SANDOR

Quel posto era un macello, ora che aveva smesso di piovere se ne rendeva conto.

Il soffitto aveva un sacco di falle, la staccionata sul retro cadeva a pezzi e anche le assi del pavimento non erano in buono stato.

Lydia aveva detto la verità, aveva attrezzature e materiali per potere sistemare le cose, ma quel che le mancava era la manodopera. Ovviamente aveva considerato l'idea che la sua presenza lì le facesse piacere sul piano pratico, più che su quello personale, ma lui stesso era un uomo sufficientemente pratico da non biasimarla per questo.

Erano passati giorni da quando aveva deciso di rimanere e la prospettiva di una quotidianità mediocre e serena non era stata disattesa.

Si era alzato presto al mattino, si era dedicato alla riparazione di qualcosa, aveva mangiato piuttosto bene e si era coricato quando gli ultimi avventori avevano lasciato la locanda, con in corpo un'adeguata dose di vino.

Lydia era tornata da lui, la sera prima: forse per ripagare la sua presenza, forse per solitudine, ad ogni modo gli si era seduta vicina e aveva iniziato a raccontare cose sulla sua infanzia. Era una di quelle persone che avevano vissuto tutta la loro vita nello stesso posto, come granparte degli abitanti di Westeros di bassa estrazione.

Lei però non era una paesana grossolana ed ignorante, aveva una certa delicatezza nei modi e un'istituzione sufficiente per quello che era.

L'aveva ascoltata volentieri, il che era piuttosto strano per lui, ma poi, ad un certo punto, quando aveva iniziato a farsi più vicina, si era alzato e le aveva detto di dover dormire.

Non era per quello che era rimasto.

Semplicemente, la mattina dopo che Lydia si era occupata di lui, si era trovato di fronte ad una scelta. Aveva guardato fuori dalla porta la strada fangosa che si srotolava verso nord, ugualmente scomoda e desolata; aveva guardato il cielo fosco e poco invitante sopra di sé, e si era posto una domanda: aveva davvero voglia di rimettersi in marcia?

Non aveva un posto dove andare, né qualcosa di preciso da fare. Se l'estate fosse stata in arrivo avrebbe potuto prendersi tempo per decidere anche in mezzo ai boschi, ma con il freddo che aumentava e le giornate che si accorciavano, era stupido farsi trovare all'addiaccio.

E poi c'era l'offerta che gli era stata fatta. Un offerta che lasciava intendere molto di più...

Aveva guardato la ragazza con la coda dell'occhio e l'aveva trovata carina anche alla luce del giorno e con la mente libera dal vino. Ma non era stato quello a tentarlo.. e di certo non era il tipo che cambiava idea solo perché una ragazza gli leccava l'uccello.

Si era stropicciato gli occhi e si era sentito stanco. Tutto qui.

Voltandosi verso il bancone aveva sorpreso Lydia a fissarlo.

Così l'aveva fatto: era tornato indietro e aveva accettato la sua offerta, senza farsi troppe domande sulle ragioni di quella scelta.

E adesso era lì.

Livellava delle assi dell'impiantito da qualche ora quando Lydia gli portò una birra leggera.

Si era svegliato presto per sistemarle e una pausa gli sembrò una buona idea.

«Stai facendo davvero un bel lavoro qui!» gli disse.

Annuì, pulendosi la bocca col dorso della mano.

«Vieni, puoi riposarti mentre pulisco i fagiolini» sorrise.

Si sedettero entrambi al tavolo della cucina: prendeva i fagioli dal secchio, toglieva via le estremità e li metteva in una grossa cesta.

Rimasero per un po' in silenzio: sembrava non avessero nulla da dirsi e la cosa non gli dispiacque.

«Chi è lei?» chiese Lydia dal nulla.

«Lei?» domandò, ma sapeva benissimo di chi stesse parlando.

«La ragazza a cui stavi pensando mentre.. ero con te»

"Merda" non ci girava certo intorno!

Non aveva alcuna intenzione di rispondere a quella domanda, non voleva nemmeno pensare alla risposta.

«Non è una cosa personale» aggiunse «sono solo curiosa»

«Non è nessuno»

«Nessuno che vive nel posto dal quale non vieni e che non è la causa per cui non stavi andando da nessuna parte?» il tono era ironico, ma non era certo di aver voglia di scherzare. Lydia gli piaceva, ma la confidenza non era una cosa che faceva per lui...

«Non pensavo a una donna in particolare»

«Uhm... di certo non stavi pensando a me, non avresti potuto essere più lontano. Riconosco certe cose, non sono una ragazzina»

Quella parola lo innervosí, ma si obbligò a non darlo a vedere, lì era Sanson, non il Mastino.

«Come si chiama?» insisté.

«Non ne voglio parlare»

«Per tutti gli inferi, deve averti fatto molto male!»

Non rispose, continuò a bere la birra in silenzio. L'alternativa sarebbe stata prenderla per un braccio e ordinarle di chiudere quella dann... La bocca.

La mano di Lydia si posò sul suo avambraccio.

«Mi dispiace Sanson»

Fece una smorfia «Di cosa? Non era... niente»

«Non si direbbe...» insinuò lei.

«Era un uccellino. Può ferirti un uccellino?»

«Non lo so. Può farlo?» chiese piano.

Poteva? Se lo era chiesto tante volte. Benché avesse cercato di evitarlo le domande gli si erano ammassate nella mente una sull'altra. Ma aveva contrastato talmente tanto il suo desiderio per lei, che riuscire a capire cosa era stato gli era quasi impossibile.

Si rese conto di essere rimasto in silenzio a lungo, mentre Lydia lo guardava.

«Era molto bella?» domandò ancora, per nulla scoraggiata dalle sue risposte evasive.

«Sì» rispose di getto.

La ragazza annuì, con l'aria convinta di chi aveva ricevuto una risposta che già conosceva, ma non le bastava «Eri innamorato di lei?»

Fissò la cesta davanti a sé.

Una risposta semplice, ma impossibile da dare. Il Mastino dei Sette regni non era tipo da innamorarsi, non era tipo da perdere tempo dietro una ragazzina...

Lo aveva detto anche a quel nano coglione che credeva di sapere tutto! Non voleva ritornarci sopra, non poteva ritornarci sopra.

Posò la birra e si alzò in piedi «Non ne voglio parlare» ripeté.

Era uscito dopo pranzo. Lui è Hermann erano andati a caricare dei sacchi di farina al mulino e con tutta la pioggia che era caduta era stato un mezzo miracolo non rimanere bloccati.

«Da dove venite?» gli aveva chiesto Hermann mentre risalivano dal fiume.

«Ovest»

«Anche io! Cioè.. Non sono dell'Ovest.. Vengo da Rivalarga, dieci miglia da quella parte...» indicò.

Non rispose: non voleva dargli confidenza.

«Ve la cavate bene con le mani... Certamente meglio di me. Spero che adesso che ci siete voi Lydia non mi mandi via!» fece una risatina nervosa «Certamente siete molto più forte di me... Che facevate prima? Il maniscalco? L'armaiolo?»

Avrebbe voluto non rispondere, preferiva non avere cazzate da doversi ricordare, ma se non avesse detto qualcosa quel ragazzo non gli avrebbe dato tregua «Mi occupavo delle cose del mio signore»

«Quali cose?»

«Tutte» tagliò corto.

«Quanti anni avete?»

"Porca puttana!" pensò.

«Io ne ho sedici. Diciassette quasi. Pensavo che per i diciassette anni sarei tornato a Rivalarga... Mi sarebbe piaciuto mettermi a fare qualcosa di mio... Mio padre produceva insaccati. Prosciutto, salame, salsicce. Io lo aiutavo, ero pure bravo. Se riuscissi a mettere da parte abbastanza...»

«Puoi sempre rubare un maiale»

Il ragazzo lo guardò come se avesse detto un'eresia, poi cambiò espressione e ammiccò «Ah.. mi prendete in giro!»

Credeva fosse sufficiente, invece proseguì «Che stavo dicendo? Ah si, che se durante questo inverno riesco a mettere via qualche soldo, torno a Rivalarga e mi metto a insaccare maiale. Non che il posto sia molto più bello di questo.. Più grande di sicuro... Ma le ragazze! C'erano un sacco di ragazze carine!» sospirò «Mi piacerebbe avere una ragazza... Voi siete stato sposato ser?»

«No» disse secco.

«Fossi come voi tornerei subito a Rivalarga»

Cazzo, se diceva Rivalarga ancora una volta ce lo avrebbe rimandato a calci nel culo!

«Alto e grosso così, troverei subito una moglie!»

«Cosa te lo fa pensare?»

«Beh, se fossi una ragazza vorrei un uomo grande e grosso... Senza offesa eh!»

«Allora peccato che non sei una ragazza...»

La cavalla di fermò. Davanti a loro un grosso carro era rimasto impantanato.

Un uomo e due ragazzi cercavano di liberare la ruota e quello più anziano imprecava come un dorniano ogni volta che iniziava a spingere.

Non aveva particolarmente voglia di aiutarli, ma se non si fossero tolti di lì non sarebbero potuti passare neanche loro.

«Vi serve una mano, mi pare» disse avvicinandosi al carro.

«Queste stramaledette strade!» disse l'uomo tirandosi indietro e asciugando il sudore dalla fronte.

«Ha piovuto per giorni, è così fino alla Strada del re!» spiegò Hermann.

Dette un'occhiata alla ruota, i ragazzi avevano messo un'asse per fare da leva, ma non faceva altro che affondare del denso fango grigio.

«Facciamo così: il ragazzino davanti col cavallo e voi tre a spingere»

«E tu che fai?» chiese il ragazzo più grande.

«Io sollevo il carro»

Notò gli sguardi poco convinti che gli indirizzarono, ma fecero quello che aveva detto loro. Quando furono tutti in posizione afferrò il retro del carro.

«Ora» disse.

Era dannatamente pesante. Le mani gli scivolavano sul legno umido e gli stivali sprofondavano in mezzo al pantano.

Doveva riuscirci in un unica volta.

Il cavallo avanzò mentre gli altri spingevano; strinse i denti mentre la ruota si riallineava alle altre e poco dopo il carro fu fuori.

Andò sull'erba a pulire le suole degli stivali, mentre quei quattro non la finivano di guardarlo.

«Grazie, grazie mille!» iniziò a ripetere l'uomo andandogli incontro «Vuoi delle salsicce? Dheron, tira fuori un rotolo di salsicce per il signore!»

Il ragazzo più grande aprì una cassa e prese una fila di belle salsicce rosa e lucide.

Non fece complimenti e le mise nella bisaccia.

«Mi sapete dire quanto manca al viaggio, io e i miei ragazzi vorremmo dormire in un letto stanotte!» disse l'uomo.

«Noi lavoriamo alla locanda!» esclamò Hermann «Non manca molto, il paese è dopo quella curva laggiù»

Non impiegarono molto ad arrivare. Per sua fortuna Hermann aveva iniziato a parlare con i due ragazzi e aveva smesso di fare domande.

Una volta lì, portò uomo, cavallo e carro nella stalla, poi lo accompagnò dentro.

Hermann e i ragazzi erano già davanti al fuoco, mentre Lydia li raggiunse dalla cucina, portando una caraffa di birra chiara.

«Buona sera ser» disse.

«Buonasera. Io e i miei ragazzi vorremmo passare la notte qui, è possibile?»

«Certamente. Una camera o due?»

«Una» rispose «va bene riposare, ma non esageriamo!»

«La stanza è già pronta, volete fare un bagno prima di cena?»

«Perché no! Dheron, Mhylan, prendete le vostre borse, voglio lavarmi come si deve!»

«Hermann, aiutali e accompagnali alla camera grande» poi, rivolgendosi all'uomo aggiunse «Si cena fra tre ore, stasera abbiamo zuppa e frittata di cipolle»

«Bene, bene!» disse e seguí i figli verso le scale.

Gli piaceva vedere Lydia all'opera, ci sapeva fare con le persone.

«Porto la farina di là» le disse.

«Sì grazie!» si avvicinò come per baciarlo e d'istinto si tirò indietro. La ragazza rimase un attimo in bilico, poi si voltò con un sorriso, come se non non se ne fosse accorta.

"Coglione", pensò uscendo, che razza di idiota si ritraeva davanti al bacio di una ragazza?

Doveva esserci qualcosa che non andava in lui, da qualche parte. Suo fratello doveva avergli danneggiato anche il cervello...

Scaricò i sacchi nella dispensa e andò nella stalla. Straniero se ne stava tranquillo a guardare il morbido declivio a ovest. Gli accarezzò il muso e lui ricambiò, fissandolo coi grandi occhi neri.

Era un bravo cavallo, grosso, forte, leale, la bestia più intelligente che avesse mai conosciuto.

Poco più in là c'era la giumenta di Lydia.

Le tolse i finimenti e la strigliò, poi spazzolò bene anche il suo cavallo, controllò che avessero acqua fresca e biada, e ne diede anche al cavallo degli avventori.

Per essere uno che non aveva esperienza in quel campo, si muoveva piuttosto bene, Lydia glielo aveva detto. Sapeva gestirsi i lavori e spesso si portava avanti con i compiti del giorno successivo. Magari era sempre stata quella la sua vocazione, solo che non l'aveva mai saputo...

Si stese sulla panca "Sandor Clegane, il fattore di Muddborough" pensò, prese un profondo respiro e lasciò che quella nuova vita modellasse le sue abitudini.

Quando tornò dentro Lydia cucinava canticchiando «Dov'eri?» chiese.

Non era una domanda a cui era abituato e d'istinto non gli piacque «Ho sistemato la stalla»

«Ah che bravo! Per favore, vai a controllare se i clienti sono già scesi. Io ho quasi fatto»

Sorrideva, sorrideva sempre, un sorriso aperto e spontaneo. Non sapeva se fosse davvero così naturale o se avesse semplicemente preso l'abitudine. Non era male avere vicino una persona allegra, ma d'altra parte non capiva davvero cosa ci fosse da esser contenti gestendo in una malconcia locanda spersa nelle terre dei fiumi, vedova e con un ragazzetto chiacchierone come aiutante.

Forse era solo perché non era abituato donne sorridenti. Le dame della Fortezza Rossa avevano sempre mantenuto un contegno formale con guardie e attendenti, con lui ancor più che con altri.

Controllò la sala e tornò in cucina.

«Si sono messi davanti al fuoco» disse.

«E qui è tutto pronto» col mestolo versò un po' di brodo su una crosta di pane e allungò la mano verso di lui «Senti se ti piace»

Si tirò indietro, ancora, prese il boccone e andò verso la porta «È buono» borbottò, poi aggiunse «Se per ora non ti serve altro io vado di sopra»

Si era sistemato al piano superiore. Non era una vera e propria stanza, ma una rientrenza nel muro abbastanza ampia e chiusa da una tenda, in cui avevano messo un sottile materasso di stoppia e qualche gancio per appendere le sue cose.

Lo spazio era decisamente inferiore a quello che aveva avuto nella sua camera alla Fortezza Rossa, ma era comunque meglio che dormire nella sala al piano di sotto.

Ogni sera Lydia gli preparava lo scaldaletto e un piccolo braciere e tutto sommato trovava la soluzione piuttosto confortevole. Se glielo avesse chiesto, era abbastanza sicuro che gli avrebbe lasciato usare la sua stanza e che sarebbe stata lei a scaldargli il letto.

Ma non lo faceva. Perché continuava a tenerla a distanza? Dopo quell'unica sera in cui si era lasciato toccare, non era più successo niente e aveva cercato di non porsi troppe domande: le domande erano per le donne e per i finocchi. Prima o poi sarebbe successo, era ovvio, probabilmente anche scontato. Un uomo e una donna, soli, che vivevano sotto lo stesso tetto... Era naturale e prevedibile.

Un'ora dopo Hermann andò a chiamarlo, cenavano sempre dopo gli avventori, quando questi ultimi si erano riuniti in gruppetti, il più vicino possibile al fuoco, a bere vino e birra di qualità via via più scadente.

Mangiarono in cucina, come sempre, poi tornarono di là. Lydia e Hermann sparecchiarono e pulirono mentre lui, che non era stato assunto per i lavori domestici, sedette al primo tavolo con un boccale di birra.

Oltre ai tre arrivati quel pomeriggio c'erano i clienti abituali, gente del posto, contadini, fittavoli e un mercante di carabattole. Di solito venivano da soli, altre volte si portavano una o due vecchie bagasce.

Non c'era un bordello in quel posto e quelle due giravano per la strada principale, coi capelli unti e dieci dita di fango sull'orlo del vestito.

Non gli erano mai piaciute le puttane, gli avevano sempre fatto tristezza, ma se non altro ad Approdo del re ce n'erano di pulite e ben pettinate, quelle lì invece, facevano ribrezzo anche solo a guardarle... Una musica lo distrasse: padre e figli avevano preso degli strumenti musicali e si erano messi a suonare "Da dove cazzo li hanno tirati fuori?" si disse. Avevano due strumenti a corda e un piffero.

Hermann e Lydia sembrarono entusiasti e si misero a seguire musica e canti battendo mani e piedi, e così anche gli altri.

Le puttane iniziarono a ballare; la stanza sapeva di vino, fumo e pioggia.

Era insopportabile, cazzo.

Il suono di quel flauto di merda gli si piantava nella testa come un chiodo.

Improvvisamente si sentí nervoso, senza sapere perché.

In silenzio uscì dal portone e si sedette sulla panca di pietra di fianco all'ingresso, a guardare la strada.

"Ma che cazzo ci fai qui?"

Voleva una vita normale, quella era una vita normale.

"Noiosa", pensò. Beh forse normale significava quello: noioso.

Da quando era lì ogni giorno era stato un ripetersi di azioni uguali a quelle del giorno precedente..

"Anche alla Fortezza Rossa era così" fatta eccezione per le sempre nuove stronzate del re, anche lì i suoi giorni erano stati scanditi dalle ore di servizio e quelle di riposo, semplicemente il servizio era di un altro tipo... Aveva sempre creduto di odiare Approdo del re, la Fortezza Rossa, Lannister e Baratheon... eppure adesso, in qualche modo, sentiva la mancanza.

"Ti manca quel piccolo testa di cazzo bastardo?" si chiese.

No, non lui. Chiuse gli occhi. Non lui.

«Che ci fai qua fuori? Vuoi dormire lì?» chiese Lydia.

Si era addormentato?

«Mi dava fastidio la musica, mi fa male la testa» mentí.

«Stanno andando tutti via, puoi rientrare, la "Serata musicale alla Locanda di Muddborough" è terminata!» scherzò offrendogli la mano.

Era gentile, sempre. Anche quando lui ce la metteva tutta per mostrare il figlio di puttana che era... lei era sempre sorridente, cordiale, amichevole.

La seguì dentro, Hermann stava parlando con i musici, li ignorò dirigendosi verso la scala.

«Ad Approdo del re, per le nozze del sovrano» disse uno dei ragazzi.

Si fermò con un piede sul primo gradino e tornò indietro.

«Per suonare?» chiese Hermann.

«Esatto! Sono stati organizzati tre giorni di festeggiamenti, non solo alla corte, ma in tutta la città!»

«La famiglia della sposa non ha certo lesinato i denari. A quello che so hanno voluto il miglior vino, le migliori stoffe, i migliori guitti dei Sette Regni per questo matrimonio, per questo hanno chiamato noi...»

"Che cazzo sta dicendo? Sono tutte stronzate!" «La famiglia della sposa?» chiese poggiando una mano sulla spalla del ragazzo.

«Certo! Non che mi stupisca, i Tyrell hanno quasi più oro dei Lannister ormai!» rispose il padre.

«Che cazzo c'entrano i Tyrell?»

«Il re sposa una Tyrell!»

«Perché?»

«Beh, forse quando una famiglia così importante ti aiuta a sconfiggere un nemico, è d'uso farsela alleata!»

«Stannis?» chiese.

«Così ho sentito...»

Quindi era per quello che Joffrey aveva vinto la Battaglia delle Acque nere, i Tyrell erano andati in suo aiuto. Doveva essere successo dopo che se ne era andato...

Quel pifferaio coglione di Non-so-dove sapeva ciò che era successo, mette lui si era rintanato in quel buco del culo fuori dal mondo, ignorando ogni cosa.

«E l'altra ragazza?» la domanda uscì da sola.

«Quale ragazza?»

«La Stark. Quella che doveva sposare il re»

L'uomo fece una smorfia «Non ne ho idea amico mio! Io so solo quello che ho sentito, e nessuno parlava d'una ragazza che non fosse Lady Margaery! Ma se c'era, immagino dovrà trovarsi un nuovo marito» ammiccò.

Lydia e gli altri risero «Beh, se doveva sposare addirittura il re, non ci metterà molto a trovarsi un nuovo pretendente!» disse.

Che cazzo diceva? Che ne sapeva lei, che ne sapeva ognuno di loro di quello che significava essere la fidanzata di Joffrey, vivere alla Fortezza... Niente, non ne sapevano niente, non potevano nemmeno provare a immaginarlo.

Gli altri continuarono a parlottare mentre la locanda si svuotava; li sentiva, ma non comprendeva le loro parole, c'era solo un rumore di fondo, come se si fosse trovato sott'acqua.

Vide Hermann sprangare il portone e gli altri sparire nel buio delle scale; quando Lydia lo chiamò, non aveva ancora mosso un muscolo.

Gli posò la mano sul braccio «Io vado a letto... tu non vieni?»

Lo fissava dal basso, come chiunque altro. I lineamenti ondeggiavano alla luce calda della candela, nel buio della stanza.

Si spostò dal bancone e salì le scale precedendola; una volta in cima andò alla sua nicchia nel muro e chiuse la tenda, mentre la luce del lume spariva dietro la porta della ragazza.

Tolse la giubba, rimosse lo scaldino dal letto e si sedette.

Che cazzo era successo nella capitale? Quando aveva lasciato la Porta del Re l'epilogo sembrava segnato... Invece erano arrivati i Tyrell e avevano ribaltato le sorti della battaglia. Che cosa li avesse spinti a intervenire in aiuto di Joffrey non lo sapeva. Per quel che ricordava, a quel finocchio del Cavaliere di Fiori piaceva farselo mettere da Renly Baratheon, e Renly si era apertamente mosso contro la corona...

"Affanculo!" quella gente era talmente infima e doppiogiochista che cercare di trovare una logica nelle loro azioni era tempo sprecato.

Ma non era quello il punto... Cercò di non pensarci, ma continuava a martellargli fastidiosamente in testa.

Se Joffrey sposava quella Tyrell... "Lascia perdere, sei a miglia di distanza"

Sì ma... Che cosa ne era stato? Che ne avrebbero fatto? Si affondò le unghie nella coscia.

Si era ripromesso di non tornarci più sopra, invece eccolo lì.

"Non dovevi andartene" sentí nella testa.

Non voleva, ma i fottuti pensieri si formavano prima che potesse contrastarli.

Si stese per dormire, ma si accorse subito che sarebbe stato impossibile. Sentiva le gambe fremere, i muscoli delle braccia si contraevano da soli, il cuore era diventato pesante... e in testa aveva un'unica cosa.

"Non è possibile, cazzo! Non succederà mai!" si urlò col pensiero: doveva convincersene.

Chiuse gli occhi. Nulla da fare, il suo cervello si ribellava e torna lì.

«E va bene» si disse alzandosi dal materasso, insofferente.

Scostò la tenda e senza permettere al cervello di riflettere entrò nella stanza di Lydia.

Lei era ancora in piedi e faceva qualcosa a cui non badò. Non gli importava, non gli fregava un cazzo di niente.

«Vuoi scopare?» chiese solo.