SANDOR
La goccia cadeva ad intervalli regolari, sempre della medesima grandezza, sempre nel medesimo punto.
Si era avvolto nel mantello ed era uscito sotto la tettoia sul retro.
Con un coltellino a lama curva tagliava a piccoli pezzi una mela verde. Lentamente, per farsela durare.
Davanti a se le galline razzolavano dentro al pollaio, in una fanghiglia, mista ad escrementi, grigia scura.
Non era freddo, ma era schifosamente umido. Piegò il collo di lato, la ferita era dolorante. In realtà con quel tempo, un sacco di parti del corpo gli facevano male.
Una nebbia bassa e fitta schermava la vista, oltre la stalla non si riusciva a distinguere altro che un grigio mare fumoso e tetro. Quel posto era deprimente, o magari lo era lui.
Dette un paio di morsi ancora, poi gettò il torsolo nel recinto dei maiali e quello più vicino affondò il muso nel letame alla ricerca di quel premio inaspettato.
C'era una certa somiglianza fra lui e quel cazzo di maiale: la vita di entrambi consisteva nell'essere grati per gli avanzi degli altri.
Lydia uscì. Aveva i capelli acciuffati sulla nuca e uno scialle lavorato sulle spalle. Stava bene. Era una di quelle ragazze senza pretese, che riescono a fiorire comunque, nonostante il fango e la nebbia in cui arrancano.
«Abbiamo finito la legna»
«La porto subito»
Si alzò di scatto e se la trovò davanti. Rimase un momento ferma di fronte a lui, poi si spostò e lo fece passare.
C'era un dannato imbarazzo fra loro, come era naturale che fosse, dopo quanto successo.
Scacciò l'idea: non aveva molto senso rimuginare sulla gigantesca testa di cazzo che era.
Riempì la cesta di legna e la portò dentro, sistemò i ceppi nella catasta di fianco al camino, poi andò verso la porta «Esci?» chiese Lydia.
Era di nuovo davanti a lui «La finestra in fondo è sgangherata, se non la sistemo alla prima folata volerà in fondo alla strada»
Fece per aggirarla ma lei gli bloccò il passo, lo guardò con un'espressione semiseria, poi si voltò e lo precedette fuori.
«Non serve che tu stia qui, potrebbe volerci un po'»
«Non ho niente da fare..» rispose poggiandosi alla staccionata che aveva sistemato due giorni prima.
Come voleva, se le piaceva stare lì, coi piedi nella terra bagnata a guardarlo riparare una finestra, che facesse pure...
«Sanson, sono diverse settimane che ti trovi qui, giusto?»
«Sì» prese il martello.
«E ammetterai che so ben poche cose di te... Non ti ho fatto molte domande...»
«No infatti, è una bella qualità!» dette due colpi secchi e il battente venne via.
«Io ti ho raccontato parecchie cose di me, persino Hermann ti ha raccontato della sua famiglia a Rivalarga, ci scommetto, invece tu... credo che tu sia l'uomo più riservato che conosca»
«È un problema?»
«No» disse tranquilla «Non per me, ma per te?»
«Come cazzo fa ad essere un problema per me?»
«Non il fatto che tu lo sia, ma il perché... C'è qualcosa che non va in te...»
Gli scappò una risata «C'è più diqualcosache non va in me!»
«Intendo che... c'è qualcosa di rotto, da qualche parte, qualcosa che ti ha ferito... e che ti ferisce ancora. E forse sono più cose, o forse sono persone, non lo so, ma ci sono, c'è qualcosa che ti lega»
Mollò il martello e si mise ad armeggiare coi cardini.
«Ora io non pretendo di sapere cos'è, né mi aspetto che tu me lo dica ma... volevo solo dirti che io lo capisco» gli passò vicino e si appoggiò al muro di pietra «E che qualunque sia il problema, non lo risolverai venendo a letto con me...»
Gli sfuggì una smorfia. Odiava dare agli altri modo di capire cosa pensava, ma quella ragazza era talmente diretta da spiazzarlo.
Si tirò indietro i capelli «Mi era sembrato di capire che ti andasse...» il tono non era molto lusinghiero, ma lei sembrò non prendersela.
«Infatti mi va. Ma a te?»
«Mi andava. Mi va»
«Davvero?» questa volta era fastidiosamente allusiva, ma c'era poco da dire, se anche si fosse messa a sfottere, se lo sarebbe meritato.
«Quello che è successo l'altra sera... non so perché e successo: non mi era mai capitato. E so che ogni povero coglione a cui capita giura che non gli sia mai capitato ma... Non mi era mai capitato davvero!»
Cazzo, si stava davvero giustificando come un coglione del cazzo!
Lei sorrise «Avevo 19 anni quando mi sono sposata. Derran era poco più grande di me. Non era un soldato o un lord, era un mercante, uno di quelli che fanno una vita piatta e piuttosto noiosa, una vita sicura, mi dicevo. Aveva eraditato questa casa, era un buon partito. Ma non era per questo che lo avevo sposato, ero davvero innamorata di lui. Non ho mai conosciuto mio padre, sono cresciuta con quel vuoto e lui, lui riempiva il vuoto... in qualche modo» sospirò «Quando è morto avevo 24 anni. Non l'hanno ucciso, non è stata una rissa o una malattia... Ma un incidente, banalissimo, mentre tornava a casa col carro carico di roba» si fermò per un attimo, zitta, si fissava la punta dei piedi; non sembrava pensare ad alcunché, piuttosto era come se ancora la cosa le risultasse impossibile da credere, o da accettare.
«Comunque, dopo un po' di tempo mia madre prese a dire che dovevo riposarmi, diceva che ero ancora giovane, senza figli e che non ce l'avrei mai fatta da sola qui... Inizialmente non volevo sentirne parlare: io avevo un marito, semplicemente... era morto! Ma questo non mi rendeva meno sua moglie. So che detto a voce alta suona stupido, ma nella mia mente è sempre stato molto chiaro!» sorrise «Ci vollero mesi perché ammettessi che forse aveva ragione, mandare avanti questo posto era difficile... cazzo se lo era! Così ci provai. C'era un uomo, un brav'uomo, lo conoscevo da quando ero venuta a vivere qui, sapevo di piacergli e anche lui piaceva a me... Avevamo appena iniziato e già ero pentita, ma non potevo tornare indietro e dirgli che avevo cambiato idea, così lo lasciai fare... Quando ebbe finito iniziai a piangere. Piangevo così forte che lui si spaventò, credo avesse paura di aver fatto qualcosa di male - era un brav'uomo, te l'ho detto - gli chiesi di andarsene e lasciarmi sola» scosse la testa «Non ero pronta. Ero ancora troppo legata al passato. Troppo legata a Derran»
Aveva riposizionato l'anta nei cardini e adesso doveva solo fissarla; prese di nuovo il martello, ma Lydia gli fermò il braccio.
«Non so cosa sia, ma anche tu hai un Derran che ti lega al passato, e finché non lo avrai superato, scappare non servirà a nulla. Né tantomeno servirà scopare con qualcuno per riempire quel vuoto. Ci sono persone che sanno farlo - riempire i vuoti indendo - ma non è facile riempire il vuoto lasciato da quelli che sanno riempire i vuoti. Sono persone speciali, non è facile trovarle...»
«Tutta questa storia per dirmi che nessuno sarà mai come tuo marito?»
«No. O meglio, sì, nessuno riempirà mai il vuoto lasciato da Derran, ma io ho accettato la cosa, non provo nemmeno a farlo, semplicemente sono andata avanti, ho dovuto, tutti dobbiamo. Ma in realtà quello che volevo dirti è che...» si fermò «...ma non serve che te lo ripeta, perché sappiamo tutti e due che hai capito quello che volevo dirti»
Quella ragazza era sincera in modo fastidioso, schietta, diretta, come lui. Non abbelliva la realtà e non cinguettava carinerie.
Così si limitò ad annuire e si accucciò per cercare i chiodi nella cassetta.
«Quando ti sarai liberato del passato, o lo avrai accettato, sarai in grado di stare con una donna...»
«Sonogiàin grado di stare con una donna»
Gli fece un sorrisetto, una via di mezzo fra il canzonatorio e il seducente. Gli diede le spalle, poi ci ripensò e si piegò su di lui.
Non rispose al bacio, ma lasciò che lei premesse la bocca contro la sua, in un modo quasi confidenziale.
«Io ci sono, quando vuoi...» e tornò dentro.
Trovò i chiodi.
Forse aveva ragione lei, non lo sapeva... Ma di una cosa era certo: solo un fottuto idiota poteva trovarsi una ragazza così per le mani e non riuscire a scoparla.
E dire che era andato da lei con le migliori intenzioni, carico e deciso...
Si erano baciati velocemente, si erano spogliati, poi, dopo un eccitamento iniziale, qualcosa non aveva funzionato.
Nel suo corpo, nella sua testa... non sapeva perché.
Aveva detto la verità, non gli era mai successo prima.
Non c'era nulla che non andava: Lydia era una donna adulta, bella, interessante, consenziente. Una donna che lo desiderava e sapeva metterlo a proprio agio, una donna che aveva qualcosa di concreto da offrire. Non c'erano problemi a stare con lei, nessun rischio, nessun senso di colpa...
E allora perché cazzo non gli era diventato duro?
Forse non aveva avuto voglia di scopare - stronzate, aveva sempre voglia di scopare - forse era stato stanco - altra stronzata - no, non era quello.
"È che stai diventando un finocchio!"
Rimise gli attrezzi nella cassetta, aprí e chiuse l'imposta un paio di volte, per verificare che tenesse, poi tornò dentro.
La sala era vuota, Lydia doveva essere in cucina. Attraversò la stanza, aggiunse legna al fuoco e andò a posare la cassetta. Quando rientrò sentí Lydia parlottare con dei clienti.
«No, non ne vedo da un paio di mesi» le sentí dire «Vi porto da bere?»
«Birra, vino, quello che hai!»
Lo raggiunse in cucina.
«È arrivato un bel gruppo» disse «gli porto da bere, ma forse sarebbe bene che tu andassi di là a dare un'occhiata»
Quando diceva così, voleva dire che gli avventori erano individui dall'aspetto ambiguo e ovviamente forestieri. Non lo scomodava mai per quelli del posto.
Lasciò la cucina e andò nella sala con l'intento di piazzarsi in fondo alla stanza, nell'angolo a sinistra, quello più buio e raramente occupato.
Lydia aveva visto giusto: i nuovi arrivati erano un gruppetto di cinque persone malvestite, tendenzialmente sudice e non certo disarmate.
Uno di loro portava in spalla un arco lungo, gli altri avevano spade e pugnali di varie misure, e indossavano cotte di maglia e giubbe di cuoio rinforzato. Ma non erano soldati, no che non lo erano...
I primi due andarono a sedersi e quando gli altri li raggiunsero ebbe un piccolo sobbalzo «Oh porca puttana!» esclamò.
Lydia arrivò in tempo per sentire la sua uscita poco elegante. Lo guardò stupita e per nulla convinta poggiò i bicchieri sul tavolo.
Due di loro misero la mano sull'elsa mentre un terzo, un ragazzino più giovane e svelto degli altri, estrasse una spada corta e gliela puntò alla gola.
«Avevi detto di non aver visto uomini dei Lannister» le disse uno di loro.
«Infatti...» rispose lei senza capire.
«E allora» lo indicò con un cenno del capo «che ci fa qui il Mastino del re?»
Sia Lydia che gli altri si votarono verso di lui, e si trovò da un momento all'altro con una dozzina di occhi piantati in faccia.
Una dozzina, non dodici, perché uno di loro, quello alto e un po' defilato, portava una benda di pelle sull'occhio destro. Lo conosceva.
«Dondarrion...»
«Clegane» lo salutò facendosi avanti «Non ci vediamo da un bel po'!»
«Già... avevi ancora due occhi...»
L'uomo si limitò a sorridere.
«Che ci fa lo scudo giurato di Joffrey nel culo del nulla?» chiese un altro viso conosciuto.
«I fottuti cazzi miei» non aveva certo voglia di dire a un fottuto prete rosso il perché si trovava lì, inoltre la motivazione non era chiara neanche a lui «E tu Thoros, che ci fai qui?»
«Diamo la caccia agli uomini dei Lannister» lo anticipò quello più giovane.
«Gli dai la caccia tu? Personalmente?» gli veniva da ridere. Avrebbe potuto disarmarlo e spezzargli il collo, prima che se ne accorgesse.
«Sì perché?» rispose con un tono arrogante da testa di cazzo.
«Non ti sei scelto dei compari molto accorti Dondarrion» sorrise «dì a questa fichetta di mettere via la spada, se non vuole che gliela pianti su per il culo!»
Il viso del ragazzo si contrasse in una smorfia di rabbia, ma la mano di Dondarrion lo guidò ad abbassare la lama.
In compenso quelli che erano già seduti si alzarono, e il cerchio dei sei uomini si chiuse intorno a lui.
«Hanno messo le Terre dei fiumi a ferro e fuoco. Nei dintorni dell'Occhio degli dèi saccheggiano, incendiano, stuprano, uccidono. Si sono stabiliti ad Harrenhal e massacrano la gente per avere informazioni...» spiegò Thoros.
«E sai chi c'è a capo di tutto?» chiese Dondarrion.
«Fammi indovinare... mio fratello»
«Esatto»
«E che cazzo c'entro io? Non sono responsabile di tutti i Clegane sulla faccia della terra»
«Anche tu sei un uomo dei Lannister» insité.
«Non più»
«Già...» riprese il prete «avevo sentito dire che il Mastino di Joffrey era sparito durante la battaglia»
«E io avevo sentito che Beric Dondarrion si era dato alla macchia» precisò.
«Non mi sono dato alla macchia Clegane. Cercavo tuo fratello, come mi era stato ordinato di fare dal Primo Cavaliere... prima che i tuoi signori lo facessero fuori»
«Non ho signori, non più. Non so un cazzo di quello che fa mio fratello, non lo vedo da due anni, e comunque, per quel che mi riguarda, se volete farlo fuori, prego, accomodatevi... Sempre che ci riusciate...» mosse un passo in avanti «Ma non venitemi a rompere le palle per cose che lo riguardano, perché io non sono lui»
Thoros, il prete rosso, alzò un sopracciglio «Quindi dichiari di non aver preso parte ai saccheggi e alle violenze dei soldati Lannister?»
«Sì cazzo, lo dichiaro»
«Si trova qui da più di un mese» intervenne Lydia.
Un sorrisetto si allargò sul viso dell'uomo «Beh, buon per te Clegane, vedo che ti sei sistemato bene!» si fece spazio e andò a sedersi.
«Mettiamoci comodi ragazzi, quest'uomo non ci riguarda» aggiunse Dondarrion accomodandosi di fianco al prete.
Il gruppo si sfaldò e si riunì intorno al tavolo.
Si trovò solo, in piedi in mezzo alla stanza.
Sentiva il sangue scorrergli veloce in corpo. Non aveva avuto paura, semplicemente la possibilità di uno scontro lo aveva destato in un modo estremamente eccitante.
«Perché non ti unisci a noi?» chiese Beric Dondarrion.
«Non siete una compagnia particolarmente piacevole...»
«Ma siamo l'unica!» ribatté.
«Andiamo Mastino, un po' di vino in corpo e ti sembrerò più attraente della padrona di casa» scoppiò a ridere il prete.
Ci sarebbero volute tre botti di Arbor per far somigliare Thoros di Myr ad una femmina anche solo passabile, ma era lì da settimane, e da settimane non sentiva parlar d'altro che di travi da sistemare e carri da scaricare, e se c'era anche solo una possibilità di sentire qualcosa d'altro, non voleva perderla, anche se si fosse trattato di sentire in che modo perverso suo fratello torturava i prigionieri ad Harrenhal.
«Vi fermate per la notte?» chiese Lydia lanciandogli un'occhiata sbieca.
«Sì, se non ti dispiace ci basterà un angolo vicino al fuoco, mia signora, o anche nella stalla»
Lydia annuì e li lasciò. Era cortese come sempre, ma capiva che non era per nulla convinta. Probabilmente, più di tutto, non sapeva cosa pensare di lui.
«Davvero non sai nulla di ciò che fa tuo fratello?»
«Non ti ho mentito, non lo vedo da quando ha lasciato Approdo del re per raggiungere l'esercito di Tywin Lannister. E anche prima non è che parlassimo molto...»
«Ha massacrato degli innocenti» disse uno di quelli che non conosceva.
«Un sacco di gente lo fa...»
«Lo difendi?»
«No! È sempre stato uno stronzo, non credo sia migliorato...»
Quello lo guardò confuso, come se non lo capisse. Ma non c'era nulla da capire: suo fratello era un assassino violento e sadico. Tanti lo erano, ma in Gregor la crudeltà era radicata a livelli ben più profondi che in ogni altro individuo che avesse mai conosciuto.
«È peggiorato, in effetti» riconobbe Dondarrion.
«Perché lo cercate?» gli chiese.
«È lui che cerca noi»
«Il motivo?»
«Beh, forse perché Eddard Stark mi aveva incaricato di trovarlo e metterlo in arresto»
«Eddard Stark è morto»
«Nondimeno rispetto l'impegno preso con lui»
Li guardò tutti, uno dopo l'altro. Oltre a Beric e Thoros, c'erano due uomini più vecchi, sulla quarantina, e altri due ragazzi. Uno era il coglione che ce l'aveva con lui, doveva avere si e no diciannove anni, quello con l'arco sembrava più o meno della sua età.
«Siete quel gruppo di fuorilegge vero? Come vi fate chiamare? "Quelli senza stendardi"?»
«La Fratellanza senza vessilli» precisò Beric.
Sghignazzò «Un po' pretenzioso per dei briganti...»
«Non siamo briganti!»
«Ah no? Ne avete tutto l'aspetto»
«Noi stiamo dalla parte degli innocenti!» Thoros si portò il bicchiere alla bocca e prese una lunga sorsata.
Era invecchiato. Doveva avere quarant'anni o giù di lì. Era stato un giovane combattente abile e senza paura, ancora si narrava di come avesse combattuto a Pyke, del modo intrepido e sfrontato con cui aveva affrontato i nemici.
Lui c'era stato a Pyke, lo aveva visto falciare via i Greyjoy, ma vedendolo ora si faceva quasi fatica a credere a quelle storie. Aveva il viso smunto e imbolsito, le guance scavate e la pelle segnata dal sole e dal vizio: donne o alcol... o forse entrambe le cose.
Solo gli occhi brillavano ancora: dietro quelle iridi nocciola vedeva una brace aranciata, unica superstite dell'antico furore.
Gli uscì una smorfia «Non esistono innocenti...» prese un sorso di vino.
«Oh sì che esistono, e lo sai... E hanno bisogno di uomini come noi. Come te...»
Lo ignorò completamente e continuò a bere.
«Perché non ti unisci alla Fratellanza Clegane, ci farebbe comodo uno della tua stazza» disse Beric.
«Ne ho già uno di fratelli... e mi basta»
«Non mi pare che scorra buon sangue fra voi» insistette «Se ti unisci a noi potresti mettere le mani sui suoi uomini, perfino su di lui!»
Un piccolo brivido gli corse dietro al collo. Da anni l'idea di rendere a suo fratello il dono che gli aveva fatto da piccolo gli girava per la testa, ma concretamente non aveva mai fatto nulla per metterla in atto. Non per paura, ma forse per una qualche specie di remora verso l'unico membro della famiglia rimasto.
Da diverso tempo però, la prospettiva di pareggiare i conti era diventata terribilmente attraente. Valutò la cosa.
«Penso che rimarrò dove sono...» disse infine.
«Ah...» fece il prete «la ragazza, capisco...»
«Beh è molto più carina di te, sarai d'accordo!»
Seguì un momento di silenzio, poi di getto chiese «E dalla capitale... ci sono novità?»
«Niente di nuovo, ma non credo che a noi arrivino più notizie di quante ne arrivino qui» Dondarrion prese una lunga sorsata di birra «Le ultime voci dicevano che lo Sterminatore di re era tornato a corte»
Cosa? Jaime Lannister era tornato? Come cazzo era possibile? Come potevano esserselo lasciato sfuggire?
"No", quella roba non lo riguardava... Si alzò
dal tavolo «Signori, fra poco arriverà la cena, io vi saluto»
«Dove te ne vai?»
«Dal mio cavallo»
«Pensa a quello che ti abbiamo detto: la Fratellanza, Clegane, è quello che ti ci vuole. Il Signore della Luce, ti vuole...»
«Anche io voglio delle cose, ma faccio a tutti il santo piacere di tenere quei pensieri per me!» e lasciò la sala.
Lo svegliò la luce fioca e grigia che non lasciava mai quelle terre.
Uscì a pisciare, prese acqua dal pozzo per lavarsi e poi tornò in cucina; Lydia aveva messo fuori un po' di pane per la colazione e lo accolse con una faccia strana, anziché il solito sorriso.
«Buongiorno» le disse.
«Buongiorno... Segugio del re»
«Mastino» ma era una precisazione piuttosto stupida.
«Perché non mi hai detto che sei una persona importante?»
«Perché non lo sono»
«Andiamo, tutti quegli uomini sanno chi sei. Nessuno sa nulla di me o di Hermann...»
«Ero una Guardia reale, tutto qui. Ci sono un sacco di guardie reali e nessuno di loro è famoso»
«Tu sì»
«No, sono solo più facile da riconoscere... »
«Perché te ne sei andato?»
«Sono successe cose...»
«Riguardo aquelladonna?»
«Non c'era nessuna donna...» si avvicinò «non era più il posto per me, tutto qui»
Non sembeva convinta. Aveva uno sguardo stranamente serio, sembrava triste e la cosa non gli piacque. Allungò una mano e la attirò a sé, avrebbe voluto dirle una qualche stronzata di quelle che piacciono alle donne, ma non era davvero roba per lui, così la baciò. Era la prima volta che lo faceva, negli ultimi giorni si era limitato a lasciarsi baciare.
Lydia sorrise, aveva ancora un'aria sospettosa, ma si vedeva che aveva apprezzato.
«Vado a prendere i panni per fare il bucato, hai roba da lavare?»
«Qualcosa»
«Finisci pure la colazione. Oggi dovete tornare al mulino»
Sì il mulino, gli avventori, le galline, la nebbia, Lydia: quella era la sua vita ora. Non le fottute cappe bianche della Guardia, re, regine, la Fratellanza o quel figlio di puttana di suo fratello.
Aveva deciso di lasciarsi alle spalle quella merda e lo stava facendo. Non sarebbe tornato indietro, mai.
Uscì a prendere della legna, poi rientrò e andò alla scala; nella sala gli uomini di Dondarrion si erano svegliati ed erano seduti vicino al caminetto, mentre Hermann puliva dove avevano passato la notte.
Andò al piano superiore ed entrò nella stanza di Lydia, poggiò la legna nella cassetta di fianco al caminetto e si mise a rimuovere la cenere accumulata nei giorni precedenti, che poi Lydia avrebbe usato per fare il bucato.
Entrò, aveva la cesta sotto il braccio e i capelli raccolti. Era una bella donna Lydia, sveglia, matura, reale... e un po' alla volta le cose dentro di lui si sarebbero sistemate, non aveva davvero alcuna intenzione di andarsene per inseguire chissà che!
«Avevi lasciato questi sul letto» disse sollevando un paio di barche e una tunica logora «questa andrebbe rammendata...»
«Vedi tu» disse solo, non voleva che si creasse quel tipo di situazione in cui lei si sentiva in dovere di fare delle cose per lui.
«Uhm.. devo lavare anche questa? Wow, è davvero bella! Come mi sta?»
Si voltò per guardarla. Si era avvolta sulle spalle la sciarpa di seta avorio e si rigirava davanti allo specchio per guardarsi da diverse angolazioni.
Una fitta.
«Toglila subito»
Lei lo guardò stupita.
«Hai capito? Toglila immediatamente» cercava di mantenere la voce calma, ma si rendeva conto che un fremito minaccioso aveva comunque riempito l'aria.
Obbedí. Rapidamente, e in totale silenzio, sfilò via la sciarpa e la depose sulla sedia.
La prese e se rigirò nel pugno «Non devi toccarla mai più, hai capito bene, non devi nemmeno guardarla!»
Non gli rispose. Non sapeva se avesse paura, ma non sembrava, pareva più un silenzio accusatorio. Prese la cesta coi panni sporchi e lo lasciò dov'era.
Rimise la sciarpa a posto e finí quello che stava facendo, poi scese al piano di sotto; agli uomini di Dondarrion si era aggiunto un altro gruppetto di cinque o sei persone e stavano mangiando zuppa d'avena insieme.
«Mia signora, se vuoi dirci quando ti dobbiamo, io e miei amici finiamo la colazione e togliamo il disturbo» era molto educato Beric.
«Subito Ser» disse lei.
Camminò vicino alla scala, ma era impensabile per uno della sua stazza non farsi notare.
«Clegane, siamo in partenza»
«Buon viaggio» tagliò corto.
«Sei proprio sicuro di non voler accettare la nostra offerta?» aggiunse Thoros.
«Sto bene qui»
Stava per andarsene quando notò un viso in fondo ad uno dei tavoli. Si avvicinò per guardare meglio. Un ragazzino sudicio teneva la testa bassa sulla scodella, i capelli unti gli ricadevano sugli occhi. Dove lo aveva visto? Si avvicinò per vederlo meglio...
«Che cazzo ci fa una Stark con voi?» sibilò.
«Cosa?»
«Chi?» dissero il prete e Beric quasi contemporaneamente.
«Continui a ripetere di dare la caccia a mio fratello per ordine di Ned Stark, e poi non riconosci la sua figlia minore?» col capo indicò in fondo alla tavola.
Tutto, il gruppo, anche quello al tavolo accanto, si voltò per guardarla. Arya Stark alzò gli occhi, chiaramente contrariata per essere stata riconosciuta.
«È vero?» le chiese Dondarrion.
«Che te ne importa?» squittí lei con un tono aspro.
«È lei» borbottò.
«Tu fatti i fatti tuoi! Non sei altro che uno stronzo assassino!»
Scoppiò a ridere «Visto, mi conosce!»
«Sei davvero Arya Stark?» insisté il prete.
«Sì, maledetti briganti!»
Cazzo se era selvatica! Gli venne da ridere ancora.
La ragazzina si rivolse a Dondarrion «Avevi detto che davate la caccia agli assassini Lannister! Perché lui non lo avete catturato?» e gli rivolse un'occhiata piena d'odio.
«Lui non è più un soldato dei Lannister, e non ha commesso crimini per cui rendere conto»
«Sì invece!» protestò «Io c'ero, sul Tridente... te lo ricordi il modo in cui hai ucciso il mio amico Mycah?» lo guardava fisso in faccia, non sembrava per nulla intimorita, né dalla sua stazza, né dalla cicatrice, gli piantava gli occhi nei suoi e lo accusava apertamente.
«Facevo il mio lavoro. Quel ragazzo aveva aggredito il principe, io eseguivo gli ordini» bella scusa del cazzo, nondimeno era la verità.
«Ero stata io a colpirlo, e Joffrey se lo era meritato!»
«Ne sono sicuro, ma non si può aggredire il principe e sperare di farla franca!»
«Lui non aveva fatto nulla! E tu l'hai ucciso. Era disarmato e lento, e tu lo hai ucciso! Ero stata io e non lui!» la voce strideva come una panca sul pavimento, il risentimento e la rabbia che gli sputava in faccia erano fin troppo profondi per provenire da una ragazzina così piccola.
«Io non so cosa cazzo successe su quello stramaledetto fiume, so quello che il re mi ordinò di fare. Tutto qui»
«Assassino!»
Le voltò le spalle per andarsene.
«Assassino. Assassino. Assassino»
«Clegane aspetta!» lo richiamò Dondarrion «È vero quello che dice la bambina?»
«Non sono una bambina!»
«No, sei una stronzetta petulante»
«Allora?» insisté l'uomo.
«Certo che è vero! Ero un soldato. Hai presente quando suo padre ti ha detto di cercare mio fratello e tu lo hai fatto? È la stessa cosa: il re mi ordinò di portargli quel ragazzo vivo o morto, e così ho fatto»
«Era solo un ragazzo...»
«La vita è ingiusta...» non aveva voglia di giustificarsi. Sapeva quello che aveva fatto, e sapeva che aveva sempre eseguito gli ordini della corona, non era certo andato in giro ad uccidere gente per suo spasso personale...
«Allora dovrai essere giudicato!» sentenziò Beric.
Gli rise in faccia «Da chi, da te?»
«No Clegane, dal Signore della Luce, sarà Dio a giudicarti!»
Si erano allontanati dal paese.
Non aveva opposto resistenza per due motivi: il primo, perché non aveva davvero paura di nessuno di quei finocchi; secondo, perché non aveva voglia di creare problemi a Lydia e alla locanda.
Lo avevano scortato per qualche centinaio di metri e si erano addentrati nel bosco finché non erano stati sufficientemente distanti da non attirare l'attenzione.
Il bosco si inerpicava leggermente a est e gli uomini si fermarono alla base di alcuni spunzoni di rocce ricoperte di muschio e felci marce.
Alla base si scorgevano i resti di un bivacco: erba pestata, impronte, un fuoco da campo estinto. Doveva essere il luogo in cui il resto del gruppo aveva trascorso la notte.
«Allora prete, questo posto va bene o no?»
Thoros si guardò intorno «Si qui va bene»
«Quindi, con quale di questi pidocchi dovrò battermi?» visti alla luce del sole risultavano ancora più mingherlini. Non erano soldati robusti e ben equipaggiati, ma uomini malnutriti mossi solo da ideali. Avrebbe fatto fuori ciascuno di loro, perfino fuori allenamento.
«Con nessuno di loro, ti batterai con me!»
«Con te, Beric? Sei sicuro? Non credi che ti servirebbero per lo meno due occhi per battere uno come me?»
«Non preoccuparti Clegane, è il Signore della Luce che mi guida. Se devi vivere, vivrai; se devi morire, morirai. Indipendentemente da me!»
Era dannatamente sicuro di sé, come tutti i fanatici religiosi che riponevano la propria fiducia in qualcosa di "superiore", solo perché non avevano le palle di affrontare la vita da soli.
«Sta bene Beric, se ci tieni...»
Un tale andò a riaccendere il fuoco, mentre altri vi si sistemarono di lato. Un paio, invece, prese le armi.
Gli diedero una spada. Non ne brandiva una da quando era arrivato alla locanda, fu una bella sensazione sentirne la pesantezza, il contatto dell'elsa nel palmo della mano...
Non indossava un'armatura, il che non era certo un bene, ma Beric, in uno slancio di stupida lealtà, si tolse la giubba borchiata e la cotta di maglia, pareggiando la condizione.
Era davvero convinto di batterlo?
Fece ruotare la spada nella mano. Era una spadona lunga e pesante, di quelle che gli altri maneggiavano a due mani, ma lui riusciva a destreggiarla come fosse stata una spada bastarda. Era una bella sensazione. Era come se il cuore si fosse fatto più grande il sangue avesse preso a fluire più forte nella braccia e nelle gambe. Vedeva meglio, sentiva meglio, i muscoli guizzavano smaniosi di tendersi e piegarsi; percepiva la tensione dello scontro, e si sentiva vivo.
Beric si inginocchiò e gli altri lo imitarono.
«Signore, tuo è il regno, tua la potenza e la gloria eterna. Guidaci nella tua luce, mostraci la verità, donaci volontà di sceglierla e la forza per conaervarla, ora e sempre, nei secoli dei secoli. Perché la notte è buia e piena di terrori» dissero all'unisono. Poi si alzarono e si misero tutti in attesa.
Dondarrion si mosse per primo.
Calò due affondi potenti che andarono a vuoto. Lasciò che attaccasse ancora e ancora, voleva che si stancasse. Beric doveva avere la sua età, forse era addirittura più giovane, ma era terribilmente provato, sembrava che il modo intero avesse infierito su di lui più e più volte nell'ultimo paio d'anni.
Affondò ancora, lo schivò e passò al contrattacco. Fruscii, tonfi, acciaio su acciaio, quel suono metallico così familiare...
Fece roteare lo spadone due o tre volte, costringendolo ad arretrare velocemente per non essere falciato, ma il terreno era scivoloso e la spada lo trovò scoperto su un fianco. Una ferita superficiale a cui Beric non badò, ma che comunque aveva sentito.
Gli parve già in difficoltà: si voltò e salì su una roccia ai margini dello spiazzo per ripararsi. Possibile che fosse già stanco?
Beric lo guardò serio, poi, inaspettatamente, sorrise; passò la lama sul palmo della mano e questa prese fuoco dalla guardia alla punta.
Indietreggiò.
Dondarrion saltò giù dalla roccia e cominciò a colpire, colpire, colpire.
Quella lingua di fiamma gli passava a un palmo dal viso, non riusciva a vedere nulla.
Schivare, doveva schivare.
Vedendo quel fuoco avvicinarsi riuscì ad alzare il braccio quel tanto da parare i colpi.
Mise ancora un passo indietro e si trovò con lo stivale nel fuoco da campo.
"Dannazione!"
Saltò di lato e puntellò la spada per non perdere l'equilibrio; respirò, ma le fiamme continuavano ad incombere su di lui. C'era solo quella saetta di fuoco, che aveva preso il posto della saetta dipinta sul dannato vessillo di Dondarrion.
Doveva reagire.
Abbassò la testa e con una visione meno diretta del fuoco riuscì a parare i tre colpi successivi e a controbattere. Girò la spada nella mano e fece salire il colpo dal basso. Trovò la carne della coscia di Beric. E due!
Ma lui aveva le fiamme...
Provò ad approfittare del momento per allontanarsi dal fuoco e stringere l'avversario verso le rocce, ma scivolò nel fango e perse il ritmo.
I colpi di fuoco ripresero a cadere. Dondarrion si scagliava su di lui con maestria, più che con furia, cercando il bersaglio.
"Fanculo", se fosse stata una spada normale non sarebbe durato un momento!
Beric lo tempestò di affondi, uno, due, tre... Il fuoco alle spalle brillò nell'angolo dell'occhio destro.
"Merda".
Fiamme davanti, fiamme di dietro. Dannato fuoco, era dappertutto!
Schivò ancora, dietro di sé avvertì il calore del falò; Dondarrion alzò la lama. Si abbassò.
Dondarrion si voltò. Gli girò intorno.
Dondarrion allungò il bracciò. Fuoco.
Fuoco addosso.
La manica sinistra bruciava, sentiva la morsa delle fiamme, nemica mai dimenticata.
Dolore, ma più che altro paura! Paura. Paura.
La voglia di buttarsi a terra, ma se lo faceva era morto.
Fece nuovamente roteare la lama sopra la testa, doveva riguadagnare terreno, doveva finirla in fretta!
Colpì con forza: uno, due, tre, quattro... Di più, di più!
"Crepa dannato incendiario"
Sentiva la furia del terrore e della rabbia bruciargli dentro... Ormai bruciava ovunque.
"Ancora un colpo" alzò la lama più che poté e la scagliò contro Dondarrion con tutta la forza che aveva.
Clang.
"Merda"
Poi sentì il colpo calare, il braccio proseguire verso il basso, mentre la lama di Beric cadeva a terra spezzata. Il fendente trovò la carne della spalla e arrivò giù, fino al petto.
Grida... un lamento sommesso, quello di Beric. Poi gli cadde davanti, il moncone di spada ormai estinto ancora in mano.
Non perse tempo a guardare l'immensa pozza di sangue che si allargava sotto il cadavere, si accucciò svelto e premette l'avambraccio nell'erba bagnata. Faceva un male cane, un tipo di dolore che aveva sperato di non dover provare più.
Rimase lì finché uno dei presenti non gli allungò una fiaschetta, la stappò e buttò giù. Era acqua, ma andava bene comunque.
Il prete si era precipitato al capezzale del suo compare, ma più che capezzale era una tomba. Ne ignorò la mormorata litania funebre.
Rese la fiaschetta a quello che gliela aveva data in tempo per sentire gli strilli della ragazzina lupo.
«Perché lo aiuti? È un assassino, deve morire! Deve pagare!»
«Nostro Signore non la pensa così...» spiegò quello.
«E chi se ne frega? Ha ucciso il vostro amico, è colpevole. Deve bruciare all'inferno!»
«Lo sta già facendo»
La voce gli fece alzare lo sguardo. Era stato Beric a parlare: Beric Dondarrion era vivo, in piedi davanti a lui.
Si strofinò gli occhi per essere sicuro di aver visto bene, ma era davvero Beric, reale come il bruciore che gli pulsava sul braccio sinistro.
«Come cazzo è possibile?» si guardò intorno, sembrava l'unico ad essere incredulo, lui e la ragazzina Stark.
«Ti ho detto di avere fede in Dio, Clegane!» rise Thoros.
«Che cazzo c'entra Dio? L' ho quasi tagliato a metà, ho visto la lama affondare» indicò il sangue che impegnava la terra «Ti sei dissanguato!»
«Eppure sono qui, davanti a te, come te lo spieghi se non con la volontà di un Essere superiore?»
Deglutí. Non se lo spiegava. Non ci provava nemmeno.
Scosse la testa «Non voglio saperne di questa roba... Dimmi solo se posso andare»
«Sei innocente...»
La ragazzina Stark iniziò a protestare «Quindi? Lo lasciate andare? Sul serio?»
«È il Signore a volerlo»
«Ma è un assassino, è un mostro!» strillava.
«Dio opera in modi imperscrutabili. Ha qualcosa in mente per lui, anche se nessuno di noi sa cos'è»
«No, no, no! Siete dei farabutti, degli impostori. E anche il vostro dio! Non potete lasciarlo andare!»
«Mi dispiace per te, ma a quanto pare non mi vedrai morire, non oggi almeno» la provocò.
«Ti ucciderò! Ti ucciderò io!» sembrava indemoniata; gli si scagliò conto. Si agitava talmente forte che dovettero tenerla in due.
«Calmati, nessuno ucciderà nessuno» intervenne Beric, poi si rivolse a lui «Hai visto la mia spada, hai visto quello che riesce a fare Thoros, quali altre prove ti servono perché tu capisca che il nostro Dio è reale?»
«Che ci creda o no non cambia nulla...»
«Tutti serviamo il Signore, che lo si faccia consapevolmente o meno»
«E allora che vuoi da me?»
«Vieni con noi: il tuo posto non è questo, e lo sai... Te lo senti dentro. Lo hai avvertito chiaramente quando hai impugnato la spada, lo hai visto nelle fiamme che avvelgevano la mia, te lo sei sentito nella testa quando mi hai abbattuto con un colpo solo. Tu hai un'altra strada da percorrere, ed è parallela alla mia!»
Si sentiva la fronte accigliata, il cuore batteva ancora forte e gli doleva il braccio laddove il fuoco lo aveva mangiato. Soppesò le parole per un attimo, poi gli diede due colpetti sulla spalla appena rimarginata «Stammi bene Dondarrion» e si voltò.
«Arrivederci Clegane» lo salutò Thoros.
«Addio prete»
«No, no, arrivederci»
NOTA DELLA PAZZA
Cari lettori avrete sicuramente notato la lunghezza del capitolo. Non è il più lungo che ho fatto, con la battaglia delle Acque nere sono arrivata oltre 8000 parole, ma è comunque un capitolone e vi spiego perché: vorrei stringere un po' i tempi di transizione fra la prima parte della storia e la seconda, quella che in tanti aspettate con ansia (anche io). Ovviamente ce la sto mettendo tutta per arrivare in maniera coerente e verosimile a quel punto, senza accelerazioni, salti o buchi nella trama, ma non voglio tenervi in sospeso troppo a lungo, quindi, l'unica soluzione, è optare per meno capitoli ma più lunghi. Per me questo significa più lavoro settimanale, ma questo non è che un piacere!
Spero in questo modo di darvi capitoli belli e coinvolgenti che vi spingano a proseguire la lettura, sempre nel rispetto dell'IC e con qualche componente canon divergent in più, mano a mano che avanziamo nelle stagioni.
Grazie del supporto che mi date, significa tantissimo per me!
Ci vediamo al prossimo capitolo.
V
