Atto 1 – Una "normale" giornata di scuola

Sei mesi dopo l'Atto 0

| New York City | - | Captain S |

Alex Kidd, nella caverna che faceva da covo al suo avversario, stava assestando gli ultimi colpi a Janken per la libertà di Aries, il suo mondo. L'elfo in rosso e giallo, nel suo essere di profilo ed in 16-Bit, non sembrava temere l'imperatore galattico, in armatura e grande il doppio, mentre sferrava pugni a tutt'andare.

Dall'altro lato del televisore, con in mano il controller del SEGA Mega Drive, c'era Keeva Keene. Keeva, che con i suoi attraenti occhi verdi e la sua lunga chioma bionda, non era come tutte le ragazze della sua età: non era da trucco o parrucco… Lei era da videogiochi. Nessuno avrebbe dovuto osare dirgli "I videogiochi sono da ragazzi" o che il suo abbigliamento era troppo maschile: della sua giacca blu con le maniche bianche (Dove c'era stampata una S), della sua t-shirt gialla, dei suoi pantaloni grigi e delle sue sneakers rosse e bianche, lei ne era orgogliosa. Ma tornando alla partita ad Alex Kidd – In Miracle World, la bionda era vicino alla vittoria che nessuno gli avrebbe potuto negare… Tranne sua madre «Keeva! È ora di andare a scuola!». La ragazza sospirò frustrata. «Evviva: un altro giorno di bullismo e di solitudine!» esultò lei con totale assenza di entusiasmo mentre si alzava dalla sua sedia e spegneva la console. Iniziò a dirigersi alla porta, quando si ricordò di una cosa «Giusto!». Si affrettò all'armadio, lo aprì e prese la sua giacca nera preferita: quella dove, sulla schiena, era stampata la faccia di un porcospino blu, che sorrideva beffardamente, e la scritta "Sonic The Hedgehog". Keeva se la strinse al petto mentre si formava un largo sorriso sul volto, ma sua madre interruppe ancora «Keeva!».


Keeva si diresse verso la cucina. Prontamente, suo padre Micheal, un uomo ancora nel fiore degli anni con i suoi occhi verde smeraldo ed i suoi capelli di color cioccolato, la salutò «Ehi, tesoro! Spero che tu abbia una bella giornata.». «Sì, "grande giornata", certo.» borbottò la bionda passando. Potendo udire la figlia, ma soprattutto vederla, sua madre Samantha, ancora una bella donna bionda e dagli occhi zaffiro malgrado l'età, gli disse «Guarda tesoro, so che le cose sono difficili, ma tutto migliora con il tempo!». L'adolescente non disse nulla e uscì di casa. La donna sospirò. «Bella chiacchierata. Ok.» commentò il marito.


La professoressa aveva iniziato a distribuire i risultati dei compiti in classe, passando di banco in banco, restituendo ad ogni alunno il proprio test. Keeva prese il suo compito con fare quasi annoiato e sbuffando mentre leggeva il voto precisamente sufficiente, ottenuto con il minimo sforzo.

Dire che non aveva voglia di studiare era sbagliato: ogni volta che trovava una nuova attività stimolante, vedeva sempre gli altri venti spanne sopra di lei. «Perché impegnarsi? Tanto non ne sarò mai in grado.» si diceva sempre, buttando all'aria tutti i suoi sforzi. Ma con i videogiochi non era così, anzi, era tremendamente agguerrita: era una delle poche cose che non la deludevano, che non facevano sentire… Inutile. Ma purtroppo la vita è piena d'imprevisti, non solo come avvenimenti ma anche come persone.

Un ragazzo dai capelli ramati le diede un calcio da dietro, puntando sulla sedia della ragazza, facendola sobbalzare. La bionda si contenne dal mollare un ceffone, per poi girarsi e sussurrare a denti stretti «Cosa vuoi Itaro?». Il ragazzo ridacchiò maligno per affermare «Sei mai andata nella villa dietro il parco? Sai, dicono che sia infestata dai tuoi cari amici immaginari!». La ragazza lo guardò con tutto l'astio immaginabile dalla mente umana «Quello che vedo è reale e non sono fantasmi. E poi, abbiamo un codice da rispettare qui a scuola.». Il ragazzo rise maligno, sapendo esattamente quali fossero i tasti dolenti. «Detto da quella che prende delle pasticche perché ha ancora gli amici immaginari è grave.» disse infine lui. Keeva stava per controbattere, per poi esser fermata dalle parole del ragazzo «Perché i fantasmi come te, vedono altri fantasmi, vero?». La bionda si bloccò, per poi abbassare lo sguardo, girandosi verso il suo banco, mentre Itaro sghignazzava con altri compagni che avevano sentito la conversazione.

La ragazza sospirò. La storia del "Fantasma" era nata perché era di una carnagione molto chiara, aveva sempre la bocca serrata e parlava solo quando veniva interpellata, il suo spostarsi silenzioso, il suo palesarsi improvviso dietro le persone ed il suo sguardo spento e quasi morto: tutto ciò le aveva conferito il soprannome. Ma ad aggravare la questione fu il fatto che la scuola scoprì uno dei suoi problemi: allucinazioni. Non si era mai capita la causa o il perché, ma fin da bambina vedeva cose inesistenti. All'epoca la famiglia pensava che fossero solo "amici immaginari", eppure la cosa era diventata talmente grave che portarono la bambina da uno psicologo. Allucinazioni: la diagnosi fu chiara e le diedero delle pastiglie da prendere regolarmente. E se a scuola era già presa di mira per essere un "strana", le pastiglie furono la goccia che fece traboccare il vaso, facendola diventare lo zimbello dell'intero istituto.

Ma ora, tornando alla realtà, c'era un Itaro che voleva essere riempito di botte. «Perché non ti concentri sul tuo scarso risultato del compito?» rispose lei sbuffando, tornando a controllare il suo test, per poi sentire altre provocazioni. Keeva fece spallucce, cercando di isolare i suoi pensieri dalle parole del compagno.


Nell'ora di pranzo, Keeva prese il suo pasto e si sedette sul tetto della scuola, con la giacca di Sonic poggiata sulle spalle. Dopo essersi dato il buon appetito, iniziò a mangiare ed a godersi la pausa pranzo, con il leggero vento primaverile che soffiava sopra la sua testa.

Ma in quel momento di pace, arrivò quasi correndo Itaro, che prese alla sprovvista Keeva, urlandole contro «Keene! La mia felpa! Dove l'hai nascosta!?». La bionda si spaventò a morte. «Quale felpa?» chiese lei dopo essersi ripresa, tenendo il suo tono freddo con il bullo. «Lo sai di che felpa sto parlando!» ringhiò lui con rabbia. La ragazza ci pensò su, per poi rispondergli «Quella con la tigre che ti ho chiaramente detto che non mi piaceva? No, non lo so dove sia.». Itaro sbuffò furioso, per poi andarsene mentre lanciava degli sguardi omicidi alla ragazza.

La bionda sospirò, portando la mano al petto e cercando di tranquillizzare il suo cuore: Itaro le faceva paura, infondo era un ragazzo molto più alto di lei, con tanto di gang di quartiere. Prese poi la giacca con il volto del riccio, rassicurandosi nel suo sorriso. «Pensa davvero che io mi voglia vendicare di tutto quello che mi ha fatto?» sbuffò la ragazza, osservando il gruppetto allontanarsi, mentre si sistemava i capelli «Forse… Se fossi come te e gli altri, non oserebbe avvicinarsi, no?». Ovviamente l'immagine non gli rispose, ma a lei gli andò bene così. Si alzò poi in piedi, sistemando tutta la sua roba ed andandosene via da lì, in cerca di un luogo in cui quegli imbecilli non sarebbero mai venuti.


E il suo posto sicuro fu… Il bagno delle donne. Ebbene, la sua ricerca l'aveva portata a lavarsi le mani. Finì per posare i suoi occhi verdi sul suo riflesso, ricordandosi per un istante il nonno e di quante strane teorie le aveva raccontato quando era piccola: mondi paralleli, altre persone, emozioni diverse di uno stesso individuo e tanto altro.

Mentre finiva di asciugarsi le mani, notò qualcosa muoversi dietro di lei. Keeva tenne lo sguardo fisso sul suo riflesso, perdendo qualche battito cardiaco alla vista di una massa nera che si trovava alle sue spalle. Per sua fortuna, proprio in quel momento, entrò una studentessa che entrò nel bagno e poi nella toilette: sparì così la figura.

La bionda rimase per un momento in silenzio, guardando il bagno, cercando con gli occhi qualcosa di razionale da attribuire a quello che aveva visto dal riflesso dello specchio. «Va tutto bene.» si tranquillizzò lei, estraendo in seguito dalla tasca della felpa blu una pastiglia contro le allucinazioni e la ingoiò.


Durante la strada di ritorno, Keeva si mise le cuffiette che portava sempre con sé nella sua giacca di pelle e si mise ad ascoltare della musica. Che tipo di musica? Semplice: il soundtrack dei suoi videogiochi preferiti. Non riusciva ad ascoltare altro se non qualcosa che la facesse sentire al sicuro come nella sua stanza e senza problemi nella sua vita. Ma sapeva comunque che, una volta tolte le cuffiette o spenta la sua console vintage, sarebbe scoccata la mezzanotte di Cenerentola e la magia sarebbe finita. Ma ora non voleva pensare a niente: non a Itaro, le sue allucinazioni o ad altro.

La ragazza alzò per un momento gli occhi color smeraldo da terra, guardando dei bambini pedalare su delle bici, sorridendo davanti alla loro spensieratezza. Prese la strada che passava per il parco poco lontano da casa sua, guardandosi un attimo intorno. Quel posto emanava tanti bei ricordi passati in famiglia, quando tutto andava bene. Esaminò per un momento il parco, animato dai bambini che correvano e ridevano. Soffermò il suo sguardo sul vecchio pozzo nel bel mezzo del parco, un punto di riferimento per gli abitanti della zona sebbene non fosse qualcosa di interessante.

La ragazza stava continuando ad ascoltare la musica, ma poi le cuffie sparirono di colpo dalle orecchie, ritrovandosele sopra la testa penzolanti, nelle mani dell'ultima persona che voleva vedere dopo una lunga e stressante giornata di scuola: Itaro. Il ragazzo rise dell'espressione quasi paralizzata di Keeva, mentre dietro di lui si era palesato il suo gruppetto. «Keene, Keene! Lo sai che le bugie non si dicono?» fu la prima cosa che disse il ragazzo, interrompendo il silenzio che si era creato. La bionda lo guardò non capendo, spostando il suo sguardo sulle cuffie che gli lanciò. «I miei cari amici...» affermò lui, facendo un segno con la testa al gruppetto «Mi hanno detto che la felpa l'avevi presa tu... Mostrandomi pure dove l'avevi nascosta!». E detto ciò, il ragazzo sfoggiò la felpa che aveva addosso, per poi guardare la ragazza davanti a sé. A quell'affermazione, Keeva spalancò gli occhi, rispondendo «Io non ho fatto nulla! Te lo giuro! Non mi metterei mai contro di te!». Itaro ed il gruppetto risero, lasciando sempre il capo «Ma non sei stanca di avere le gambine corte a causa delle tue balle?». A quella domanda, tutti i membri della banda scoppiarono a ridere, tranne Keeva che si guardò per un momento a terra. «Ehi Itaro, perché non ricambi?» disse di colpo uno che, senza che la bionda se ne accorgesse ed avendo quindi un infarto, era giunto alle sue spalle, sgraffignando e sventolando la casacca di Sonic. «Dà qua.» disse il capo, ricevendo, sebbene la ragazza tentò di bloccare, l'indumento. «Ah! Quindi è da lui che prendi le tue strane visioni?» chiese il ragazzo ridendo maligno, mentre faceva passare la giacca di pelle tra le mani degli altri ragazzi che sghignazzavano. Keeva strinse i pugni e prese un profondo respiro, raccogliendo tutto il coraggio che aveva, per poi affermare con voce tremante «Restituiscimela.». Itaro la guardò con un sorriso divertito, avvicinandosi alla ragazza e piegando il busto in avanti in modo che i due potessero guardarsi perfettamente negli occhi. «Ma cara, non vedi che ti fa male al cervello? Io ed i miei amici ti stiamo solo aiutando.» rispose lui, fissandola con i suoi occhi nocciola e con un sorriso superbo, mentre alla bionda le si erano riempiti gli occhi di lacrime. Itaro lo notò, per poi prendere nuovamente la giacca in mano e guardare il disegno del porcospino, per poi affermare «Davvero? Non gli hai insegnato a difendersi?». A quella domanda, qualcosa nella mente della bionda scattò, facendole riprendere in un baleno la giacca, portandosela al petto per proteggerlo dal gruppo di bulli. I ragazzi quasi ci rimasero di sasso dalla reazione improvvisa della ragazza che nel mentre lasciava che delle lacrime bagnassero il sorriso di sfida dell'eroe. «Non permetterò a nessuno di toccarlo! Specialmente da dei deficienti come voi!» urlò lei, cercando di dimostrare quel poco di coraggio che aveva raccolto. A Itaro però la cosa non gli andò giù, tanto che prese la ragazza per il colletto della felpa blu, facendola alzare da terra di qualche centimetro. «Deficienti a chi?» chiese lui in un sussurro quasi inquietante, mentre Keeva agitava i piedi in aria, provando a liberarsi invano. Il ragazzo la buttò a terra, come se fosse stata uno straccio, e riprese in mano la giacca. «Sei patetica, inutile e bugiarda.» affermò lui, lanciando la casacca dentro il pozzo. A quella vista, la bionda si precipitò a riprenderla, sporgendosi sul bordo di pietra. Ma lì, accadde la tragedia: si sporse fin troppo. In un attimo, l'espressione dei bulli si trasformò in uno sguardo di terrore, vedendo il corpo della ragazza cadere giù. Itaro scattò in avanti, provando ad afferrare Keeva in un tentativo di salvarla dalla sua stessa azione. La ragazza si voltò, vedendo lo sguardo terrorizzato del ragazzo dai capelli e la sua mano tesa verso di lei. Poi, la caduta… Ed infine un lampo accecante.

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Keeva presto atterrò a terra con un tonfo, sentendo un freddo e duro pavimento di cemento. Tentò di alzarsi ma, se non fosse stato per qualcuno alle sue spalle con delle mani agguantate, sarebbe crollata di nuovo a terra per il fatto che si sentiva come se stesse per svenire. Ad aggravare il problema, c'era che il mondo pareva girare vorticosamente. Tentò poi di guardarsi attorno, vedendo dei quadri, che gli parevano mostrassero dei volti vagamente familiari, ed un bagliore. Infine, cedette e svenne, ma non prima di aver udito una voce profonda e quasi meccanica dire «Il Game Master è giunto!».