JAIME

La luce del mattino risplendeva sulle sue nuove dita.

Alzò la mano e la guardò. Era stata portata il giorno prima e aveva preso il posto di quella di legno. Era un dono di Cersei e Cersei era dentro ogni più piccolo dettaglio.

La base era in acciaio forgiato, dura e resistentissima e la superficie era ricamata di intricati motivi: un merletto freddo e virile, che sapeva di guerra e potere. Ed era completamente placcata d'oro, l'oro dei Lannister, o meglio l'oro di Tywin Lannister.

Suo padre non si era lasciato sfuggire l'occasione di ricordarglielo, quando gli aveva ordinato di sposare la ragazza Stark. Se voleva essere un Lannister allora doveva agire nell'interesse dei Lannister, altrimenti avrebbe rinunciato al nome, al titolo, a ogni pretesa su Castelgranito e avrebbe lasciato seduta stante Approdo del re. Se la sarebbe dovuta vedere da solo, senza aiuti e con una mano sola.

Non che ne avesse paura, e certamente Tyrion si sarebbe assicurato di non lasciarlo mendicare ad un angolo della strada, ma se avesse dovuto lasciare la Fortezza e la città, non avrebbe più potuto vedere Cersei.

Le era stato lontano già troppo a lungo... Lei aveva bisogno di lui e lui aveva bisogno di lei. Non erano delle belle persone, lo sapeva bene, l'unica cosa positiva che avessero mai avuto, era il loro amore, per quanto osceno e malato che fosse.

Per questo aveva accettato.

La cosa comica era che per non perdere Cersei era costretto a sposare un'altra donna.

Donna... ragazzina.

L'unica cosa che ricordava di Sansa Stark, era di averla vista durante la permanenza a Grande Inverno, tre anni prima.

Era una bambina allora, sommersa sotto un abito di lana verde scuro e una voluminosa cappa di pelliccia. Ricordava solo che era magra, pallida e fulva, tutto qui.

L'aveva incrociata giorni prima, uscendo dalla stanza di Cersei, ma era talmente turbato da non aver visto nulla di più di una sagoma nella penombra.

E fra poco meno di un'ora sarebbe diventata sua moglie.

La vita giocava brutti scherzi: aveva giurato a sua madre che l'avrebbe protetta e liberata, ma nessuno dei due poteva immaginare che sarebbe avvenuto in quel modo.

La porta si aprì senza che nessuno avesse bussato «Sei pronto? Oh, come stai bene!» esclamò Tyrion.

«Pronto è una parola grossa.. pronto per cosa, il patibolo?»

«Oh, non esagerare, stai andando all'altare, non sulla forca, per quanto per molti uomini ciò non faccia differenza, in effetti...»

«Che cazzo sto facendo Tyrion?»

«Stai eseguendo gli ordini. Sei un soldato, ci sarai abituato!» disse suo fratello servendosi da bere. Da quando era tornato aveva l'impressione che entrambi i suoi fratelli bevessero più di prima.

«Cersei non me lo perdonerà mai..»

«Sì, è molto brava nel serbare rancore.. Ma, andiamo Jaime, anche lei si è sposata, probabilmente si sposerà ancora.. Non può biasimarti! Non dopo i Kettleblack e» si fermò.

«Che vuoi dire?»

«Nulla»

«Tyrion!»

Suo fratello storse il capo «Jaime.. Lasciami perdere, pensa a sposarti...»

«Che cosa c'entrano i Kettleblack?»

«Adesso non mi pare il momento, né riparliamo..»

«Tyrion, dimmi che cazzo c'entrano i Kettleblack!»

Si tamburellò le dita sulla coscia, come quando era nervoso «Diciamo che...» tergiversava «mentre non c'eri, Cersei...» era in difficoltà «si è guadagnata la fedeltà di alcuni membri della corte... senza ricorrere all'oro di nostro padre...»

Il gelo.

Il gelo si propagò dal petto verso ogni parte del corpo, fino alle estremità delle dita. Lo percepí perfino nella mano destra che non aveva più.

Aveva sempre pensato che la gelosia fosse un sentimento furioso che lo avrebbe fatto bruciare, invece gli sembrava di essere sepolto sotto una montagna di ghiaccio.

«Jaime..» lo richiamò Tyrion.

Si scosse di dosso la brina della consapevolezza e lo guardò «Andiamo, è ora»

Il Tempio di Baelor era gremito e addobbato come se fosse stato un matrimonio reale.

Il popolo si era accalcato tutto intorno, e dalle case adiacenti la gente strabordava dalle finestre.

Scese da cavallo e si voltò.

Serio e silenzioso, in un elegante ma misurato abito scuro, suo padre lo attendeva sul sagrato. Chissà, forse voleva assicurarsi che non cambiasse idea all'ultimo momento...

Dietro di loro, suo fratello smontò da cavallo, non senza fatica, e li raggiunse.

Eccoli lì, i tre Lannister di Castelgranito, uno di fianco all'altro in quel giorno memorabile!

Salirono insieme la scalinata e quando giunsero davanti a portone, esitò.

Guardò la soglia, il taglio netto fra la luce del sole e l'ombra dell'interno. Quella era anche la sua linea di demarcazione, se fosse andato avanti e l'avesse superata, la sua vita avrebbe subíto profondi cambiamenti, con tutta probabilità definitivi.

A sinistra percepiva l'impazienza paterna, quel fremito tipico di chi non sopporta che si tentenni di fronte a un proprio ordine.

«Ebbene...» sussurrò, e mosse un passo verso l'interno.

Il passaggio dal sole all'ombra fu risolutivo, come se lì si fosse compiuta la sua sorte: sentì tutti gli sguardi su di sé, non sarebbe più potuto tornare indietro.

Mentre avanzava sul marmo screziato, credeva quasi di poter sentire i pensieri dei presenti.

Tutti si chiedevano la stessa cosa: se per caso, quella volta, lo Sterminatore di re sarebbe stato in grado di mantenere la parola data.

Avrebbe voluto poter dire che non li guardava, che non li vedeva, ma non era così. Sentiva sulle spalle il peso dei loro giudizi, dei loro pettegolezzi.

Mentre avanzava si rendeva conto che tutti loro sapevano, come aveva detto Tyrion. Nessuno nutriva il benché minimo dubbio sul suo rapporto con Cersei, né sulla paternità di Joffrey, Myrcella e Tommen.

Lo sapevano e ne erano disgustati. Non lo conoscevano, ma pensavano di poterlo giudicare solo perché non aveva rispettato le convenzioni sociali.

Che ne sapeva quella gente di lui?

Lo guardavano e vedevano lo Sterminatore di re, lo guardavano pensando di disprezzare gli uomini come lui, ma non c'era nessuno come lui, lo aveva detto a Lady Stark: era unico.

E amava Cersei. Amava Cersei e aveva rinunciato a tutto in nome di quell'amore. Aveva rinunciato ad una vita sua, aveva rinunciato alla rispettabilità, aveva rinunciato alla possibilità di crescere i suoi figli. Quanti uomini potevano dire di amare una donna fino a quel punto?

Sentí un crampo allo stomaco. Era il ricordo di quello che era sfuggito a Tyrion: Cersei lo tradiva.

Ovviamente era logico che avesse rapporti con Robert, quando era vivo. Aveva odiato l'idea, ma col tempo aveva fatto pace con quell'aspetto ineluttabile del matrimonio di sua sorella; ma non aveva mai pensato che fosse stata con altri uomini, non gli era mai passato per la mente nemmeno che potesse averlo desiderato.

Lui non aveva avuto nessun'altra donna. Non avevadesideratonessun'altra donna!

Era un bell'uomo, lo sapeva, se ne rendeva conto quando si guardava allo specchio e se anche non ce ne fossero stati, se ne sarebbe reso conto dal modo in cui le donne lo guardavano; non era vanitoso né superbo, era semplicemente franco.

Era bello, ricco, importante. Era stato il più giovane Comandante delle cappe dorate e c'erano stati anni in cui avrebbe letteralmente potuto avere tutte le donne che avesse desiderato, eppure, mentre Robert non faceva altro che saltare da una prostituta all'altra, lui montava la guardia fuori dalle sue stanze e pensava a quando avrebbe potuto passare del tempo con sua sorella...

"I Kettleblack" pensò.

Come era possibile che si fosse data a quei tre coglioni? Dèi... tutti e tre, tre fratelli... Era così umiliante!

"Non ci pensare", si disse nella testa.

Salí i cinque gradini dell'altare, mancava poco.

In prima fila suo padre e suo fratello avevano preso posto accanto a Cersei e Tommen.

Lasciò correre lo sguardo sulla navata alta, sulle colonne, sui quattro ordini di finestre. I vetri decorati filtravano una luce morbida e sfocata. I pilastri, le alte statue, il fumo stesso dei ceri che si perdeva verso l'alto, davano un senso di spiritualità e di elevazione, persino a un uomo concreto come lui.

Si sentí inadeguato. Mosse nervosamente le spalle e sistemò il mantello. Era teso, molto.

Ma come poteva averlo tradito? Come poteva giacere con altri uomini mentre lui giaceva nel fango delle celle di Robb Stark?

Stava per precipitare ancora in quella terribile consapevolezza, quando tutti i presenti si voltarono verso il fondo: era arrivata la sposa.

Indirizzò lo sguardo verso il portone, ma la luce esterna non gli fece vedere nulla, se non una sottile sagoma nera.

Le note basse dall'organo riempirono l'aria.

La sagoma si mosse e arrivò alla prima fila di colonne. Lì, con sua enorme sorpresa, Joffrey la raggiunse; li vide scambiare un paio di parole, poi il re offrì la mano alla ragazza e iniziò ad accompagnarla verso l'altare.

Non era stato presente per quasi due anni, non aveva assistito a nulla di quello che Joff le aveva fatto, Tyrion aveva soloaccennatoalla cosa, ma quella scena aveva comunque qualcosa di grottesco. Quando furono più vicini si rese conto, con una certa amarezza, che era l'espressione di suo figlio ad essere grottesca.

Poi lo sguardo abbandonò Joffrey e scivolò sulla persona al suo fianco.

Lady Sansa Stark era un connubio raro e singolarissimo, qualcosa che probabilmente non aveva mai visto in vita sua.

Era piccola, sottile, chiara come la ricordava; gli occhi grandi brillavano di paura, si vedeva, una paura che controllava con una padronanza assoluta.

Avanzava per la grande navata sotto gli occhi di tutte le più importanti e viscide personalità della corte, mettendo un piede davanti all'altro con passo fermo e regolare. Aveva la schiena dritta e la testa alta, la mano destra poggiata su quella di Joff; era dignitosa, quasi solenne, eppure c'era una delicatezza in quel suo portamento, da fargli pensare che non fosse in alcun modo studiato.

Era come un soldato che si preparava ad offrontare la sua prima battaglia: aveva molta paura, ma non per quello si sarebbe tirato indietro, e quanto più avesse avuto paura, tanto più grande sarebbe stato il suo coraggio.

Joffrey si fermò ai piedi dell'altare, rise divertito e, nel silenzio generale, baciò la ragazza sulla fronte.

Impassibile, senza tradire la benché minima emozione, Sansa Stark salí i gradini che li separavano e si fermò di fianco a lui.

Era come la ricordava, solo un po' più alta, più formata e i capelli avevano preso una sfumatura di rosso più scuro.

Intorno alla fronte riconobbe la corona di sua madre. Non la vedeva da anni. Cersei l'aveva indossata il giorno delle sue nozze, poi l'aveva messa via, per far spazio alle rozze tiare di ispirazione Baratheon.

Lei non lo guardò, non provo nemmeno ad incontrare il suo sguardo e rimase ferma a fissare l'Alto Septon.

Non si voltò verso di lui quando le poggiò il mantello sulle spalle, né quando le loro mani si unirono avvolte dal sacro nastro. Non girò gli occhi neanche mentre, all'unisono, pronunciano il giuramento nuziale.

Continuò a sbirciare verso di lei, deciso a coglierne il minimo cenno, e quasi si scosse quando l'Alto Septon lì dichiarò marito e moglie.

Si voltò e la sua giovane sposa fece altrettanto.

I presenti li fissarono, in attesa. Non sapeva cosa stessero aspettando, non ricordava se ci fosse altro da fare per concludere il rito.

Poi comprese.

Si avvicinò alla regazza e, quasi con reverenza, le baciò la guancia.

Un applauso timido ed incerto ne seguí. Non era ciò che si erano aspettati, ma era quanto di più avrebbero potuto avere quel giorno.

Le offrì il braccio e, quando sentí il suo tocco, se ne rese conto davvero: era sposato.

I giardini minori erano stati allestiti per l'occasione.

L'evento, organizzato e pagato da suo padre, era esattamente come lui: "elegante e misurato". Non c'erano eccessi, stramberie, poposità pacchiane con l'unico scopo di ostentare ricchezza. Tywin Lannisterera, non aveva bisogno di apparire, e così tutto ciò che lo riguardava.

Baldacchini e tende in tessuti oro e argento erano montati in geometrie regolari e lungo i vialetti erano stati posti decine e decine di lunghi portafiaccole conficcati nel terreno.

Gli invitati avevano preso a mangiare e bere dal momento stesso in cui erano arrivati; non si erano fermati durante le esibizioni, né per la consegna dei regali, né per la piccola giostra che era stata organizzata. Si chiedeva per quanto un essere umano potesse continuare ad ingurgitare del cibo. Era disgustato, tutti loro lo disgustavano: omuncoli e donnicciole opportunisti e vigliacchi, che sparlavano alle sue spalle, ma non esitavano ad ingozzarsi alle sue nozze.

Verso il tramonto iniziarono a servire la cena. Con sua enorme sorpresa i presenti si sedettero e iniziarono a consumare il pasto.

Molti vassoi venivano portati via appena speluccati, cosce di fagiano e mele candite finivano ripetutamente in testa a qualche giullare, ma ad ogni modo non c'era nessuno che si lasciasse sfuggire per lo meno un assaggio. Era l'avidità, l'avidità di provare, di sentire, di non rimanere in dietro rispetto agli altri, anche quando il corpo non aveva più bisogno di nulla. Avvoltoi.

In compenso Sansa aveva a malapena toccato il pane e non aveva pronunciato una parola; era rimasta trincerata dietro un silenzio ostinato e allo stesso tempo cortese. Quella ragazza aveva maturato caratteristiche talmente contrastanti che non era affatto facile riuscire a comprendere cosa le stesse passando per la testa.

Improvvisamente si pentí di non averle mai parlato nei giorni precedenti. Tyrion gli aveva detto di farlo, ma lui non se l'era sentita... ed ora era lì, seduto vicino ad un'estranea che lo ignorava completamente.

Il fatto che fosse riservata e silenziosa non era un male ma... non si era aspettato che non aprisse bocca nemmeno una volta.

Le medaglie dorate che ornavano il baldacchino, tintinnarono alla brezza leggera che soffiava dal mare.

Era una splendida serata. Benché fossero già in autunno la temperatura era stata mite tutto il giorno e anche al calar del sole si era mantenuta piacevolmente temperata: evidentemente nemmeno il clima osava contrastare l'autorità paterna...

Uno scroscio di applausi introdusse i musicanti, a cui subito dopo si unì un terzetto di giocolieri. Suo fratello si alzò e girando intorno alla tavola si inchinò davanti a sua moglie.

«Lady Sansa, questo è un piccolo omaggio a voi e alla vostra beltà. Possa allietarvi in questo giorno per voi così importante»

Aveva uno tono morbido, vellutato, molto diverso da quello che usava con lui e con tutti gli altri, come se temesse di poterla ferire, perfino con le parole.

Sansa sorrise, la prima volta in tutta la giornata «Vi ringrazio mio signore, siete sempre gentile e pieno di riguardi. Lo apprezzo tanto»

Il tono era estremamente formale, eppure gli era parso che entrambi si fossero detti altro, tra le righe.

La musica iniziò e poco dopo, uno dopo l'altro, i presenti che non erano troppo saturi di cibo o di vino, si misero a ballare.

Sansa Stark, che adesso era una Lannister, non dava cenno di voler prendere parte alle danze, così si limitò ad allungarsi sulla sedia.

Cersei era seduta qualche posto più in là, silenziosa e scura in volto.

Durante la sua prigionia non aveva desiderato altro che rivederla, stringerla, baciarla, avere tempo per sfogare mesi di frustrazione e sgomento, tempo per ascoltare quello che era successo a lei. Invece, le cose erano andate in un modo strano...

C'era stato uno smarrimento iniziale, l'ansia nel presentarsi a lei sporco, invecchiato fuori e dentro, e senza una mano; c'era stata l'angoscia sul viso di lei, come di chi sa che nulla è più come prima.

Ed era vero, era proprio così. Quel periodo lontani aveva cambiato entrambi.

Cersei era diventata ancora più dura e scostante di un tempo e lui... lui non sapeva bene cosa fosse, ma si sentiva diverso.

Aveva pensato che fosse solo questione di tempo... poi quella tempesta si era abbattuta su di loro.

A vederla lì, impassibile accanto a lui, quella ragazzina non pareva certo una portatrice di tempesta, eppure...

Acqua cheta, ecco cos'era.

Lasciò che la serata gli scivasse addosso, con le sue portate, il suo vino, i suoi menestrelli. Lasciò che Cersei gli lanciasse occhiate taglienti e che la sua sposa lo evitasse. Lasciò che gli eventi si muovessero intorno a lui, trascinandolo sul fondo fangoso della vita, dove non si poteva far altro che annaspare.

La sagoma di suo padre che si avvicinava, lo distrasse.

Raggiunse i loro posti e con una fredda galanteria offrì la mano alla ragazza.

«Mia signora»

Sansa prese la mano e si alzò dalla sedia, seguendolo.

Quando furono in favore di sguardi, la musica cessò e tutti si votarono verso di loro.

«Lord e Lady dei Sette regni, membri del Concilio, parenti tutti.. con la benedizione dei Sette e del nostro re Joffrey Baratheon, ho il piacere di presentarvi la nuova signora di Castelgranito» si fece leggermente da parte «Lady Lannister» poi estresse un piccolo sacchetto dalla tasca e ne tirò fuori un anello: una testa di leone, d'oro, ovviamente. Prese la mano della ragazza e lo infilò all'anulare.

Ci fu uno scrosciare di applausi seguito da grida d'auguri e benedizioni, tutti sembravano decisamente soddisfatti, per qualche ragione.

Guardò il volto di suo padre, i lineamenti severi e i gelidi occhi che ogni anno si facevano più chiari, e si rese conto che quel giorno non c'era uomo al mondo più soddisfatto di lui!

Sansa, o Lady Lannister - come era evidente che adesso andasse chiamata - girò nuovamente intorno al tavolo per sedersi, ma prima che lo facesse, Joff si alzò in piedi.

«Zia!» esclamò «Non è straordinario che adesso tu sia mia zia?» le chiese.

Aveva lo sguardo strano, un po' torvo, forse perfino allusivo.

Non se lo ricordava così...

Joffrey non era mai stato un bambino propriamente facile, non nel senso stretto del termine; non aveva mai avuto il carattere di Tommen o Myrcella, ma non era mai stato davvero cattivo. Viziato sì: Robert gli aveva fatto mancare totalmente il rigore paterno che un bambino, tanto più un futuro re, avrebbe dovuto avere. E nemmeno lui aveva fatto la sua parte. Il timore di rendere palese la verità lo aveva mantenuto distante, impedendogli di dare esempio, consigli, guida. Era stato mancevole, sia come padre che come zio. Tyrion, per lo meno, ci aveva provato...

Per una strana commistione di eventi, Joffrey non aveva avuto un padre, pur avendone effettivamente due.

Ed adesso eccolo lì, decisamente più intemperante di come lo ricordasse.

«Non riesco a decidere se fosse più divertente vederti sposata al mio zio nano o se lo sia di più con quello monco!» rise.

"Oh dèi"

«Non importa, ad ogni modo sembri destinata a uomini a cui manca qualcosa!»

Notò una certa espressione sul viso degli invitati, per lo meno quelli che riusciva a distinguere e non ebbe alcun dubbio che ognuno di loro ritenesse suo figlio un pazzo, o almeno un idiota.

Guardò la ragazza e si stupì nel vedere il suo viso scevro da qualunque sentimento, era una maschera, niente di più, niente di meno.

«Così pare maestà» disse piano.

«E sei felice?» insisté.

«Molto, mio re»

«E fai bane! Quante fanciulle possono vantarsi di aver sposato uno sterminatore di re?»

Deglutí, cercando di mantenersi freddo come la sua giovane sposa.

Cersei sembrava sorda, si limitava a bere e guardare davanti a sé.

«E tu zio, sei contento di tua moglie?»

«Sono entusiasta, maestà!»

Il viso di Joffrey si accese «Bene, bene!» si allontanò dalla tavola «Lord, lady... dico che è il momento di portare a letto i novelli sposi!»

Si levarono grida ovunque. Chi applaudiva, chi batteva pugni sul tavolo, chi acclamava divertito.

Era stato a molti matrimoni e quella parte della cerimonia era sempre un gran divertimento per tutti, ad eccezione degli sposi.

Per la prima volta sua moglie ebbe una reazione e, forse senza nemmeno accorgersene, si aggrappò allo schienale della sedia.

Guardò Cersei, che determinata a comportarsi come se la cosa non la riguardasse, prese un ultimo sorso di vino e si alzò in piedi con gli altri.

Alcuni cugini si avvicinarono a Sansa, mentre altre parenti, di cui non ricordava assolutamente il grado, andarono a prendere lui.

Lo sguardo incrociò quello di Tyrion, che non sembrava molto convinto, ma fedele al proposito di non opporsi al fato, lasciò che si creasse un corteo di invitati.

Suo cugino Staffell, aiutato da un Frey acquisito, aveva fatto sedere Sansa su una spalla. La vedeva ondeggiare il più dignitosamente possibile, ma per quanto si sforzasse, se ne intuiva la preoccupazione.

Avanzava in testa alla fila, avendo cura che quella cerchia di donne su di giri, non gli sfilasse per sbaglio la mano posticcia.

Una volta dentro si accorse di non avere più il mantello, quando furono al primo piano erano riuscite a sfilargli anche la tunica.

Per un attimo si chiese se per caso non avessero la macabra curiosità di vedere la mano mancante.

Joffrey, che apriva la processione, fu il primo ad entrare nelle loro stanze.

«Ah, finalmente, che emozione!» attese che mettessero Sansa a terra, poi continuò «Non sei emozionata cara zia, sai cosa sta per succedere?»

Lei arrossì, ma non rispose.

«Che c'è mia cara? Non ti vedevo così tesa da quando abbiamo giustiziato tuo padre!»

Imprecò mentalmente. Non conosceva quella ragazza, non provava nulla per lei ma... come gli veniva in mente di dirle una cosa simile?

La ragazza lasciò cadere l'affronto come se non lo avesse sentito, e per un attimo gli sembrò di avere di nuovo diciannove anni e di ascoltare i deliranti ordini di Aerys Targaryen, che gli intimava di uccidere suo padre.

Cercò Cersei con lo sguardo, ma tutto ciò che trovò fu un fascio di gelido risentimento.

«Allora? Sono ancora troppo vestiti, non vi pare?»

Il grido di assenso fu generale.

Una sua lontana cugina prese a slacciargli la camicia e gli sembrò fastidiosamente felice di farlo.

"Cazzo, ero il comandante della Guardia reale!"

Vide le scarpe di Sansa volare in fondo alla stanza, subito seguite dal mantello e dalle sovramaniche; lei non era più rossa di imbarazzo, ma livida...

Si sentí toccare una gamba. Abbassò la testa e vide suo fratello, che con sguardo severo gli fece un cenno col capo.

«E va bene.. Basta, basta» cercò di sembrare divertito «Adesso tutti fuori, ho da fare»

«No, no, no zio. Ora vi spogliamo e vi mettiamo a letto. Le tradizioni vanno rispettate» ribatté Joffrey.

Diavolo, perché doveva rendere tutto così complicato?

«Perdonatemi, maestà, ma debbo insistere. Sono tornato da poco dopo un anno difficile, non sono in forma come un tempo, non vorrei fare brutte figure davanti ad una sposa così giovane!»

«Stai tranquillo zio, Sansa saprà leccare le ferite lasciate da suo fratello, non è vero Sansa?»

«Sì maestà»

Le si avvicinò e prese a slacciarle il corpetto «Gli leccherai anche il moncone, Sansa?»

Era disgustosamente allusivo, irrispettoso, insensibile. In un solo colpo era riuscito ad insultare entrembi «Non è stato Robb Stark a tagliarmi la mano, maestà»

«Non nominare quel traditore!» lo guardò male «E non osare contraddirmi»

Era suo figlio, cazzo, era suo figlio! Avrebbe dovuto schiaffeggiarlo finché non avesse compreso cos'era il rispetto, e invece doveva lasciare che gli parlasse nel modo più odioso possibile.

Gli vennero in mente le parole di Tyrion e capí quello che aveva voluto dirgli su Joffrey.

Il clima nella stanza era cambiato, l'aria si era fatta pesante, percepiva la tensione crescere e pregò che Joff si ritenesse soddisfatto.

«Insomma. Che state facendo qui? Smettiamola di perdere tempo» suo padre si fece largo «Tutti fuori, forza. Dovrebbero esserci solo due Lannister in questa stanza»

Ci furono alcune risate di circostanza, poi quelli sulla porta iniziarono ad allontanarsi.

«Voglio mettere la sposa a letto» disse Joffrey stizzito.

«Ci penserà tuo zio»

«No, voglio farlo io» per un attimo lo sguardo di suo padre e quello di suo figlio furono piantati l'uno contro l'altro, poi, con la sua tipica noncuranza, suo padre si voltò verso Cersei e disse piano «Sua maestà è stanco, come tutti noi»

Un certo imbarazzo sul viso di sua sorella rivelò che nemmeno per lei era facile trattare con Joff.

Tuttavia, parve che Tywin Lannister avesse una certa influenza anche su suo figlio, perché dopo un attimo di tentennamento si scostò da Sansa.

«Ma sì, andiamocene» la guardò ancora «Ci saranno altre occasioni...»

Si mosse verso la porta e quelli che erano ancora lì si spostarono per farlo passare; poi a voce alta, senza voltarsi, aggiunse «Buona notte zio. Chiamami se ti serve unamano»

NOTA DELL'AUTORE

La storia sta prendendo una piega più lunga di quello che avevo immaginato all'inizio. Dopo la Battaglia delle acque nere avevo pensato di fare un salto temporale alla stagione 7,o per lo meno alla 6, adesso invece sono ancora ad Approdo del re.

Non chiedetemi perché, ma la storia mi ha portata a voler approfondire per dare maggior rilievo ad alcuni eventi fondamentali per la formazione dei personaggi, soprattutto quella di Sansa.

Benché a me piaccia molto questo approfondimento, vorrei capire se trovate questi capitoli interessanti, o se invece preferireste andare avanti col paring principale, come in ogni fanfic che si rispetti.

Come sapete tengo molto al parere dei miei lettori, quindi mi farebbe piacere sapere che cosa ne pensate.

Grazie