Preghiere e speranze
Eliza guardò dalla finestra gli uomini che si allontanavano con il loro bottino e sorrise: tutto era andato secondo i suoi piani, non c'era che dire.
Lasciò la luce spenta e fece vagare lo sguardo nella notte stellata, ricordando gli avvenimenti recenti con una punta di orgoglio.
Le venne da ridere a ricordare come Neal si fosse occupato di predisporre la spedizione con loro avendo cura di coprirsi il viso con un fazzoletto.
"Oh, Neal, pensi davvero che sarai più al sicuro così? Quegli uomini hanno già avuto il loro compenso per stanotte".
La sua risata fu spezzata dal ringhio furioso del fratello: "Smettila di ridere! Sai che questa gente, se viene messa alle strette, potrebbe anche confessare chi l'ha assoldata?".
"Calmati, fratellino, non ti arrabbiare", lo blandì con un gesto della mano. "Sai bene che il primo che penseranno di tradire sarà il padre di Molly. Mi sono solo assicurata che tutto andasse secondo i piani".
"Come hai fatto con Candy", ribatté facendola infuriare.
"Smetti di nominarla!".
Lui si passò una mano tra i capelli, pareva sconvolto: "Se questo piano riuscirà sarà stata la vendetta perfetta. Ma se dovesse fallire...".
"Non fallirà", gli disse a denti stretti, afferrandolo per il bavero della camicia, "smetti di fare il bambino e di fartela addosso per la paura!".
A quelle parole un violento rossore salì sul volto di Neal e lui si divincolò dalla sua presa con sdegno. Eliza aveva colto nel segno.
Le voltò le spalle e le chiese con voce dura: "Come sta la zia?".
"Dorme come un angioletto".
"Voglio... voglio vederla", balbettò.
"Stai tranquillo, respira, anzi, russa se proprio lo vuoi sapere! Se vuoi la mia opinione, quel medico avrebbe dovuto darle una dose più alta sin dall'inizio: scommetto che domani non avrà più neanche l'accenno di un mal di testa".
Lui la guardò di traverso, evidentemente poco convinto.
Eliza gli concesse di sapere come erano andate le cose e gli raccontò della sua amorevole offerta di somministrarle la medicina perché la vedeva molto stanca.
Il sorriso si allargò sul viso di Eliza, mentre stringeva la tenda rivivendo la conversazione con la zia Elroy.
"Oh, grazie cara, sei molto gentile. La dose è scritta sulla confezione", le spiegò.
Certo, zia, la dose vecchia, pensò.
Gliene aveva riservata una doppia e, quando la donna fece una smorfia come sentendo un saporaccio, cercò di correre ai ripari: "Oh, che sbadata! Ho dimenticato di allungarla come si deve. Permetti, zia?".
Ripreso il bicchiere, in bagno lo rabboccò con altra acqua. Poi riaprì la boccetta del medicinale e aggiunse qualche goccia d'acqua anche lì, perché il livello del liquido rimanente fosse compatibile con la dose normale di quella sera.
La zia Elroy bevve senza protestare ed Eliza l'aiutò a stendersi. Lanciando un'occhiata all'orologio sul suo comodino, si rese conto che mancava ancora un'ora e mezza all'appuntamento concordato con i corrieri.
"Starò qui con te finché non ti addormenti, se ti fa piacere", le mormorò dolcemente.
"Grazie, Eliza, sei veramente... molto gentile", le rispose chiudendo gli occhi.
Nel giro di mezz'ora era così profondamente addormentata che Eliza poteva sentirla russare leggermente.
"Sogni d'oro, zietta", disse prima di uscire dalla stanza, ben sapendo che non l'avrebbe udita.
- § -
Albert non aveva più la febbre ma il medico si era raccomandato con lui così tante volte che si era sentito come un bambino piccolo sgridato dal dottore.
"Signor Ardlay, lungi da me permettermi di darle consigli su come condurre la sua vita. Ma come medico devo dirle che la sua salute è ora in equilibrio precario: il suo corpo e la sua mente sono sull'orlo dell'esaurimento. Se continua a non alimentarsi correttamente e a non dormire potrebbe collassare o anche peggio. Capisco che voglia stare accanto alla sua protetta, ma non le sarà di nessun aiuto se si ammala", gli stava ribadendo proprio in quel momento, da dietro la scrivania.
Albert sorrise, scuotendo la testa: "È la stessa cosa che mi dicono tutti. Lei ha ragione, dottor Leonard, ma rimanendo a casa non dormirei lo stesso. Mi conceda di vegliarla stanotte, è da un po' che non lo faccio". Nonostante i giorni che si era concesso per riposare, le ore di sonno erano state scarse ed era sempre attaccato al telefono mentre George lo rincorreva con le medicine per curare la febbre.
Aveva ricominciato a mangiare di più, sforzandosi per guarire prima e tornare in ospedale appena possibile. Ora, perlomeno, la febbre era sparita e non doveva più stringere a morte la cintura dei pantaloni.
Il dottore sospirò: "Bene, non posso certo impedirglielo. Se desidera posso chiedere a un'infermiera di sistemare un letto accanto a quello della paziente perché riposi meglio".
Se non fosse stato il capofamiglia degli Ardlay, Albert era più che certo che non gli avrebbero mai fatto un'offerta del genere. Curioso che qualche anno prima, non sapendo chi fosse, lo avessero relegato nella stanza numero zero e ora gli offrissero persino un letto nella stanza di Candy.
"No, grazie. Starò bene sulla solita sedia accanto a lei".
Il medico fece un altro grosso sospiro guardandolo un po' di traverso: "E va bene, ma cerchi di non arrivare più a certi limiti. Non chieda troppo al suo fisico: è giovane e forte, certo, ma non è invincibile, d'accordo?".
Albert annuì, seriamente intenzionato a seguire quelle indicazioni, poi chiese: "Mi dica, cosa ne pensa di Candy? È sempre stazionaria, vero?".
"Sarò sincero, signor Ardlay. Dopo tutti questi giorni le possibilità che si risvegli senza alcun danno a livello cerebrale sono drasticamente diminuite".
Lui impallidì: "Ma il dottor Johnson ci ha detto di aver visto casi di risveglio anche dopo mesi!".
"Certo, non lo escludo, ma le situazioni in cui il paziente si risveglia senza alcuna conseguenza sono veramente rare. Miracoli, li definirei. A livello medico è più facile che la persona permanga in uno stato vegetativo o semi-vegetativo. Ovviamente si tratta di una corsa contro il tempo, più ne passa e più l'eventuale recupero, se possibile, sarà lungo e faticoso. In alcuni casi non è completo. Mi dispiace doverle dire queste cose, purtroppo ad oggi non possiamo fare altro che monitorarla e pregare".
Albert lasciò cadere la testa fra le mani, con i gomiti sulle ginocchia, prostrato di fronte alla possibilità che per Candy fosse quasi meglio la morte che un risveglio come vegetale. Lei, che amava arrampicarsi sugli alberi e correre per i prati. Lei, che solo poco tempo prima era sfuggita a un tragico appuntamento col destino per il suo buon cuore. Lei, che alla fine lo aveva scelto e preferito a Terence.
Avrebbe dato la sua vita in cambio di quella di Candy.
Sentì dei passi e una mano gli si posò sulla spalla: "Coraggio, signor Ardlay, so che tiene molto alla sua figlioccia. Si vede che le vuole un gran bene".
No, non ci tengo semplicemente. La amo, è una delle ragioni principali per cui mi sveglio al mattino e sono felice di vivere anche se mi trovo costretto a stare in un ufficio. È la mia libertà, la mia Africa, i miei viaggi, l'aria che respiro e il sole che mi scalda la pelle. È la mia Candy.
Albert cercò di dominarsi e non lasciarsi sopraffare dalle emozioni, ma era sempre più difficile. Ringraziò il medico con tono sincero e uscì dalla stanza in fretta, per non mostrargli gli occhi umidi. Ma il dottore doveva averlo notato, perché mormorò un paterno: "Coraggio, figliolo".
- § -
Di nuovo.
Suor Lane era di nuovo in quella cappella della Casa di Ponya pregare per la loro Candy. Quella bambina che avevano salvato vent'anni prima insieme ad Annie e che, ancora una volta, doveva superare una prova difficile.
Il telegramma arrivato qualche tempo prima aveva lasciato tutti sgomenti, sembrava quasi un brutto scherzo.
"Perché, mio Signore, stai ponendo tutte queste croci sul suo cammino? Ti prego, è una ragazza così giovane...".
"Prendi me, al suo posto", disse la voce di Miss Pony al suo fianco, "io sono vecchia e ho fatto la mia vita. Lei non merita tanto dolore".
Commossa, Suor Lane aggiunse: "Ti offro anche la mia vita, purché tu salvi Candy...".
"E anche la mia".
La donna riconobbe la voce di Jimmy e si voltò: doveva essere passato per controllare che ai bambini non mancasse nulla. Dietro di lui c'era anche il signor Cartwright, che offrì a sua volta la propria vita.
Pregarono a lungo, poi lei e Miss Pony si ritirarono nella stanza dove, qualche tempo prima, Candy aveva confessato loro di provare dei sentimenti nuovi per il suo tutore.
Avevano assistito alla loro gioia quando si erano incontrati al ritorno di lei da New York, quando pensavano fosse morta. Erano tornati dalla Collina di Pony tenendosi per mano e con una luce inequivocabile negli occhi.
"Il signor Ardlay sarà senz'altro sempre con lei e ci terrà informate", disse Miss Pony fissando il fuoco nel caminetto.
Suor Lane annuì: "Povera Candy. Prima ha dovuto sopportare la morte di quel ragazzo, Anthony. Poi, quando finalmente il suo cuore sembrava aver ritrovato la gioia di vivere, quell'attore le ha spezzato il cuore. E adesso... adesso che poteva davvero essere felice...". Si portò una mano al volto, sopraffatta dalle lacrime.
Miss Pony le mise un braccio attorno alle spalle: "Io voglio solo pensare che Nostro Signore le darà la possibilità di esserlo. Non la chiamerà a sé così prematuramente".
"Voglio sperarlo, Miss Pony, voglio sperarlo".
- § -
Frannie lo aveva notato, anche se era stato impercettibile: un movimento, seppur leggero, delle dita della mano sinistra di Candy.
"Cosa c'è, ha qualcosa che non va?", chiese subito il signor Ardlay allarmato.
"Aspetti un momento, per favore", lo pregò con tono controllato.
Si recò all'armadietto e ne tirò fuori una siringa vuota. Avvicinò l'ago alla pelle della mano di Candy, pungendola leggermente e un paio di dita si contrassero piano.
"Che cosa le sta facendo?".
"Delle prove, signor Ardlay, ma la prego di rimanere in silenzio o dovrò chiederle di uscire". L'uomo ammutolì di fronte a tanta autorità. Per Frannie poteva essere il patriarca degli Ardlay, il presidente degli Stati Uniti o persino il Papa, ma nulla avrebbe cambiato le regole: se il medico aveva accettato di lasciarlo nella stanza mentre lei eseguiva le terapie e controllava i segni vitali non poteva che obbedirgli, però doveva lasciarle fare il suo lavoro.
Si posizionò in fondo al letto e tirò su le coperte, scoprendole i piedi. Ripeté l'operazione con l'ago in quella zona e anche lì le dita ebbero una lieve contrazione.
"Oh, mio Dio!", gemette il signor William alle sue spalle, per poi scusarsi profusamente ma cominciando a camminare per la stanza. L'aveva vista.
"Vado a chiamare il dottor Murray", comunicò uscendo dalla stanza prima che facesse domande. Quando rientrò, lui le era accanto e le stava parlando animatamente, chiedendole se lo sentiva.
Appena la vide rientrare col medico si allontanò, posizionandosi nell'angolo più remoto della stanza ma non dando alcun cenno di voler uscire.
Il dottore eseguì su Candy alcune manovre, controllò i riflessi e le puntò una luce in ogni occhio sollevando le palpebre. Frannie si tenne nei pressi, pronta a intervenire qualora lo richiedesse. La visione periferica le restituì l'immagine dell'uomo biondo che, pur rimanendo composto, stava stringendo i pugni e si mordeva il labbro.
"Questi segnali possono voler dire molto o nulla, ma di sicuro rappresentano una piccola evoluzione. Posso apprezzare deboli ma visibili riflessi", disse infine.
"Questo significa che potrebbe anche svegliarsi?", chiese il signor Ardlay con tono cauto.
"Come accennavo si può trattare dei primi sintomi di un risveglio che può essere molto breve o molto lungo. Oppure la situazione potrebbe rimanere stazionaria".
L'altro sospirò, evidentemente frustrato, passandosi le mani tra i capelli. Frannie, che di solito non si soffermava sulla bellezza fisica, specie se maschile, non poté evitare di pensare che la sua ex collega fosse circondata solo da uomini estremamente affascinanti. Il patriarca degli Ardlay, con la sua figura elegante, era dotato di una bellezza che osava definire abbagliante, seppur virile.
Distolse lo sguardo, a disagio per quei pensieri così poco da lei. La vicinanza costante con la morte, durante i suoi mesi da crocerossina, le stavano facendo decisamente vedere molte cose in maniera diversa. Per un attimo, si domandò se per una come lei esistesse un uomo, da qualche parte, che l'apprezzasse per ciò che era: una donna rigida e fisicamente piuttosto scialba.
Prima di uscire, il dottor Murray raccomandò al tutore di Candy di parlarle il più possibile e di chiamarlo qualora notasse altri tipi di segnali.
Frannie aveva finito il turno, quindi si cambiò e uscì per tornare al suo piccolo appartamento. Mentre era ancora nel cortile, non poté fare a meno di voltarsi, guardando in direzione delle finestre: "Coraggio, Candy", mormorò nell'aria fredda della sera.
- § -
Albert le parlò a lungo quella notte, tenendole la mano e stringendola forte, baciandogliela di tanto in tanto.
Le raccontò la loro storia fin dall'inizio, a cominciare dal loro incontro sulla Collina di Pony quando lei era solo una bambina e lui un ragazzino ribelle che era scappato da casa. Passò in rassegna tutte le avventure che sia lei che i suoi amici gli avevano raccontato negli anni, omettendo accuratamente le parti più tristi: l'arrivo dai Lagan, l'amicizia con Anthony, Archie e Stair, i balli, il periodo alla Saint Paul School e la sua fuga.
Ma, soprattutto, si soffermò su un giovane smemorato che credeva di aver perso ogni speranza e l'aveva ritrovata grazie a un'infermiera che si stava diplomando proprio in quel periodo, e che l'aveva accolto in una casa tutta loro.
"È stato il periodo più felice della mia vita, Candy, perché neanche le mie fughe in giro per il mondo mi hanno reso altrettanto libero: libero di amarti, anche se in silenzio, e libero di non sentirmi più solo. Perché c'eri tu con me e quello che abbiamo condiviso è quello che voglio continuare a condividere con te per il resto della mia vita. Voglio che ti svegli e che diventi mia moglie: non m'interessa se ci sono altri problemi da risolvere o se la zia Elroy farà una scenata. Se a casa Ardlay non ci vorranno fuggiremo lontano, io e te, e vivremo dove potremo amarci senza le regole imposte dalla società. Non credevo che un giorno l'avrei detto, Candy, ma per te sono disposto a rinunciare al nome di mio padre e a tutto questo freddo impero che ha più le sembianze di una prigione. Ti amo tanto, Candy...".
Sfinito e col cuore colmo di emozioni, in piena notte William Albert Ardlay crollò addormentato con la testa appoggiata sul letto di Candy, la piccola mano ancora stretta tra le sue.
- § -
- § -
- § -
Angolo dei commenti:
Sandra Castro: Purtroppo i fratelli Lagan non si fermano al danno fatto a Candy e ora vogliono nuocere anche al nostro povero Albert che, al momento, ha abbassato la guardia perché è preoccupato per lei. Le cose si complicano...
Elbroche: Purtroppo Albert è così in pena per Candy che i Lagan stanno tramando indisturbati alle sue spalle per fare danni maggiori...
Elizabeth: A forza di stare al fianco di Candy tutte le notti anche Albert, alla fine, è crollato. Frannie il gendarme sembra una persona migliore, chissà che ruolo avrà in tutta questa storia... sui Lagan, invece, nulla da dire: sono davvero pessimi!
Manuela: È proprio il termine giusto: diabolici!
Charlotte: Hai ragione, chiedo perdono, questo e il precedente sono capitoli quasi di transizione, per cui più brevi, ma avrò modo di rifarmi più avanti... Sui Lagan ormai abbiamo detto di tutti: sono cattivi, vigliacchi e diabolici! E persino il nostro povero Albert si sta ammalando per la preoccupazione. Grazie a te per seguirmi!
