CAPITOLO OTTAVO
La pietra della morte
"Ann!"
Il Mandaloriano la chiamò piano e, non ottenendo risposta, le si accostò strisciando sul tappeto di foglie secche che copriva il terreno.
Si era addormentata.
Giaceva su un fianco, con un braccio ripiegato sotto la testa in una posa graziosa e la pesante massa di capelli sparsa disordinatamente sulle spalle e la schiena.
Alla tremula luce del fuoco che tingeva di bagliori rossastri la chioma della ragazza, indugiò sulla curva sinuosa dei fianchi, che l'aderente tuta nera di solito più che nascondere rivelava, la bocca piena dalle labbra appena dischiuse, le lunghe gambe agili.
Scosse la testa, questa volta con un mezzo sorriso, e mormorò qualcosa nella sua lingua.
Aveva capelli meravigliosamente belli - si sorprese a pensare - splendevano perfino nell'oscurità, come a volte splende l'acqua poco prima che sia giorno.
La guardava e faticava a capire quello che gli stava accadendo, a dargli un nome che fosse per lui accettabile o anche solo riconoscibile.
Eppure, ripensava ai momenti trascorsi insieme a lei e gli sembrava che da essi si sprigionasse il profumo di una qualche sconosciuta felicità.
Quando prima aveva sentito la mano di lei sulla propria era stato un contatto…intimo, nonostante il guanto.
E lui non era abituato a essere toccato, non in quel modo almeno.
Fino ad allora tutto - nella sua vita - era stato piuttosto chiaro, facile da capire: bianco o nero, amico o nemico, con me o contro di me.
Si era aggrappato alla vita semplice che aveva costruito e adesso, guardandosi indietro, non riusciva a trovare niente che l'aiutasse a capire ciò che gli stava accadendo.
Ciò che - lo sentì, ancora prima di averlo chiaramente compreso - gli era già accaduto.
Sorrise di nuovo nell'oscurità e, ascoltando il suo respiro regolare, si dispose ad attendere l'alba.
ooOoo
Aveva appena ravvivato il fuoco gettandovi sopra un paio di rami resinosi, che a un tratto udì un sibilo profondo proveniente da una folta macchia di arbusti alla loro sinistra, che terminò in una specie di sordo schiocco.
Istintivamente scattò in piedi, la mano sul calcio della sua arma, e si guardò intorno, ma l'oscurità – oltre il piccolo cerchio di luce che si riverberava dalle fiamme – era assoluta.
Una volta di più dovette ringraziare la visione termica del suo elmo, che gli permise di distinguere nel folto della vegetazione una grossa sagoma simile a una lucertola, acquattata dietro un cespuglio.
La vide muoversi senza rumore e poi fermarsi, un po' più vicina.
Poi, a un tratto, dalla tenebrosa foresta si levò un altro basso sibilo, più prolungato del primo.
Il Mandaloriano si accoccolò accanto al fuoco, che mandava bagliori sinistri sulle piante vicine; teneva la mano sul calcio del blaster e spiava ansiosamente il margine della foresta donde proveniva, di quando in quando, il lugubre verso della creatura.
L'alba per fortuna intanto si avvicinava, il cielo cominciava appena a tingersi di un tenero celeste, venato di nubi scure.
Mille rumori cominciavano a diffondersi, sia dagli isolotti e dai banchi della laguna ingombri di alberi sconosciuti, sia fra le folte macchie che proiettavano le loro cupe ombre sulla riva; versi simili a gracidii e stridii che non riusciva a identificare riecheggiavano, amplificati sotto la cupola vegetale che nascondeva in buona parte il cielo.
Il guerriero, a ogni sibilo del lucertolone, si avvicinava un po' di più alla ragazza, trattenendo il respiro.
Intanto, quel verso inquietante si faceva udire sempre più vicino.
Afferrò la pistola e tornò a fissare con ansietà il margine della foresta: l'urlo dell'animale risuonò allora così vicino da far credere che si trovasse solo a pochi passi da loro.
E infatti, in mezzo a un folto cespo di arbusti, vide d'improvviso brillare fra le tenebre due punti verdastri, simili a scintille.
"È là che ci spia" mormorò, mentre si sentiva bagnare la fronte di sudore freddo.
Gettò uno sguardo alla ragazza, che non sembrava essersi accorta di nulla, e scattò in piedi.
Con la punta di un bastoncino riattizzò il fuoco più vicino, poi vi gettò sopra un fastello di legna resinosa: la fiamma s'alzò altissima, illuminando tutto il declivio della costa e gettando in aria numerose faville ardenti.
Il lucertolone, senza dubbio spaventato o irritato da quell'improvvisa fiammata, si era slanciato fuori senza emettere alcun suono: era una bestia grande e possente, lunga almeno quattro metri, con la testa triangolare e sei zampe corte e tozze, che terminavano con artigli ricurvi.
La luce proiettata dalle fiamme la illuminava adesso pienamente: la sua pelle squamosa luccicava di bagliori azzurrasti, screziati di nero, e i suoi occhi sottili, dalla pupilla verticale, lo fissavano come se volessero ipnotizzarlo.
Vedendo l'uomo in piedi dinanzi ai due fuochi, in un atteggiamento risoluto, con il blaster in pugno che mandava bagliori metallici alla luce del falò, la creatura si era fermata, corrugando il muso e mostrando così fitte fila di denti appuntiti.
La sua coda affusolata spazzava dolcemente l'erba, sollevando le foglie secche con uno scrosciare ruvido.
Stette un momento immobile, poi fece alcuni passi ancora, sempre fissando il guerriero e accostandosi al fuoco; si muoveva lentamente, con passo elastico, quasi senza rumore e seguitava a fissarlo, come se con i suoi occhi ipnotici fosse certo di riuscire a intrappolarlo.
Lui, sempre immobile accanto al fuoco, con la pistola in pugno, teneva gli occhi fissi sull'animale cercando di mantenere il più possibile la calma, i muscoli irrigiditi nell'attesa dello scontro.
La belva esitò un attimo, poi cercò di girare attorno al fuoco per sorprenderlo alle spalle; Din, comprendendo il pericolo che avrebbe corso se l'animale fosse riuscito a compiere quella manovra, s'abbassò rapidamente deponendo per un momento la pistola, raccolse dal falò un grosso ramo resinoso e glielo gettò contro colpendolo sul muso.
L'animale, sentendosi bruciare la pelle, mandò un basso sibilo stridente e si dileguò a lunghi balzi sul margine della foresta, dove si fermò guardando con i suoi occhi fosforescenti e minacciosi i due esseri umani.
Il cacciatore di taglie tirò un profondo respiro di sollievo, ma quando alzò gli occhi verso il margine della foresta vide ancora il maledetto animale, ritto fra due cespugli, che lo osservava seguendo attentamente tutti i suoi movimenti.
Quel posto non era più sicuro. Dovevano andarsene al più presto.
ooOoo
"Complimenti, bel modo di montare la guardia!" la voce del Mandaloriano fu per Ann Leary una sveglia decisamente fastidiosa.
La ragazza grugnì e si tirò su a metà, strofinandosi gli occhi ancora gonfi di sonno; sbuffò e si stirò lentamente.
Poi, con aria disgustata, afferrò con due dita una specie di grossa larva di coleottero che durante la notte le era salita sul braccio e la gettò nell'erba.
"Uff" esalò, la voce un po' impastata "comincio ad averne abbastanza di questo campeggio fuori programma…".
Si raddrizzò e si guardò intorno, passandosi una mano tra i capelli per ravviarli un po'.
"Il mio regno per un bagno caldo e una tazza di caf!" aggiunse in un sospiro.
Scosse la chioma come una criniera per liberarla dalle foglie che vi si erano impigliate mentre era sdraiata e iniziò a infilare nuovamente la tuta che le stava addosso come una seconda pelle, celando e lasciando però intuire i contorni morbidi del suo corpo.
Lui notò che aveva un modo tutto suo di stirarsi, come se sciogliesse i muscoli, come un felino prima di spiccare un salto.
A un tratto l'agente imperiale gemette di frustrazione quando una ciocca si impigliò nella lampo: ora il suo corpo teso, mentre se ne stava semivestita a gambe divaricate per mantenere l'equilibrio, lasciava senza fiato con la sensualità di ogni sua curva, con la sua femminilità piena.
Alla fine, non prima di aver lottato qualche secondo ancora, riuscì a liberare i capelli e a chiudere la dannata tuta.
"Ecco, questo non è di certo cavalleresco" sibilò in direzione del cacciatore di taglie, con un sorrisetto ironico stampato sulle labbra "da dietro quell'affare puoi guardare quel che ti pare senza che nessuno se ne accorga…o quasi".
L'uomo ridacchiò per dissimulare l'imbarazzo di essere stato colto in fallo.
"Beh, se l'alternativa sono enormi lucertole assassine e insetti mollicci..." ribatté prontamente, senza abbassare lo sguardo.
"L-lucertole assassine?" fece lei, sistemando le due pistole che portava alla cintura.
Quelle parole ebbero l'effetto di farle passare all'istante ogni residua sonnolenza.
Si avvicinò al Mandaloriano e gli rivolse uno sguardo interrogativo.
"Ascolta" disse lui "poco fa ho affrontato una grossa bestia con intenzioni molto poco amichevoli, sono riuscito a metterla in fuga accarezzandole il muso con un tizzone, ma potrebbe tornare. E magari non essere da sola".
La ragazza annuì e si passò una mano sul viso, pensierosa.
"Ok" disse poi "Andiamo!"
ooOoo
Appena dopo l'alba aveva ricominciato a piovere e il fiume era aumentato rapidamente di livello; come se non bastasse, la temperatura era scesa e c'era un vento fastidioso, tanto che ai due non sembrava nemmeno di trovarsi ancora nell'umida giungla soffocante in cui si erano inoltrati il pomeriggio precedente, ma a tutt'altra latitudine.
Ann e il Mandaloriano avevano ripreso il cammino e adesso avanzavano con difficoltà sotto la pioggia, affondando nel fango a volte fino alle ginocchia e stando attenti a non calpestare qualche animale sconosciuto, acquattato sul fondo del fiume o nel terreno limaccioso.
Nel giro di un paio d'ore per fortuna la pioggia cessò, ma il cielo era ancora coperto da nubi minacciose e in lontananza si scorgeva la piramide di pietra scura sommersa da una sottile nebbiolina verdastra.
Se non avessero avuto il localizzatore, considerò il cacciatore di taglie, per loro sarebbe stato quasi impossibile, in quelle condizioni, orientarsi e capire se stavano seguendo la direzione giusta.
A un tratto Ann gli fece un cenno ed entrambi si avvicinarono a una roccia di forma tondeggiante che si ergeva sulla sponda del fiume; era scura, sembrava di origine vulcanica e comunque molto differente da tutte quelle che la circondavano.
"Guarda!" gli disse, indicando una serie di figure incise sulla superficie scabra della pietra: c'erano cerchi concentrici e spirali accanto a simboli astronomici, come una specie di sole con raggi triangolari o rettilinei.
E ancora insiemi di punti che ricordavano l'orma di un felino e segni tridigiti, come impronte di uccelli.
"Accidenti" mormorò il cacciatore di taglie "sembra antico: deve appartenere al popolo Hoka".
Al centro della roccia si stagliavano, rozzamente incisi, alcuni glifi diversi dagli altri: strani disegni cefaliformi che parevano elmi o maschere deformate e in mezzo un segno più grande di tutti, raffigurante una sorta di mostruoso essere dall'enorme testa rotonda e con almeno sei lunghi tentacoli
"Dando per scontato che né tu né i tuoi amici mascherati siate mai passati da queste parti prima" chiese Ann "chissà cosa diavolo rappresentano queste incisioni?".
L'uomo scosse il capo.
"Non ne ho idea" ribatté, spostando lo sguardo prima sulla pietra e poi sugli alberi circostanti "ma non mi piace affatto".
ooOoo
Malgrado il cielo fosse ancora nuvoloso, il caldo umido non aveva tardato a farsi sentire di nuovo rendendo la vita difficile soprattutto all'agente imperiale, che arrancava con fatica stando attenta a non scivolare tra le pietre sdrucciolevoli e aguzze.
Spesso erano costretti a lasciare il corso del fiume perché era troppo profondo e le sue rive nascondevano pantani insidiosi dove sarebbe stato impossibile non affondare; s'inoltrarono così nella selva intricata, faticando per aprirsi la strada lungo il cammino e cercando di non perdere di vista il corso d'acqua.
Nel frattempo la nebbiolina fosforescente aveva iniziato a dissolversi e il Mandaloriano, sperando di trovare un punto un po' più elevato per riuscire a distinguere meglio la cima della piramide, decise di entrare nella foresta, risalendo una ripida scarpata fangosa; una volta in cima i due avanzarono per un poco nella fitta giungla fino a che, a un certo punto, l'inclinazione del suolo cambiò tramutandosi in una parete piuttosto ripida che li obbligò ad aiutarsi con le mani per andare avanti.
Il suolo era ricoperto da bassi arbusti spinosi e Ann, saggiando col suo coltello il terreno, si accorse che lo strato non era profondo e che la lama toccava quasi subito uno strato roccioso compatto, ma friabile, dello stesso colore scuro della pietra che avevano visto sulla riva del fiume.
"Credi che siamo su un'altra piramide?" domandò allora, dando voce al sospetto che aveva attraversato anche l'uomo.
Lui annuì, guardandosi intorno con un'incomprensibile e improvvisa apprensione.
Continuarono a salire lentamente, ma la visuale era ancora impedita dagli alti alberi che affondavano le radici nella terra più profonda, che avevano da poco lasciato; il percorso era difficile perché gli arbusti erano coperti da spine aguzze e i loro stivali affondavano nell'intricata massa vegetale, insinuandosi pericolosamente in anfratti bui che avrebbero potuto essere covo di animali velenosi.
Dopo circa mezz'ora, raggiunsero quella che sembrava la cima.
Guardandosi intorno, si resero conto che altre tre piramidi si ergevano davanti a loro, mentre sulla destra si stendeva a perdita d'occhio l'incontaminata foresta.
Anch'esse sembravano ricoperte da bassi arbusti e i loro margini apparivano regolari, come tagliati artificialmente.
A un tratto un enorme uccello dalle piume color ardesia, screziate di blu scuro, si avvicinò planando, come per salutare i due uomini, tanto che quasi riuscirono a distinguerne i contorni del becco di un bianco abbagliante e del collo.
Il cacciatore di taglie seguitò a fissarlo mentre si allontanava, attraversato dalla sensazione che si trattasse dell'anima di una qualche oscura e dimenticata divinità che li stava controllando dall'alto.
In quel momento Ann Leary lanciò un grido e si avviò verso una specie di radura al centro della quale si ergeva una pietra piatta, alta circa un metro e mezzo a larga due.
La ragazza si avvicinò di più e, chinandosi, scorse un foro sul margine della roccia, circondato da incrostazioni nerastre.
Fu scossa da un brivido.
Cos'era quel posto? La sua mente vacillava, travolta da sensazioni sconosciute e violente.
Scosse la testa, ma il silenzio rimbombava nelle sue orecchie come sangue e riempiva tutto lo spazio fuori e dentro di lei.
Sentiva un'insopportabile oppressione al petto, la testa pesante.
L'aria era densa, come liquida.
Provò a respirare profondamente, ma la sensazione non se ne andò.
Sbatté le palpebre, mentre i contorni delle cose si facevano sfocati.
D'un tratto, ebbe la sensazione che centinaia, migliaia di fantasmi si agitassero intorno a lei, contorcendosi in spirali sempre più vicine.
Sacrifici umani: allora era quello che facevano lì gli Hoka, secoli prima.
Pensò che era vero quello che si dice di posti, come quello, in cui centinaia di persone sono morte: non è come un cimitero, dove riposano persone passate a miglior vita in tempi e in luoghi diversi… no, qui tanti innocenti hanno cessato di vivere nella stessa maniera atroce e, più o meno, nello stesso momento.
Perciò – sentì - lo spazio era pieno dei loro spiriti inquieti.
La vibrazione si fece più intensa e la ragazza avvertì una specie di densa corrente d'aria, come di vapore, proveniente dalla roccia di fronte a lei, che l'assaliva.
In un istante quell'atmosfera tangibile aveva invaso lo spazio intorno a lei, formando una membrana sottile ma visibile.
Indietreggiò di un passo, si voltò e disperatamente cercò con lo sguardo l'uomo che era a pochi metri di distanza. Lo fissò e le apparve come attraverso il velo d'acqua d'una fontana, attraverso l'aria viva, vibrante e inquieta.
Gemette e barcollò, tanto che il Mandaloriano si slanciò verso di lei temendo che crollasse a terra; la sostenne per un attimo, circondandola con le braccia.
"Andiamocene da qui" esclamò, con un tremito nella voce, come se le avesse letto nel pensiero "questo posto puzza ancora di morte"
Cari lettori, solo un paio di battute: la nostra Ann cita inconsapevolmente (?) il Riccardo III di Shakespeare ("Un cavallo! Un cavallo! Il mio regno per un cavallo!"); il caf, leggo su wookiepedia, è l'equivalente del caffè nell'universo di Star Wars…poteva mai mancare?
Vi auguro un ottimo weekend di semi-libertà! Alla prossima
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