Una ferita segreta

In quell'istante un suono alto e stridente, simile a un lamento acuto, li fece sobbalzare entrambi.

Il cacciatore di taglie, che aveva capito fin troppo bene, si alzò di scatto e si mosse nella direzione da cui proveniva il grido.

Ann invece si sollevò più lentamente, ancora sbalordita, ma le bastarono pochi istanti per comprendere. Balzò all'interno della nave, diede un'occhiata veloce e poi uscì.

Scosse la testa.

"Qui dentro non c'è" disse.

Il Mandaloriano imprecò di nuovo nella sua lingua e iniziò a correre, col cuore in gola.

Mentre lo seguiva, cercando di non incespicare nelle rocce affioranti, Ann si sorprese a pensare che forse…sì…probabilmente era stato lui, il padrone silenzioso e nascosto di quel pianeta spopolato.

D'improvviso sentì come una specie di lunga spada fredda che le si conficcava dalla gola fino al fondo dello stomaco e rabbrividì.

Quando raggiunse il suo compagno di viaggio, lui aveva sollevato il blaster e stava sparando all'impazzata contro un nugolo di droidi-uccello dalle piume nere e blu che avevano afferrato il piccolo alieno e lo stavano portando via, in volo.

"No!" gridò il cacciatore di taglie "Maledetti droidi, maledetti!".

Ann gli fu accanto in un balzo e abbassò il suo braccio.

"Fermati!" disse "Sono troppo lontani, non vedi? Così rischi di colpire il bambino".

Sollevò di nuovo gli occhi su di lui.

Non poteva vedere la sua espressione, ma la disperazione che le trasmetteva ogni suo movimento fece sussultare sensibilmente la lama gelata che l'attraversava tutta, causandole una fitta di dolore.

"Dannazione, no!" ripetè lui scuotendo la testa "Ma chi può essere stato? Chi?".

Poi d'un tratto si voltò verso la ragazza.

"E' colpa tua? C'entri tu?" le domandò, fremente di rabbia.

Ann lo fissò sbalordita.

"Stai scherzando?" rispose "E come potrei avere a che fare con…" si guardò intorno "…questo? Ti ricordo che non ho certo deciso io di finire su questo pianeta. E nemmeno sulla tua nave per la verità".

Din tacque un istante e parve fissare il suolo, indeciso sul da farsi.

L'agente imperiale non poteva certo aspettarsi delle scuse da lui e lo sapeva.

Ma soprattutto non doveva perdere di vista la sua priorità che, del resto, coincideva con quella del Mandaloriano: recuperare la risorsa sana e salva e subito dopo andarsene da quel pianeta tanto bello quanto pericoloso.

"Ascoltami" disse allora, avvicinandoglisi "Credo di sapere chi può essere stato a prendere il piccolo".

L'altro le rivolse uno sguardo che - Ann lo sapeva pur senza poterlo vedere - era di sorpresa e curiosità.

"Quando siamo atterrati qui mi sono tornate in mente delle…storie che ho sentito, riguardo a creature che catturano le loro prede servendosi di una specie di raggio traente".

"Prede?" la interruppe lui "Quindi noi, il piccolo, saremmo le prede di qualcuno?"

"E perché non lo hai detto subito?" aggiunse, rabbioso.

Ann sbuffò: in certi momenti era insopportabilmente ostile. Ma lei doveva mantenere la calma e non perdere di vista l'obiettivo.

"Perché francamente pensavo fossero solo leggende…si tratta di esseri misteriosi, che nessuno sembra avere visto davvero. Creature antiche e potenti che ingannano la noia della loro lunghissima vita collezionando tesori rubati da ogni parte della Galassia".

"E il bambino come c'entra con tutto questo?" domandò lui, appena più calmo.

Ann si morse le labbra.

"I loro tesori non sono solo oggetti, ma anche e soprattutto creature. Creature viventi che catturano e uccidono".

"Quindi questo…collezionista" riflettè lui, avviandosi verso la Razor Crest "avrebbe rapito il piccolo per farne una specie di strano trofeo".

"Immagino che abbia percepito i suoi poteri e ne sia rimasto incuriosito" chiosò Ann.

"Dobbiamo trovarlo, prima che gli faccia del male. Ma come e dove?".

"Questo non sarà un grosso problema" fece lui "ho conservato il localizzatore che mi diedero su Nevarro quando accettai la taglia su di lui. È programmato per seguire il suo codice a catena e ci porterà nel luogo dove si trova. Il problema è il tempo…"

La ragazza annuì.

"Immagino che questo essere che chiamano il Collezionista abbia preso possesso di quella strana piramide di pietra grigia che ho visto mentre precipitavamo: è l'unico edificio qui intorno e mi pare adatto alle sue manie di grandezza".

Si guardò intorno.

"Certo" aggiunse "non sarà un percorso facile né breve, ma sono sicura che riusciremo a trovarlo in tempo".

"Se qualcuno non avesse reso inservibile il mio jetpack" replicò lui, le mani sui fianchi "ci avrei messo pochi minuti".

Ann fece una smorfia.

"Mi pare chiaro che in quel momento non potevo immaginare che mi sarei trovata in una situazione del genere insieme a te".

Din Djarin scosse la testa e poi spostò lo sguardo verso il cielo.

"Muoviamoci" disse poi "abbiamo molta strada da fare"

ooOoo

Ann Leary e il Mandaloriano camminarono per circa tre ore inoltrandosi in mezzo a una foresta densa e umida, ma con una specie di sentiero visibile tra i cespugli; a volte avevano dovuto attraversare, tenendosi per mano quando il percorso si faceva troppo accidentato, dei piccoli ruscelli con il fondo insidioso e l'acqua alle ginocchia.

Erano giunti poi, costeggiando un piccolo corso d'acqua, nei pressi di quello che credettero di riconoscere nel largo fiume che avevano visto dall'alto e che si avvicinava alla piramide

misteriosa; del resto, il segnale del localizzatore guidava i loro passi.

Lo guadarono, con l'acqua alla vita, sostenendosi a vicenda per non cedere alla forza della corrente o scivolare sul greto limaccioso; poi iniziarono a risalire il fiume camminando presso le sue sponde.

Di tanto in tanto si guardavano intorno e indietro, temendo di veder spuntare dal folto degli alberi qualche presenza minacciosa.

A un tratto furono costretti, a causa del fondo sabbioso e fangoso, ad attraversare il fiume per cercare di avanzare su parti più consistenti, in modo da fare meno fatica.

"Guarda il lato positivo" ansimò la ragazza, afferrandosi a una roccia per mantenere l'equilibrio "almeno nessuno ci sta seguendo…".

"Dovrebbero essere dei pazzi" replicò il cacciatore di taglie, acido "per venirci dietro in questo posto di merda".

"E comunque il tuo ottimismo comincia a darmi sui nervi" aggiunse, passandosi una mano sulla parte frontale dell'elmo, schizzata di fango e acqua sporca.

"Ok. Allora molto probabilmente moriremo sfracellati sulle rocce o annegati o divorati da un animale feroce, oppure fatti a pezzi dai droidi del Collezionista, o ancora…" replicò lei, senza smettere di avanzare.

"Se non fossi così stanco ti avrei già strangolato" la interruppe lui, con un mezzo sorriso.

ooOoo

Il sole era quasi scomparso sull'orizzonte quando, dopo aver camminato a lungo, decisero di fermarsi per dormire su una grande spiaggia circondata da alberi alti almeno una trentina di metri.

"Mi sorprendi, sai?" esclamò a un tratto il cacciatore di taglie, guardandosi intorno e poi spostando lo sguardo sulla ragazza accanto a lui.

Lei gli lanciò un'occhiata interrogativa.

"Non hai ancora detto: potrebbe andare peggio, potrebbe piovere!".

In quell'istante si udì un tuono fragoroso e dopo qualche istante cominciò davvero a cadere una pioggerellina fitta e insistente.

"Fammi un piacere" replicò lei, guardando il cielo con aria afflitta "Lascia l'ottimismo a me".

ooOoo

La giornata era stata soffocante e Ann Leary si era sorpresa a considerare che persino gli strani uccelli del posto parevano far fatica a volare e sembravano trascinarsi stancamente, muovendo piano le piume appesantite e umide.

Anche la pioggia che li aveva sorpresi non molto tempo prima era stata brevissima e non aveva migliorato la situazione, rendendo solo ancora più difficile proseguire sul suolo viscido e scivoloso.

La notte appena calata, al contrario, appariva stupenda e straordinariamente silenziosa: nessun suono s'udiva tra le fronde, quasi che la natura stessa cercasse riposo dopo quelle ore torride.

Sembrava di muoversi in un sogno - pensò - attraversando un silenzio denso come acqua tiepida, un silenzio irreale nella giungla mormorante, piena di insidie sconosciute.

Si guardò intorno e nonostante tutto rabbrividì: ogni ombra, ogni macchia scura che il fuoco che avevano acceso per la notte appena rivelava, ogni profilo indistinto sembravano significare qualcosa di misterioso che, allo stesso tempo, tacevano.

L'aria ancora tiepida si riempiva delle strida di animali sconosciuti, mentre gli uccelli si erano già ritirati nei loro nidi e soli svolazzavano intorno, con bruschi zig zag, una specie di grossi pipistrelli dal corpo peloso striato di un vivido color porpora.

Dalle acque della laguna poco distante, divenute ora come d'inchiostro, si levava una nebbiolina leggera, odorosa di muschio e di foglie marcite.

La ragazza, esausta per le lunghe ore di cammino, si sollevò faticosamente dal giaciglio d'erba che aveva preparato quando c'era ancora luce a sufficienza; massaggiandosi le schiena indolenzita, s'allungò verso il fuoco che avevano acceso e vi gettò sopra un po' di arbusti per ravvivarlo.

Aprì e sfilò la parte superiore della tuta liberando le braccia con evidente soddisfazione - la semplice canotta nera aderiva alla sua pelle lucida di sudore - e slacciò le diverse cinghie che la adornavano.

Poi, con un sospiro si lasciò di nuovo cadere pesantemente accanto all'uomo, che nel frattempo aveva seguito i suoi movimenti con lo sguardo.

Fugacemente spostò gli occhi su di lui, seduto di fronte al fuoco con la schiena appoggiata a un albero e le mani sulle ginocchia.

Erano due estranei: anzi, peggio, si erano combattuti all'ultimo sangue e con ogni probabilità sarebbero tornati a farlo non appena quella strana situazione si fosse risolta.

E poi… si erano ritrovati l'uno di fronte all'altra inaspettatamente, senza difese, senza avere avuto il tempo di elaborare nessuna strategia.

Un osservatore esterno non avrebbe notato nulla di strano nel loro comportamento, nella loro espressione; dai loro gesti - i gesti di chi, per lavoro e per carattere, è abituato a dissimulare e a celare le proprie emozioni - quasi nulla trapelava di ciò che entrambi stavano vivendo in quel momento.

"Posso chiederti una cosa o sei ancora troppo arrabbiato con me per ragioni che non conosco?" chiese Ann a un tratto.

"Sì" rispose lui "E no".

La ragazza lo guardò senza capire.

"Sì, puoi farmi una domanda" disse il Mandaloriano con un sospiro "E no, non sono arrabbiato con te, anche se ne avrei ogni ragione".

Ann sorrise: stranamente, stava cominciando a trovare gradevole il suo contorto senso dell'umorismo.

"Perché odi così tanto i droidi? Voglio dire: prima mi è sembrato che avessi qualcosa di…personale contro di loro".

"Non li odio" replicò lui "Almeno, li odio molto di meno di quanto li odiassi in passato…"

Si alzò e andò a sedersi più vicino al fuoco e alla ragazza.

"E' una vecchia storia" proseguì "vecchia e triste".

Iniziò a parlare lentamente, mentre le fiamme guizzando disegnavano strani riflessi luminosi sull'elmo e sull'armatura.

In realtà non sapeva nemmeno davvero perché lo stava facendo: raccontare qualcosa di così personale a una perfetta sconosciuta, peggio, a una nemica. Sentiva solo che desiderava farlo, per qualche ragione che non riusciva bene a comprendere.

E poi lei lo ascoltava con un'aria così attenta!

A un tratto gli parve persino che i suoi begli occhi si velassero di lacrime mentre raccontava di come la sua gente - i suoi genitori, i suoi amici, chiunque avesse caro - fosse stata brutalmente sterminata, un assolato mattino di tanti anni prima.

Ann si portò fugacemente una mano agli occhi e poi tacque, la testa china sul petto, respirando piano.

Naturalmente sapeva già tutto - almeno in quello le informazioni di Gideon si erano rivelate corrette - ma sentirlo raccontare così, in quel modo, e avvertire la tristezza che la sua voce tradiva nonostante fosse passato tanto tempo…beh, quello era davvero diverso.

Anche per lei era così: non avrebbe mai dimenticato quel che era successo al suo pianeta. Ci pensava ogni giorno e avrebbe continuato a farlo per il resto della sua vita.

Gli occhi le si riempirono di lacrime.

L'uomo la fissò per una frazione di secondo e poi distolse lo sguardo.

Quella ragazza lo sconcertava: era diversa da ogni altra donna che avesse mai incrociato il suo cammino, un concentrato assolutamente incomprensibile di contraddizioni.

Ann Leary si gli avvicinò, alla tenue luce del fuoco.

Da principio momento aveva visto il Mandaloriano solo come un avversario temibile o come un ostacolo da rimuovere per portare a compimento la sua missione, negli ultimi giorni aveva imparato ad apprezzarne il coraggio e la compassione, eppure quella sera accanto a lui, nella tiepida oscurità odorosa di foglie, non sentì la sua forza, ma la sua ferita segreta.

Azzardò un gesto di tenerezza, gli prese la mano e la tenne nella propria.

Cari amici lettori, vi ringrazio di essere arrivati fin qui e vi auguro un ottimo week-end insieme ai nostri eroi. Alla prossima!

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