Ringrazio Redhead Witch che ha fatto da beta nella prima versione di questa fanfic. Se quanto segue è migliore di quella prima versione, è merito suo... e se trovate errori di ortografia, grammatica e compagnia bella, la colpa è mia.
The Tower
Sei solo una mocciosa!
Quelle parole
risuonavano ancora nelle sue orecchie, mentre camminava.
E
così saresti la sorella del Cavaliere di Cephied? ...
Furiosa, tirò un calcio ad una conchiglia, scaraventandola
lontano.
Cosa credi di saperne tu, mocciosa?
Maledetto,
stupido e bigotto locandiere! Non poteva che definirlo così:
non si offendevano in questo modo i clienti! E suo padre? Non era da
meno: nemmeno una parola in sua difesa. Anzi, si era messo a ridere
con gli altri!
Non era riuscita a sopportare quel trattamento:
era uscita dalla locanda, arrabbiata, senza prendere il mantello ed
accompagnata da quelle risa. Ma se fosse rimasta, non sarebbe
riuscita a controllarsi a lungo.
Certo, in una discussione sulla
magia la sua opinione era ininfluente. Peccato che fosse una maga
appartenente alla Gilda e che avesse già ricevuto la veste per
meriti speciali. Ma ciò era passato in secondo piano rispetto
alla sua età, dodici anni. Che c'era di sbagliato se lei era
un genio?
E poi che aspetto volevano che avesse la sorella del
Cavaliere di Cephied? Di un armadio a tre ante?
Quanta rabbia
tornava ad assalirla quando pensava all'espressione di superiorità,
che aveva sostituito quella interdetta, sul viso del locandiere. La
credeva una semplice mocciosa, una che parlava di cose che non
conosceva...
Maledetto! Maledetto e ancora maledetto!
Non
poter sfogare la propria ira su di lui le bruciava terribilmente, ma,
se lo avesse fatto, sarebbe stata costretta ad allontanarsi dalla
città, gli affari di suo padre avrebbero risentito di tutta la
vicenda e, quindi, vi sarebbero state tristi ripercussioni sul suo
futuro. Non voleva essere rimandata a casa!
Non le era rimasto
che fare una passeggiata per placare il proprio animo, ma erano
almeno due ore che camminava senza risultati convincenti. La città
ed il suo porto erano ormai lontani e il suo udito finissimo non
percepiva altro che il rumore delle onde del mare.
In quel
momento stava camminando sulla spiaggia di una piccola insenatura.
L'acqua scintillava sotto i raggi del sole e la sabbia era dorata.
Tutto era così tranquillo... ma lei non pensava che al pugno
che avrebbe voluto assestare al grugno di quel locandiere e di metà
degli avventori.
Avrebbe volentieri distrutto qualcosa, ma non
c'era assolutamente nulla di adatto allo scopo. Estirpare quattro
erbacce non era sufficiente! Però aveva sempre la magia...
Sarebbe stato d'aiuto ai suoi nervi lanciare qualche FireBall o un
DragonSlave... o qualcosa di più potente. La tentazione era
forte, anche troppo: in quasi cinque anni, non aveva mai provato
quell'incantesimo per timore delle conseguenze sugli altri. Ma il
posto era deserto... ed aveva bisogno di sfogarsi!
Cosa credi
di saperne tu, mocciosa?
Il ricordo di quelle parole fu
l'incitamento che le serviva. Avrebbe dimostrato quanto ne sapeva di
magia: avrebbe utilizzato, forse per prima nella storia umana, un
incantesimo che traeva potere da un demone superiore persino a
Ruby-Eye Shabranigdo!
Si fermò e si voltò verso il
mare. Muovendo le mani come se si fosse trattato di un semplice
DragonSlave, iniziò a castare:
- Darkness beyond
blackest pitch,
deeper than the deepest night! -
Il vento
iniziò a soffiare furioso attorno a lei, sciogliendole la
treccia e liberando i suoi capelli. Saette d'energia crepitavano
nell'aria.
- King of Darkness, shining like gold upon the Sea
of Chaos,
I call upon thee, swear myself to thee! -
La
cieca rabbia nei confronti del locandiere era stata cancellata. Le
speranze per il futuro erano sparite. Tutto si annullava nel
presente. Aveva la certezza che il suo destino sarebbe stato deciso
in quel posto e in quel momento dal terribile potere dell'incantesimo
e dalla sua capacità di gestirlo. Ne era al contempo eccitata
e spaventata. Ma, comunque, sarebbe stato tardi per tirarsi indietro.
- Let the fools who stand before us be destroyed
by the
power you and I possess! -
La sfera di energia tra le sue
mani divenne pura oscurità.
- GIGA SLAVE! -
urlò, lanciando l'incantesimo verso il mare aperto. Non
riuscì a guardare il risultato: cadde in ginocchio e poi a
carponi, stremata. Era così stanca... L'incantesimo l'aveva
svuotata d'ogni energia. Aveva il fiatone e faceva fatica a reggersi
persino a quel modo.
Tutto sembrava improvvisamente diverso. Era
sicura che trame oscure segnassero il cielo... quasi come se
l'oscurità fosse stata viva... e che la temperatura si fosse
abbassata di molto. Iniziò a tremare.
Solo in quel momento
lo notò. Anche se le costò uno sforzo enorme, alzò
una mano per prendere una ciocca dei suoi capelli: era bianca. Scosse
la testa, rifiutando ciò che i suoi occhi vedevano... Ogni
singolo capello era bianco!
Come...? Come aveva fatto! Doveva...
doveva tornare alla locanda... e trovare qualcuno con cui parlare...
da cui farsi consigliare... da cui farsi aiutare... ma era così
stanca da non riuscire ad alzarsi...
Vide un'indistinta forma
dorata di fronte a sé, prima che le sue braccia cedessero e
cadesse a terra svenuta.
Aprì gli occhi lentamente,
con la strana sensazione di non essere sorretta da nulla.
Si
ritrovò a galleggiare in un luogo così stravagante...
Sembrava che, al posto del suolo, vi fosse uno specchio riflettente
solo il cielo azzurro. Sulla linea dell'orizzonte si trovava una luce
non accecante... La cosa più strana era che tutto quello le
sembrava naturale e non la turbava.
Girò il capo in cerca
di qualcuno che le potesse spiegare dove si trovava e perché.
Vide che c'era una donna con lei. Era alta e maestosa, con
lunghissimi capelli biondi e lisci. Indossava un lungo abito nero che
pareva tessuto con il cielo notturno. Si sentiva sovrastare dalla
potenza e dalla profondità di quell'essere: al suo cospetto
era minuscola, perfino più insignificante di un granello di
polvere.
E la stava guardando.
Nonostante la lunga frangia
bionda che ne nascondeva gli occhi, sapeva che la stava fissando e
che quello sguardo metteva a nudo la sua anima. Lei non poteva fare
nulla per impedirlo, nemmeno scusarsi per la ridicola superficialità
della sua vita.
Avrebbe voluto scomparire. Era amaramente pentita
di aver tentato l'incantesimo e di averLa disturbata.
Poco
lontano da lei, comparve un cono di oscurità che vorticava su
se stesso.
La donna si voltò verso di esso.
-
Riportala a suo padre e che tutto questo rimanga un "segreto".
-
ordinò, fluttuando verso la luce.
Fu tutto ciò
che lei riuscì a sentire, prima di tornare nell'oblio.
Una
dolorosa sensazione di vuoto che opprimeva tutto il suo essere...
l'impellente necessità di riempirlo e la consapevolezza di non
poter resistere a lungo senza soddisfare quel bisogno...
Fame...
Troppa fame.
Fu questa a svegliarla. Socchiuse le palpebre per
scrutare attorno a sé, poi spalancò gli occhi e si mise
seduta. Non si trovava più sulla spiaggia: era nella camera
alla locanda e suo padre era seduto vicino al letto con
un'espressione preoccupata.
- Ben tornata tra i vivi. Come ti
senti? -
Il brontolio del suo stomaco precedette qualsiasi parola
che avesse voluto dire.
- Ho... ho fame, papà. -
si
lamentò, arrossendo.
Suo padre non trattenne un sorriso,
si alzò e si diresse verso il tavolo.
Nel frattempo,
controllò i capelli: erano ancora bianchi.
Lui si voltò
e, notando il suo sguardo, le disse col suo tono più
rassicurante:
- Secondo il parere del chierico di questa città,
torneranno del loro colore quando avrai recuperato la tua energia. Ti
servono solo cibo e riposo. -
Si batté la mano sulla
fronte.
- Che stupida! -
Era vero. Alla Gilda aveva appreso
che, chi utilizzava un incantesimo che era al limite estremo delle
sue possibilità, poteva consumare le proprie energie tanto da
far perdere il colore ai propri capelli... Una delle nozioni base:
come aveva fatto a non ricordarsene? ... Si era preoccupata
inutilmente...
- Non posso che concordare. -
affermò,
tagliente, suo padre.
Inghiottì la risposta rabbiosa prima
di darle voce. Non le sembrava arrabbiato... e non avrebbe avuto né
la forza, né la voglia di discutere con lui se lo avesse fatto
infuriare. Così si limitò a scoccargli un'occhiataccia,
mentre le porgeva un piatto pieno di barrette fatte di frutta secca e
miele.
- Tieni. Quel chierico afferma che sono la cosa più
adatta per recuperare le energie. Non che la sua opinione conti molto
visto che non è stato in grado di fare assolutamente nulla per
te. -
Il tono della sua voce era divenuto più allegro.
Dubbiosa, ne assaggiò una. Era disgustosa, troppo dolce
per i suoi gusti, ma continuò a mangiarne senza smettere di
sperare che suo padre sarebbe andato a prenderle qualcos'altro con
cui riempire il suo stomaco.
- E non ha nemmeno apprezzato la mia
idea di mandare qualcuno a cercare un mago o un chierico con più
esperienza! Beh... Non ha più accettato un mio suggerimento
dopo che l'ho steso. -
- Steso? -
chiese, tra un boccone e
l'altro, preoccupata per la probabile risposta.
- Certo! Dopo la
prima "diagnosi", aveva rifiutato di controllare di nuovo
come stavi. -
Le sorrise sicuro di sé, porgendole un
boccale pieno di latte, mentre lei faticava a nascondere il proprio
imbarazzo.
Doveva sempre fare così! Ormai non aveva più
senso proteggerla a quel modo! Non aveva più cinque anni!
Il
suo pasto proseguì su quel tono, con suo padre che sparlava
del chierico, le raccontava come andavano gli affari e altri aneddoti
e lei che si augurava di poter raggiungere al più presto
un'altra città per non dover cercare una fossa in cui
nascondersi. Lui non scese in cucina a prenderle qualcos'altro,
nemmeno un misero piattino di minestra e non le rimase che spazzar
via i frammenti della speranza di poter mangiare qualcosa di decente.
Alla fine le chiese:
- Ora potresti spiegarmi dove e perché
la mia bambina sparisce per più di tre ore? -
Nel sentirsi
definire "bambina" aggrottò la fonte seccata, ma suo
padre, anche se lo notò, proseguì il proprio
interrogatorio:
- E perché uno sconosciuto, solo e senza
alcun mezzo di trasporto visibile, me la riporta quasi completamente
drenata da ogni energia e scompare prima che possa ringraziarlo? -
-
Uno sconosciuto? ... -
C'era qualcosa di sbagliato. Qualche
pescatore poteva averla trovata mentre cercava di scoprire chi aveva
lanciato quell'incantesimo... poteva averla trasportata nella città
più vicina, quella in cui alloggiava suo padre. Ma come sapere
a chi riportarla? Lei e suo padre non erano così conosciuti in
quella città... E c'era il fattore tempo: era stata via più
di tre ore, ma meno di quattro (suo padre era pignolo sugli orari).
Rimaneva un'ora. Per arrivare in città in così poco
tempo, il suo salvatore avrebbe dovuto usare un cavallo o un carro...
ma suo padre non li aveva visti...
- Sì, un tipo alto e
magro, dai capelli viola e gli occhi sempre chiusi. Non sembrava
particolarmente felice anche se continuava a sorridere come
un'idiota... Non sono convinto che fosse umano. -
Si concentrò.
Capelli viola... occhi chiusi... sorriso idiota... le ricordavano
vagamente un seccatore incontrato molto tempo prima. Il fatto che
potesse non essere umano non la impensierì: quale membro delle
altre razze si sarebbe mai interessato alla figlia di un mercante?
Infine si decise a rispondere per tranquillizzare il genitore:
-
Non lo conosco. -
Il che non era tecnicamente una menzogna, ma
una mezza verità: lo aveva già visto una volta, ma non
sapeva nulla di lui. Inutile far preoccupare suo padre per un'inezia
del genere.
- Cos'è accaduto? -
- In breve... ho fatto
una passeggiata e utilizzato la magia, solo che ho esagerato e sono
svenuta. Non so cosa sia successo dopo: mi sono svegliata qui. -
Evitando particolari compromettenti, si trattava esattamente di
quanto accaduto.
- Perché ho la sensazione che tu mi stia
nascondendo qualcosa? -
Sfoderò il suo sorriso più
innocente.
Suo padre non sembrava convinto, ma lei era troppo
stanca per proseguire.
- Ho sonno. -
dichiarò e si
sdraiò.
Mentre le sistemava le coperte, le disse:
-
Riposa, ma non credere che la nostra discussione sia finita qui. -
e
se ne andò, chiudendo la porta senza rumore.
Lei si
addormentò subito.
Si svegliò nuovamente
affamata e senza avere idea di che ora fosse. Un rapido controllo
fuori dalla finestra le indicò che era pieno pomeriggio.
Suo
padre non si vedeva: doveva essere tornato ai suoi affari. Quindi
nessuno le avrebbe portato da mangiare. Così si cambiò
d'abito e scese al piano inferiore.
Dopo un attimo di
sbigottimento, dovuto più al numero di portate ordinate che al
suo aspetto, il locandiere fu piuttosto disponibile nel soddisfare le
sue richieste. Presto si trovò di fronte almeno una decina di
pietanze che fissò il tutto con occhi adoranti ed un po' di
bava alla bocca: quello le avrebbe ridato le sue energie, non le
barrette schifose del chierico! Si gettò sul cibo con la
stessa voracità di un lupo che non si nutrisse da un mese, ma
ingozzarsi non le impedì di riflettere.
Era stata una
stupida ad usare il GigaSlave con leggerezza. Benché se non ne
avesse visto gli effetti, era sicura che fossero micidiali: ne aveva
percepito la potenza devastante. Cosa era rimasto della spiaggia?
Avrebbe dovuto andare a controllare, ma, fino a quando si fosse
rimessa, suo padre le avrebbe impedito di andarsene in giro per conto
suo... e non era certo stupido: portarlo in quel luogo sarebbe stata
un'ammissione di colpevolezza che non era disposta a fare... in un
certo qual modo si sentiva scusata perché, fino all'ultimo,
non aveva avuto idea di quello che stava facendo...
C'era poi
quella spiacevole sicurezza di aver dimenticato qualcosa di veramente
importante, accaduto tra il lancio dell'incantesimo e il suo
risveglio... che la faceva sentire ulteriormente colpevole per la
stupidaggine commessa... ma cosa? Si sforzò di ricordare, però
ottenne solo i sintomi di un'emicrania imminente.
Si concentrò
su altro. Il GigaSlave aveva avuto altri effetti su di lei?
Rifletté
a lungo, poi decise di sì. Oltre al senso di colpa, provava
una strana sensazione... Era come se l'oscurità
dell'incantesimo non avesse abbandonato il suo essere e stesse
evaporando pian piano mentre lei riprendeva le forze... e una parte
sarebbe rimasta in lei... Se avesse fallito la castazione, se avesse
perso il controllo del Giga Slave, allora... rabbrividì
pensandoci... allora l'oscurità l'avrebbe consumata. Su questo
non nutriva alcuna incertezza.
Era sempre stata attratta dal
potere, ma non voleva bruciare. Sacrificare la vita, sua o altrui,
per ottenerlo non era un prezzo che fosse disposta a pagare.
Era
giusto attingere ad un tale potere? Forse qualche altro mago avrebbe
saputo risponderle... ma avrebbe dovuto mettere la Gilda a conoscenza
di quell'incantesimo e, forse, insegnarlo ad altre persone...
Affidare ad altri quel potere terribile... l'idea non le piaceva. Non
voleva farlo e non l'avrebbe fatto.
Svuotato l'ultimo piatto, si
alzò e tornò in camera, lasciando che il locandiere
mettesse tutto nel conto.
Voleva continuare a riflettere, ma la
stanchezza tornò a farsi sentire prepotente: l'unica cosa che
riuscì a fare prima di addormentarsi fu tornare a letto.
Fu
un rumore improvviso a svegliarla: qualcosa era caduto sul pavimento.
Si mise a sedere per controllare e trovò suo padre che la
fissava, con espressione colpevole, mentre era intento a preparare i
suoi bagagli.
- Ce ne andiamo? -
chiese, mentre si
stropicciava gli occhi.
- Non esattamente... io proseguo e tu
torni a Zephilia. -
- Cosa? E poi perché! -
esclamò
stupita. Non voleva tornare a casa!
- È quasi una
settimana che non fai altro che dormire. Hai quasi riacquistato tutte
le tue energie e i tuoi capelli il loro colore... ma sono fermo in
questa città da troppo tempo e tu mangi per tre persone: se
rimanessi ancora con me, mi manderesti in fallimento! -
Non si
curò di nascondere la rabbia.
- È un'ingiustizia!
Te l'ho chiesto per mesi e ho fatto di tutto per ottenere il
permesso! -
Aveva persino cercato di andare d'accordo con Luna,
una cosa che aveva richiesto più impegno di quanto si potesse
immaginare!
- Certo, non ho potuto fare nulla per una settimana,
ma non sarò più un peso: ho recuperato quasi ogni
energia! Pur di proseguire il viaggio, sono anche disposta a tagliare
il numero delle portate. -
Poteva sembrare una mocciosa viziata,
ma ci teneva troppo. C'erano tante cose che voleva vedere, tante
città da esplorare, tante biblioteche che voleva visitare...
Troppo perché se ne tornasse a casa!
Il tono della
risposta fu severo:
- Sì, ma non c'è nulla che mi
garantisca che non "esagererai ancora con la magia" e ti
troverai di nuovo in questa situazione. Tu torni a casa sul carro di
Zorok che, ha finito il suo giro e si è detto disponibile a
riportarti a Zephilia. Quando sarò a casa anch'io, con l'aiuto
di Luna, chiarirò la questione. Fine del discorso. Riprendi a
dormire, ne hai bisogno. -
Suo padre riprese a preparare i
bagagli, mentre lei lo fissava imbronciata.
Tiranno! Deposta!
Dittatore!
Ma sapeva di poter dire addio al viaggio. Protestare o
ragionarci insieme non sarebbe servito: suo padre non avrebbe
cambiato idea. Solo sua madre poteva smuoverlo dalle sue posizioni e
lei non aveva ancora scoperto come ci riusciva.
La infastidiva
ancor di più che fosse sempre la stessa storia: qualunque
decisione o problema importante veniva discusso con la sua
adoratissima sorella maggiore. Soprattutto se si parlava di
magia: dovevano sempre chiedere a Luna e mai fidarsi di lei, anche se
l'osannato Cavaliere di Cephied non ne era un'utilizzatrice. Erano
sempre loro a decidere per lei!
Ma aveva un altro problema più
urgente: sua sorella aveva la tremenda capacità di farle
spifferare tutto anche contro la sua volontà. E con lei,
occhiate innocenti e o da cucciolo indifeso non funzionavano.
Non
voleva raccontare la sua bravata perché era già
consapevole di aver sbagliato... e sapeva in anticipo cosa avrebbero
detto: "È troppo pericoloso per te.", "Non
avresti dovuto farlo." e così via. I soliti ammonimenti
inutili perché tardivi.
Doveva trovare una scusa
plausibile... qualcosa che fosse la verità e al contempo non
lo fosse...
Infuriata e preoccupata, si rimise sdraiata, ma non
si riaddormentò: continuò a meditare ad una soluzione.
- Uffa, uffa, uffa! -
brontolò, sedendosi non
proprio elegantemente sul letto. Poi si distese a braccia aperte a
guardare il soffitto.
Era stanca: sua madre la stava sfruttando,
mandandola a fare consegne in giro per la città. E come poteva
rifiutarsi di fare qualcosa se le veniva chiesto con quel sorriso
dolce e sereno? Era un'arma praticamente invincibile, che sfruttava
il suo senso di colpa se negava il proprio aiuto!
Passato qualche
minuto così, si alzò e si avvicinò alla mappa
della Penisola appesa alla parete.
Con un sospiro di rimpianto,
tracciò con il dito il percorso che suo padre avrebbe
compiuto.
Avrebbe voluto andarsene da Zephilia... conoscere
persone e posti nuovi... imparare nuovi incantesimi...
- Perché
non vai? -
chiese una voce alle sue spalle.
Sobbalzò e
si girò di scatto. Come al solito, il Cavaliere di Cephied
l'aveva colta di sorpresa. Era là, appoggiata allo stipite
della porta che la guardava.
- Cosa intendi? -
- Va' a vedere
il mondo. È sempre stato il tuo sogno, no? -
Prima che
potesse rispondere, sua madre la chiamò e la spedì a
compiere l'ennesima commissione.
Va' a vedere il mondo. È
sempre stato il tuo sogno, no?
Detestava ammetterlo, ma Luna
aveva ragione. Viaggiare era sempre stato il suo desiderio più
grande. Zephilia era ormai una prigione per lei con tutte quelle
persone che credevano di conoscerla, ma che in realtà non
sapevano nulla di lei e dei suoi sogni...
Condannata a non
crescere, a non cambiare dall'idea che chi la conosceva aveva di lei.
Persino nella Gilda la consideravano alla stregua di una bambina.
Ogni sforzo che aveva fatto per cambiare le cose si era rivelato
inutile: il mutamento nel suo atteggiamento era stato giudicato
temporaneo, un breve periodo di ribellione e, come tale, accantonato.
Si sentiva come una farfalla che voleva a spiccare il volo, ma si
ritrovava prigioniera del suo bozzolo. Le sue ali erano prigioniere e
ancora troppo deboli per riuscire a reggerla, ma se non fosse uscita
dal suo rifugio, quando mai lo sarebbero diventate?
Si maledisse:
lasciare la città era la soluzione più ovvia. Perché
non ci aveva mai pensato? Perché aveva aspettato di sentirselo
dire?
Luna non le avrebbe mai detto qualcosa di simile se non
avesse pensato che avesse le capacità necessarie... A meno di
non volersi liberare definitivamente di lei, ma non le sembrava uno
di quei tentativi... No, sarebbe stata più subdola, come
quando aveva cercato di "venderla" in cambio di un dolce...
Piuttosto le aveva dato la spinta giusta: la fiducia.
Promise a
se stessa di non aver più bisogno di spinte. Aveva o non aveva
deciso di vivere ogni attimo?
Non poteva però partire alla
cieca, altrimenti sarebbe stata costretta a ritornare e subire tutte
le frecciatine dell'adorabile sorella... e le chiacchiere
dell'intera città.
Stilò a mente una piccola lista
di ciò che era necessario:
- qualche mappa aggiornata
della Penisola,
- abiti da maga adatti per viaggiare,
-
qualche provvista,
- qualche libro di magia,
- denaro.
Trovare il resto sarebbe stato facile, ma, nonostante tutti i
suoi sforzi per guadagnare e risparmiare, non era certo ricca. E, di
sicuro, non poteva chiedere soldi ai suoi genitori... Come poteva
fare?
Aveva meno di due mesi di tempo per organizzarsi prima che
suo padre tornasse a casa. La prospettiva di affrontare
l'interrogatorio a cui l'avrebbe sottoposta era sufficiente a farle
venire i brividi... Doveva sbrigarsi!
Doveva sbrigarsi!
Chiuse la porta a chiave per avere qualcosa che la separasse
fisicamente dal pericolo e iniziò freneticamente a preparare
il bagaglio.
C'erano tante cose che voleva portare con sé.
La sua stanza conteneva troppi ricordi che non voleva abbandonare: i
fogli con le formule che aveva modificato e la descrizione dei nuovi
effetti, i doni che suo padre le aveva portato dai suoi viaggi, gli
abiti che sua madre le aveva cucito, la spada di legno che aveva
utilizzato nei primi mesi di addestramento con Luna,... Era così
difficile scegliere... come poteva infilare nella sacca tutto quanto?
- LINAAA! -
Rabbrividì, mentre la casa sembrò
tremare sotto la forza d'urto dell'onda sonora... o si trattava di
aura magica? In ogni caso era nei guai: Luna l'aveva già
scoperta. Represse l'impulso di nascondersi sotto al letto e si
decise: il bagaglio doveva essere leggero, quindi non avrebbe portato
con sé nulla di inutile.
- LINAA! -
sentì
ruggire. Luna si stava avvicinando. Probabilmente si trovava sulle
scale.
Doveva fare in fretta! Chiuse rapidamente la sacca. Saggiò
la lama della spada per controllare che fosse affilata: le serviva
per difendersi. In un certo qual modo era ironico: anche se al
momento rappresentava il pericolo maggiore, non poteva certo usarla
sulla persona che gliel'aveva regalata... Non che l'avesse comprata
appositamente per lei, no: il Cavaliere di Cephied riceveva in dono
decine di spade ogni mese. Semplicemente, a fine addestramento, le
aveva dato quella che riteneva, tra le tante, fosse adatta a lei.
-
LINA! -
Luna stava bussando alla porta con tanta grazia che
l'avrebbe sfondata entro breve.
Iniziò freneticamente a
sistemare il denaro nelle tasche nascoste del mantello.
- Luna,
che hai intenzione di fare? -
La salvezza. In quel momento poté
udire nella sua mente le campane che annunciavano lo scampato
pericolo.
- Voglio fare a pezzi quella serpe velenosa! -
ruggì
sua sorella, ma sua madre aveva sopportato di peggio.
- Questa
volta per quale motivo? -
- Ha proiettato le immagini di me
mentre ero alle terme ad uno stuolo di maniaci! -
Detto così
sembrava una cosa brutta... non erano maniaci, solo ragazzi
fortemente attratti dal Cavaliere di Cephied che non avevano il
coraggio per dichiararsi! Per fortuna la sorella non aveva idea che
si era fatta pagare per quello... ma le servivano soldi per
viaggiare!
- Non è un buon motivo per demolire la porta.
Domani tornerà vostro padre e discuteremo con lui una
punizione adatta. -
Poté udire chiaramente Luna sbuffare
insoddisfatta.
- Quanto a te, Lina, questa sera niente cena. Hai
l'età per sapere che non si deve utilizzare la magia a quel
modo. -
Il tono era deluso, ma resistette alla tentazione di
giustificarsi. Se avesse cercato di spiegare, non l'avrebbe capita,
così preferì passare per un'immatura.
Quando sentì
dei passi che si allontanavano, tirò un sospiro di sollievo:
era salva!
Fu a quel punto che udì la voce di Luna.
Parlava in tono molto minaccioso:
- Prima o poi dovrai uscire...
-
Tremò e si rifugiò sotto al letto, nell'angolo
più lontano dalla porta.
Qualcuno avrebbe potuto dirle che
era eccessiva, che sua sorella non era così terribile e che il
suo atteggiamento avrebbe potuto ferirla. Quel qualcuno non la
conosceva come lei. Era stata la sua maestra di scherma: era stata
severa, esigente e... sadica. Rabbrividiva al solo pensare
all'allenamento a cui l'aveva sottoposta... e certi scherzi che le
aveva fatto non erano da meno. E non era certo esaltante doverla
affrontare in una disputa verbale... Quando non la stava minacciando,
insultando o canzonando, nelle parole di Luna echeggiavano una
saggezza ed una conoscenza senza tempo che l'aiutavano ad avere
sempre ragione e a farsi rivelare ogni segreto. In quei momenti
brillava di un'autorità a cui era difficile non sottostare, ma
a cui cercava istintivamente di ribellarsi... Come non temerla?
E
quello sguardo intenso che lasciava intuire che sapesse tutto... come
quello che accompagnava la domanda con cui l'aveva accolta al suo
ritorno a casa...
- Hai tentato qualche potente incantesimo che
prima non avevi mai utilizzato, vero? -
Come faceva a saperlo?
Era riuscita a percepirlo? ...
In sua sorella ardeva pur sempre
la fiamma di Cephied, ma trovava inquietante che una persona di soli
due anni più vecchia di lei potesse essere così... così
adulta. Era quasi come se le avessero rubato la spensieratezza e la
giovinezza...
Fu strappata dai suoi pensieri, dalla nuova e
terribile minaccia di Luna:
- Questa volta non te la caverai con
un paio di lumache negli stivali... -
Che schifo! Che schifo! Che
schifo! Quella era stata una vigliaccata! In fondo lei aveva solo
cercato di leggere nel suo diario, nulla di così tremendo! Ma
aveva imparato la lezione e, da quel giorno, aveva sempre controllato
almeno tre volte prima di infilare il piede in qualsiasi tipo di
calzatura.
Finalmente la udì scendere le scale e uscì
dal suo rifugio.
Aveva quasi sei ore di luce di fronte a sé
ed aveva intenzione di sfruttarle appieno.
Spalancò la
finestra e appoggiò un messaggio d'addio sul letto. Indossò
il cinturone della spada e il mantello.
Prese la sacca, ma esitò
per un momento. Lasciò che il suo sguardo vagasse per la sua
stanza un'ultima volta e salutò mentalmente ogni oggetto che
non avrebbe portato con sé. Tanti erano ricordi che le
sarebbero mancati... ma non poteva portarli con sé: sarebbero
stati solo un peso non necessario.
Poi si decise: posò il
bagaglio sul pavimento e sciolse la treccia, lasciando che i suoi
capelli fossero liberi. Ne aveva abbastanza di quella pettinatura:
l'aveva portata per tutta la sua infanzia e, in quel momento, la
stava lasciando dietro di sé. Indossò persino la fascia
magica, un altro regalo di Luna.
Solo a quel punto si sentì
pronta. Raccolse la sacca e castò un Levitation per andarsene.
Mondo, sto arrivando!
Papà.
Quando
leggerai questa lettera io sarò già lontana.
Me ne
vado, papà perché sono stanca di essere la tua bambina:
non sono più così piccola.
So che faccio tanti
errori, ma non è perché non conosca cosa è
giusto o sbagliato. Sbaglio perché non so cosa è
importante per me.
Ma so una cosa per certo: non voglio più
essere solo la sorella di Luna Inverse e che siano gli altri a
scegliere per me.
Per questo me ne vado, papà. Per
crescere, per trovare qualcosa che per cui vivere la mia vita.
So
a cosa stai pensando: cosa può esservi per me nel mondo che
non possa ottenere a Zephilia?
Lì mi conoscono tutti.
Quando mi guardano, non vedono una persona che a 12 anni ha già
ottenuto la propria veste da mago, mentre altri impiegano anni o
decenni. Vedono la piccola Inverse, la figlia del mercante, la
sorella del Cavaliere di Cephied. Sanno che a otto anni ho spaccato
un dente ad uno che era il doppio di me. Sanno che adoro mangiare.
Sanno che so usare la magia. Credono di sapere tutto di me.
Vedi,
papà... Se restassi a Zephilia perderei ogni voglia di agire,
di cambiare! Non avrei possibilità di dimostrare quali sono le
mie doti e rimarrei... rimarrei imprigionata!
Sì, papà.
Zephilia sarebbe per me una prigione nella quale sognare cosa avrebbe
potuto essere.
Non voglio questo... e credo che anche tu non
desideri per me un destino simile.
Voglio che la mia vita sia
felice e avventurosa... Voglio viaggiare senza fermarmi mai, voglio
trovare tesori nascosti... Voglio conoscere questo vasto mondo!
Per
favore, non mi cercare. Non tornerò indietro, nemmeno se
avessi nostalgia di te e della mamma. Non lo farò...
Almeno
non ora. Quando avrò scoperto cosa è importante per me
e cosa voglio nella mia vita... Sì, allora tornerò a
trovarvi.
Non preoccuparti per me. Farò in modo che
abbiate mie notizie.
Tua figlia,
Lina Inverse
P.s. Dillo tu a mamma e Luna... e qualsiasi
cosa mia sorella ti dica che io abbia combinato, non crederle!
Nell'aria avvertiva chiaramente l'aura residua
dell'incantesimo.
L'acqua scintillava sotto i raggi del sole e la
sabbia era dorata. Ma la battigia era dilaniata dal profondo solco,
scavato dall'incantesimo, che era stato reclamato dal mare.
Non
c'erano gabbiani che volassero su quel tratto. Nessun granchio
nell'acqua. Nemmeno pesci. Tutta la vegetazione del posto era morta e
ciò che ne rimaneva era così secco da sbriciolarsi al
minimo contatto.
Era l'unico essere vivente in quel luogo.
Tutto
a causa sua e del GigaSlave che aveva voluto "utilizzare per
dimostrare quanto ne sapeva di magia". Era terribile. Nessun
incantesimo di magia nera aveva effetti che si protraessero tanto a
lungo...
Era giusto utilizzare un potere del genere?
Guardando
quella spiaggia, le pareva che l'unica risposta possibile fosse no.
Ma non poteva fare a meno di chiedersi: se la sua vita fosse stata in
pericolo? ... Se avesse castato quell'incantesimo per proteggere le
persone che amava? ... In quei momenti... se non vi era altra
speranza... sarebbe stato giusto attingere ad un tale potere? ... Non
ne era sicura, ma non avrebbe rivelato a nessuno la sua esistenza: il
GigaSlave sarebbe stato il più segreto dei suoi segreti.
The End
The Tower: indica un cambiamento brusco e totale, una sciagura inaspettata, la perdita delle illusioni, il mutare della propria vita.
