Fu come un disastro ferroviario: difficile non vederlo e impossibile fermarlo.

Quella mattina a tutti i guardiani della scuola era stata inviata una circolare riguardo ad alcuni ospiti che avrebbero fatto da oratori alla lezione di Teoria di Alto durante la seconda ora. Chi non era in servizio in quel momento sarebbe stato il benvenuto a partecipare e, siccome non avevo programmi, mi avviai verso l'aula senza nemmeno controllare i nomi di coloro che avrebbero parlato.

Riconobbi subito Janine Hathaway. Si potrebbe pensare che quella donna minuta, alta un metro e mezzo passasse inosservata, ma il modo in cui si comportava la rendeva difficile da ignorare. Rimasi sorpreso di vederla, soprattutto perché Rose non aveva accennato al suo arrivo. Dato che raramente era venuta al campus per far visita a Rose, pensavo che sarebbe stato qualcosa che avrebbe menzionato in una delle nostre lezioni. Capii perché non l'aveva fatto solo un momento dopo.

Rose entrò nella stanza con Mason, ovviamente ancora un po' irritata per prima, ma almeno stava ridendo di nuovo. Non appena vide sua madre, le risate cessarono. Mentre il suo viso era freddo e impassibile, potevo vedere una manciata di emozioni lampeggiare nei suoi occhi. Sorpresa, confusione, dolore. Il tutto mentre Janine rimase impassibile. Non fece alcun cenno di riconoscimento. Non la guardò nemmeno.

Il Guardiano Alto spiegò che avrebbero ascoltato storie di prima mano dal campo per dare agli studenti un'idea migliore di cosa aspettarsi. La classe sembrava vibrare di anticipazione. Una parte di me voleva menzionare che una parte molto importante dell'essere un guardiano consisteva semplicemente nell'aspettare e osservare, tuttavia capivo cosa stessero cercando di trasmettere. Quando era il momento di agire, non potevi esitare. Dovevi agire in base al tuo istinto. Dovevi agire in base al tuo addestramento.

Il più anziano del trio, il guardiano John Hensley, iniziò con una storia che era piuttosto utile perché era una situazione che ci si poteva facilmente aspettare di incontrare trovandosi sul campo. Lui e il suo partner proteggevano una famiglia Moroi che includeva un bambino piccolo. Il bambino si era perso in un'area pubblica.

Mi voltai per controllare Rose. La precedente insicurezza era svanita e sembrava essere completamente immersa nel racconto del Guardiano Hensley. Potevo quasi vederla elaborare le diverse opzioni che sarebbero state a sua disposizione. Sapevo cosa avrei fatto io. Era la stessa cosa che fecero Hensley e il suo partner: hanno riunito la famiglia in un'area facilmente protetta per essere sorvegliati da uno di loro mentre l'altro cercava il bambino scomparso. Uno sguardo soddisfatto brillò momentaneamente in lei, e sapevo che era arrivata a una conclusione simile su come gestire la situazione.

Il secondo guardiano era molto più giovane, diplomato da forse solo uno o due anni. C'era una certa sfrontatezza in lui che tradiva anche la sua inesperienza. Tuttavia, evidenziò un punto molto importante alla classe. C'è una regola non scritta: sei sempre in servizio. Anche se non rimasi impressionato dal suo discorso, sapere che dobbiamo proteggere Moroi sia che sia nostro incaricato o meno, in servizio o fuori, è una lezione che impari rapidamente dopo l'uscita dall'Accademia.

Ancora una volta, guardai verso Rose per vedere se stesse analizzando la sua storia e la sua situazione come aveva fatto con il primo guardiano. Non era così. Non perché avesse perso interesse o fosse in disaccordo, però. Nella sua mente, era semplicemente un dato di fatto che avrebbe protetto qualsiasi Moroi avesse bisogno di lei e qualsiasi alternativa era inimmaginabile. Sapevo anche che questo senso del dovere non si limitava al suo Moroi, e nemmeno alla popolazione Moroi in generale. Avrebbe fatto di tutto per difendere chiunque ne avesse bisogno, indipendentemente dalla razza.

Infine, fu il turno di sua madre. La guardiana Janine Hathaway attirò l'attenzione senza emettere un suono, ma una volta che iniziò a parlare della sua esperienza, tutti rimasero estasiati. Anche io ero affascinato da quello che diceva. Le storie come la sua erano rare e presentavano un certo dramma che sarebbe stato divertente se non avesse avuto a che fare con la vita delle persone.

Parlò di un grande raduno organizzato dal suo Moroi che subì un attacco da quattro Strigoi. Il suo riferimento casuale a come quello non fosse più considerato un gruppo eccezionalmente numeroso dopo il massacro della residenza Badica fece sussultare alcune persone, e persino io presi un profondo respiro a quel ricordo, nel tentativo di cancellare le immagini dalla mia mente. Rose aveva gli occhi stretti, probabilmente cercando di bandire gli stessi ricordi. Quando li riaprì, non contenevano sollievo ma fastidio.

Potevo vedere che il fastidio stava iniziando a trasformarsi in qualcosa di più pericoloso mentre Janine continuava la sua storia e raccontava di come il suo gruppo era riuscito a salvare due Moroi catturati durante la notte, oltre a liberarne molti altri che avevano trovato tenuti prigionieri. Piuttosto che essere intimorita da quel racconto epico come lo eravamo tutti noi, Rose era infuriata. Più la storia diventava straziante, più Rose diventava sconvolta. Era praticamente livida quando il guardiano Hathaway parlò francamente dell'uccisione degli ultimi tre Strigoi con ognuna delle modalità possibili: impalettamento, decapitazione e incendio. L'impresa era così complicata da attuare, che anche io dovetti ammettere silenziosamente quanto fosse impressionante.

Quando gli studenti iniziarono a farle domande, vidi la mano di Rose che alla fine si alzava con le altre. Speravo che si voltasse in modo da poterla dissuadere dal parlare. Sapevo cosa stava per succedere, ma non potevo fare altro che pregare che la mia intuizione fosse sbagliata e Rose gestisse la situazione con maturità. Rimasi deluso nel momento stesso in cui aprì la bocca.

Tuttavia, non fu solo Rose a dimostrarsi deludente. Anche l'interazione di Janine lasciò molto a desiderare. Rimasi scioccato nel vedere lo sguardo di sorpresa del guardiano Hathaway quando vide sua figlia in classe. Non aveva ignorato Rose solo per comportarsi in maniera professionale, non si era nemmeno resa conto che sua figlia fosse nella stessa classe con lei. Era appena un pizzico meglio che ignorarla apertamente.

Rose pose una domanda decente sulla protezione dell'evento in questione prima dell'attacco. Almeno, sarebbe stata decente se avesse scelto le sue parole con più attenzione e avesse tenuto sotto controllo il suo tono. Janine tentò di rispondere in modo professionale, ma i segni di insofferenza erano lì. Dubitavo che gli altri fossero in grado di cogliere i sottili segnali che mostravano la diminuzione del suo autocontrollo, ma erano ridicolmente simili a quelli di Rose. Avevo imparato a leggerli molto tempo fa.

Tuttavia, l'ultimo chiodo nella bara fu quando Rose lanciò un'accusa per la quale l'avrei cacciata dalla classe io stesso, se il Guardiano Alto non l'avesse fatto prima. Potevo ancora sentire la sua voce nella mia mente.

"Qualunque cosa pur di guadagnarsi qualche molnija, giusto?"

Con fare ribelle Rose prese i suoi libri e se ne andò, senza incontrare gli occhi dei guardiani che la fissavano. Potrei dire che è stato un vero spettacolo. Era imbarazzata, ma tenne la testa alta in segno di sfida. Quando mi superò, la vidi rallentare solo un po'. La sua testa si voltò leggermente verso di me, come se stesse cercando un sostegno. Supporto che non potevo - non volevo - offrirle in quel momento. Prima di cercare il mio sguardo però, cambiò idea, forse già sapendo che non approvavo il suo comportamento. Se ne andò senza voltarsi indietro.

Circa dieci minuti dopo, il guardiano Hathaway uscì dall'aula. Le urla iniziarono quasi immediatamente. Non riuscivo a sentire l'intera conversazione, anche se ne distinguevo alcuni frammenti. La cosa più impressionante fu la realizzazione che le due donne fossero più simili di quanto entrambe si rendessero conto o volessero ammettere.

Il Guardiano Alto tentò di continuare la lezione come poteva, ma era difficile per molti studenti tenere a bada la curiosità. Anche alcuni guardiani non riuscirono a trattenersi dall'origliare.

Dopo alcuni istanti di urla, lanciai un'occhiata al guardiano Petrov a pochi passi di distanza. Sembrava stesse lottando con lo stesso mio problema. Avremmo dovuto intervenire? Mi ero rivolto a lei per avere una guida perché, sebbene fossi ben preparato per gestire Rose, sia in termini di abilità che di autorità, il Guardiano Hathaway era una questione completamente diversa. Alberta scosse semplicemente la testa. Non riuscivo a capire se fosse in risposta alla mia domanda incerta, o solo alla sua delusione per il comportamento e la relazione delle due donne fuori. In ogni caso, rimasi saldamente immobile nella mia posizione.

Quando la campanella suonò e gli studenti finirono di uscire dall'aula, non c'era traccia di nessuna delle Hathaway. Sapevo che avrei visto Rose più tardi, ed ero certo che Mason l'avrebbe trovata prima di me. Non ci volle molto per dimostrare che la mia teoria era corretta. In lontananza, potevo vederla dirigersi verso la sua lezione successiva, con Mason che camminava diligentemente al suo fianco rubando piccoli tocchi sfregando contro il suo braccio.

Il ragazzo stava facendo uno sforzo molto maggiore per starle vicino e io dovevo ricordarmi continuamente che era meglio così. Meritava un po' di normalità e uscire con Mason sarebbe stato l'ideale per questo scopo. Tuttavia, c'era una parte di me che voleva scoraggiare egoisticamente la crescita di quel rapporto. Sapevo che come suo mentore, sarebbe stato fin troppo facile dirle di concentrarsi maggiormente sulla sua formazione e sui suoi studi, incoraggiandola efficacemente a passare più tempo con me piuttosto che con lui. Quella tentazione stava solo diventando più forte ora che notavo una nuova ricettività esitante nei confronti delle sue avances. Vederla guardare un altro uomo, anche se senza molto entusiasmo, faceva emergere un lato di me che avrei preferito tenere nascosto.

Li vidi scomparire dietro l'angolo e continuai a fissarli ancora un momento, come se potessi ancora vederli attraverso il muro di pietra.

"Dimka?" Fu solo il suono di una voce familiare ma inaspettata che alla fine distolse la mia attenzione. Pochissime persone mi chiamavano con quel nome. Mi voltai per trovare una donna dai capelli corvini che non vedevo da qualche anno. Il suo viso era impossibile da dimenticare, anche se in passato non fosse stata una mia cara amica.

"Tasha? Non sapevo che fossi venuta in visita."

"Sì, avevo in programma di venire per le vacanze di Natale. Sono arrivata da poco. Non ho ancora avuto la possibilità di fare due chiacchiere con Christian."

"Manca ancora qualche ora prima che le lezioni finiscano, ma se vuoi, ho un po' di tempo prima del prossimo turno. Ti va di mangiare qualcosa?" Ero curioso di mettermi in pari e sentire della sua vita. Per la maggior parte si trattava di genuino interesse, ma dovevo ammettere che c'era una piccola parte di me che si sentiva in colpa per non averla contattata da un po' di tempo. Non le parlavo da quando ero arrivato all'Accademia e anche allora si era trattato solo di una telefonata.

Accettò con un sorriso e la condussi nella caffetteria dei guardiani. Il cibo era generalmente lo stesso offerto nella mensa degli studenti per il pranzo, ma l'atmosfera era un po' più confortevole. Mi raccontò della sua vita in Minnesota, del lavoro in un piccolo centro di arti marziali e di alcuni lavori di scrittura freelance nel tempo libero. Ricordavo che prendeva lezioni di giornalismo e scienze politiche all'Università quando era più giovane. Quei corsi erano stati interrotti quando diventò la tutrice di Christian e da allora non aveva mai concluso gli studi. Nonostante non si sia mai lamentata di quel sacrificio, sapevo infatti che l'avrebbe fatto di nuovo volentieri, era bello sentire che era stata in grado di mettere in pratica un po' di ciò che aveva imparato all'università.

Mi chiese della mia vita e cercai di mantenerla sul generale. La maggior parte delle persone preferisce non ascoltare storie su infiniti giri di pattuglie silenziose o famiglie assassinate. Con il mio lavoro, spesso si tratta di una cosa o dell'altra. Rimasi un po' sorpreso quando parlò del mio addestramento con Rose.

"Christian l'ha menzionata", spiegò. "A quanto pare lui la considera quasi pazza, ma penso che abbiano molto più in comune di quanto si renda conto."

La mia prima reazione fu di deridere quell'idea, dal momento che sembravano essere completamente opposti. Rose era socievole ed estroversa, mentre Christian preferiva la solitudine. Tuttavia, quando iniziai a pensarci su, aveva davvero senso. Entrambi erano sarcastici, determinati e ferocemente fedeli a coloro a cui tenevano. Questo aspetto era evidente con Vasilisa, la migliore amica di Rose e la ragazza di Christian. Unisci questo al fatto che entrambi avevano l'abitudine di inciampare nei guai, e potei vedere da dove venisse la convinzione di Tasha. Gliene diedi atto.

"Allora mi piace già. Dimmi di più. So che voi due passate un bel po' di tempo ad allenarvi - qualcosa di cui Christian è grato, tra l'altro. Gli piace avere Vasilisa per sé." Tasha appoggiò i gomiti sul tavolo e mise il mento tra le mani, apparentemente preparandosi per ciò che credeva essere un lungo racconto.

Mi mantenni sulle informazioni basilari. Come ci siamo conosciuti Rose e io quando ero stato mandato a recuperare lei e la principessa Vasilisa a Portland. Perché le ragazze se n'erano andate in primo luogo. In che modo le nostre sessioni di allenamento facessero parte dell'accordo per la sua permanenza nella scuola. Come fosse migliorata nei pochi mesi in cui avevamo lavorato insieme e quanto continuasse a impressionarmi. Menzionai anche il legame tra Rose e Lissa.

Mi rilassai mentre parlavo di Rose. Era bello parlare di lei in un modo che non includesse rapporti sui suoi progressi. Tuttavia, sentivo una fitta per tutto ciò che non stavo menzionando. Tutto ciò che non potevo menzionare. Il modo in cui mi faceva sentire con un solo sguardo. La lotta interiore per addestrarla a essere una guardiana eccezionale, ma allo stesso tempo il desiderio che non dovesse mai rischiare la vita. L'incantesimo di lussuria di Victor e il modo in cui ero ancora ossessionato da ciò che era quasi successo. Come avrei ancora voluto che potesse succedere. Quelle cose dovevano rimanere nascoste nella mia mente.

Onestamente dovetti procedere con cautela parlando di Rose in generale. Sebbene Tasha avesse ragione, Rose era una parte importante della mia vita quotidiana e non avrebbe dovuto sorprendere che avessi molto da dire sull'argomento, ero preoccupato che i miei pensieri interiori potessero tradirmi. C'era una ragione per cui Tasha aveva proseguito la sua formazione in giornalismo. Aveva l'abilità di cogliere una storia e di portarla allo scoperto.

Dopo due ore, la nostra conversazione iniziò a scemare. Dovevo prepararmi per il prossimo allenamento con Rose ed ero sicuro che Tasha non vedesse l'ora di incontrare suo nipote. Mentre raccoglievamo i nostri pochi oggetti sul tavolo, mi invitò a incontrarla di nuovo.

"Sto in quella piccola capanna vicino al lago all'estremità orientale del campus. La conosci?"

Annuii, ricordando uno dei tanti vecchi posti di guardia che costeggiavano il cortile della scuola. Non venivano più usati per il loro scopo originario, ovvero come piccole residenze per i guardiani scolastici che tenevano d'occhio i margini del campus. Tuttavia, avevano la struttura di piccole case e erano un posto decente per Tasha in cui soggiornare durante la sua visita.

"Ho detto a Christian di incontrarci più tardi. Ho trovato dei pattini da ghiaccio vecchia scuola, di quelli con le cinghie per le scarpe, e sembra che lo stagno si sia ghiacciato. Se hai un po' di tempo libero, dovresti passare. Chissà, forse possiamo continuare quelle lezioni di pattinaggio che hai abbandonato come un fifone tanti anni fa".

Feci una piccola risata al ricordo di uno dei pochi appuntamenti che tentammo tanti anni prima. Aveva insistito per andare a pattinare sul ghiaccio e mentre lei era in grado di scivolare e girare attraverso la distesa ghiacciata come se ci fosse nata, il mio equilibrio mi permetteva solo di spostarmi in linea retta da un punto A ad un punto B. Ricordo ancora che mi prendeva in giro per la mancanza della mia solita grazia. Si offrì di aiutarmi a migliorare, ma la nostra relazione tornò ad essere una semplice amicizia prima ancora di iniziare.

Con un piccolo bacio sulla guancia e la promessa di passare più tardi se avessi potuto, tornai in palestra.

Ero a malapena in palestra da tre minuti prima che Rose irrompesse attraverso la porta dello spogliatoio e colpisse il manichino da allenamento più vicino, appena a sinistra del centro del petto.

"Qui!" Gridò con un sorriso. "Il cuore è qui, e ci si arriva attraversando lo sterno e le costole." Il pensiero che somigliasse a una ragazzina in un negozio di dolciumi trovò conferma quando si voltò verso di me con occhi imploranti e un pizzico di eccitazione nella voce. "Posso avere il paletto adesso?"

Annuii silenziosamente, accettando la sua risposta ma non cedendo al suo orgoglio di aver scoperto qualcosa che probabilmente avrebbe dovuto già sapere prima di questa mattina. Invece, reagii alla sua risposta con un'altra domanda.

"E come passi attraverso lo sterno e le costole?"

Invece di rispondere in maniera consona, lasciò ricadere la testa all'indietro con un sospiro esagerato. Alzai gli occhi al cielo davanti ai suoi drammi prima di passare i successivi venti minuti a mostrarle la risposta. Si esercitò a mani vuote, osservando e imitando i miei movimenti mentre aggiustavo il polso e l'angolo di entrata. Apprese velocemente, ma non sarebbe stata la prima studentessa a slogarsi qualcosa usando la tecnica impropria. Per certi versi era ancora indietro rispetto ai suoi compagni di classe, soprattutto quando si trattava del paletto, ma non avevo dubbi che lo avrebbe padroneggiato con la stessa rapidità con cui aveva dominato tutto il resto.

Non appena mi sentii sicuro che avesse imparato la tecnica, presi il mio vecchio paletto - quello che presto sarebbe stato suo - dalla mia borsa. Con nient'altro che un sorriso, glielo offrii.

L'espressione di confuso shock sul suo viso mi sorprese. Esitò ad accettarlo, anche se potevo dire che lo voleva.

"Me lo stai dando?" chiese incredula.

"Non posso credere che ti stai tirando indietro." L'improvvisa timidezza mi divertì e non potei fare a meno di prenderla in giro. "Giunti a questo punto, immaginavo che l'avresti afferrato per poi dartela gambe."

"Non sei tu quello che mi insegna sempre ad andarci piano?" tornò alla carica.

"Non con tutto."

"Ma con certe cose sì."

Il doppio significato nel suo tono mi sbalordì un po', ma capii subito che sembrò sorprendere lai tanto quanto aveva sorpreso me. Non era stato intenzionale, forse anche inconscio. Tuttavia, ci volle un momento prima che uno di noi due guardasse l'altro.

Era passato un po' di tempo da quando uno di noi aveva fatto riferimento ai nostri sentimenti reciproci. Abbastanza a lungo da chiedermi se fossero ancora reciproci. Sembrava essersi avvicinata a Mason di recente. Forse i suoi sentimenti nei miei confronti erano cambiati. Forse non avevo su di lei la stessa presa che lei aveva su di me. Era un pensiero deprimente. Depressivo, ma inevitabile.

È così che deve essere, ricordai a me stesso.

"Certo," lottai per mantenere la mia voce uniforme e priva di emozioni "è come per tutto il resto. Equilibrio. Sapere con quali cose perseverare... e quali lasciar perdere." Enfatizzai l'ultima parte, rendendo chiara la mia opinione sulla questione non detta, sebbene fosse tutt'altro che chiara nella mia mente.

Incontrò i miei occhi con comprensione che rapidamente si trasformò in una triste accettazione mentre prendeva un respiro profondo.

Alla fine, raggiunse il paletto nella mia mano. Mentre lo sollevava dal mio palmo, le sue dita sfiorarono le mie e sentii la familiare scintilla che spesso accompagnava il suo tocco. Se si accorse di qualcosa, non lo diede a vedere, troppo presa dal suo attento esame dell'arma.

I suoi polpastrelli tracciarono il freddo argento quasi con riverenza. Nonostante le mie parole di pochi istanti prima, mi ritrovai a desiderare di avere l'opportunità di studiarla a fondo e con la stessa devozione con cui stava in quel momento studiando il paletto. Immaginavo le mie mani che correvano lungo ogni curva e valle del suo corpo, affidando ogni centimetro alla memoria. Fu la sua domanda che finalmente infranse la mia fantasia.

"Qual è la prima cosa che devo fare?"

Rivedemmo le basi, con me che le aggiustavo il polso una o due volte per tenere conto del peso del paletto. In piena modalità mentore, ero in grado di ignorare quanto fosse morbida la sua pelle. Subito fu di fronte al manichino da pratica pronta a tentare il suo primo impalettamento. Sottovalutò la potenza necessaria per farlo e perforò la finta carne solo di un centimetro o giù di lì. Non abbastanza per un colpo fatale. Il suo secondo tentativo avrebbe potuto avere forza sufficiente, ma colpì la piastra dello sterno all'interno del manichino. Ogni volta la aiutavo a regolare la sua posizione e il suo angolo, e ad ogni colpo la sua mira diventava più precisa e più letale.

Forse non avrei dovuto sorprendermi di quanto velocemente avesse imparato a perforare il cuore. Aveva già l'abitudine di farlo. Ero sicuro di non essere il primo a soccombere a lei, e sapevo che non sarei stato l'ultimo.

Alla fine della lezione, era chiaro che le veniva naturale. Colpiva il suo obiettivo la maggior parte delle volte, e lo faceva con una sua grazia tutta particolare. Il suo respiro era affannato con il brusco sollevamento e abbassamento del suo petto, i capelli quasi completamente sfuggiti all'elastico. I suoi occhi brillavano infuocati mentre si concentrava sulla sua preda. Era bellissima. Mi ricordava l'angelo che una volta infestava i miei sogni, capace di vendicare o concedere misericordia a suo capriccio. Non potei fare a meno di adorare il mio angelo ora incarnato.

"Bene. Molto bene."

Fece un passo indietro dalla sua posizione e mi guardò con un po' di sorpresa. "Sul serio?"

"Sembra che tu lo faccia da anni."

Mi restituì il paletto con un sorriso deliziato dalla mia lode, e iniziammo a raccogliere le nostre cose. Mi stavo infilando il cappotto quando la sentii fare un piccolo sbuffo.

"La prossima volta posso infilzare quello?" Fece un cenno verso un manichino da allenamento con riccioli ramati. Tra quello e la sua rabbia improvvisa, sapevo che la sua mente era tornata alla discussione con sua madre.

"Non credo che sarebbe salutare."

"Meglio che farlo su di lei per davvero," cantilenò con un sottotono quasi sadico. Si caricò lo zaino in spalla ed uscì velocemente dalla palestra, lasciandomi indietro. Non volevo che si soffermasse sulla sua rabbia.

"La violenza non è la risposta ai tuoi problemi", consigliai, accelerando per stare al passo con lei.

"È lei quella che ha dei problemi." Improvvisamente, il suo cipiglio si trasformò in un ghigno arguto. "E pensavo che l'essenza della mia educazione fosse che la violenza è la risposta".

"Solo con chi la usa contro di te per primo. Tua madre non ti sta aggredendo." Mi fermai, ricordando brevemente tutte le volte che mio padre aveva alzato le mani verso di me o mia madre e l'unica volta in cui la violenza contro il mio genitore era stata la risposta alla fine. Scuotendomi di dosso i ricordi con un respiro purificante, continuai, "Voi due siete solo... troppo simili, tutto qui."

"Non sono per niente come lei!" Scattò, offesa dall'insinuazione prima di alzare gli occhi al cielo e aggiungere: "Voglio dire... abbiamo più o meno gli stessi occhi. Ma io sono molto più alta. E ho i capelli completamente diversi".

Resistetti all'impulso di toccare quei capelli e invece inarcai le sopracciglia alle sue parole poco convinte e giocose. "Non sto parlando del vostro aspetto, e lo sai."

La facciata dietro cui si nascondeva si sciolse lentamente mentre rifletteva su ciò che avevo detto.

"Pensi che sia gelosa?"

La gelosia non era ciò che avevo in mente, ma con quella risposta, forse lei pensava di esserlo e non potevo fare a meno di chiedermi perché. "Lo sei? E se lo sei, di cosa sei gelosa esattamente?"

"Non so. Forse sono gelosa della sua reputazione. Forse sono gelosa perché dedica molto più tempo alla sua reputazione che a me. Non saprei."

Era tranquilla mentre pensavo a quello che aveva detto. Non doveva essere facile cercare di essere all'altezza della reputazione di sua madre, specialmente quando sua madre sembrava accorgersi di lei solo quando falliva. Mi sentivo come se Rose fosse sulla buona strada per creare la sua propria fenomenale reputazione che avrebbe eguagliato, se non addirittura superato, quella di sua madre. Tuttavia, doveva sapere che sua madre era una guardiana straordinaria e si era guadagnata la sua notorietà.

"Non pensi che quello che ha fatto sia grandioso?"

"Sì. No. Non lo so. Sembrava solo... non so... come se si stesse vantando. Come se l'avesse fatto solo per la gloria... solo per i marchi."

Il mio respiro si fermò e il mio corpo si irrigidì a quelle ultime tre parole. Istintivamente, la mia mano andò dietro al collo dove erano tatuati i miei sette segni molnija. Rose comprendeva i miei sentimenti meglio della maggior parte degli altri riguardo al male necessario dell'uccidere Strigoi e della inutile perdita di vite. Sapeva che non mostravo i miei marchi con orgoglio, ma con un sentimento di colpa.

"Pensi che valga la pena di affrontare gli Strigoi per ottenere qualche molnija? Pensavo avessi imparato qualcosa a casa dei Badica."

La mia evidente delusione non le sfuggì e potevo già vedere il rimpianto formarsi sul suo viso. "Non era quello che…"

"Andiamo." La interruppi bruscamente, voltandomi verso l'altra estremità del campus.

"Cosa?" Guardò tra me e il suo dormitorio che era nella direzione verso cui stavamo camminando pochi istanti prima.

"Voglio mostrarti una cosa."

Annuì e iniziò a seguirmi. "Che cosa?"

"Che non tutti i marchi sono motivo di vanto."