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"La guardi signor Castle, la sua futura moglie, così piena di vita, sarebbe veramente un peccato se lei non potesse più starle accanto, vero?"
Uno schermo piatto, molto grande, restituiva le immagini della sala da tè londinese in cui Kate attendeva già da qualche minuto Rick, in ritardo come al solito, aveva l'aria di essere molto rilassata e di godersi ogni minuto di quel viaggio turistico per lei, di lavoro per Rick, non aveva alcun sospetto che lui potesse trovarsi dalla parte opposta della città legato ad una sedia e minacciato di morte
Rick strattonò i legacci che aveva ai polsi e alle caviglie senza riuscire a smuoverle neanche un centimetro, mentre il suo rapitore, un uomo dal volto affilato, magro, con degli occhi freddi come il metallo lucido che li circondava in quella stanza molto simile ad un laboratorio, continuava imperterrito le sue insinuanti minacce
"eh sì, un gran peccato... allora arriviamo al dunque, voglio suo padre!" scandì le ultime tre parole avvicinandosi a Castle sempre di più, coprendogli la visuale dello schermo
"mio cosa? non l'ho mai conosciuto mio padre..." mentì non sapendo quale fosse ancora la posta in gioco
"non questa prevedibile carta signor Castle! sappiamo che vi siete incontrati a Parigi due anni fa e poi a New York l'anno scorso. Mi dica dove si trova Jackson Hunt, oppure..."
"sappiamo? per conto di chi parla? Chi siete?"
"oh non ha alcuna importanza per lei conoscere con chi ha a che fare, ci dia ciò che vogliamo e non accadrà niente di male"
"mi uccida pure se è questa la sua minaccia, io NON SO dove sia mio padre!"
L'uomo si scostò lasciando di nuovo libera la visuale dello schermo, Kate conversava con Paula, rideva, come era bella quando rideva
"continui a guardare la sua bella compagna, registri bene quel sorriso, perché non lo vedrà più"
All'improvviso Rick intuì che quello minacciato di morte non era lui, ma Kate, tirò le funi fino a farsi male, gridò con tutto il fiato che aveva in corpo "No, non toccatela! Non fatele del male! Vi giuro che non ho la più pallida idea di dove sia Hunt, potrebbe essere anche morto per quanto ne so!"
"e questo sarebbe un male perché avrebbe due cadaveri su cui piangere, suo padre e quello della sua fidanzata"
"no, vi prego no!"
"mi spiace è già iniziato... ma può fermarlo, ci dia Hunt"
"cosa, cosa è già iniziato, maledetti!"
"vede quella splendida tazza di porcellana cinese che il detective Beckett tiene tra le mani, la porcellana è porosa, può trattenere minuscole particelle e quella tazza è piena delle particelle di una particolare tossina, molto rara..."
"cosa gli avete fatto!"
"2 mm all'ora"
"Cosa?"
"È la velocità della morte, non lo sapeva signor Castle? vede dobbiamo ringraziare due ricercatori di biologia di sistema della Stanford University, Xianrui Cheng e James Ferrell, che per la prima volta hanno calcolato la velocità alla quale si diffonde la morte in una cellula: 30 micrometri al minuto, il che in termini più comprensibili vale a dire due millimetri l'ora[1]."
"l'avete avvelenata!"
"avvelenata è un modo volgare di spiegare la cosa. Si tratta di riuscire a far scattare l'apoptosi, la morte programmata delle cellule, per contribuire al mantenimento del numero di cellule di un sistema, ma come sa, alcune volte le cellule del nostro corpo impazziscono e muoiono quelle che non dovrebbero, lasciando vive quelle dannose, come accade per il cancro o oltre malattie neurovegetative come l'Alzheimer"
"no, è impossibile!"
"E invece lo è, da cinque minuti Mrs Beckett ha il corpo invaso da quella tossina, si spegnerà alla velocità di 2mm all'ora, certo, abbiamo circa 37mila 200 miliardi di cellule nel corpo, le cellule sono grandi tra i 120 e 150 micrometri, 2 millimetri equivalgono a circa 15 cellule. Se morisse una cellula alla volta ci vorrebbero 4000 anni e questo è confortante direi, purtroppo non sarà così, signor Castle, molte cellule riceveranno il comando di spegnimento contemporaneamente e non tutte le cellule hanno lo stesso compito all'interno del corpo, ne basteranno molte meno, decisamente molte di meno, diciamo che facendo la debita proporzione con i ratti che l'hanno preceduta... le rimangono sei giorni"
"sei giorni..." piangeva Rick, la testa che scoppiava di rabbia, frustrazione, dolore
"no, mi correggo, in realtà ne ha quattro, gli ultimi due saranno atroci...ho il potere di spegnere le cellule della sua fidanzata ma ho anche quello di fermare questo spegnimento programmato, se lo faccio entro cinque giorni da ora, le sue cellule avranno il tempo di riprogrammarsi e iniziare a rinascere, sarà salva... in caso contrario... non sarà un bel vedere glielo assicuro
"Bastardo!"
"Mi porti Hunt e Mrs. Beckett sarà salva"
Un bruciore alla base del collo concluse quell'incubo ad occhi aperti.
Si risvegliò su un taxi che si stava fermando esattamente davanti alla sala da tè, era ancora stordito ma non al punto da non ricordare, si precipitò dentro senza rendersi conto di entrare in un luogo con luci soffuse, musica in sottofondo e gente che teneva a non essere disturbata
Kate si alzò immediatamente dal tavolo quando lo vide arrivare, stralunato, agitato, con gli abiti sgualciti
"Rick cosa ti è successo?"
"vieni con me Kate, per favore vieni con me" non riusciva a dire altro nella frenesia di volerla portare in un ospedale il prima possibile. Allungò la sua mano per prendere quella di lei e così facendo scoprì il polso arrossato fino quasi a sanguinare, a Kate non sfuggì e si spaventò
"Rick per favore calmati e dimmi cosa ti è successo, questi sono segni di legatura!"
"vieni e ti spiego"
chiamò un taxi e chiese quale fosse l'ospedale più vicino, facendo spaventare ancora di più Kate che lo vedeva agitato, sudato
"perché in ospedale, che ti hanno fatto? Stai male?"
Lui a quelle parole si bloccò, tale era la tensione che non le aveva ancora raccontato niente ed ora non sapeva come dirglielo
"non io, no io sto bene, è per te...quegli uomini ti hanno... messo qualcosa nel corpo era in questa tazza, nella porcellana"
Kate guardò stupita la tazza non si era neanche accorta che l'avesse presa avvolgendola in un tovagliolo
"Ma io sto bene Rick, davvero, sei sicuro di non stare male tu?"
Era sudato, e ansimava, era terrore ma come faceva a dirglielo?
"Loro vogliono che gli dica dove si torva Hunt e ti daranno l'antidoto"
"loro chi? Antidoto?! per cosa?"
"una...tossina sì, l'ha chiamata in questo modo... spegne – ingoiò a vuoto – spegne le cellule"
Kate smise di respirare, come poteva essere, lei stava benissimo, incalzò Castle, voleva capirne di più
"perché lo avrebbero fatto, Rick?"
"vogliono che gli dica dove si trova Hunt"
"e noi come facciamo a saperlo?"
"È quello che gli ho detto, io gliel'ho detto" scuoteva la testa sconsolato "Kate io farò di tutto per... siamo arrivati presto"
Pagò quasi lanciando i soldi dal finestrino e corse trascinandola dentro il pronto soccorso
Entrarono spiegò la faccenda al medico di turno e contemporaneamente, per la prima volta anche a Beckett che ascoltava attonita, quanto lui, che si rendeva conto di come ogni parola sembrasse talmente assurda da risultare un vaneggiamento
Nonostante lo scetticismo con cui lo aveva ascoltato il medico prescrisse delle analisi a Kate, la quale continuava a dire di stare bene e che invece avrebbero dovuto visitare lui che era visibilmente sotto shock
"Hai visto? Nel sangue non c'è niente di niente e neanche sulla tazza"
"No, su quella non lo sappiamo ancora, hanno detto che ci vogliono ventiquattr'ore..."
"Dovresti essere felice"
"Sì che lo sono, è solo che sembrava così...sincero, perché avrebbero architettato tutta quella messinscena? Io non capisco"
Tornarono in albergo e Rick su insistenza di Kate si infilò sotto la doccia, doveva lavare via le scorie di quella giornata, avrebbero ordinato la cena in camera e poi riordinato le idee su quello che gli era capitato
Mentre Rick era ancora sotto l'acqua calda e scrosciante squillò il suo cellulare, Kate lo prese per leggere chi fosse, aveva saltato tutti gli appuntamenti del pomeriggio poteva essere importante
"Rick il cellulare, è un numero privato"
"rispondi, potrebbe essere il responsabile del meeting!" la voce attutita la esortò a rispondere
"Mr. Castle sta perdendo tempo!"
"chi parla prego?"
"oh, lei è Kate, vero?""
"sì, con chi parlo?"
"dica a Mr. Castle di sbrigarsi, lei non ha molto tempo signora, le prime avvisaglie dovrebbero iniziare a breve..."
"pronto, pronto?"
Kate rimase turbata a guardare il telefono
"allora chi era?" la voce troppo vicina di Rick la fece sobbalzare
"Era... ha detto che non ho molto tempo, che devi sbrigarti..."
"Era lui, dio santo"
Rick iniziò a girare nervosamente per la stanza
"ma allora c'è qualcosa che non va in me?"
"Hai visto non hanno trovato niente, avevi ragione tu, stanno solo provando a spaventarci..." le si avvicinò e la baciò gli sembrò avesse la pelle più calda del solito ma pensò che fosse il contrasto con la sua appena uscita dalla doccia, s'impose di non essere 'iperprotettivo' e 'paranoico', così lo avevano definito nell'ordine Kate e il dottor Bishop che li aveva accolti all'ospedale mostrandogli le analisi perfette della sua compagna
Arrivò la cena, cercarono di distrarsi accompagnandosi con un buon bicchiere del rosso che piaceva tanto a Kate, erano anche riusciti a scherzare, la tensione si era allentata col passare dei minuti, avevano preso i calici per spostarsi davanti al grande camino della suite, Rick era ritornato sui suoi passi per prendere il telefono che aveva fatto un bip annunciando un messaggio, scorreva le notifiche quando il rumore di un vetro infranto lo fece sussultare, guardò nella direzione da cui proveniva, il camino, e non vide Kate, corse, la trovò a terra svenuta
Si era appoggiata al frontone decorato del camino, aveva avvertito un lieve giramento di testa, pensò che non era da lei rimanere impressionata così da vacue minacce, non c'era nulla che non andava in lei, i medici erano stati chiari ed anche lievemente seccati da quell'irruzione pomeridiana al pronto soccorso. Non c'era niente, la vista si annebbiò di colpo, un malessere che non aveva mai provato prima s'impossessò di lei, cercò di chiamare Rick ma non ci riuscì, non c'era niente che non andasse, fu l'ultimo suo pensiero.
Tremava, non era preparato ad eventualità del genere, riteneva che averla già vista morire in quell'ambulanza tre anni prima fosse stato sufficiente, il destino non poteva essere così accanito contro di lei, e stavolta lei aveva l'unica colpa di essere legata a lui.
Le poche parole del dottor Bishop erano state come una pietra tombale, si era scusato, per non aver capito ma era impossibile avere riscontri a quello stadio, ora invece era chiaro, Kate si stava spegnendo lentamente e i medici non sapevano perché, solo il come: le sue cellule stavano morendo, non sapevano ancora esattamente quali, stavano indagando
Cercava di scervellarsi su come trovare suo padre, non aveva nulla da cui partire, nulla, si era volatilizzato a New York ormai quasi un anno prima e nessuno sapeva dove fosse
Poggiò pesantemente la testa al muro che aveva dietro la sedia, un appiglio aveva bisogno di un appiglio qualunque... il libro! La copia di Casino Royal con cui Hunt, dopo il loro primo incontro, gli aveva fatto sapere d'essersi salvato!
Chiamò Martha, non avrebbe voluto farlo, non avevano più riparlato di Hunt, e non voleva dirle della situazione in cui era Kate, ma non aveva scelta.
Dopo le dolorose rivelazioni dovette far concentrare la madre sul libro, glielo fece sfogliare in cerca di qualche segno, qualsiasi cosa fuori posto, sperava pregava che Hunt gli avesse lasciato una traccia, un modo per rintracciarlo in caso di bisogno, ma non c'era nulla. Riattaccò più disperato di prima, si mise le mani tra i capelli, i gomiti sulle ginocchia, la mano del dr. Bishop si posò sulla spalla facendolo sussultare
"signor Castle, può seguirmi c'è un ulteriore problema"
Lo seguì per i corridoi come un automa, incapace di trovare il coraggio di chiedere cosa ci fosse ancora, entrò nella stanza in cui doveva trovarsi Kate e vide il letto vuoto, credette di svenire, cosa era successo, era morta? E lo comunicavano a quel modo in Inghilterra?
La porta del bagno si spalancò facendo apparire lo spettro di Kate, fu quello che pensò quando la vide pallida, ma vestita di tutto punto
"Kate..."
"non rimarrò qui a...ad aspettare che questa cosa mi consumi. Fino a quando il fisico me lo consentirà, ti aiuterò a cercare tuo padre" lo disse come se la morte imminente non riguardasse lei, era determinata a combattere e non lo avrebbe fatto rimanendo ad attendere, lei era fatta così
Firmò le carte per essere dimessa, prese accordi col dottore per tornare non appena la situazione sarebbe diventata critica, il medico li congedò promettendo che avrebbero continuato a cercare il modo per fermare quella tossina, si era appuntato i nomi di quei due ricercatori che Rick ricordava d'aver sentito dal suo rapitore, erano in corso contatti.
Salirono in un'auto presa a noleggio, più pratica dei taxi quando non sai esattamente dove andare, Rick l'aveva scortata fino all'auto tenendole costantemente un braccio a cingerle i fianchi, era istinto di protezione, inutile ma necessario per non impazzire.
Lui aveva fatto solo una debole obiezione a quella decisione, sapeva che non sarebbe mai riuscito a dissuaderla e in fondo, era felice di poterla avere vicino, se quelli dovevano essere gli ultimi giorni... cacciò quel pensiero nefasto, lui l'avrebbe salvata doveva convincersi che ci sarebbe riuscito! Le prime parole di lei, dopo un lungo silenzio, sembrarono aver frugato nella sua mente "volevo stare con te Rick, fino alla fine" lui spostò la mano dal cambio cercando alla cieca la sua mano e la strinse, forte. Non dissero altro.
Avevano pensato di andare a Scotland Yard, ma Rick constatò l'assurdità del racconto che avrebbe dovuto fare "scusi volevo denunciare che un uomo, molto somigliante ad uno degli scienziati pazzi dei film di James Bond mi ha rapito, ha inoculato una rara tossina alla mia fidanzata ricattandomi per riuscire a rintracciare mio padre, che ho visto solo due volte e che è una spia, non so neanche per conto di quale governo"
Aveva ragione, avevano bisogno di una persona fidata, Kate aveva smosso qualche conoscenza maturata dopo un incontro bilaterale tra corpi di polizia per scambi e aggiornamenti, avevano un appuntamento con Rupert Wilson, un commissario aggiunto della sezione SO12, il ramo speciale, era molto sveglio e scaltro e Kate era sicura che sarebbe stato d'aiuto quantomeno logistico.
Aspettavano in auto, sotto quella pioggerella fine che Kate aveva scoperto d'amare, era una pioggia non pioggia, tante gocce minuscole quasi in sospensione aerea, per le quali non serviva l'ombrello, non cadevano come la pioggia pesante di New York, si spostavano nell'aria e accarezzavano la pelle, avevano un effetto vivificante. Aprì il finestrino e mise la mano di fuori, magari fosse bastato quel contatto per guarire da quella tossina... quella tossina. Perché proprio quella?
"Ti sei chiesto perché?" il pensiero proseguì a voce alta
"Uhm cosa?"
"Perché usare una sistema così complicato per ricattarti, non sarebbe bastato rapirmi ad esempio? E poi chiederti di trovare tuo padre in cambio della mia salvezza?" ci provava ad essere distaccata a ragionare come se la vittima fosse qualcun altro, ma era sempre più difficile, le venne in aiuto Rick, continuando il suo ragionamento
"Invece si sono presi la briga di mettere quella tossina su una tazzina di porcellana di una sala da tè... come hanno fatto, come potevano essere sicuri che l'avresti avuta tu tra le mani e soprattutto perché usare una tossina così particolare, hai ragione Kate...ci serve internet subito!"
Aveva iniziato ad avvertire delle fitte alla gabbia toracica, come delle piccole scariche elettriche, erano fastidiose non dolorose, ma probabilmente annunciavano qualcosa di peggio, prese il cellulare e digitò il sintomo al dr. Bishop, cercò di non farsi vedere da Rick, non voleva tormentarlo con lo stillicidio dei suoi sintomi
Bishop rispose facendole alcune domande a cui lei rispose immediatamente: sì, sentiva come dei crampi e subito dopo le risultava difficile muoversi, sì, si sentiva sempre più stanca, no, riusciva ancora a respirare bene
Ad ogni quesito del dottore, sempre più preciso, emerse la paura che Kate aveva tenuto sepolta dentro di lei, capì che a breve avrebbe scoperto cosa l'avrebbe portata alla morte. Squillò il telefono, era Bishop, rispose, la mano tremava era un sintomo anche quello, ma della paura di morire
Ascoltò tutta la spiegazione del medico senza dire una parola, atrofia muscolare spinale, le cellule danneggiate erano i motoneuroni delle corna anteriori del midollo spinale, indebolimento dei muscoli del tronco e degli arti, immobilità della gabbia toracica per paralisi dei muscoli intercostali, blocco dell'attività diaframmatica, tanti termini scientifici per dire che sarebbe morta di asfissia, ad un certo punto non sarebbe più stata in grado di respirare.
Chiuse la comunicazione, posò il cellulare si diede una spinta per riuscire ad alzarsi, i muscoli le dolevano come se avesse corso la maratona, tornò da lui, disperatamente intento a cercare informazioni sul web
Non appena la sentì dietro di sé si girò sollecito, "ehi, stavo per venire di là, non tornavi"
"Rick..."
"dimmi"
"Voglio fare l'amore con te"
L'aveva presa in braccio, in silenzio, e si era diretto nella loro stanza, lei si era appoggiata col viso sotto al suo petto le mani attorno al collo, la presa debole, così diversa da quella che lui conosceva, le sembrava così piccola e indifesa, scacciò un moto di rabbia per quello che stava accadendo loro, ci sarebbe stato il momento del furore, ora voleva amarla con tutto sé stesso. L'adagiò sul letto, essere fragile con lo sguardo deciso di chi non s'arrende, lei non tolse le mani agganciate dietro la sua nuca, lo costrinse a rimanere col viso vicino al suo. Lui capì, lei temeva che lui avrebbe avuto remore ad andare oltre, preoccupato del suo stato, timoroso di farle male, ma lei sarebbe arrivata fino alla fine e doveva farlo anche lui, alla fine di quell'amplesso e alla fine di tutto se fosse arrivata.
Fece scendere le mani dalla nuca sulla schiena, prese i lembi della maglietta e gliela sfilò, poi fece ricadere le braccia ai lati della testa, aspettava che lui facesse lo stesso con lei. Lui indugiò qualche secondo, poi si avvicinò baciandola sulla fronte, e poi vicino all'orecchio sulla guancia e finalmente sulle labbra, stava creando una mappa mentale di lei, della sua pelle, del profumo della sua pelle... si fermò per un secondo, quello che gli servì per capire che stava già ricordando e non vivendo, si odiò per quei pensieri e li spazzò via baciandola con passione, mentre iniziò a far saltare i bottoni della sua camicetta, cercando il profilo dei suoi seni. Dio come era bello sentirla reagire ai suoi tocchi, la sentiva vibrare, la sentiva viva s'illuse di poterle dare energia vitale insieme a tutto l'amore di cui era capace. Lei lo portò dentro di sé, assaporando ogni momento di quella fusione, anche se il dolore stavolta, si mescolava al piacere, e due lacrime scesero nel momento di piacere culminante, si confusero col sudore, lui non le vide.
[1] .it/cronaca/scienza_calcolata_velocita_della_morte-4264851/news/2018-08-13/
