PAROLE CHE FERISCONO
PRIMA
PARTE
Era strano che il laboratorio fosse tanto buio e
silenzioso e Greg si aggirava perplesso per i corridoi, cercando
qualcuno che gli dicesse come impiegare il suo tempo e sperando
ardentemente di non incappare tra le grinfie di Eckley. Da quando era
diventato capo della squadra aveva portato con se tutta una serie di
problemi, che si erano susseguiti uno dopo l'altro senza un attimo
di tregua… L'ultima settimana poi, dopo la sospensione di Sara,
era stata forse il peggior periodo lavorativo che Greg avesse mai
affrontato… Eckley non faceva altro che stare appostato negli
angoli più bui, immobile, con la pazienza di un pitone in
attesa della propria preda, sperando di poter captare qualcosa di
interessante per compromettere e punire qualcuno. Lo stesso Greg era
stato quasi sorpreso mentre discuteva insieme a Mia di quello che era
successo a Sara, entrambi non avevano una buona opinione di Eckley,
ma non c'era motivo di farglielo sapere e c'era mancato davvero
poco che quell'impiccione li sentisse.
Le cose erano così
cambiate… Gli sembrava passato un secolo da quando erano ancora
tutti uniti, una squadra affiatata, eppure erano trascorse solo
alcune settimane. Una volta amava quel luogo, lo percepiva come la
sua vera casa… Ora non ne era più tanto sicuro.
Non
riusciva a smettere di ritornare con la mente alla sua conversazione
con Sara, quando era andato a trovarla il giorno precedente… Non
riusciva a smettere di pensare a quello che aveva letto in quegli
occhi… Non riusciva a smettere di pensare a cosa doveva fare in
nome dell'amicizia sincera che nutriva nei suoi confronti. Che cosa
fa un vero amico in queste situazioni? Mantiene un segreto sapendo
che questo non allevierà le sofferenze della persona cara o
decide di tentare di aiutarla, anche se questo significa
infrangerlo?
La luce dell'ufficio di Grissom era accesa, per
quanto questo non contribuisse a dare a quella stanza un aspetto meno
tetro e tenebroso.
"Grissom?" Greg infilò l'irsuta
testa cosparsa di gel nel vano della porta, cercando con gli occhi il
suo superiore. Lo trovò assorto nella lettura di un enorme
tomo che aveva l'aria di essere terribilmente noioso. L'intera
scrivania era coperta di libri e fascicoli e una grossa caraffa di
caffè bollente stava in precario equilibrio sopra una
traballante pila di volumi.
Grissom sollevò lo sguardo
levandosi gli occhiali e strizzando gli occhi per vedere chi lo
distoglieva dalle sue letture.
"Greg…"
"Posso entrare?"
il ragazzo sembrava titubante, ma d'altronde Grissom si era sempre
reso conto che la sua presenza tendeva a creare un po' di
soggezione in Greg.
"Certo!" posò gli occhiali sul
libro aperto e scrutò la faccia del suo CSI fresco di
promozione. "Che brutta cera hai? Non ti senti bene? Siediti, bevi
un caffè." Così dicendo riempì una tazza
pulita e la porse a Greg, che nel frattempo si era avvicinato con
passo incerto e si era seduto sulla sedia di fronte a Grissom,
occupandone solo uno spigolo e puntando i piedi per evitare di
rotolare per terra.
"Dove sono tutti?" biascicò il
ragazzo dopo essersi dovutamene ustionato la lingua con il caffè
di Grissom.
"Bella domanda…" Grissom stava mordicchiando la
stanghetta dei suoi occhiali, con espressione accigliata. "Dunque…
Sophia ha la giornata libera, Sara è ancora sospesa e io e te
siamo qui! Ah, per quanto riguarda Nick, Warrick e Chaterine io non
ne rispondo più e se sei in cerca di Eckley ti consiglio di
provare in qualche angolo buio del corridoio, da dove spera di
cogliere qualche nostra mancanza."
"Così potrà
sospendere anche noi e tentare di licenziarci?"
"Non aspetta
altro…"
Greg non era uno sciocco e poteva individuare, nel
tono di voce a metà tra l'ironico e il seccato del suo
superiore, la sua stessa amarezza, che da giorni lo
attanagliava.
"Non sono l'unico ad essere disturbato dalla
situazione, vero? Azzardò Greg concentrandosi sulla grossa e
disgustosa tarantola che zampettava nel suo habitat artificiale, un
cubo di plexiglas posato sulla scrivania del suo superiore.
Grissom
restò in silenzio, con la bocca semiaperta, picchiettando la
bacchetta degli occhiali contro i propri incisivi, e grugnì
qualcosa che alle orecchie di Greg arrivò come un indistinto
"Mmh…"
"Cosa devo fare oggi?" chiese poi il ragazzo con
tono indifferente, cercando di scivolar via da quegli argomenti
spinosi che sembravano indispettire immensamente il suo capo.
"Niente!" sbottò l'uomo. "Anzi…" si corresse
poi "Visto che non abbiamo nessun caso di cui occuparci, puoi
aiutarmi con queste scartoffie."
Così dicendo lasciò
cadere con malgarbo una grossa pila di fogli e fascicoli di fronte a
Greg.
"Riordinare per argomento, per data, firmare e depositare
in una pila ordinata!"
"Io non posso firmare questa roba!"
protestò Greg scioccato da quell'insulto alle regole da
parte di Grissom. "Sei il mio supervisore e non posso falsificare
la tua firma, non voglio avere altri problemi!"
"ALTRI?" Gil
lo guardò con sospetto, sollevando leggermente un
sopracciglio.
Greg arrossì violentemente e si maledisse per
la lunghezza di quella sua linguaccia impertinente.
"Oh,
lasciamo perdere!" borbottò poi, avventandosi sulla pila di
carte a lui destinata e ritagliandosi un angolino sulla scrivania di
Grissom, in modo da avere un piano d'appoggio.
Ma la curiosità
(e forse anche la preoccupazione) del suo supervisore erano state
stuzzicate e l'uomo non sembrava essere disposto a fingere di non
aver udito le parole di Greg.
"Tralasciando il fatto che nessuno
si accorgerà che la mia firma è contraffatta, per il
semplice fatto che nessuno si preoccupa di controllare, e che
naturalmente ti ho passato da firmare soltanto robaccia inutile,
tenendo per me i rapporti importanti e ciò che necessita una
certa attenzione… che cosa c'è che non va?"
Greg
mugugnava scornato, stuzzicando la tarantola con la penna, che era
riuscito a infilare sotto il coperchio di plexiglas.
"Ti informo
che è molto velenosa e che le piace mordere!" abbaiò
Grissom, provocando un immediato scatto del ragazzo a cui la penna
cadde nella scatola, proprio sopra al ragno che si agitò
convulsamente, evidentemente non gradendo l'intruso.
"Lascia
perdere, la recupero io più tardi…" sospirò Gill
allungandogli un'altra pena e cercando di incrociare i suoi
occhi.
"Qual è il problema?" incalzò
poi.
Silenzio.
"Greg!" insistette "Non provarci nemmeno a
farmi credere che va tutto bene perché tanto non me la bevo!
Di solito eviti il mio ufficio come la peste e oggi hai deciso di
metterci radici; continui a ronzarmi intorno come se avessi qualcosa
di importante da dirmi ma ti manca il coraggio per cominciare. Non si
lancia il sasso per ritrarre la mano! Avanti, che c'è?"
Altro
silenzio.
"Greg!" questa volta la voce di Grissom sembrava più
infastidita.
"Insomma! Che vuoi sentirti dire!" esplose Greg
con un tono leggermente alterato "Puoi immaginarlo da solo cos'è
che non va…" poi si calmò e rimase in silenzio per qualche
secondo. No, forse Grissom non ce la faceva proprio ad
immaginarselo…
"Mi manca la squadra che eravamo prima, mi
manca l'atmosfera che c'è sempre stata qui. Mi manca il
mio lavoro, che amavo con tutto me stesso… Ora non lo so
più."
Teneva gli occhi bassi, per non incontrare quelli
del suo supervisore, che lo osservavano addolciti e stupiti per le
parole che aveva udito.
"Capisco." mormorò. "Ma il
tuo lavoro è sempre qui, come lo era prima… solo ora sei
avanzato di grado, ma credevo che questo ti avesse reso felice, che
tu lo desiderassi" Soggiunse poi.
"Ed è così!"
precisò subito Greg con fervore. "Quella promozione mi ha
riempito di gioia…La desideravo e credevo di avere sprecato tutte
le occasioni a mia disposizione; poi, quando ho visto quel cartello
sul manichino… beh, io… non potevo crederci, ecco… mi sembrava
un sogno. E per quanto riguarda la separazione della squadra…"
pigolò poi, sperando, avventurandosi su quel terreno spinoso,
di non spargere troppo sale sulla ferita di Grissom, che
probabilmente bruciava ancora e molto più della sua, "Mi
rendo conto che avrebbe potuto anche andarmi peggio, in fin dei conti
sono rimasto insieme a te… e a Sara, non sono dovuto passare sotto
la supervisione di Catherine… E' solo che…"
"Cosa
Greg?"
"E' solo che le cose sembrano non voler migliorare
mai… prima Eckley che non ci da tregua, poi il litigio tra Cath e
Sara e poi… Beh, lo sai… Sara sta ancora finendo di scontare la
sua punizione e c'è mancato poco che non venisse
licenziata."
"Non avrei ai licenziato Sara, lo sai."
"Tu
no… Ma Eckley lo avrebbe fatto e temo che sia solo una questione di
tempo…" Un sospiro "Gli serve solo altro tempo e riuscirà
a trovare una giustificazione per licenziarla. E poi toccherà
a te, forse… E' questo che vuole."
"Lo so. Ma non è
detto che ci debba riuscire Greg, ed è per evitare questo che
dobbiamo continuare a svolgere il nostro lavoro, con la stessa
passione di sempre soprattutto.. Le cose possono anche cambiare e noi
non dobbiamo dare ad Eckley atre ragioni a cui appigliarsi e con le
quali crearci altre difficoltà. Vedi… Per quanto riguarda
Sara…" Grissom tacque per un attimo, come a voler scegliere con
cura le parole, come indeciso se continuare quel discorso.
Greg,
dal canto suo, poteva benissimo vedere il disagio e l'imbarazzo del
suo capo, che si accingeva a toccare un tasto assai dolente, ma
sperava di riuscire a nascondere quella sua consapevolezza.
"Il
problema di Sara…" iniziò lentamente Grissom "…è
la sua fatica nel dominarsi, nel tenersi dentro le proprie emozioni o
sentimenti, per quanto buoni o legittimi possano essere. Eckley e
Catherine sono stati ingiusti con lei, non ho dubbi in merito a
questo, e inoltre ritengo che, per quanto riguarda la ragazza russa
seppellita nel cemento, Sara avesse ragione. Ma non è questo
il punto. Puoi avere tutte le ragioni del mondo, ma se non sei in
grado di farle valere nel modo giusto non ti servono assolutamente a
nulla. Sara ha sbagliato l'approccio e per questo ha rischiato di
perdere il lavoro, non è riuscita ad incanalare la grande
rabbia che ha dentro e questo l'ha portata a trovarsi in una
posizione difficile. Questo è quanto."
"Allora dovrebbe
sforzarsi di essere più insensibile, forse?" chiese Greg non
riuscendo a nascondere, con disappunto, un tono abbastanza seccato
nella sua domanda.
"Non ho detto questo." Ribatté
Grissom come se avesse a che fare con un bambino un po' tardo di
comprendonio. "E' solo che, nel lavoro che facciamo, bisogna
anche saper scollegare il cuore, a volte… Non vuol dire non sentire
nulla, non provare niente per le vittime, non avere emozioni proprie,
causate dalle situazioni che viviamo. Ma se uno non riesce a dare un
colpo di spugna, a fine giornata, si finisce per impazzire e quando
chiudi gli occhi, alla sera, ti ritrovi davanti i visi di tutti i
poveri disgraziati che hanno attraversato il tuo cammino in quel
giorno e non puoi più avere pace. E purtroppo, tra questi visi
evanescenti, i più vividi sono sempre quelli di bambini, donne
e ragazzini. Ci sono dei casi speciali a volte, delle persone che
lasciano il segno dentro di noi, che ci restano nel cuore e non se ne
vanno mai più… ma deve essere un'eccezione, non la
regola." Concluse poi lapidario.
"Già." Sbottò
secco Greg. "Ma scommetto che tu di queste eccezioni non ne hai
mai, vero Grissom? Scommetto che non c'è nessun fantasma a
turbare i tuoi sogni la notte! Scommetto che non pensi mai a chi
attraversa la tua strada ogni maledettissimo giorno!"
"Ma che
diavolo stai dicendo?" Grissom sembrava alterato, tanto che sbattè
con violenza gli occhiali sulla scrivania fissando Greg con uno
sguardo severo e infastidito, che il ragazzo non aveva mai visto.
Per
un attimo si sentì così piccolo, così
incredibilmente sciocco… Lì, in quella stanza, appollaiato
instabilmente su un angolo di quella sedia, mentre il suo
supervisore, seduto all'altro lato di quella scrivania, sembrava
schiumare di rabbia per la sua insolenza. Ma pensando alle parole di
Sara, al suo viso la sera precedente, a quegli occhi, che gli erano
parsi paurosamente spenti e vuoti, le sue paure e le sue incertezze
non poterono che apparirgli idiote e insensate.
"Sai Grissom…"
sentenziò poi con voce più pacata e tranquilla, ma che
non per questo suonava meno arrabbiata. "…anch'io ho i mie
fantasmi! E da ieri sera, dopo che sono stato a trovare Sara, non
riesco a levarmi le sue parole dalle orecchie, a togliermi il suo
viso dalla mente e non riesco a non rivedere quegli occhi in cui non
c'è più niente. E non si tratta solo della
sospensione o del diverbio con Chaterine," proseguì
appigliandosi ai braccioli della sedia, come in cerca di sostegno.
"questo è l'ultimo dei suoi problemi. Si tratta di tutto,
della sua vita, della situazione che vive giorno dopo giorno… Io in
quegli occhi ho visto il nulla senza fondo. E non capisco come tu
possa dormire la notte, proprio tu che potresti fare qualcosa,
proprio tu che hai il dovere di fare qualcosa. Come puoi chiudere gli
occhi senza trovarti davanti il suo viso?"
Non avrebbe voluto
parlare così a Grissom, rivolgergli quelle parole,
rovesciargli addosso tutta la sua rabbia e il suo disappunto. Non era
andato nel suo ufficio con quello scopo, aveva promesso a Sara di
starne fuori… Ma ora tutto veniva a galla. Così come l'acqua
che sale in una buca, scavata nella sabbia da un bambino, sulla riva
del mare, quel discorso intoccabile li stava circondando, incombeva
su di loro, pronto a sommergerli.
E il viso di Grissom, pallido e
immobile, come fosse di cera, indecifrabile come il più
terribile degli enigmi, reso tale dalle sue parole, era qualcosa che
lo impauriva, era un viso che non avrebbe mai voluto
vedere.
CONTINUA…
