SANSA

Ser Jaime attese immobile che tutti fossero usciti dalla stanza, la testa leggermente piegata in avanti e lo sguardo torvo. Poi, quando la pesante porta si chiuse, si voltò verso la finestra.

Le dava le spalle, muto.

Non era molto cortese da parte sua, ma non sapeva se ciò fosse normale. Non aveva nulla da dirle e lei non aveva nulla da dire a lui.

L'unica cosa a girarle senza sosta per la mente, era una domanda: "Cosa devo fare? Cosa devo fare?"

Desiderava sapere come muoversi e al tempo stesso non voleva averne idea, perché temeva che la cosa la disgustasse.

C'era un pesante velo di riserbo fra le fanciulle come lei e la conoscenza di tutto quanto concernesse quel preciso argomento, e nessuno aveva voluto sollevarlo prima che il suo passo verso l'altare fosse stato compiuto. Come avevano fatto generazioni e generazioni di ragazze ad affrontare quel momento senza essere minimamente preparate, non lo sapeva...

Era spaventata, per tutto, ma soprattutto aveva la costante preoccupazione di fare la figura della stupida!

Si guardò intorno chiedendosi per quanto tempo sarebbero rimasti così: per quanto la riguardava avrebbe anche passato la notte in piedi se questo avesse significato evitare lo Sterminatore di re.

La stanza era grande, maestosa, una gran quantità di candele la illuminava ben oltre il necessario.

Le colonne erano decorate e le pareti impreziosite da arazzi elaborati che le ricoprivano quasi totalmente, proprio come nell'appartamento della regina.

"Non pensare a lei"

Anche il solarium era grande - almeno il doppio del suo - e dalle finestre giungeva l'odore delle piante bagnate dalla guazza.

Appesi alle pareti, due portaincensi bruciavano un fumo scuro, dal profumo intenso ed esotico, e sulla parete di fondo, di fianco ad un alto canterale, intravide il suo baule.

Shae aveva fatto come le era stato detto, e sulla toletta, vicino alle sue cose, scorse anche le tre boccette.

Il letto era posto centralmente alla stanza, in un modo insolito che non le era mai capitato di vedere. Era di legno chiaro e le tende del baldacchino erano più leggere dell'usuale. Sul fondo, su una panchetta di legno, era stata lasciata una veste da notte nuova, per lei.

Più in là, abbandonati sul pavimento, c'erano il suo mantello e le lunghe sovramaniche che le avevano levato.

Di lì a poco anche il resto del vestiario avrebbe fatto la stessa fine e una fitta di paura colpì in mezzo allo stomaco.

Era già stato piuttosto orribile il modo in cui l'avevano condotta in camera. Quelle mani sconosciute addosso, le risate sguaiate di quelle persone, tutti quegli occhi puntati che non aspettavano altro che di vederla imbarazzata fino ai capelli!

E poi Joffrey. Aveva davvero temuto che l'avrebbe spogliata davanti a tutti. Cercò di scacciare dalla mente quello che le aveva detto, il modo cui aveva pronunciato "Ci saranno altre occasioni", una promessa o una minaccia, o entrambe le cose.

Sentí nella testa il tono sprezzante con cui si era rivolto a suo padre "Se ti serve una mano"; non nutriva alcuna simpatia per Jaime Lannister, ma sentirlo umiliare così riguardo ad una menomazione di cui non aveva alcuna colpa... Si rese conto che Joffrey aveva un lato positivo, dopotutto: non faceva differenze, era meschino con tutti in egual misura.

Ne aveva sposato il padre. Il padre dell'uomo a cui era stata promessa. E adesso le era richiesto di dargli un figlio.

Con sgomento si rese conto che sarebbe stato il fratello di Joffrey.

"Sii coraggiosa Sansa", ma sapeva di non esserlo.

Iniziò a tormentarsi le unghie, mentre aspettava che quell'uomo si muovesse.

Forse era suo dovere fare qualcosa, ma cosa? Non aveva la benché minima idea.

Finalmente lui si voltò.

Erano stati vicini per tutto il giorno, ma era la prima volta che lo guardava davvero. Era alto, biondo, elegante. I lineamenti sottili e leggermente spigolosi. Assomigliava terribilmente alla regina, entrambi trasmettevano fascino e timore allo stesso tempo.

Quando si accorse che anche lui la stava guardando, abbassò gli occhi. Sostenere la sua presenza era difficile...

Quell'uomo era suo marito, ma era anche un estraneo, ed era un nemico.

Come potevano quelle cose coesistere?

Ed era grande, così più grande di lei... Doveva avere l'età di sua madre. Cosa poteva pensare di lei un uomo di quell'età? Se assomigliava alla sorella sicuramente l'avrebbe trovata stupida. Essere considerata sciocca dal proprio marito era una cosa così umiliante! E se l'avesse trova brutta? Era stato per anni l'amante della regina - e forse avrebbe continuato ad esserlo - abituato a Cersei l'avrebbe di certo trovata brutta e stupida.

Il cuore prese a batterle forte senza che lui avesse mosso un passo: cosa sarebbe successo quando si fosse avvicinato?

"Respira".

Forse avrebbe dovuto prendere del Sollievo di dama per calmarsi, ma aveva avuto paura che le avrebbe tolto lucidità e per quanto orribile si fosse rivelato ciò che stava per succedere, lei voleva essere padrona di sé. A costo di dover sopportare coscientemente tutto quello che sarebbe successo, non voleva rischiare di essere stordita: doveva mantenere il controllo di sé. Almeno quello.

«Come state?» chiese all'improvviso.

Erano le prime parole che le rivolgeva.

«Bene mio signore»

Annuì.

Non le aveva mai parlato prima, non solo quel giorno, non le aveva mai parlato in assoluto. Non a Grande Inverno, dove lo aveva visto per la prima volta; non alla Fortezza rossa, prima che attaccasse suo padre per strada e lasciasse la città.

Era come lo ricordava, aveva solo qualche filo bianco fra i capelli biondi...

«Volete bere qualcosa?» andò al tavolo «C'è del vino, acqua e... limonata?» disse con un certo stupore.

Se non fosse stata tanto preoccupata avrebbe sorriso, sapendo da dove giungeva quel pensiero gentile.

«Vino» non voleva sembrare una bambina. Jaime Lannister versò da bere a entrambi ed entrambi lo tirarono giù velocemente, senza nemmeno sentirne il sapore.

C'era una tremenda tensione nell'aria ed era abbastanza sicura che la stesse percependo anche lui.

Quando ebbero posato i calici si trovarono di nuovo in silenzio l'uno di fronte all'altra.

Le sembrava di impazzire, sentiva una pressione tremenda alle tempie, come se gli occhi stessero per schizzarle via dal cranio. Era talmente agitata che per un momento temette di vomitare.

«Sarei dovuto venire a conoscervi prima...» disse «Mi dispiace che debba avvenire così. Immagino vi sentiate a disagio»

A disagio? No... Si era sentita a disagio quando la sua ancella le aveva strappato via la pezza assorbente per mostrare a tutti che aveva sanguinato; si era sentita a disagio quando Lord Baelish le aveva sussurrato all'orecchio; persino quella mattina, quando Joffrey l'aveva accompagnata all'altare, aveva provato un profondo disagio. Ma quello... quello non era nemmeno paragonabile al disagio.

«Sto molto bene mio signore»

Sapeva di avere un tono innaturale, la voce era incrinata dall'emozione e si chiese se anche lui se ne fosse reso conto.

Cosa sarebbe successo? Come sarebbe successo?

Lo sapeva a grandi linee, ma in misura totalmente insufficiente.

Le venne in mente il modo in cui il Mastino l'aveva toccata quando Joffrey aveva preteso che si accertasse della sua verginità.

Si sentí mancare e fece un passo indietro per ritrovare l'equilibrio.

Forse Ser Jaime lo notò perché le chiese «State bene?»

«Sì»

«Siete pallida, volete dell'altro vino?»

«Sto bene mio lord» voleva essere dignitosa e cortese come le avevano insegnato.

Lui annuí e fece qualche passo nella sua direzione.

«Voi, sapete cosa sta per...»

«Sì» disse con una risolutezza che non aveva.

«Bene»

Sembrava in difficoltà, forse non quanto lei, ma comunque non a suo agio.

Tirò i lacci della sua camicia e se la sfilò via da sopra la testa.

Fatta eccezione per i suoi fratelli, non aveva mai visto un uomo a torso nudo. Sentí le guance infuocarsi e abbassò lo sguardo.

Cosa avrebbe fatto se avesse continuato a spogliarsi?

Capí che non era quello il maggiore dei suoi problemi, perché fece ancora due passi verso di lei e finí di slacciarle il corpetto.

«Togliete voi l'abito, per favore»

Obbedí e sgusciò fuori dal pesante vestito dorato.

«Vi stava molto bene.. a proposito»

«Grazie»

Guardò a terra: come aveva previsto il vestito era finito anch'esso lì, insieme alle maniche e al mantello.

Aveva ancora la sottile veste di mussola, un nonnulla, fra il suo corpo e gli occhi di Jaime Lannister.

Non poteva farcela, non poteva. Sentí il prepotente desiderio di fuggire da quella stanza, o di gettarsi a terra e scoppiare a piangere come una bambina, ma non sarebbe servito a nulla se non a rendersi ridicola, così si obbligò a rimanere ferma.

"Farai quello che ti dirà, nulla di più, nulla di meno"

Ser Jaime prese il nastro dorato che le chiudeva la scollatura e lo sciolse, poi, con la mano che gli restava, tirò leggermente la stoffa verso il basso.

Sentí il tessuto scivolarle addosso e ammucchiarsi ai suoi piedi; trattenne un singhiozzo.

"Non piangere!"

Si vergognava così tanto che i pensieri la abbandonarono per far posto al nulla.

Cercando un punto da fissare gli occhi le finirono sull'intricato ricamo della mano dorata, e rimasero piantati lì, mentre quelli di quell'uomo - suo marito - le passavano addosso.

"Mi sta guardando..."

Non sapeva per quanto quell'esame sarebbe continuato e per un attimo ebbe il terribile pensiero che la stesse paragonando a Cersei.

«Sansa»

Non ci riuscì ad alzare lo sguardo, era troppo impegnata a non piangere.

Due dita le sollevarono il mento e a quel punto si trovò a guardarlo in viso.

«Quanti anni avete?»

«Quattordici»

«Dèi» sospirò.

Aggrottò la fronte, come se stesse pensando a qualcosa «Siete pronta?»

«Sì»

Un altro silenzio «Sapetecomeavviene?»

Si sentí avvampare «Un po'»

Lui annuì, pensieroso «Bene» le sganciò la collana e la poggiò sul tavolo «Potrebbe... farvi male... Ma solo questa volta» vagò un po' con lo sguardo, poi le tornò addosso «Poi... col tempo, potreste perfino trovarlo piacevole...» si grattò il naso «Dipende...»

«Da cosa?» si trovò a chiedere.

«Da noi»

Oh Dèi... "È tuo marito" si obbligò a ricordare.

Suo maritoraggiunse il letto e si sedette sul bordo «Venite»

JAIME

Raggiunse il letto e si sedette sul bordo «Venite»

Lei camminò senza alzare lo sguardo dal pavimento. Riusciva a sentire la profondità del suo imbarazzo. Immaginò che fosse la prima volta che si mostrava nuda ad un uomo e suo malgrado trovò quel pensiero eccitante.

Le offrí la mano e quando lei vi pose la sua, la attirò a sé e le baciò le nocche, come avrebbe fatto per rendere omaggio ad una dama.

La verità era che non sapeva cosa fare.

Non era mai stato con una ragazza così giovane, o meglio c'era stato, ma lui aveva avuto la stessa età...

Era passato così tanto tempo dalla prima volta che era stato con Cersei - e dopo di lei non c'erano state altre prime volte - da non sapere come fare con qualcuna che non fosse lei. Erano quasi due anni che non stava con una donna e non sapeva cosa fare con una ragazzina.

Ma qualcosa doveva fare, cazzo.

Le portò la mano alla vita e la percorse lungo il fianco, fino al ginocchio, poi tornò su, le prese la mano e la fece sedere di fianco a sé.

Era bella, non c'era niente da dire, Tyrion aveva avuto ragione.

Si vedeva chiaramente quanto fosse a cavallo fra l'infanzia e l'età adulta: era magra, coi fianchi stretti e il seno alto e rotondo di un'adolescente; la vita era sottile, le gambe e le braccia lunghe e snelle. Era bianca, liscia, quasi completamente glabra, con piccole mani morbide e il collo lungo.

Le sfilò le forcine dai capelli, che ricaddero lungo le spalle giù fino alla vita.

Non indossava altro che la corona di sua madre e l'anello di suo padre. L'intento era chiaro: spogliarla di ogni reminescenza Stark per lasciarle addosso nient'altro che i Lannister, e di lì a poco ci sarebbe stato ancora un altro Lannister sopra di lei...

«Mi dispiace»

Ed era vero. Se era a disagio lui - un uomo adulto di trentaquattro anni - poteva immaginare come si sentisse una ragazza che aveva l'età per essere sua figlia.

«Di cosa mio signore?» rispose compita.

Era estremamente educata nonostante il momento.

«Di quello che sta per succedere»

«Mi dispiace causarvi dispiacere»

Per un attimo si chiese se non si stesse prendendo gioco di lui, ma era impossibile. Semplicemente era davvero conscia della sua posizione. Le avevano insegnato come si comportava una lady e lei lo aveva appreso alla perfezione, sarebbe stata una regina perfetta, se solo Joffrey fosse... Dèi, stava per giacere con la ragazza che sarebbe dovuta andare in sposa suo figlio! Perché nella loro famiglia doveva essere tutto così... anomalo?

"Basta" non aveva senso rimuginarci, la cosa migliore che poteva fare per toglierla da quell'imbarazzo era smetterla di tergiversare.

Le girò la mano dietro la nuca e si sporse verso di lei. Quando le toccò le labbra con le sue provò un lieve brivido: non erano quelle di Cersei.

Non ne era infastidito, era solo... strano. Fino a poco tempo prima non aveva mai neanche pensato di poter baciare un'altra.

Sansa aveva le labbra grandi e piene e nemmeno chiudendo gli occhi poteva pensare che fosse sua sorella.

E poi era totalmente immobile, rigida come un pezzo di legno...

Staccò la bocca dalla sua e la guardò, incrociò i suoi occhi solo un attimo, poi lei li riabbassò lesta.

"Non pensaci più" si disse.

Le dette un altro piccolo bacio, e poi un altro e un altro ancora, e dopo il quarto ebbe l'impressione che le labbra di lei iniziassero a rispondere; aprí la bocca e leccò la sua, come aveva fatto altre migliaia di volte con Cersei, ma questa scattò all'indietro, verso i cuscini.

Il rossore del viso le arrivava alle orecchie, mentre lo guardava con occhi sgranati.

«M-mi dispiace, mio lord» balbettò.

«Non fa niente» si sentiva quasi in colpa.

«Io... io non me lo aspettavo... Non sapevo...»

«Non importa. Mia signora, rilassatevi» ma era certo che non ci sarebbe riuscita.

Era arrabbiato, con sé stesso e con suo padre, per aver messo su quella situazione impossibile.

Era facile perlui: "Sposala e ingravidala", ma non era Tywin Lannister a doverlo fare...

Si alzò e andò a versare dell'altro vino, riempì il calice fino all'orlo, poi glielo porse «Ecco, calmatevi»

Sansa Stark mandò giù una prima sorsata.

«Se non vi piace non lo farò più» le disse.

Lei chiuse gli occhi un attimo e prese un profondo respiro, poi bevve quello che rimaneva e lo guardò dritto in faccia, con un piglio serio e risoluto che non si era aspettato.

«Potete fare tutto quello che volete» rispose porgendogli il bicchiere vuoto.

Qualcosa iniziò ad agitarglisi dentro.

Era lei, così evidentemente spaventata e al tempo stesso coraggiosa. Se ne stava lì, tremante, nuda sul letto di un uomo con il doppio dei suoi anni, dignitosa come un idolo d'alabastro.

Forse era il vino che gli riempiva lo stomaco, o forse erano state le parole di quella sua giovane moglie del nord, ma sentí il sangue pulsare alla testa. Scalciò via gli stivali e slacciò i pantaloni, poi, con un unico movimento, li abbassò e se li sfilò via.

La vide distogliere lo sguardo mentre lui si avvicinava al letto. Ne capiva l'imbarazzo, con tutta probabilità non aveva mai visto un'uomo nudo, ma non doveva pensarci oltre: era il momento, sarebbe successo e basta. Era una ragazzina, avena vent'anni meno di lui, ma per il mondo e gli dèi quella era cosa buona e giusta.

Sansa si era raggomitolata fra i cuscini, forse per coprirsi, ma l'effetto era ancor più seducente. Le si mise di fianco e le poggiò la mano sulle ginocchia per farle stendere le gambe; lo fece senza fiatare.

Si appoggiò sul gomito destro e le portò la mano al collo, la sfiorò col dorso e scese fino al ventre; girò la mano e con le dita la percorse di nuovo, ma questa volta si diresse al seno.

Ne avvertì il sussulto, ma non si fermò e col pollice le accarezzò il capezzolo.

La guardò: aveva gli occhi chiusi, l'unica cosa a muoversi sul suo viso erano le sopracciglia che via via si aggrottavano. Era al contempo tenera e sensuale, un connubio sconosciuto e quasi irresistibile.

Aveva maledetto quella folle idea di fargli sposare una ragazza così giovane, eppure adesso non poteva negare di esserne attratto, e se anche avesse voluto farlo, gli sarebbe bastato abbassare lo sguardo per notare come il suo corpo reagiva.

Le baciò la spalla, poi con le labbra scese verso il seno, facendo scivolare la mano sull'inguine.

Singhiozzò.

Una volta sola, sommessamente, ma le sfuggì. Alzò la testa per guardarla e vide lacrime silenziose che le si accumulavano fra le ciglia.

Si scostò, prese le lenzuola e la coprì, a quel punto lei aprí gli occhi.

«Per stasera va bene così»

«Mio signore?»

«Non voglio... forzarvi. Non in questo modo!»

Sembrava davvero stupita, mentre le lacrime le scendevano lungo le guance.

«Abbiamo tempo. Succederà... quando voi lo vorrete»

Continuava a guardarlo senza dire una parola «Mi avete capito Sansa? Non vi prenderò finché non lo vorrete anche voi» scostò le lenzuola dall'altro lato del letto e si distese, sistemando la testa sul cuscino.

Lei rimase seduta, il lembo del lenzuolo stretto sul petto «Davvero?»

Voltò la testa verso di lei «Sì»

«Perché?»

Il viso di Lady Catelyn lo guardava attraverso quello di sua figlia «Perché ho fatto una promessa»

A quel punto si adagiò, ma ancora ne avvertiva la tensione del corpo, disteso poco distante dal suo.

«Mi dispiace avervi deluso» bisbigliò «so bene qual è il mio dovere»

«Dimenticate il dovere Sansa, sarà più facile se vi concentrerete su quello che desiderate»

«E voi?»

«Io aspetterò» si voltò su un fianco e cercò di trovare una posizione comoda.

«Grazie mio lord»

Chiuse gli occhi «Mi chiamo Jaime»

NOTA DELL'AUTRICE:

Di recente mi è stato detto che dovrei lasciare più note, che servono ad avvicinare lettore ed autore e a spiegare la storia. Ho sempre cercato di spiegare la storia attraverso "la storia" e penso che comunque il non detto debba essere lasciato alla libera ainterpretazione di chi legge, alla sua sensibilità.

Per il resto, voglio solo dire che, quando ho concepito questa storia l'ho fatto partendo dalla settima stagione (ovviamente parlo della serie) per poi proseguire all'ottava. Non avevo pensato di parlare di ciò che avveniva prima. Poi però mi sono detta che certe cose andavano motivate nel "prima" e così ho iniziato a pensare a delle scene da aggiungere alle prime stagioni. Volevo rispettare la trama il più possibile perché nella mia mente solo le ultime stagioni andavano riviste.

Un mese fa circa, mi è venuto inente questo twist del matrimonio fra Sansa e Jaime. Ci ho riflettuto parecchio perché non volevo cambiare la storia in quel punto, lo trovavo irrispettoso verso Martin (avevo in mente di cambiare solo le stagioni non scritte da lui) e non mi piaceva l'idea di fare un "what if"... però, era funzionale al percorso dei miei personaggi, così mi sono lanciata!

Adesso mi sto rendendo conto che a molti lettori piace, perché c'è un elemento sorpresa che non sarebbe stato possibile altrimenti... Ebbene, non vi nego che questa cosa mi ha spiazzata, perché non lo avevo immaginato. Adesso devo decidere come proseguire: se continuare a modificare la storia a mio piacimento o se restare fedele agli avvenimenti delle stagioni, fino alla corrispondenza con l'ultimo romanzo pubblicato. Ovviamente resterò sempre IC per quanto riguarda i personaggi, ma ho dei dubbi da sciogliere per il resto...

Sono avanti di un capitolo rispetto alla pubblicazione, quindi dovrei riuscire a rimanere fedele agli aggiornamenti, ma ecco, volevo condividere con voi i miei dubbi.

Tutti qui. Un caro saluto e alla prossima.