«Più veloce, Frankie, vai più veloce» urlava Jane Rizzoli al fratello; dovevano fare in fretta, dovevano salvare Maura. Erano diretti al vecchio capannone che avevano collegato a James Hoyt, figlio del famoso serial killer Charles Hoyt, che voleva portare a termine la missione che il padre non era stato in grado di completare: far soffrire Jane e poi ucciderla. Entrarono nell'ex fabbrica con le pistole di fronte a loro, pronte ad essere rivolte verso il ragazzo. «Oh, Jane Rizzoli, ci hai messo un po' ad arrivare. Ah! Vedo che hai portato il fratellino con te.» L'uomo aveva la pistola sulla tempia di Maura, che era legata sulla sedia, immobile, con gli occhi chiusi e i capelli biondi sporchi di rosso sangue. Jane la guardò, pregando che fosse viva. Come se le stesse leggendo nella testa, Hoyt figlio disse «Tranquilla, piccola Jane, la dottoressa sta solo facendo un riposino. Dovresti essere felice: non ti vedrà morire. Ora, da bravi, posate le pistole per terra o le faccio saltare la testa». Così fecero e lentamente si avvicinarono a Hoyt e alla dottoressa. «Non un passo di più» urlò e girò intorno alla sedia della Isles, la pistola ancora puntata su Maura.

«Avvicinati solo tu Jane, voglio che tu viva da vicino questo momento, insieme alla tua migliore amica. Sai, mi sono reso conto che mio padre ti ha sempre sottovalutato, ma io no e so come colpirti. Io so tutto della tua vita, Jane Rizzoli, e io non fallirò». Con uno scatto Frankie si calò a prendere la pistola, Jane urlò «Frankie, no!»

Ma era troppo tardi, ormai. Hoyt sparò verso Maura e Jane si mise tra quella pistola e la sua amica. Frankie sparò verso Hoyt, uccidendolo, ma non aveva vinto. Jane era immobile, per terra, con due proiettili nel corpo, immersa in una pozza di sangue.

Al di là del vetro della terapia intensiva c'era Jane Clementine Rizzoli accerchiata da tubi, con il viso rilassato come se stesse dormendo pacificamente. Da quest'altro lato del vetro della terapia intensiva, invece, c'era un'atmosfera straziante: Angela Rizzoli era appoggiata al petto di Thomas Rizzoli, entrambi con il viso profondamente addolorato, e Francesco Rizzoli era alla finestra che dava sul parcheggio dell'ospedale, a fissare il vuoto e a ripensare che se solo avesse fatto prima, tutto questo non sarebbe mai successo.

Sul viso di Maura scese una lacrima che Constance prontamente asciugò con un polpastrello. Oltrepassarono la porta che divideva il corridoio dalla terapia intensiva e gli occhi di tutti furono su di loro; Frankie si rigirò verso la finestra, distaccato mentre Tommy abbracciò Maura, felice che lei stesse bene. Poi Angela e Maura si strinsero forte e iniziarono a piangere silenziosamente, entrambe con il terrore di perdere la loro Jane. Non dissero nulla, ma quell'abbraccio intenso significava tutto. Quando si staccarono, Maura si avvicinò al vetro, poggiò la mano e la fronte sulla superficie fredda e chiuse gli occhi; parlò a Jane con il pensiero "Perdonami, perdonami. Non doveva finire così, io dovevo essere lì. Non doveva finire così". Poi sussultò al tocco di Frankie che aveva posato una mano sulla sua e si era avvicinato con la bocca al suo orecchio «Ha gravi lesioni a entrambi i polmoni. I proiettili si sono frantumati e non hanno potuto estrarre tutti i frammenti perché ha perso molto sangue e non hanno potuto continuare» la informò, sussurrando. Maura non avrebbe potuto immaginare una situazione peggiore e il suo cuore si spezzò in pezzi ancora più piccoli; la dottoressa si girò verso il giovane detective e notò che aveva le lacrime agli occhi, allora lo abbracciò e ripeté molte volte «Andrà tutto bene», più per convincere sé stessa che per consolare Frankie.

«Se solo avessi sparato prima, tu saresti salva e anche Jane» disse lui, con voce spezzata.

«Non fartene una colpa, non è colpa tua se tua sorella è stata così stupida da rischiare la sua vita per salvare la mia» lo confortò la dottoressa Isles. Lui si staccò dall'abbraccio, si asciugò le lacrime e disse «Lo sai bene che farebbe qualsiasi cosa per salvare le persone che ama, darebbe persino la sua vita e tu sei una di quelle persone che ama».

In quel momento entrò il chirurgo che spiegò «È molto debole, non abbiamo potuto continuare con l'estrazione di tutti i frammenti dei proiettili. Contiamo di farlo non appena i suoi parametri vitali si stabilizzeranno».

Maura abbassò lo sguardo e sentì le gambe mancare; Frankie la prese al volo, prima che sbattesse la testa da qualche parte, e la fece sedere su una sedia. «Maura, ritorniamo in camera. Devi riposarti» ordinò Constance. La dottoressa annuì, stranamente senza controbattere. Sapeva fin troppo bene che doveva riposare e sapeva fin troppo bene anche che aveva fatto un errore ad andare in quella stanza perché vedere Jane in quello stato la faceva soffrire.

Arrivate in stanza, Maura si distese sul letto e chiese di Hope, sua madre naturale. «È stata qui questa notte, ci siamo date il cambio stamattina. Ti vuole molto bene, Maura» la informò Constance.

«Purtroppo, molte persone mi vogliono bene. Guarda cosa è successo a Jane perché mi vuole bene...» pensò ad alta voce la più giovane delle Isles.

«Non fartene una colpa, tesoro. Sai bene che Jane stava facendo il suo lavoro e anche se non fossi stata tu la persona rapita, si sarebbe messa davanti a quella pistola» disse fermamente Constance, accarezzando il braccio della figlia.

«Sì, però ero io quella persona rapita e lei ha messo in pericolo la sua vita per salvare la mia e questo mi fa sentire orribilmente in colpa».