SANSA
Prese la boccetta di essenza dei sogni dal ripiano, ma era vuota.
La sera precedente aveva preso tutto ciò che ne restava per riuscire a dormire... Non aveva immaginato che le sarebbe servita anche da sveglia, ma adesso sentiva che sarebbe impazzita se non fosse riuscita a calmarsi.
Il cuore le martellava forsennatamente, le mani le sudavano e perfino la testa le faceva male.
Non riusciva a stare ferma e le veniva da vomitare.
«Shae» chiamò.
La ragazza abbandonò la pulizia del solarium e la raggiunse «Mia signora»
«Vai da Pycelle, fatti riempire questa con Essenza dei Sogni, e prendine anche una di Ombra della sera. Se non vuole dartele vai da Lord Tyrion e chiedigli di farti un ordine scritto» si sedette «Per favore»
Sentì addosso lo sguardo perplesso della cameriera e lo ignorò di proposito, poi, quando fu uscita, andò al tavolo e si versò da bere. Per la prima volta in vita sua desiderò avere a disposizione del vino. Finalmente capiva perché tutti ne sentissero il bisogno.
Si voltò, in fondo alla stanza, di fianco allo specchio, il suo abito da sposa la attendeva. Si avvicinò: era magnifico. La seta era di un bellissimo color oro chiaro e sul busto era applicata una placca dorata composta da tre parti, simile a quella della regina.
Lo scollo largo e dritto scopriva parte delle spalle e la gonna ampia scivolava giù, ricoperta da intricati ricami di lupi e leoni d'oro e d'argento.
Sollevò la manica frangiata, arrivava fino a terra.
Il suo non era un matrimonio reale, ma era comunque sfarzoso e opulento, molto più di quanto sarebbe mai stato se si fosse sposata col più importante lord delle sue terre.
Stava per sposare un Lannister e non un Lannister qualsiasi, il primogenito di Tywin, l'erede dell'Ovest. Stava per sposare lo Sterminatore di re.
Si portò le mani al ventre dallo sgomento.
Ser Jaime era un uomo spaventoso e molto più vecchio di lei, ma la cosa che davvero trovava insopportabile era un'altra: era il padre di Joffrey, era l'amante della regina.
E per qualche motivo, questo secondo punto, la turbava più di qualunque altra cosa.
La regina era la donna più potente e pericolosa che avesse mai conosciuto, avrebbe potuto farla uccidere se avesse voluto e, se anche non lo avesse fatto, era certa che l'avrebbe odiata per il resto della vita!
"Non vuoi tornare a casa?" le parole del Mastino le tornarono alla mente.
Sì, ora più che mai non avrebbe voluto altro.
"Posso portarti come. Per questo sono qui"
Era andato lì per portarla via. Se avesse accettato adesso sarebbero stati da qualche parte nei pressi dell'Incollatura... Si mise le mani nei capelli "Stupida, stupida, stupida!" aveva voluto dire sì, ma non l'aveva fatto, quello sciocco timore l'aveva fermata: cosa avrebbe mai potuto farle il Mastino che adesso non le avrebbe fatto Jaime Lannister? Scosse la testa, Sandor Clegane non le avrebbe fatto del male, se lo sentiva dentro, ma lo Sterminatore di re... sposandolo lo autorizzava a disporre di lei come meglio avrebbe creduto.
«Sei una sciocca!» disse a voce alta.
Shae bussò «Posso mia signora?»
«Sì»
Entrò «Pycelle non c'era, ma quel Maestro Quibar, Qybur.. lui mi ha dato queste»
Poggiò sul tavolo tre boccette di diverso colore, Shae le indicò una per una «Ombra della sera, Essenza dei sogni e questa... mi pare abbia detto Sollievo di dama»
Prese le bottigliette, erano più grandi di quelle che le dava Pycelle e piene fino all'orlo «Chi hai detto che te le ha date?» chiese.
«Non ho capito bene il nome, è l'uomo arrivato con... con il fratello di Lord Tyrion»
«Bene. Grazie Shae»
«Di nulla, mia signora»
Prese un bicchier d'acqua, contò cinque gocce e bevve il contenuto.
Aveva passato tutto il giorno persa in un denso torpore. Era sveglia, ma quasi non se ne era accorta. Era riuscita nel suo tentativo di non pensare.
Lo Sterminatore di re non si era visto, non che le dispiacesse.
In un giorno e mezzo avrebbero unito le mani nel tempio di Baelor, e non si erano mai rivolti la parola!
Nemmeno il Folletto si era fatto vedere, il che era logico dato che non si sarebbero più sposati, però le dispiaceva: nelle ultime due settimane era stato qualcosa di molto simile ad un amico. Avrebbe voluto chiedergli se per caso ci fosse un libro in cui era scritto come comportarsi in una situazione simile, ma aveva forti dubbi. Quasi tutti i suoi libri erano stati scritti dai Maestri e a loro non importava molto delle fanciulle costrette a sposarsi... a nessuno importava molto a dirla tutta.
Anche la regina si sarebbe dovuta sposare di nuovo. Non era certo una fanciulla, era la donna più importante di Westeros, eppure le toccava la sua stessa sorte. Di nuovo.
Si alzò ed andò allo specchio.
Aveva il viso gonfio e gli occhi velati. Lei era una prigioniera, anche se non lo era per definizione lo era comunque di fatto. Avrebbe dovuto sposare chiunque le avessero imposto perché era completamente priva di forza politica e di sostegno, ma se mai avesse superato quel momento, se mai fosse diventata un'adulta in grado di badare a sé stessa, non avrebbe mai,maiaccettato che altri la obbligassero a farlo.
Chissà, forse anche Cersei non gliel'avrebbe data vinta. Forse si sarebbe sbarrata nelle sue stanze e avrebbe dato ordine alle sue guardie di uccidere chiunque avesse cercato di entrare!
Senza volerlo sperò che lo facesse. Desiderò che sfidasse il Lord suo padre e mettesse in discussione lo strapotere degli uomini.
Jeoffry, Tyrion, Jaime... E mai una volta che avessero chiesto il suo parere.
Nemmeno suo padre: lui aveva riflettuto prima di decidere se accettare l'offerta di re Robert, ma non era andato da lei a chiederle cosa desiderasse.
Ma la regina era di tutt'altra pasta, non si sarebbe fatta assoggettare, no, non Cersei.
Stava ancora pensando a lei, quanto le ancelle arrivarono con la cena. Lasciò che le preparassero la tavola e chiese a Shae che le fosse servito del vino. Non era certa che le piacesse, ma di lì a un giorno sarebbe stata una donna ed era meglio che iniziasse a comportarsi come tale.
Dopo cena prese l'ultimo libro che aveva iniziato con Lord Tyrion: non aveva voglia di leggere e sapeva che non le avrebbe dato alcuna distrazione né conforto, ma se era vero che la conoscenza era la sua arma migliore, avrebbe fatto bene a tenerla affilata; si mise sul letto a leggere e poco dopo, senza nemmeno togliersi gli abiti, si addormentò.
Luci verdi e rosse invadevano la sua camera insieme ad un odore acre.
Si sentiva oppressa, come se la stanza si stesse facendo più piccola. Andò alla porta ma era sbarrata, era stata lei a farlo e ora non riusciva più ad uscire. Si voltò verso la finestra e vide che era chiusa da spesse sbarre di ferro. Quando le avevano messe?
Con la coda dell'occhio vide del movimento, si girò e seduti sul suo letto c'erano i fratelli Lannister, e in piedi, ai lati, il Primo Cavaliere e la regina. La fissavano con occhi bianchi e vuoti, immobili e silenziosi.
Appollaiato sul baldacchino c'era Joffrey, il collo teso come quello di un rapace. Anche lui la guardava e a differenza degli altri, rideva. Un riso folle e distante, come quello di un demente.
Provò a chiedere cosa volessero, ma non le uscì la voce; allora si mosse, ma non ci riuscì. Provò ancora, voleva scappare, sentiva che da un momento all'altro avrebbe ceduto al panico, ma più cercava di farlo, meno ci riusciva. Sentí una mano afferrerle la spalla, subbalzò di spavento e si voltò. Il Mastino era davanti a lei, più alto e grosso che mai "Siete tornato" gli disse. Lui non rispose, guardò i cinque individui sul fondo della stanza e iniziò a ridere, ridere forte, ridere di loro. Nessuno dei Lannister fece alcunché e quando guardò di nuovo il Mastino, questi l'attirò a sé e la sua enorme massa si chinò su di lei. Sentí le sue labbra, la barba corta che le solleticava il viso e uno strano sapore che non riusciva ad associare a niente. Lasciò che la baciasse, lasciò che le sue braccia la avvolgessero, finché non fu completamente inglobata da lui e dal suo mantello. Vide la scena dal di fuori del suo corpo, vide la stanza: i Lannister erano spariti. C'erano solo loro due, le fiamme oltre finestra e quel bacio.
Aprì gli occhi credendo che fosse la mattina dopo la battaglia, ma il cielo era libero dalle colonne di fumo e nell'aria non c'era l'odore di legno e corpi bruciati.
Si sollevò a sedere toccandosi la bocca "Dèi" era stato così reale. Non i Lannister, non il fumo, malui.. le sembrava che l'avesse baciata davvero.
«Se ne è andato Sansa» si disse «Non tornerà» "E tu domani sposerai Jaime Lannister"
L'ultimo giorno prima del matrimonio era scivolato via lento e silenzioso.
Shae le stava pettiando il capelli per la notte. Se ne stava zitta in un modo per nulla tranquillizzante, come se anche lei si rendesse conto di quanto quello che stava per succedere avrebbe cambiato la sua vita, non necessariamente in meglio.
«Le mie cose sono pronte?» chiese.
«Sì, domattina porterò tutto nell'altra stanza»
«Porta anche queste» disse indicando le boccette.
«Lady Sansa, non esagerate con quella roba, non vi fa bene»
«Non lo farò» si alzò «Va bene così, grazie Shae. Puoi andare ora»
La ragazza rimase ferma, con la spazzola in mano, mentre lei si sedette sulla panchetta per togliere le calze.
«È solo un matrimonio, mia signora. Fatevi forza. Non conoscete quest'uomo e siete preoccupata ma... nessuno sa davvero cosa vuole, finché non lo prova. Lord Tyrion è gentile. Questo Ser Jaime è suo fratello, potrebbe assomigliargli un po' ed essere gentile anche lui»
La guardò: era carina, aveva un viso dolce, lucidi capelli scuri e occhi brillanti. Non era molto più grande di lei, ma sapeva molte più cose e le sembrava sinceramente affezionata «È anche fratello della regina, Shae...»
«Dategli una possibilità, cosa avete da perdere?»
Nulla, era vero.
«Buona notte mia signora»
«Buona notte»
Rimase sola e se ne pentí subito, forse avrebbe potuto richiamare la sua ancella: non cercava consigli o sollievo, ma avrebbe potuto chiederle di raccontarle qualcosa. Una cosa qualunque del suo passato, in modo da tenerle la mente occupata per un po'.
Cercava di distrarsi con qualche oggetto a caso della stanza, osservarne un particolare che le impegnasse i pensieri, ma nessuno durava a lungo.
Si alzò. Aveva promesso a Shae di essere cauta, ma aveva bisogno di quelle gocce per dormire "Solo tre" si disse. Prese un bicchiere.
Bussarono.
«Lady Sansa, sua maestà la regina chiede di voi»
Un tremito feroce la attraversò.
Si guardò intorno cercando di pensare a qualcosa. Poteva dire di essersi già coricata. Poteva dirsi indisposta. Forse poteva mandare a chiamare Lord Tyrion...
Cersei Lannister amava suo fratello. Non come lei amava Robb, ma in un modo totalmente diverso e spaventoso. E lei stava per sposare quell'uomo.
Se Cersei aveva deciso di ucciderla lo avrebbe fatto: quella sera, il giorno dopo, fra un mese, un anno... Non ci sarebbe stato modo di evitarlo.
Deglutí. Se moriva quella sera, almeno si sarebbe risparmiata l'umiliazione del matrimonio.
«Lady Sansa?» chiese il paggio oltre la porta.
«Arrivo»
Raggiunse il piano della regina e con crescente paura seguì il valletto fino alla sua porta.
«Lady Sansa è qui, Maestà»
«Molto bene»
Entrò.
Era stata diverse volte nell'appartamento della regina, ma le sembrava di vederlo per la prima volta. Le candele gettavano ombre inquietanti sulle pareti e perfino l'ondeggiare delle tende le pareva un triste presagio.
"Ci siamo" pensò.
«Ci siamo» esordì la regina, come se le avesse letto nella mente «Stai per sposarti colombella, sei pronta?»
«Sì»
«Come ti senti?»
«Io.. non lo so» ammise.
«Beh lo immagino, questo matrimonio è stato abbastanza travagliato. Non ne ricordo uno altrettanto denso di sorprese. Se avessimo rimandato ancora un po' probabilmente avresti finito per sposare mio padre»
Taque.
«A quanto pare l'unica cosa importante è che sia un Lannister ad impalmarti...»
Avrebbe voluto dire qualcosa, odiava sembrarle una stupida ebete, ma la prospettiva di ciò che stava per succedere era l'unica cosa a cui riusciva a pensare.
«Se non altro sarai felice di non sposare Tyrion...»
«Lord Tyrion è molto gentile» riuscì a balbettare, ma si rese conto che non fosse esattamente ciò che Cersei voleva sentire.
«Ah sì? Beh, ma è anche moltonano! Immagino che sarai felice del cambio...»
Non rispose.
La regina si avvicinò «Allora, Sansa, non preferisci sposare mio fratello Jaime?»
«Io.. io... mi dispiace Altezza, davvero!» era così. Era dispiaciuta di tutto. Era dispiaciuta perché doveva sposare un Lannister, era dispiaciuta perché quel Lannister era l'uomo che Cersei amava, ed era dispiaciuta perché questo le sarebbe costato la vita.
«Per che cosa?» disse Cersei con freddezza; sembrava totalmente estranea alla questione.
Non poteva dirle il vero motivo, non apertamente «Per.. per il vostro matrimonio, so che anche voi vi sposerete e immagino che non ne siate felice»
La regina alzò un sopracciglio «Io non sposerò Ser Loras»
«Ma, vostro padre...»
«Mio padre può sposare tutti i Tyrell che desidera, io non lo farò»
Abbassò lo sguardo.
Certo, lei non si sarebbe sposata e neanche suo fratello. L'avrebbe uccisa quella stessa sera e Ser Loras avrebbe fatto la stessa fine, a meno che lui non avesse avuto la saggezza di andarsene prima...
«Siediti» le indicò la tavola «da quanto ci conosciamo tu ed io?»
«Quasi tre anni» rispose.
«Tre anni» rifletté «anni molto intensi...»
«Sì Maestà»
«Anni in cui ci siamo viste praticamente ogni giorno. Anni in cui avresti preferito essere altrove, immagino...»
«Sono stata trattata molto bene» mentí d'istinto.
«Davvero?» non era una domanda. Cersei andò ad uno dei grandi armadi di legno, lo aprí e ne estrasse un cofanetto «Sai, la stretta frequentazione porta a due inevitabili epiloghi: l'amore o l'odio» tornò verso di lei «tu cosa credi che ci unisca?»
Un tremito la scosse e fu certa che lei se ne fosse accorta.
Chiuse gli occhi «Io non vi odio Altezza»
«Ma certamente non mi ami...» poggiò il cofanetto davanti e lei e andò a sedersi dall'altro lato del tavolo «Vedi Sansa, a quanto pare noi due ci troviamo da qualche parte in una zona grigia. Siamo in una zona grigia da così tanto, troppo tempo. Forse i prossimi avvenimenti ci aiuteranno a fare chiarezza...»
Annuì a mala pena.
Cersei giocava al gatto col topo, era abilissima a farlo.
«Mi capisci, fino a poco tempo fa eri la promessa sposa di mio figlio. Avevo un ruolo preciso in questo, in quanto regina e in quanto madre... Adesso invece stai per sposare mio... fratello, il che rende le cose piùcomplicate. Qual è la mia parte, qual è il mio compito in tutto ciò? Me lo sto chiedendo da giorni. Io e Jaime non siamo solo fratelli, siamo gemelli, siamo venuti al mondo insieme...» le sfuggì una risata «È buffo»
«Cosa Vostra Grazia?»
«Dissi queste stesse parole a tuo padre anni fa... Gli dissi anche di lasciare la città... Non mi ascoltò»
«Io non posso lasciare la città...»
«No, non puoi» disse seria «Comunque...» cambiò di nuovo il tono della voce «stai per sposare Jaime Lannister. Aprilo» indicò il cofanetto con un movimento della testa.
Cercando di controllare il tremore aprí il coperchio.
Su un cuscino di velluto blu era poggiata una corona. Era una di quelle ad anello, come si portavano nel Nord, ma anziché di rame o d'argento era fatta d'oro massiccio, percorsa da un elaborato motivo geometrico a rilievo, con un grosso rubino quadrato nel centro.
«Era di mia madre. È la corona delle Lady di Lannister, delle signore di Castelgranito. Se sposerai mio fratello, domani, la indosserai»
«È bellissima» ammise.
«Come te...» disse piano.
Malgrado la tensione che provava, il tremore nella voce della regina non le sfuggì.
«Provala, fammi vedere come ti sta...»
Esitò un momento, poi prese la corona. A cosa serviva tutto ciò? Voleva tormentarla?
Se la poggiò sulla testa, poi, dopo un po', trovò la forza di alzare gli occhi sul suo viso: Cersei Lannister, regina dei Sette regni, la fissava in un modo cupo e... triste, ma non riusciva a immaginare cosa stesse pensando.
«Perfetta» la voce era solo un sussurro.
Cersei distolse lo sguardo, respirò profondamente e tirò indietro i capelli.
Gli occhi fissarono un punto sul muro ma sembrava che guardasse altrove «Una regina, aveva detto... non sei una regina...»
Non sapeva di cosa stesse parlando, ma di certo non si rivolgeva a lei, sembrava che parlasse con sé stessa.
«Ma sei più giovane e più... più...» la frase fluttuò a mezz'aria restando incompiuta.
Sentiva di non avere il coraggio di dire nulla, avrebbe perfino smesso di respirare se avesse potuto, si tolse la corona e la ripose di nuovo nel cofanetto.
«E cosa dovrei fare io... Dovrei lasciare che... Dèi... non saremmo mai dovuti venire a Nord, tu non saresti mai dovuta venire qui...» iniziava ad agitarsi, sembrava confusa...
«È quello che vorresti, no? Non essere qui, ma lassù fra i tuoi boschi, con uno dei baroni di tuo padre!» le si avvicinò di nuovo «O forse preferisci l'idea di sposare mio fratello?»
Deglutí a fatica: qualunque risposta le avesse dato sarebbe stata la risposta sbagliata.
«Beh, sei qui ormai. Quel che è fatto è fatto. Siamo tutte vittime in fondo, vittime delle scelte di qualcun altro» si versò del vino, poi prese il calice che aveva davanti e serví del vino anche a lei.
«Brindiamo! Alla vigilia delle nozze, colombella. E alla fine della nostrazona grigia»
Si alzò in piedi e prese il calice; la regina la fissava da sotto le ciglia; sentiva il cuore rimbombarle nelle orecchie; con la mano che tremava alzò il bicchiere finché questo non toccò quello della sovrana con un cupo tintinnio «Mia regina» la voce le si strozzò in gola e rimase come bloccata.
«Non bevi?» la fissò.
Abbassò il braccio sotto il suo sguardo attento, prese fiato e portò la coppa alle labbra, mentre Cersei non perdeva un solo movimento.
Chiuse gli occhi e alzò il gomito.
Lo schiaffo arrivò da sinistra. Le colpí forte la mano e scaraventò il calice a terra mandandolo in tanti minuscoli pezzettini, mentre il vino schizzò tutto intorno.
Guardò atterrita la regina e la trovò più atterrita di lei: era protesa in avanti, i palmi appoggiati sul tavolo, il capo chino, tutto il corpo scosso da tremori.
«Vattene» sibilò.
Non le riuscì «Maestà»
«Prendi quella dannata corona e vattene» digrignò fra i denti.
«Io..»
«Sparisci dalla mia vista prima che cambi idea!» indicò la porta «Ti odio, hai capito? Ti odio!»
Non l'aveva mai sentita gridare e non l'aveva mai vista così!
Prese il cofanetto e uscì dalla stanza senza voltarsi, ben consapevole di tutto quello che era appena successo, di quanto aveva appena rischiato.
Cersei, la regina, l'unica donna con cui avesse avuto un contatto reale negli ultimi tre anni, aveva appena tentato di ucciderla. Aveva tentato di avvelenarla per impedirle di sposare l'uomo che amava da tutta la vita.
L'aveva fatto perché la odiava.
La odiava e le aveva risparmiato la vita.
