CAPITOLO 4:VOLERE

Armin si svegliò presto la mattina dell'esecuzione del piano, sentendosi leggermente stordito.

La notte prima era stato difficile dormire; un centinaio di domande bruciavano ancora nella sua

mente, tutte senza risposta.

Ciononostante era riuscito a costringersi a una sorta di sonno irrequieto.

Si mise a sedere e armeggiò, prima con la lanterna sul comodino, poi con la brocca vuota al lato del

letto.

Una volta che la luce fu accesa, attraversò la stanza barcollando fino alla porta.

I suoi passi echeggiarono nel corridoio vuoto; i suoi pensieri, tuttavia, iniziarono ad affollarsi nella

sua testa.

Come avrebbe potuto farcela?

Non c'era una vera ragione per chiedere l'aiuto di Annie.

C'era sempre la possibilità che sospettasse già qualcosa ...

Anche se il suo precedente incontro con il Titano Femmina non era stato fatale, probabilmente

questo poteva esserlo.

Non trovò un solo pensiero per alleviare le sue paure.

Ben presto andò nel cortile.

Una nebbia sottile era presente nell'aria, mentre andava alla fontana.

Stava ancora pensando.

Gli era stato dato un ordine davvero strano, lo rammentò bene nella sua testa : "Tieni d'occhio il tuo

amico."

"Perché Eren ha bisogno di essere controllato?" pensò Armin "C'è qualcosa di cui non siamo a

conoscenza?

O è solo a causa della sua iniziale riluttanza ad accettare l'identità del Titano Femminile?"

La brocca era piena, quindi lui tornò indietro e versò l'acqua nel bicchiere.

Armin prese fiato, poi si chinò e prese la coppa tra le mani,bevendo.

Mikasa non era presente all'incontro che aveva avuto con Erwin.

Forse non si fidavano di lei?

Aveva vissuto al fianco dei comandanti abbastanza a lungo da percepire quando i guai erano in

arrivo, ma non c'erano segni di un problema tra Eren e Mikasa.

Erano tutti molto vicini l'uno all'altro.

Ma se la vicinanza e la loro amicizia era il problema, allora perché Erwin aveva chiamato lui, che

era amico di Eren?

Armin si guardò allo specchio e sentì il terrore aumentare dentro di se.

Il Comandante si era fidato di lui.

Chiaramente, aveva una fiducia più che sufficiente nelle sue capacità.

Il pensiero era stranamente inquietante.

Armin si vestì mentre il presentimento continuava ad aumentare nel suo petto.

I suoi compagni si alzarono poco dopo, anche se non erano così stanchi o ansiosi.

Eren, tuttavia, era insolitamente fisso e silenzioso e Armin se ne accorse subito.

Il piano dipendeva da loro tre, dopotutto; forse non era stato l'unico a vivere una notte agitata.

Poco dopo la colazione, si sono riuniti attorno a un tavolo per discutere della parte finale del piano,

che, secondo le nuove direttive, sarebbe stato guidato direttamente da Erwin, Levi e Hange.

Questa era un'altra cosa che lo aveva lasciato di stucco la sera prima.

Avevano aumentato in maniera incredibile il numero dei soldati coinvolti nell'operazione e ora

erano coinvolti 3 comandanti.

3 comandanti.

La paura aumentò a dismisura nel suo petto in quel momento, ma Armin riuscì a riprendersi.

La mappa consumata di Stohess era ricoperta di indicatori che rappresentavano le varie squadre.

La squadra 1 doveva essere nascosta in una strada, la squadra due doveva appostarsi sui tetti e così

via.

"Ci sono domande?" chiese Erwin.

Nessuno parlò.

"Molto bene." disse Erwin "Andate."

Tutti si diressero alle rispettive postazioni, ma Armin rimase immobile.

"Armin?" disse Hange e lui sobbalzò, vedendo che lei lo guardava.

"S-sì?" disse Armin.

"Stai bene?" disse lei.

"Sì signora." disse lui e lei annuì.

"In bocca al lupo." disse Hange

Ore dopo.

C'era ancora quella sensazione strana mentre Armin percorreva le strade tortuose verso il quartier

generale della polizia militare di Stohess.

Svoltò in un vicolo buio e decrepito vicino all'edificio in questione.

Tutto quello che poteva fare adesso era aspettare.

Si appoggiò alla parete e quasi immediatamente indietreggiò per il suono che udì.

Uno squittio di repulsione gli si bloccò nel petto mentre si voltava per vedere cosa avesse fatto quel

rumore.

Solo una macchia di muschio.

Armin proseguì e poco dopo sentì le voci dei soldati, soffocate e indistinguibili, per un lungo

periodo di tempo.

Secondi preziosi passarono.

Alla fine Armin perse il conto di quanto tempo era passato, distratto dal furioso battito del suo cuore

contro la cassa toracica.

Dopo quella che sembrava essere un'eternità, il cancello si aprì e un gruppo di giovani uscì.

Annie rimase indietro.

Nel momento in cui la sua testa si voltò nella sua direzione, lui sibilò: "Annie ."

Annie si bloccò sul posto e Armin fece un gesto frenetico verso se stesso.

Lei lanciò una rapida occhiata agli altri prima di voltarsi e avvicinarsi a lui.

"Armin?" disse lei.

Il suo tono era più sorpreso del suo comportamento.

Lui annuì.

"Vedo che sei già un soldato a tutti gli effetti." disse Annie.

Il suo sguardo si spostò sul suo mantello e un'espressione di lieve confusione apparve sui suoi

lineamenti.

"Questo?" disse Armin "Serve per non far vedere quello che c'e sotto."

Lui mandò indietro il mantello per farle vedere l'attrezzatura nascosta sotto "Nasconde

l'attrezzatura per il movimento tridimensionale."

L'attenzione di Annie tornò sul suo viso.

"Arriverò al punto, allora." disse velocemente Armin "Abbiamo bisogno del tuo aiuto.

Puoi venire con noi e aiutare Eren a scappare?"

Lei rimase impassibile "Dove andrà?"

"Non posso dirtelo." disse Armin "Non intendiamo sfidare apertamente la monarchia; lo

nasconderemo solo temporaneamente.

Abbiamo bisogno di tempo per raccogliere le nostre prove."

Un lampo di emozione le attraversò il viso, ma scomparve con la stessa rapidità con cui era arrivato

"E che tipo di prove sarebbero?"

Armin esitò.

"Mi dispiace." disse Armin "Non posso dire neanche questo."

Annie annuì "Allora buona fortuna a te."

E con questo, lei gli voltò le spalle.

Il peso schiacciante nel suo petto ora esplose.

"No ... aspetta!" disse Armin "Non capisci!?

Lo uccideranno!"

Lei si bloccò.

"L'umanità non ha una possibilità senza di lui, non con il modo in cui stanno andando le cose!"

disse Armin "Non abbiamo una possibilità!"

Ci fu un altro periodo di silenzio.

Armin sapeva, dal sottile cambiamento nella sua statura, che la sua argomentazione non la stava

convincendo, così proseguì in fretta "So che questo non sembra convincente, ma io ... ho finito le

opzioni e abbiamo bisogno dell'assistenza di uno dei poliziotti militari per superare i posti di blocco

del Wall Sina".

Lui si fermò per riprendere fiato, con la bocca secca "Cercheremo di tenerti fuori dai guai, anche se

non posso prometterti nulla."

Armin attese una risposta.

"A te e a Eren … io sembro una così brava persona?" disse Annie con un tono stanco.

Armin ebbe un sussulto al cuore quando sentì nominare Eren, ma fece di tutto per non pensarci

"Ehm ... su Eren … non so che dirti … ma io preferirei non metterla così.

Più o meno implica il bene e il male come termini di convenienza.

E, beh, tutti sono una persona cattiva per qualcun altro."

Armin rabbrividì interiormente per il modo in cui parlava, ma adesso si era spinto troppo in là per

indietreggiare.

"Il punto è, se non ci aiuti, beh ... questo ti renderebbe una persona cattiva per me. " disse Armin

"Ma io penso che tu non lo sia.

Io penso che tu sia una brava persona."

Il silenzio che seguì a questa frase fu il più lungo fino a quel momento.

Annie respirò profondamente.

"Bene." disse lei che prese un piccolo anello dalla giacca "Ci sto."

Un po' della tensione venne alleviata quando Eren finalmente si presentò.

Con un'ultima occhiata alla carrozza in ritirata, si unì a loro tre.

Ma c'era qualcosa di strano.

Non si stavano dicendo una parola, eppure c'era un sentimento nell'aria, indiretto, ma quasi

tangibile.

Armin si chiese se anche Mikasa potesse percepirlo.

I 3 si avviarono per le strade polverose.

Passarono solo pochi minuti prima che avessero il loro primo incontro con i membri della Polizia

Militare.

Una coppia li salutò pigramente.

"Chi sono questi?" chiese uno dei due.

"Sono con me." disse Annie.

L'altro uomo li osservò attentamente.

Per un momento Armin si chiese se, nonostante l'incompetenza generale tra i soldati, sarebbero stati

effettivamente catturati, ma, con suo grande sollievo, i due li lasciarono passare.

I quattro proseguirono per la strada.

"Armin." disse Annie "Qual'era il tuo piano?"

"Avremmo superato la sicurezza con la nostra attrezzatura di mobilità tridimensionale." disse

Armin.

"Non sarebbe stato meno difficile scappare prima di raggiungere Stohess?" disse Annie.

"Beh, immaginavo che gli strumenti di manovra non avrebbero funzionato senza un terreno così

complesso come la città." disse Armin "Approfittare di questo giorno sembrava l'ideale."

Ci fu una pausa.

"Bene allora." disse Annie.

"Eccolo!" sussurrò Armin, indicando la rampa di scale che scendeva nell'oscurità.

Annie rallentò fino a fermarsi "Qui?"

"Sì." disse Armin, alzando la voce "Questo tunnel si collega a un'uscita vicino al cancello esterno."

Armin lanciò un'occhiata agli altri due e si rese conto che sembravano condividere il suo

sentimento di inquietudine.

Lui scese per primo, poi Mikasa e Eren lo seguirono.

"Prendere il passaggio sotterraneo dovrebbe essere molto più sicuro …" disse Armin che si fermò

all'improvviso, colpito dalla sensazione che qualcosa non andasse.

Si voltò e vide Annie che era ancora in cima alle scale.

Questo non era previsto; perché non li aveva seguiti?

"Annie?" disse Armin.

"Non posso aiutarti se andiamo da quella parte." disse Annie.

Ad Armin non gli piaceva quanto fosse calma la sua voce.

"Il buio mi spaventa." disse Annie.

Eren le sorrise dubbioso "Ma dai?

È uno scherzo.

Dai, dobbiamo sbrigarci."

Lei non si mosse.

"... Annie?" disse Eren.

"Non mi aspetto che un dannato che ha solo fretta di farsi uccidere capisca quello che prova una

giovane fanciulla." disse Annie.

"Una fanciulla nelle tue condizioni è tutt'altro che debole." disse Eren che sembrava sul punto di

esplodere "Non è più divertente, Annie ..."

"Sai, Armin … " disse lei con tono aspro "… non capisco cosa ti abbia spinto a chiedere il mio aiuto

se non ti sei mai fidato di me."

Armin venne invaso da un terrore assoluto "Hai rubato l'attrezzatura di Marco.

Sapevo che era la sua … l'ho aggiustata con lui."

Lei non negò le sue parole.

Eren e Mikasa la stavano osservando attentamente.

"Hai ucciso i Titani che abbiamo catturato."disse Armin.

"Forse." disse Annie "Se sei così sicuro che li abbia uccisi, perché hai aspettato un mese per fare

qualcosa?"

Armin poté solo fissarla con orrore "Io ... non volevo crederci.

Non volevo credere che avresti pianificato tutto questo."

Lui fece un respiro tremante, costringendosi a guardarla "E tu, Annie?

Perché non mi hai ucciso quando ne hai avuto la possibilità?"

Annie fece una pausa, come se stesse pensando, poi parlò "Non lo so.

Se avessi saputo che eri così consapevole ... suppongo che avrei agito diversamente."

Eren si fece avanti "Annie, questo non è un dannato scherzo!

Vieni qui!

Ti prego!"

Armin tese la mano nella sua direzione "Senti, non possiamo parlarne?"

Ma Mikasa li precedette, con la spada sguainata.

"Adesso basta!" disse Mikasa freddamente "È inutile.

Questa volta ti farò a brandelli!

Bestia che non sei altro!"

Ci fu silenzio.

Armin e Eren le lanciarono una rapida occhiata, poi guardarono di nuovo Annie.

La ragazza sorrise loro con aria vuota e Armin vide la stessa paura che lo affliggeva echeggiare nei

suoi lineamenti.

"... Non capisci." disse Annie "Non posso andare laggiù.

Ho fallito."

Ora Eren guardò Annie con una supplica silenziosa e disperata.

E Armin in quel momento lo vide, nell'espressione colpita del suo migliore amico.

Questo era il motivo per cui lo avevano chiamato.

Un'ondata di paura lo travolse, paralizzandolo.

Mikasa si accorse dell'espressione sul volto di Eren e guardò Armin, poi i 2 si voltarono di nuovo

verso il bersaglio.

Annie li guardò "Eren … grazie per avermi considerato una brava persona … ma

Armin ha scoperto il mio gioco…"

Ci fu un momento di silenzio.

"Ma ora …" disse lei che si portò una mano alla bocca e Armin strinse la pistola lanciarazzi "… è il

momento … DI FARE SUL SERIO!"

Nonostante il terrore gli offuscasse la mente, Armin non esitò e sparò il razzo.

I soldati emersero da ogni luogo immaginabile; dai tetti, da dietro i muri e dalle casse.

Annie ebbe solo pochi secondi per reagire; poi si voltò e venne presa.

Uno le prese le gambe, un altro la imbavagliò, mentre altri due le tenevano le braccia.

Eren lanciò un urlo e fece un passo avanti, ma fu trattenuto da Mikasa.

Annie mandò verso l'esterno la punta nascosta nell'anello.

Gli occhi di Armin si spalancarono, proprio mentre Mikasa gli prendeva il braccio.

Armin urlò disperato agli altri di fuggire, mentre Eren protestava, ma gli sguardi confusi sui loro

volti gli dissero che le sue parole erano state pronunciate troppo tardi.

Tutto divenne sfocato.

Il lampo di luce accecante dietro di loro era l'unica cosa che si poteva vedere; le urla furono messe

a tacere dal rumore della pietra che si spezzava e dal fragore assordante della trasformazione che ne

seguì.

Ora, circondato dalla morte e dalla distruzione, la consapevolezza che Eren si era alleato con il

bersaglio lo colpì duramente, più forte di qualsiasi colpo fisico.

"Oh Dio." pensò Armin "Quanto le aveva detto?

Cosa le aveva detto?

Aveva visto la riluttanza di Eren, il suo senso ostinato di lealtà verso i suoi amici, tutti lo sapevano

… ma non aveva mai immaginato che avrebbe fatto una cosa del genere.

Armin rabbrividì.

"Riesci a stare in piedi?" gridò Mikasa mentre sollevava un Eren tremante e stranamente silenzioso

"Corri !"

Le sue parole non avrebbero potuto essere pronunciate in un momento migliore, perché non appena

le furono uscite dalle labbra, una mano enorme e senza pelle si fece strada lungo il tunnel,

oscurando la luce dell'esterno.

L'arto si scontrò con il muro opposto e lo danneggiò.

Il trio corse lungo il passaggio, non osando guardare dietro.

Mentre Armin correva, i suoi pensieri frenetici divennero parole "Sapeva che stavo mentendo fin

dall'inizio!

E sapeva che le avremmo teso un'imboscata!

Io ..."

"Pensaci più tardi." disse Mikasa "Ma dimmi … qual è il piano?"

Armin abbandonò i suoi pensieri e vide che lei lo stava osservando attentamente "Tutto quello che

posso fare ora è provare a tenerci uniti ...

Unisciti alla squadra tre, sali in superficie, e utilizziamo il piano B: combattiamo contro Annie."

Armin guardò Eren "Sai cosa fare, vero?

Trasformati e aiutarci a catturarla."

Eren annuì in modo lento e apprensivo.

Armin riuscì appena a distinguere le minuscole figure della terza squadra alla fine del passaggio.

"Ehi!" disse un soldato "Cosa sta succedendo?"

"Il piano è fallito!" disse Armin "Andate..."

Ma il resto delle sue parole non fu detto perché un'altra esplosione assordante squarciò l'aria e i

membri della squadra tre furono schiacciati sotto il piede del Titano Femmina.

Lentamente, la creatura sollevò il piede dal tunnel, lasciando un buco sia sul pavimento che sul

soffitto.

I tre si ripresero dall'esplosione.

I resti della squadra tre ora giacevano sepolti sotto le macerie.

Eren si bloccò per primo, fissando i detriti come se non potesse comprendere lo spettacolo orrendo

davanti a lui.

"Noi ... dobbiamo aiutarli." borbottò Eren finalmente.

Mikasa gli afferrò la spalla.

"Stai indietro." disse Mikasa "Cosa sta facendo?

Non le importa se Eren muore?"

Armin scosse la testa "Ha fatto quel buco scommettendo che non saremmo stati schiacciati nel

processo.

È una mossa folle, ma buona."

Lui osservò attentamente il passaggio "... Cosa faremo?

Ci ha messi alle strette."

Eren parlò "Mi trasformerò.

Come ho fatto con i cannoni a Trost."

Mikasa e Armin lo guardarono.

Era pallido, tremava leggermente, ma era determinato.

"Venite qui." disse lui e i due gli si misero vicini "Resistete!"

I 3 si prepararono e Eren si morse la mano.

Non successe niente.

Il sangue iniziò a colare dalla sua ferita.

"Merda!" disse Eren.

Armin si voltò e vide Eren in ginocchio, che stringeva la sua mano insanguinata.

"Non puoi trasformarti se non hai un obiettivo concreto, giusto?" disse Armin "Riprova … mantieni

l'immagine nella tua mente!"

"Ci sono!" protestò Eren.

"Sei sicuro?" disse Mikasa che si inginocchiò accanto a lui.

I 2 si fissarono per un momento.

Eren distolse lo sguardo per continuare a rosicchiarsi disperatamente la mano.

"... Non dirmi che pensi di aver appena immaginato che Annie fosse il Titano Femmina !?" disse

Mikasa "Pensa a quello che hai appena visto!

È stata lei a uccidere i nostri compagni di squadra!"

"Sta zitta!" urlò Eren "Ci sto provando!"

I 2 aspettarono qualche istante, mentre Eren si mordeva.

Armin si alzò e esaminò ogni estremità del tunnel.

"... Sai che è vero, giusto?" disse Mikasa che gli afferrò le spalle "Quindi non capisci che devi

combatterla?"

Armin lo fissò e Eren continuò a mordersi la mano.

Mikasa parlò freddamente "O ci sono sentimenti speciali che ti trattengono?"

Ora Eren la fissò e vide che c'era qualcosa di strano nei suoi occhi.

"Cosa è stato?" pensò Armin "Rabbia?

Sensi di colpa?

Un tacito riconoscimento alla sua affermazione?"

Una combinazione di sgomento e totale incredulità apparve sui suoi lineamenti.

Mentre Armin osservava i due, qualcosa lo fece tornare in se.

Sentendo che le cose stavano per peggiorare, intervenne rapidamente "Ho un piano."

Entrambi lo guardarono.

Armin estrasse le sue lame, usandone una per indicare verso il basso "Mikasa e io correremo lungo

questo passaggio fino agli altri ingressi.

Annie dovrà scegliere di occuparsi di uno solo di noi.

Mentre ciò accade, devi uscire di qui!

I soldati se ne occuperanno in qualche modo."

Eren non gradì per niente il concetto"Cosa !?

Uno di voi morirà!"

"E siamo tutti e tre morti se rimaniamo qui." disse Armin "Mikasa, mettiti in posizione!"

"Aspetta ... Mikasa!" disse lui, ma lei stava già correndo.

Armin si fermò e si mise in ginocchio"Eren.

Sei mio amico.

Non ti considererò niente di meno.

Ma voglio vedere cosa c'è là fuori, oltre le mura.

Questa era la nostra promessa.

E la porterò a compimento, con o senza di te."

Armin si alzò "Buona fortuna."

La voglia di vomitare, sempre presente, era tornata.

Ancora una volta, si impose di non farlo.

Non c'era modo di tornare indietro adesso.