Un'altra settimana era ormai passata. Jay stava sempre meglio fisicamente. Ma purtroppo non si poteva dire lo stesso psicologico.
Sì sentiva in colpa per qualcosa.
Era come ciò che stava passando Will come anche la ferita di Antonio, anche se ormai era guarita li avesse causate lui.
Ogni giorno che passava poi era sempre peggio.
Era stanco, sofferente.
Riusciva a muoversi decisamente meglio grazie ai vari esercizi passivi fatti.
La questione era però che più i giorni passavano più non aveva voglia di andare avanti.
Tutto ciò che era stato messo da parte visto i sonniferi, l'alcool e il malessere del periodo stava tornando alla ribalta più forte che mai.
In Jay c'era una profonda tristezza. Sì sentiva solo. Stava perdendo anche suo fratello.
Era ormai certo di meritarsi tutto questo.
E come sempre si teneva tutto dentro.
Chi lo conosceva bene capiva che stava soffrendo, ma lui non diceva nulla.
Antonio ed Hayley, come tutti i giorni, continuavano ad andare a trovarlo, ma Jay non aveva voglia di vedere nessuno.
Non appena li sentiva arrivare chiudeva gli occhi fingendo di dormire.
Loro rimanevano lì un po' e poi andavano via.
Anche con Natalie era una lotta.
- Jay forza, devi pur mangiare qualcosa. - si ritrovava a dire spesso lei. Ma nulla da fare.
Di conseguenza non aveva la forza di stare in piedi, era molto debole e quando era in piedi gli girava la testa e sudava. Più di una volta ci ha provato ed ha rischiato di crollare a terra, di tanto in tanto è davvero svenuto.
Era necessario fare qualcosa, più il tempo passava più tutti si stavano rendendo sempre più conto che il detective si stava lasciando morire.
Ore 15:30
Il dottor Charles era andato a fare visita a Jay.
- Ciao Natalie - disse lui
- Ciao - rispose lei
La dottoressa aveva preso qualche giorno di ferie visto che ne aveva arretrati per stare con i fratelli Halstead e un po' con suo figlio.
- Dorme? - chiese il dottore guardando Jay.
- Così pare - rispose lei con un velo di tristezza negli occhi.
- Come procede? - chiese ancora Daniel.
La dottoressa non disse nulla. Sì limitò a scuotere la testa ed a mimare una discesa con la mano.
Il dottor Charles aveva capito. Dovevano fare qualcosa, ma cosa? Stavano facendo già una cura, ma non stava funzionando come avrebbe dovuto.
Proprio in quel momento arrivò il sergente Voight.
Doveva parlare con Jay.
Forse era lui lo scossone di cui quest'ultimo aveva bisogno per smettere di comportarsi come un bambino.
Il ragazzo era sempre a letto e fingeva di dormire.
Il sergente non parlò subito, fece cenno ai dottori chiedendo loro di lasciarlo qualche momento solo con Jay.
Non appena uscirono lui iniziò a parlargli.
- Detective Jay Halstead, sempre tu lo sia ancora. Ti ho fatto rimanere nella mia unità per la tua caparbietà, la tua testardaggine, la tua forza. Ed ora? Sei diventato un pappamolla? Non sei un uomo, ti stai comportando da codardo. Alza il culo da quel letto e fammi vedere chi sei. - disse.
Jay lo ascoltava in silenzio e mentre il sergente esponeva il suo pensiero le lacrime scendevano dagli occhi sulle sue guance.
Lui non era un pappamolla, ma era stanco di dover continuamente lottare.
Non appena il sergente smise di parlare, iniziò lentamente ad avvicinarsi al letto del ragazzo, si era accorto della sua reazione.
Non appena fu abbastanza vicino Jay si aggrappò alla sua camicia e si sciolse sempre più in un pianto disperato.
- Mi dispiace capo. - disse
- Shhh, va tutto bene. - rispose il sergente addolcendosi un po'. - quel che è stato è stato, ma ora devi tornare in sella. Abbiamo bisogno di te, non parlo solo del lavoro.
- Io... Io non..non so, non ce la faccio - disse tra le lacrime.
- Jay guardami - disse il capo rialzando delicatamente la testa del ragazzo - guardami negli occhi. Tu sei una grande persona, sei più forte di quanto tu possa pensare in questo momento. Non ti ho scelto a caso per stare sotto la mia ala. Devi muoverti e rimetterti in sella. -
Il detective Halstead aveva proprio bisogno di quella strigliata. Continuò a piangere per un po', poi il sergente, una volta che si era calmato era andato via lasciandolo riflettere su tutto ciò che si erano detti.
