DISCLAIMER: non possiedo alcun diritto su D. Gray-man, è tutto in mano a quella pazza della Hoshino... Se fosse stato altrimenti... Il manga non sarebbe diventato un'accozzaglia informe di assurdità, e Lavi sarebbe insieme a Kanda da un bel pezzo!

ATTENZIONE YAOI - se non sapete cosa questa parola voglia dire, o se non gradite le relazioni uomo/uomo questa storia non fa per voi, siete avvisati! Come si dice, se non vi piace NON LEGGETE!


LOVE AND PRIDE


CHAPTER 1: Rouge et Noir


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That's what my heart, yearns for now, Love and Pride.

[Love and Pride, King]

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Londra, Inghilterra, un pomeriggio d'estate. Una villa principesca con un lussureggiante giardino. Voci di bambini che giocano spensierati sotto il sole, rotolandosi nell'erba in una lotta senza esclusione di colpi per il possesso di un'altalena.

Una bambina che scende da quell'altalena, richiamata in casa dalla voce di un domestico.

Tre loschi figuri che si avvicinano all'ingresso secondario del giardino.

Una carrozza che si allontana non vista dalla casa qualche minuto dopo.

- Ehi, Bocca Cucita. - borbottò un energumeno grosso come una montagna rivolto a un ragazzetto biondo, esile e dall'aspetto femmineo. - Perché il Portoghese vuole degli stupidi mocciosi?

- Non vuole dei mocciosi, vuole la Principessina, te l'ho già spiegato, testa vuota! - rispose irritato il terzo furfante del trio, un ragazzaccio bruno dagli occhi dipinti di nero, accostandosi al collo lo straccio bordato di pelliccia che si piccava di chiamare vestito. - Eccola là che sta giocando. - indicò i due bambini che si rotolavano ancora nell'erba, in mezzo alla parte di giardino adiacente l'entrata laterale della villa.

L'energumeno dette una mano ai suoi complici per scavalcare l'alto muro che recintava la costruzione, arrampicandosi faticosamente a sua volta e ricadendo pesantemente a terra dall'altra parte. Grugnì di dolore fra le risate degli altri due lestofanti, lanciandogli un'occhiata feroce.

- Andiamo. - li esortò il biondino assestandosi il buffo copricapo dalla foggia di coroncina che portava in testa, e la pallina attaccata a esso a mo' di antenna ondeggiò appena.

Sentendo avvicinarsi qualcuno i due bambini smisero di lottare. Si voltarono a guardare di chi potesse trattarsi, rimanendo paralizzati dal terrore nel rendersi conto che, chiunque fosse a fissarli con quell'aria soddisfatta, non era affatto loro amico.

Subito il primo fanciullo, i capelli rossi come fuoco vivo,si parò davanti al compagno di giochi, gridando aiuto, cosa che fece scattare il ragazzetto biondo, il quale, senza la minima esitazione, gli sparò un colpo di pistola al volto.

- Che fai idiota! - sbraitò il compare dai capelli scuri, afferrandogli il polso e puntando in aria con destrezza l'arma, per evitare che esplodesse anche il secondo. - Potevi colpire la Principessa! - gesticolò poi in maniera eloquente; l'altro protestò debolmente, stringendosi nelle spalle.

Il bimbo dai capelli rossi si afflosciò a terra, il viso una maschera di sangue, mentre l'altro fanciullo ne chiamava il nome disperatamente, scuotendolo.

- Deak! Rispondimi, Deak! - gridò, i lunghi capelli neri che gli ricadevano spettinati sulle spalle.

Dalla casa emersero due domestici, attirati dalle urla e dai rumori, ma il furfante biondo fece fuoco subito su entrambi senza pietà.

- Prendiamo la bambina e andiamocene. - ordinò poi rivolto al gigante, il quale allungò le mani sulla vittima indifesa che ancora si aggrappava disperatamente al corpo dell'amico, afferrando entrambi.

- No! - strillò quest'ultima, i delicati lineamenti orientali contorti da dolore e disperazione, divincolandosi con tutte le sue forze, ma invano. La presa d'acciaio che la stringeva si chiuse completamente su di lei, schiacciando brutalmente il suo corpo contro quello del compagno di giochi, finché perse i sensi.

- Che accidenti hai fatto, idiota! L'hai ammazzata! - gridò il filibustiere moro al complice, allarmato. La montagna di muscoli scosse la testa, abbassando la mano per fargli toccare i bambini: respiravano entrambi. - Molla l'altro e andiamo via, prima che ci scoprano. L'omone aprì il pugno, lasciando cadere in terra il bimbo dai capelli rossi; poi i tre si allontanarono velocemente dalla villa.

Non molto tempo dopo un uomo anziano di bassa statura e con il volto segnato da profonde occhiaie nere entrò anch'egli nel giardino dell'abitazione principesca, guardandosi attorno come se cercasse qualcosa, o qualcuno. Poi notò il corpicino riverso in terra, riconoscendolo immediatamente, e correndo verso di lui vide anche i cadaveri dei domestici.

- Deak! Dei del Cielo, che è successo! - esclamò, voltando con cautela il fanciullo e sperando che fosse ancora vivo. Debolmente, ma respirava ancora. - Ti avevo ben detto di non venire più a giocare con questo Yuu di cui parli sempre... - brontolò in tono addolorato mentre lo sollevava fra le braccia. - Ero certo che lasciarti coinvolgere con questa gente non avrebbe portato che problemi. Ora ce ne dovremo andare, cambiare di nuovo nome e città.

Senza preoccuparsi di niente altro che non fosse il suo piccolo fardello, il vecchio si allontanò in silenzio.

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Altrove, un altro uomo, dalla carnagione scura, attendeva con impazienza nascosto fra gli alberi che ricoprivano la parte interna della baia dove era sbarcato con la sua scialuppa.

Il volto incorniciato da una massa ribelle di capelli neri come la pece legati in un corto codino alla base del collo, la fronte segnata da numerosi tatuaggi a forma di croce e due inquietanti occhi gialli che ti scrutavano dentro come se potessero leggerti nell'anima, l'uomo si accese distrattamente un 'papelito'(1), fissando con impazienza dentro la boscaglia.

Finalmente ciò che attendeva si fece strada fra la vegetazione arrivando fino a lui, e un fagotto fu gettato ai suoi piedi senza tante cerimonie.

- Era ora. - commentò l'uomo, rivolgendo ai tre manigoldi uno sguardo irritato.

- Ecco qua, Portoghese. - rispose il bizzarro ragazzetto dai capelli neri e tese la mano verso il mandante di quel rapimento, indicando con l'altra il corpo avvolto in una coperta che ora giaceva in terra immobile. - La tua piccola Principessa. Ora sgancia i soldi.

L'uomo rise sommessamente, un ghigno divertito che gli compariva sul volto abbronzato. Agitò un dito davanti al viso del giovane, sotto gli occhi stupiti del compagno e lo sguardo ebete del gigante che li accompagnava.

- Eh, no, caro il mio Debitto. Mi spiace, ma non funziona così. - disse, chinandosi sul bambino. - Prima si controlla la merce. Poi si paga. - scostò la coperta dal viso del piccolo ostaggio, voltandolo verso di sé per esaminarlo meglio. Annuì, la mercanzia respirava ancora, ma era meglio verificarne le condizioni per intero. Srotolò la coperta, sollevando la bambina e notando con disappunto gli abiti maschili che indossava. - È uno scherzo vero? Perché è vestita così? - Debitto si strinse nelle spalle, voltandosi verso il fratello altrettanto confuso.

- Era vestita così. Vero, Jasdero? - affermò, attendendo conferma dal compare; il ragazzetto biondo annuì, allargando le braccia con fare noncurante.

L'uomo che era stato chiamato 'Portoghese' tornò a esaminare la preziosa 'Principessa'; i lineamenti erano indubbiamente orientali, eppure aveva un brutto presentimento. Suo malgrado, infilò una mano nei pantaloni della piccola per controllare con assoluta certezza che fosse una lei e subito la ritrasse, infuriato.

- È un maschio, branco d'imbecilli! - tuonò, rivolto ai tre filibustieri che sfortunatamente facevano parte della sua ciurma di pirati, due dei quali, immaginando le conseguenze di quella scoperta, già tremavano come foglie. Puntò i suoi occhi gialli sui due malcapitati. - Il Conte non sarà affatto felice di sapere che ce la siamo fatti sfuggire da sotto il naso ancora una volta! Anzi ve la siete fatta sfuggire per essere precisi. E vi costerà caro. Skin. - disse quindi rivolto al gigante, che era rimasto immobile tutto il tempo come se l'intero dialogo non lo riguardasse. - Occupati di loro finché non torno sulla nave. Io devo vedere una persona.

- Agli ordini. - rispose semplicemente l'energumeno che era stato chiamato col nome di Skin.

- No! Tyki! Per favore! - gemettero Debitto e Jasdero in tono supplice, ma il Portoghese non si voltò indietro.

Mani enormi afferrarono i due fratelli, trascinandoli sulla scialuppa per poi spingerla in mare, dirigendosi verso il luogo in cui era ancorata la nave in attesa che il Capitano tornasse.

Il corpo esanime del fanciullo dai lineamenti orientali fu lasciato abbandonato sulla spiaggia.

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Tyki Mikk, detto 'Il Portoghese' a causa delle sue origini, era il Capitano dell'Arca di Noè, una delle più temute navi pirata che avessero mai solcato i mari fino a quel momento. Girava voce che fosse al servizio di un misterioso nobile Inglese cui tutti si riferivano con l'appellativo di 'Conte'.

L'uomo vantava inoltre di discendere dalla famiglia stessa di Noè. Pertanto definiva la propria stirpe 'Noah' e annoverava fra il suo equipaggio parecchi membri di questa sua bizzarra famiglia. Tre dei quali erano gli strambi individui che aveva spedito a caccia della misteriosa Principessa.

In realtà non aveva alcun legame di sangue con gli altri 'Noah'. Il vero vincolo che li univa era la strana maledizione di cui si diceva fossero vittima, ma della quale nessuno aveva mai avuto una prova tangibile, a parte le inquietanti stigmate che tutti quanti mostravano sulla fronte.

Si diceva che fossero immortali e che non invecchiassero, ma nessuno era mai riuscito a verificare la cosa; e forse in realtà nessuno ci aveva mai provato, visto il terrore che incutevano a chiunque. Senza contare che la maggior parte dei membri dell'equipaggio dell'Arca di Noè non durava abbastanza da poter testimoniare alcunché.

Il Portoghese si recò a fare il suo rapporto al Conte, ricevette nuovi ordini, quindi tornò alla nave. La faccenda della Principessa dagli strani poteri iniziava a diventare molto seccante. Soprattutto perché lui non ci credeva nemmeno un po'.

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ISOLA DI FORMOSA, quindici giorni dopo.

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- Twi Chang! - gridò una voce in tono concitato. - Presto!

La donna dai tratti chiaramente Cinesi uscì di corsa dalla sua baracca nascosta nel folto della Foresta dei Buchi, come la chiamavano i pirati, per la tendenza della gente ad essere risucchiata a sorpresa nel terreno se si allontanava dai sentieri. Fissò il nuovo arrivato con aria scettica, notando il bambino privo di sensi che reggeva fra le braccia.

- Froi Tiedoll, vecchio idiota, quando la smetterai di portarmi gente da rattoppare? - si lamentò irritata la donna che rispondeva al nome di Twi Chang. - Cos'è questa volta?

L'uomo che era stato chiamato con il nome di Tiedoll scostò i lembi della coperta che avvolgeva il bambino, permettendo alla sciamana di valutarne le condizioni. Il malcapitato sembrava in fin di vita, ma per qualche ragione ancora non era morto e, considerando che per arrivare alla sua isola il vecchio capitano ci aveva messo di sicuro almeno dieci giorni, la cosa era molto interessante.

Twi Chang gli fece cenno di entrare, indicando un giaciglio su cui posare il bambino, quindi lo spogliò del tutto: aveva uno strano tatuaggio sul petto, all'altezza del cuore. Il potere che sentiva emanare dal disegno la convinse che era in qualche modo la cosa che ancora lo teneva in vita; tuttavia, sembrava non essere sufficiente a guarirlo.

- Puoi fare qualcosa per lui? - chiese Tiedoll in tono preoccupato. - Non si è mai svegliato da che l'ho trovato.

- Forse. Ma come sempre c'è un prezzo da pagare. - ammonì; osservò compiaciuta l'aiutante di Tiedoll posare una pesante cassa colma di dobloni e gioielli davanti a sé. - Generoso come al solito. - commentò con un sorriso scaltro. Toccò il volto del fanciullo, poi dette uno sguardo agli oggetti ammassati contro i muri della sua baracca. Mormorò qualche parola in una lingua ignota e una spada che era appesa alla parete iniziò a risplendere. - Sembra che questo bambino sia fortunato, è stato scelto. Portami quella katana.

Il tono che usò era autoritario come sempre; fece un cenno all'aiutante di Tiedoll, che guardò verso il suo Capitano, in attesa.

- Prendila pure, Marie. - autorizzò Tiedoll, e il giovane dalla corporatura possente consegnò l'arma alla sciamana, che la posò sul petto del fanciullo pronunciando altre parole arcane.

Con sommo stupore dei due uomini una luce accecante avvolse il corpo del bambino e quando scomparve, accanto a lui c'era una grossa clessidra contenente al suo interno un fiore di loto.

- La sua vita è legata a questo oggetto ora. Se il fiore appassisce, lui muore.

- Ma... è una maledizione! - protestò Tiedoll, sentendosi ingannato.

- È il massimo che potevo fare data la situazione, accontentati vecchiaccio! - ribatté la sciamana, risentita, coprendo di nuovo il bambino e consegnando katana e Loto al vecchio capitano. - Ha ben tredici petali, vivrà più che abbastanza per fare un bel po' di danni. Ora sparite, ho altro da fare.

- Si sta svegliando! - esclamò l'aiutante di Tiedoll, prendendo in braccio il fanciullo e aspettando ulteriori ordini dal suo Capitano. L'uomo annuì e gli fece cenno di rientrare alla nave.

- Ah, dite a quel buono a nulla di mio figlio di venire a trovarmi ogni tanto! - esclamò Twi Chang contrariata, guardandoli andar via.

Froi Tiedoll, capitano della Maker of Eden, Corsaro, segretamente al servizio del Re di Francia. Aveva fama di essere un Capitano dal cuore troppo tenero per fare il pirata e restare in vita. Eppure, lui e il suo equipaggio se la cavavano egregiamente, dando continui smacchi anche alle navi dei Capitani più terribili di Formosa e dei mari limitrofi, oltre che a quelle della Marina Inglese e Spagnola.

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ISOLA DI TORTUGA, nove anni dopo.

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- Vuoi ripetermi per quale motivo siamo qui, vecchio? - si lamentò un giovane dai capelli rossi a bassa voce, rivolto all'anziano uomo accanto a lui. Questi sollevò lo sguardo con aria contrariata; aveva la zona intorno agli occhi dipinta di nero che ricordava le macchie di un panda e la testa calva, a eccezion fatta per un corto codino di cavallo.

- Porta rispetto, Lavi! - lo rimproverò l'uomo, cercando di non attirare troppo l'attenzione su di loro. - Sai benissimo il perché. E tu sei perfetto per la parte. Loro possono condurci al luogo che cerchiamo, ci uniremo ad un equipaggio e terremo occhi e orecchie aperti.

Il giovane che rispondeva al nome di Lavi si toccò inconsciamente l'occhio destro, coperto da una benda nera. "Un pirata perfetto, eh?" si disperò fra sé e sé. Dannato vecchiaccio...

Ma non poteva tirarsi indietro, l'uomo era il suo maestro e anche la persona che lo aveva cresciuto. Tutto quello che sapeva l'aveva imparato da lui, e suo malgrado faceva parte di quel Clan cui questi andava fiero di appartenere, e avrebbe ereditato il titolo di Bookman alla morte del vecchio.

Tuttavia spesso le regole dei Bookman gli risultavano pesanti da sopportare, come il continuo fingere e la proibizione di stringere legami con il mondo a causa del loro compito di osservatori della storia.

Mai inquinare gli eventi, gli ripeteva in continuazione il suo mentore; eppure mescolarsi così alla popolazione non disturbava comunque il corso della storia? Lavi sospirò rassegnato.

Quella sete di conoscenza che sola sembrava spingere il suo tutore e maestro gli sembrava così esagerata a volte. Anche se lui stesso amava studiare, farne l'unica ragione della sua esistenza non gli sembrava poi così saggio, e riteneva di poter integrare studio e vita egregiamente.

Non della stessa opinione era però Bookman, quindi Lavi doveva interagire col mondo di nascosto. E la motivazione primaria per cui lo faceva era avere notizie di Yuu, il ragazzo con il quale aveva stretto amicizia anni addietro e che era svanito nel nulla dopo che erano stati entrambi aggrediti. Ma per ora non aveva avuto molta fortuna purtroppo...

Conservava tuttora il proiettile che lo aveva accecato. L'aveva appeso alla cintura come ornamento e monito del suo destino, e... come unico ricordo che lo legava ancora a Yuu.

- E così tu sei un esperto di mappe e navigazione. Ci sarai molto utile vecchio, sei dei nostri. - fu il commento che ricevette la loro candidatura a far parte della ciurma; il filibustiere addetto a esaminare i richiedenti scoccò quindi un'occhiata perplessa a Lavi, squadrandolo da capo a piedi. - Lui è troppo giovane. - affermò rivolto a Bookman.

- È giovane ma volenteroso e anche lui, essendo il mio allievo, possiede le medesime conoscenze in fatto di navigazione. - assicurò il vecchio, ma il marinaio continuava ad avere dei dubbi sulla reale utilità del ragazzetto dai capelli rossi.

- Ci sono problemi, nostromo? - chiese all'improvviso una voce calda e suadente; un uomo piuttosto giovane dalla pelle abbronzata affiancò il marinaio, rivolgendo a Lavi uno sguardo cupido che lo fece rabbrividire. - Cos'hanno da offrire questi due? - aggiunse poi rivolto nuovamente al suo nostromo.

- Oh, Capitano. Il vecchio dice che sono esperti con le carte e i calcoli, e anche di pratiche mediche... - iniziò a spiegare il marinaio, ma fu subito interrotto dall'uomo che era stato indicato come il Capitano della nave in cerca di equipaggio.

Sul volto dell'uomo era subito apparso un sorriso scaltro nell'apprendere le capacità dei due futuri pirati davanti a lui.

- Perfetto, benvenuti nella ciurma dell'Arca di Noè. - disse, e posò una mano sulla spalla di Lavi con fare amichevole, troppo amichevole anche per come lo conosceva il suo nostromo, quindi continuò il discorso di benvenuto. - Sono sicuro che non mi deluderete. Io sono il Capitano. Il mio nome è Tyki Mikk.

Bookman sgranò gli occhi, non si era reso conto di quale nave pirata stesse reclutando marinai, e forse avevano scelto quella sbagliata; ed era troppo tardi per tirarsi indietro ormai.

- Il Portoghese? - esclamò Lavi incredulo, fissando lo sguardo in quei due occhi gialli dal fascino ipnotico, incapace di sottrarsi al loro giogo.

- La mia fama mi precede. - commentò Tyki in un falso tono lusingato, un sorriso lascivo che gli increspava appena le labbra. - Andremo certamente d'accordo. Preparatevi a salire a bordo domani. - aggiunse, e assestando una pacca sulla schiena di Lavi si allontanò, salutando con un cenno della mano.

Bookman rivolse al giovane apprendista uno sguardo eloquente: avrebbero dovuto guardarsi assai bene da quell'uomo se volevano rimanere vivi e raggiungere la loro meta.

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La Maker of Eden, stesso giorno.

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- Yuu-kun! Smettila di esercitarti sul ponte con quella spada! - disse il Capitano Tiedoll in tono di rimprovero, uscendo dalla propria cabina nel sentire le solite grida spaventate dei suoi marinai. - Farai del male a qualcuno!

- CHE. - risuonò nell'aria tersa del primo pomeriggio. Dannazione a lui e al momento in cui gli aveva rivelato il suo nome completo, si rammaricò Kanda Yuu emettendo un suono seccato. In nove anni non era riuscito a dissuadere l'uomo dal chiamarlo per nome. Ormai era una causa persa. - Se questi buoni a nulla non sono capaci di difendersi come faccio ad allenarmi! - protestò energicamente il giovane orientale, rivolgendo poi uno sguardo omicida ai marinai urlanti che lo circondavano.

- Sii ragionevole Yuu, sono solo marinai. - lo implorò il suo Capitano e tutore; Kanda corrugò la fronte, serrando la mascella per impedirsi di replicare con un commento tagliente sia all'uso del suo nome che sull'incapacità di detti marinai. - Vai da Jerry a mangiare qualcosa, ti mando Marie e Daysha appena hanno finito di sistemare i cannoni per farti da avversari, va bene?

Kanda grugnì il suo assenso accompagnandolo con un cenno del capo, scomparendo sottocoperta.

- È più nervoso del solito, padre. - constatò il giovane dall'aspetto imponente che rispondeva al nome di Marie, e l'altro dalla corporatura esile e minuta annuì.

- Credo sia per via del fatto che non tocchiamo terra da due mesi. - rifletté Tiedoll, strofinandosi il mento. - Ma gli passerà. Presto dovremo far provviste e potrà scendere sulla terraferma di nuovo. Ora andate a sistemare questi benedetti cannoni, così poi lo fate sfogare un po' duellando con lui. - si raccomandò; entrambi i giovani annuirono salutando con rispetto il loro Capitano e padre adottivo.

Tiedoll era una persona molto generosa e nel corso degli anni aveva preso con se i due giovani ancora fanciulli. L'ultimo arrivato in famiglia era stato Kanda, dopo che l'uomo, di ritorno dalla visita ad un amico in Inghilterra, lo aveva trovato morente, abbandonato sulla spiaggia dove sbarcavano pirati e malfattori per raggiungere non visti la capitale.

Kanda mangiò controvoglia. Si sentiva inquieto, intrappolato su quella nave da ben due mesi, vedendo soltanto acqua; gli mancava la terraferma, l'odore degli alberi, dell'erba, la sensazione dei piedi su un suolo solido... Gli mancavano gli allenamenti nella foresta sull'isola di Formosa, perché...

Aggrottò la fronte. Ultimamente aveva fatto ancora quei sogni, il giardino, la villa, i giochi nel prato in fiore... Non gli capitava più da quando era guarito del tutto dopo che Tiedoll lo aveva strappato alla morte. Pensava di aver superato quegli eventi dimenticandoli per sempre.

Ma non era così. La verità era che gli mancava Deak. Nonostante si azzuffassero continuamente e lui avesse sempre rifiutato di ammetterlo, quel petulante ragazzino con i suoi assurdi capelli rossi era diventato col tempo un caro amico. Ma era certamente morto... L'ultima cosa che ricordava era che uno dei loro aggressori gli aveva sparato in viso lasciandolo a terra esanime in un lago di sangue.

Scosse il capo, come a scacciare quel pensiero sgradevole e doloroso. Non era riuscito ad avere notizie nemmeno della Principessa della quale avrebbe dovuto diventare la guardia del corpo. Era svanita anche lei nel nulla dopo il fatto.

E non lo aveva nemmeno fatto cercare, nonostante l'avesse scelto personalmente per essere addestrato a proteggerla, nonostante lui fosse solo un orfano Giapponese e lei appartenesse a una nobile famiglia Cinese. Non che gli dispiacesse essere libero anziché vivere come un servo, però crescendo insieme si era molto legato alla piccola Principessa. Era come una sorella minore per lui, e quindi...

Sì, anche lei gli mancava. Ma solo un po', si disse.

Sospirò. Se almeno avessero fatto scalo da qualche parte avrebbe potuto distrarsi da quei pensieri, magari provocando una bella rissa, tanto per mettere alla prova ancora una volta la sua maledizione.

Dannata sciamana da strapazzo, legare la sua vita a un fottuto fiore e a una spada! L'unica cosa positiva era che il contenitore del Loto sembrava essere invulnerabile, altrimenti la sua esistenza sarebbe stata assai breve.

Gli sfuggì dalle labbra un altro 'CHE' seccato e si alzò di colpo, dirigendosi ai cannoni per vedere se avessero finito di attrezzarli, così da potersi sfogare con un bel duello.

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Altrove in mezzo al mare, sul ponte di un'altra nave.

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Voci concitate accompagnavano l'attività frenetica sul ponte del veliero a tre alberi, mentre i marinai si affannavano intorno a vele stracciate e cordame fradicio, guidati dalla voce di quello che sembrava il capitano del vascello.

Un nanetto con gli occhiali spessi, un marinaio abbondantemente sovrappeso, due uomini di mezza età dal fisico snello e robusto e un giovane alto e magro dall'aspetto denutrito stavano montando il velame sui supporti per issarlo, drappeggiando le corde marce in modo da far sembrare il tutto inservibile da tempo.

Un altro marinaio dalla corporatura massiccia, barba e capelli biondicci, lavorava poco più distante con dei secchi di pece, aiutato da un donnone con un fisico così muscoloso da fare invidia a un ercole.

- Muovetevi con quelle vele o rischiamo di essere sorpresi inermi! - gridò l'uomo che coordinava le operazioni, quest'ultimo piuttosto giovane; anch'egli sfoggiava incolti capelli biondi e occhi chiari, sicuro indice di retaggio Europeo. Si voltò verso una donna magra, capelli neri di media lunghezza e viso segnato da profonde occhiaie. - Miranda, come va con l'amuleto? Riesci a controllarlo? - le chiese con una certa apprensione e la donna annuì, l'aria stanca ma decisa.

- Devo rimanere sveglia, ma posso farlo funzionare. - affermò con sicurezza, regolando la meridiana che aveva assicurata sul braccio destro. - Finché resta attivo la nave è sospesa nel tempo e siamo invisibili. - barcollò per la stanchezza; una fanciulla dai lineamenti asiatici, capelli corti e altrettanto neri la sorresse prontamente, rivolgendo all'uomo biondo uno sguardo eloquente.

- Lenalee, abbi cura di lei, abbiamo quasi finito e presto potremo ripartire. - si raccomandò questi, ma non fece in tempo a impartire l'ordine successivo che un'esplosione scosse la nave e una colonna di fumo verde fuoriuscì da sottocoperta. - Santo cielo! Komui! Piantala con i tuoi dannati intrugli, ci farai saltare tutti in aria! - sbraitò poi in tono concitato verso la figura che usciva tossendo da in mezzo al fumo.

- Stavo mettendo a punto un nuovo tipo di polvere da sparo per i nostri cannoni. - protestò l'uomo (le cui vesti e fisionomia identificavano chiaramente come un nobile Cinese) in tono offeso, incrociando le braccia. - Tu pensa a fare il Capitano, signor Reever Wenham! Da oggi siamo l'Olandese Volante, questa nave deve incutere paura e apparire spettrale al più presto! - aggiunse, sollevando le braccia al cielo con entusiasmo.

- Fratello! - lo riprese Lenalee, aggrottando le sopracciglia con aria di disapprovazione. - Porta sfortuna cambiare il nome di una nave!

- L'Olandese Volante, che idee... - commentò Reever scuotendo il capo, mentre il nobile Cinese difendeva animatamente l'attuabilità dei suoi piani per nascondere l'adoratissima Lenalee a coloro che la volevano catturare per usurparne il potere e il titolo. - Come se io fossi Olandese. E non vorrei proprio ritrovarmi alle costole quello vero. - si lamentò sconsolato. - Lenalee... - disse poi rivolto alla ragazza, che annuì, capendo al volo cosa l'uomo intendesse.

- Ci penso io a dissuaderlo. - Lenalee sospirò, prendendo il fratello per un braccio e trascinandolo con sé nei loro alloggi.

Da quando si era sparsa la voce fra i nobili del palazzo Imperiale che lei aveva il potere di ritrovare il tesoro reale, la sua famiglia era stata perseguitata. Lei e Komui, il suo unico fratello, erano dovuti scappare in Europa per sottrarsi alla cattura e ai continui tentativi di omicidio.

Ma i sicari li avevano seguiti anche lì, separandola di nuovo dalle persone a lei care.

Il suo volto si fece improvvisamente triste, mentre le riaffioravano nella mente i ricordi del suo compagno di giochi e del ragazzo con i capelli rossi che s'intrufolava sempre nel parco della loro villa. Da che si era trasferito in Inghilterra non aveva saltato un giorno, dopo il primo incontro fortuito nel suo giardino.

Le avevano detto che probabilmente erano morti entrambi come i loro domestici, ma lei non poteva crederci, e continuava a farli cercare. Tuttavia, fino a quel momento non aveva ottenuto la più piccola notizia utile sulla loro sorte, e dopo tutti quegli anni iniziava a disperare di poterli davvero ritrovare in vita.

- Lenalee... - Komui chiamò il suo nome, accorgendosi di quanto si fosse rattristato il volto dell'amata sorella. - Devi smettere di pensare a lui, non puoi resuscitare i morti. - le disse in tono comprensivo facendo per abbracciarla e la ragazza lo strinse a sé rannicchiandosi in quel tepore rassicurante.

- Kanda è vivo, lo sento. - mormorò lei contro il petto del fratello, il tono sofferente ma risoluto. - Io devo ritrovarlo. Mi aiuterai, vero fratello?

Anche Komui sospirò; non poteva dire di no alla sua adorata Lenalee, avrebbe fatto di tutto per accontentarla. Le sorrise dolcemente, rivolgendole un cenno affermativo col capo, e il viso di Lenalee s'illuminò di gioia.

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NOTE:

(1) "PAPELITO" e' come venivano chiamate le prime sigarette dagli spagnoli/portoghesi;

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