Nell'episodio "Patchwork Puzzle" V.E.N.O.M. ruba dal museo Smithsonian di Washington alcuni manufatti all'apparenza senza valore. E se, insieme a essi, avesse portato via anche qualcosa di incredibilmente antico e terribilmente malvagio?
L'orrore di Salem
Prologo
L'urlo terrorizzato della biondina fu solo l'inizio.
Durò un attimo di troppo e Rax se lo sarebbe goduto ben volentieri, se non avesse avuto altro da fare.
"Il paravento vicino al caminetto" gracchiò stridulo il suo capo.
"Prendilo!".
Quando Sly lo sollevò, però, per poco non gli sfuggì un gemito perché era molto più pesante - quel polveroso ammasso di ferraglia - di quanto avesse immaginato.
Dopo un istante, fu costretto a posarlo sul pavimento.
Mayhem non ci fece caso, mentre Vanessa…
Vanessa.
Il pilota di Piranha non poteva vedere la sua faccia, ma avrebbe giurato che quella serpe al contrario lo stesse fissando - le mani puntate sui fianchi, le gambe divaricate - col suo solito sorrisetto sarcastico.
Mai che desse loro una mano.
Mai.
Quando le passò accanto, fingendo un'andatura disinvolta, gli parve persino di sentire una risatina beffarda.
Stava quasi per gratificarla di un bel calcio in uno stinco, ma lei - come se gli avesse letto nel pensiero, la maledetta - a un tratto fece un passo di lato, spostandosi verso una piccola teca addossata alla parete di fondo.
Con la coda dell'occhio la vide chinarsi un secondo, poi sollevarsi e rimanere immobile, come incantata.
Si distrasse giusto un attimo, ma il dannato affare metallico colse al volo l'occasione di scivolargli giusto sull'alluce.
Trattenne un'esclamazione di dolore e si voltò verso Mayhem, che - per fortuna - pareva non essersi accorto di nulla.
"Se ieri avesse mandato qui me, invece di quell'idiota di Gorey, non saremmo dovuti tornare!" esclamò, rabbioso.
Vada per il dito malconcio, ma fare una figura del genere davanti a quella donna…
Però Vanessa Warfield non lo aveva degnato d'uno sguardo, come se non esistesse nemmeno.
Seguitava a fissare - gli occhi verdi sgranati, le labbra semiaperte sotto la sua M.A.S.K. - il contenuto della vetrina. Non tutto a dire il vero, ma solo un piccolo monile lungo sì e no un pollice, adagiato tra una tazza di stagno tutta ammaccata e una ridicola cuffia inamidata piena di trine e merletti che alcuni secoli prima dovevano essere stati immacolati e adesso invece viravano tristemente verso il beige.
In mezzo a quella paccottiglia da due soldi giaceva quel che aveva tutta l'aria di un ciondolo, ricavato in un materiale grigio-nero assai lucente, che Vanessa non riuscì a riconoscere.
Non si poteva dire bello.
Proprio no.
Anzi, la forma era stranissima: un incrocio deforme e tentacolare che aveva qualcosa dell'insetto e qualcosa del pesce, ma con un'espressione…come dire?
Vanessa avrebbe pensato a un'espressione umana, se non fosse stato troppo raccapricciante associare le due immagini.
Eppure, non riusciva a staccare lo sguardo da quell'aggeggio.
Un richiamo.
Ecco, era come se quell'affare la stesse chiamando.
Stesse chiamando proprio lei, lei tra tutti.
Aveva udito, però, la voce di Rax (non che ascoltasse mai quel babbeo molto attentamente, ma stavolta le era giunta come attraverso un muro d'acqua, lontanissima e ovattata) e adesso udì anche la risposta brusca di Mayhem.
"Sta' zitto e andiamo" sbottò seccamente l'uomo più anziano, con un tono che non ammetteva repliche.
La ragazza sapeva bene che Miles non amava certo aspettare, eppure non ce la faceva a muovere un solo passo.
Fin dal primo istante in cui aveva messo piede nel museo Smithsonian si era sentita strana, distratta, come se nulla di ciò che la stava portando lì avesse per lei la minima importanza; aveva seguito la sua squadra come un automa e, quando era arrivata di fronte a quella piccola teca impolverata (di sicuro lì dentro non c'era nessuna delle grandi attrazioni per cui quel posto era famoso in tutto il mondo), si era bloccata trasalendo.
Perché avrebbe giurato di sentirsi chiamare.
Non era esattamente una voce, tanto meno una voce umana. Era più che altro un sibilo, una vibrazione, sottile ma chiarissima… eppure, pareva che lei fosse l'unica ad avvertirla.
Deglutì e fece un passo indietro, cercando di sottrarsi a quella bizzarra malia che la incatenava.
Ma non ci riuscì: ogni muscolo, ogni fibra del suo corpo la attirava irresistibilmente verso quell'oggetto che certo - si sorprese a considerare, rallegrandosi perché almeno una parte del suo cervello ancora funzionava - non doveva valere assolutamente niente, brutto com'era.
Mayhem e Rax avanzavano verso l'uscita.
Ancora qualche istante e sarebbe rimasta da sola.
Eppure, esitava.
"Levatevi di torno!" tuonò il leader di Veleno, facendosi largo tra la folla assiepata davanti alle vetrine.
I visitatori, impauriti, indietreggiarono schiacciandosi lungo le pareti.
"Vipera, fuoco!" gridò Miles Mayhem, un instante prima che un getto di liquido rossastro schizzasse, dal centro della strana maschera che indossava, sulla parete di mattoni di fronte a lui.
Vanessa si riscosse.
"Frusta magnetica!" disse a mezza voce.
Il fascio di energia si abbatté con violenza sulla lastra di vetro, mandandola in frantumi all'istante.
Con un balzo, l'agente afferrò il monile e, stringendolo ancora in mano, seguì i compagni.
La parete di mattoni resisteva al fluido corrosivo.
"Maledizione" la voce di Miles Mayhem non tradiva paura, ma solo rabbia "non è abbastanza potente, ci toccherà uscire dalla porta principale".
I tre continuarono ad avanzare in mezzo alla folla terrorizzata, Mayhem in testa.
Vanessa si accorse, con stupore, che il cuore le batteva all'impazzata.
Come non le era mai successo in una situazione simile.
Non si sentiva spaventata, però, né angosciata per la piega che il colpo stava prendendo.
No, si sentiva più come…esaltata.
Prese un respiro profondo e, senza rendersene conto, strinse le dita intorno al piccolo ciondolo.
Dio benedetto, cosa avrebbe dato per poterlo guardare in santa pace!
Scesero lo scalone che conduceva verso l'ingresso.
Mayhem guardingo, Rax cercando di non perdere l'equilibrio con l'ingombrante paravento tra le braccia.
E Vanessa…distratta, quasi assente, tanto che per poco non inciampò in un gradino.
Infilò in tasca il ciondolo.
Eppure, anche così, aveva la sensazione (che follia!) di avvertirne il peso.
Il suo calore attraverso il tessuto della tuta.
Come se pulsasse contro la sua carne.
Attraversarono l'atrio monumentale, i loro tacchi facevano un rumore secco sul marmo del pavimento, come uno schiocco.
"Vi sfido tutti quanti a mettermi sulla mia strada!" urlò Mayhem, slanciandosi verso l'uscita.
Con un gesto incredibilmente agile, considerata la sua mole, l'uomo afferrò la gigantesca sfera del pendolo di Foucault che occupava parte della sala.
Un nuovo schizzo di liquido corrosivo liquefece all'istante il robusto cavo di metallo che lo sosteneva.
La pesante palla si schiantò a suolo e cominciò a rotolare, scatenando un pazzesco fuggi fuggi tra i visitatori.
I tre banditi guadagnarono velocemente la porta, raggiungendo in pochi istanti la strada dove li aspettava un quarto complice.
Vanessa, ansimando, si lasciò cadere pesantemente sul sedile posteriore di Jackhammer.
Col cuore in gola, infilò una mano in tasca.
Solo quando le sue dita sfiorarono la superficie liscia del ciondolo, iniziò a rilassarsi.
ooOoo
Vanessa già di solito sopportava i suoi compagni giusto lo stretto indispensabile per lavorarci insieme, ma quel pomeriggio davvero non vedeva l'ora di restare da sola.
In fondo non chiedeva tanto.
Voleva soltanto avere qualche minuto per dare un'occhiata in santa pace al piccolo gioiello che aveva rubato al museo…un secondo, un secondo solo.
Non riusciva a pensare ad altro.
Come era fatto, che cosa raffigurava?
L'aveva guardato troppo fugacemente per ricordarlo bene e adesso nella sua mente si affollavano strane immagini di creature tentacolari, con grandi occhi neri, che si contorcevano pazzamente.
Ah, se avesse potuto tirarlo fuori soltanto per un attimo…
E invece Rax e Dagger, quei due imbranati, non volevano saperne di lasciarla in pace e continuavano a fare i soliti commenti idioti su quel demente di Gorey.
D'un tratto l'agente dai capelli rossi si alzò e uscì dalla stanza, piantando in asso gli altri due.
Raggiunse l'altra camera, dove Mayhem e Nash confabulavano davanti a un computer portatile; le davano le spalle e non fecero caso a lei.
Si rintanò in un angolo, trattenne il respiro e finalmente lo tirò fuori.
Adesso scintillava sul suo palmo, grigio-nero e lucente.
Era liscio come pietra, come una specie di selce o qualcosa del genere.
Eppure sulla pelle non era freddo, ma anzi sembrava emanare un tepore impercettibile.
E, di nuovo, pareva pulsare.
Vanessa lo fissò e deglutì.
Non riusciva a staccare lo sguardo, ancora una volta.
L'attraeva con una forza quasi magnetica, come se un flusso di energia incredibilmente potente, ma invisibile, si sprigionasse da quella piccola scheggia e la penetrasse fino al punto più profondo della sua stessa anima.
Senza alcuna valida ragione si sorprese a pensare che avrebbe lasciato un segno sul suo palmo. Già, un segno, come fosse stato rovente. Ma d'un fuoco freddo, oscuro, glaciale.
Che l'attraeva e allo stesso tempo pareva succhiarle via ogni forza, come un vampiro.
Una parte di lei sentiva che non le faceva bene giocherellare con quell'aggeggio. Che sarebbe stato molto meglio gettarlo nella spazzatura.
Anzi, dalla finestra, meglio.
Ma non ce la faceva.
"Che mi venga un colpo se quello è il gioiello più brutto che io abbia mai visto!".
Con un gesto repentino Sly Rax strappò di mano a Vanessa il ciondolo, afferrandolo per la catenina d'argento cui era attaccato.
La ragazza parve come toccata da un fulmine.
"Dove hai trovato questo orrore? Sono sicura che non vale nemmeno…"
Digrignando i denti, la ragazza si lanciò sul collega come una furia e gli afferrò il polso così forte che l'altro completò la frase con un gemito di dolore e aprì le dita, lasciando cadere l'oggetto.
Lei lo afferrò al volo.
"Datti una calmata" ringhiò l'agente col pizzetto, massaggiandosi i muscoli indolenziti.
"Ma sei impazzita? Mi stavi staccando il braccio per quel coso orrendo!".
Vanessa lo guardò torva, gli occhi fuori dalle orbite.
Per una frazione di secondo, Rax pensò che gli sarebbe saltata al collo come una bestia feroce e l'avrebbe ammazzato a mani nude.
Lei, invece, senza dire una sola parola strinse nella mano il ciondolo.
Poi, continuando a fissarlo (uno sguardo che gli fece gelare il sangue nelle vene…) indietreggiò fino alla porta e si voltò di scatto.
Un istante dopo, Sly sentì che si era chiusa a chiave nella sua camera.
Note&credits: il titolo di questa fic e alcuni elementi citati sono ispirati alle opere di H.P. Lovecraft, nonché al racconto "La stanza della strega" di Henry Kuttner, pubblicato nel 1937 sulla celebre rivista Weird Tales.
