sue mani, assaporare la sua bocca, sentirlo fremere dentro di sé. Si mordicchiò nervosa il labbro inferiore.
«Va tutto bene, maestà?» chiese preoccupato il cavaliere, quando le fu di fronte.
«Sì…io… volevo vedere i dintorni del palazzo.» Rispose dopo un attimo di esitazione.
«Non è sicuro allontanarsi da soli dal palazzo Kahlessi.»
«Eppure tu sei qui da solo?»
«Sono cresciuto qui. Conosco queste terre, un tempo erano casa mia.» la nota malinconica non sfuggì alla regina.
«Non avrei mai dovuto dubitare della tua lealtà. L'ho capito tardi. Io non ho mai saputo cosa volesse dire stare lontano da casa.» la mano di Daenerys cercò la guancia del cavaliere. La barba le pizzicò il palmo. «Un po' ti invidio. Io non ho mai avuto una vera casa…»
I loro sguardi si incrociarono e per un istante Daenerys parve scorgere negli occhi azzurri del cavaliere il desiderio di baciarla. «Daenerys…» raramente la chiamava con il suo nome e la sua voce era un sussurro roco. Si alzò un alito di vento, rabbrividì. Il momento era passato; ritrasse la mano.
«Credo dovremmo rientrare, ti stanno aspettando. Mi avevi promesso una caccia all'orso, ricordi? »
«Sì…Kahleesi.» il cavaliere andò a prendere gli abiti e la spada e seguì la regina a palazzo.
Continua...
