Loyalties:

Mass Effect Trilogy è un gioco Bioware. Per qualsiasi riferimento al gioco ufficiale Tutti i diritti sono di proprietà di Bioware. La Fan Fiction "Mass Effect At Dawn Again" è il frutto della mia immaginazione e del mio lavoro, è un libero tributo, appassionato e personale a un grande videogioco. È vietato qualsiasi utilizzo parziale o totale a scopo di lucro e non.


Capitolo 46

Fusione Perfetta

Rimasi in piedi accanto a Garrus, a fissare la tua schiena, immobile come una statua scolpita nel ghiaccio. Ti allontanavi in fretta, senza mai voltarti indietro. Correvi sicura, nell'inferno di esplosioni, incontro a un destino minaccioso e sconosciuto. Io invece, continuavo ostinatamente a protendere il braccio verso di te, che diventavi sempre più piccola, irraggiungibile. Più ascoltavo il ritmico pulsare del sangue, che rimbombava nel mio collo, nelle tempie e più forte un dolore crudele si dimenava nel mio petto e mi graffiava. Mi sentivo come se il mio cuore sanguinasse, strofinato con forza su un tappeto di vetri in frantumi.

Allungai disperatamente lo sguardo attraverso l'apertura del portello, un'ultima volta. Si chiudeva, inesorabilmente, tra brontolii metallici e gutturali. Lentamente, diventava una triste fessura, sempre più sottile, sempre più scura. Il getto d'aria fredda che sigillò la porta dell'hangar mi colpì come uno schiaffo e asciugò l'ultima lacrima silenziosa. Ma soprattutto, mi spogliò definitivamente della piacevole sensazione di calore, che le tue dita avevano lasciato sulla mia guancia, come un'indelebile impronta d'amore. Orfana di quella preziosa percezione, mi ritrovai immersa in una profonda solitudine, divorata dall'insopportabile presentimento, che non avrei rivisto il tuo viso, mai più.

Respinsi il pensiero, con disgusto. Provai a scrollarmi di dosso i brividi di paura che si arricciavano contro la mia pelle e per un istante, mi lasciai naufragare dentro agli occhi imperscrutabili di Karin. Ne rimasi quasi ipnotizzata. Nuvole di azzurro lucente si rispecchiavano dentro laghi di verde profondo, che mi guardavano senza vedermi, incollati com'erano al visore dello scanner neurale. Lei lo puntava, con precisione professionale e mano altrettanto ferma, al centro delle mie pupille.

K: Hai rimediato una botta in testa monumentale, Angelo. Suppongo sia un miracolo se non sto rilevando la minima traccia di commozione cerebrale.

Disse in tono concentrato, ma privo di qualunque tensione. Le sue labbra sottili si muovevano appena, rivelando raramente il candore dei denti. In realtà, mi parve di cogliere tra le righe un cenno di sollievo compiaciuto, o forse era soltanto professionale incredulità. A dire il vero, Karin è sempre stata insondabile mentre faceva il suo lavoro. Ha la straordinaria abilità di non farti mai capire i suoi pensieri, la natura delle sue vere emozioni. A maggior ragione, quando si prende cura di qualcuno che le sta a cuore. Insomma, più ti vuole bene e meno si capisce cosa diavolo le stia passando per la testa. Infatti, disse qualcosa di inaspettato, ma... vagamente piacevole.

K: Ricordati di ringraziare tuo padre, la prossima volta che la vedi! Sono piuttosto sicura, che quel famoso "quarto Krogan" che hai ereditato da lei, abbia parecchio a che fare con la tua calotta cranica così deliziosamente solida, mia cara.

Affermò nell'identico tono, senza staccare gli occhi dal visore, ne' perdere la concentrazione. Non disse altro, ma mi somministrò un leggero sorriso, alla stregua della più efficace delle medicine. Probabilmente, la mia amica stava cercando di distogliere la mia mente dal mio stato nervoso come meglio poteva, anche se sapeva perfettamente che sarebbe stato vano.

Avevo perso molto sangue. Un freddo glaciale mi paralizzava le ossa dall'interno. Mi sentivo debole e stanca, ma ero pervasa da una smania insaziabile, che mi teneva in piedi. Volevo trovarti, unire le nostre menti e anime insieme, come un essere solo. Questo era diventato lo scopo centrale di tutta la mia esistenza, tutto ciò di cui mi importava. Desideravo essere lì per te, a qualunque costo e condividere con te qualsiasi cosa stavi affrontando. Mi era più necessario del sangue nelle vene, dell'aria che respiravo. Volevo riempiere il mio cuore della tua persenza e allo stesso modo, darti tutta la forza del mio amore, come una scia luminosa alla quale tornare! La Normandy era già lontana quando mi resi conto, che non potevo più aspettare.

L: S-Shepard...! Devo... io-io... K-Karin, devo... ah!

Fargugliai il tuo nome, in un sussurro rauco e claudicante, che io stessa stentavo a riconoscere. Schiaffeggiai goffamente l'aria con la mano, mentre mi sforzavo di parlare. Cercai di spingere via lo scanner neurale e di sgusciare fuori dalla presa di Garrus. L'amico non si fece sorprendere. Io invece, fui sorpresa da un dolore lancinante al fianco, che risucchiava via le poche forze che mi erano rimaste. Le mie gambe cominciarono a vacillare pericolosamente, in modo tanto involontario quanto inarrestabile. Karin reagì con uno scatto felino. Posò entrambe le mani sulle mie spalle e mi sostenne con amorevole fermezza. Impedendomi di cadere e di fatto, qualsiasi ulteriore tentativo di fuga.

K: Non muoverti, tesoro! Rischi di morire. Devo operarti subito.

Disse Karin, con voce materna, ma inflessibile. Poi si rivolse ai due giovani infermieri, intenti ad armeggiare attorno alla stazione mobile di soccorso, con il suo solito tono deciso, ma gentile. Nel frattempo, ha continuato a passare uno strumento medico sul mio fianco sinistro, avanti e indietro, metodicamente.

K: Garner, Bowman, forza ragazzi! Mettiamola sul lettino, al mio tre. Dobbiamo tornare in infermeria prima di subito! Sergente Nuñez, prenditi cura di Garrus.

L: No!

Urlai, con molto più fiato di quanto immaginavo possibile. Mi irrigidii istintivamente, i piedi puntati sul pavimento e l'animo risoluto. Rimasi immobile a fissare i due robusti assistenti di Karin da dietro la mascella contratta, con occhi gonfi, ma irremovibili. Nell'hangar regnava un silenzio nervoso e preoccupato, mentre stringevo tutta la mia ostinata determinazione dentro ai pugni chiusi.

Oramai ragionavo con lucidità, o perlomeno, così credevo. Per questo, sottopormi a un intervento chirurgico era esattamente l'ultima cosa che volevo. Voleva dire, rimanere completamente incosciente per diverse ore. Una condizione nella quale non avrei potuto unirmi a te in una "Fusione Perfetta." Mi sentivo consumata da una sensazione intensa aggrappata allo stomaco, che non sapevo descrivere. Era come un bisogno insaziabile. Sentivo che dovevo assolutamente trovarti e fondermi a te, altrimenti... ti avrei perduta! Questo pensiero non mi dava pace. Forse non era rimasto molto tempo. Quindi, dovevo agire in fretta!

I due soldati si bloccarono esterrefatti per la mia reazione. Rimasero a fissarmi ammutoliti, con occhi interrogativi e facce preoccupate. Anche Garrus mi guardava, ma l'azzurro dei suoi occhi era caldo, lo sguardo fraterno e solidale. Lo sentivo vicino e questo mi tranquillizzava.

Anche Karin mi trasmetteva lo stesso spirito. Sembrava capire perfettamente la mia condizione nervosa. Parlava con un tono caldo e pacato e mi fece sentire protetta. La mia amica aveva sollevato i palmi delle mani, in segno di completa collaborazione. Aveva occhi estremamente convincenti e sinceri, ma la sua fronte era segnata da profondi solchi di preoccupazione. Improvvisamente, non sapeva come nascondere i suoi pensieri, tenere a bada le emozioni. Tuttavia, mi guardava con tenerezza, come si guarda un gattino ferito, aggrappato con le unghie al bordo di un cornicione.

K: Liara, tesoro, lo sai che posso capire i tuoi sentimenti, ma per favore, adesso devi ascoltarmi molto attentamente. Il grosso frammento metallico nel tuo fianco si trova dannatamente vicino all'arteria epatica. Qualche capello più a destra e probabilmente a quest'ora saresti già morta! Ti risparmierò i dettagli medici, ma sei stata molto fortunata, amica mia! Tuttavia, qualsiasi movimento sbagliato rischia di provocare una grave emorragia interna... anche adesso, mentre parliamo! Ecco perché devo rimuovere quel frammento dal tuo corpo, prima che possa causare danni irreversibili. Non voglio mentirti! È un intervento di una certa complessità, ma ti assicuro che sono perfettamente preparata ad eseguirlo in modo ottimale. Non devi preoccuparti, andrà tutto bene!

L: Dovrai sedarmi... completamente?

Volli domandare, anche se presumevo di conoscere già la risposta. Karin fece una smorfia di puro stupore, che scavò nella sua fronte solchi ancora più profondi. Rimase calma, tuttavia, il volto indecifrabile. Prima di rispondere fece un lento movimento con le mani, come se volesse spingere via tutta l'aria che ci divideva. Infine parlò, lentamente, in tono ponderato, soppesando le parole ad una ad una, come se volesse stamparle nella mia mente, in modo inequivocabile.

K: E' troppo doloroso. Inoltre, sarebbe un grosso rischio non farlo. Il minimo movimento mentre estraggo la scheggia potrebbe causare pericolose emorragie o gravi danni agli organi interni. Quindi... temo di si, amica mia, ti dovrò anestetizzare.

Concluse, dolcemente. Mentre parlava, il suo sguardo analitico sondava il fondo dei miei occhi, nel tentativo di decifrare i miei pensieri, anticipare ogni possibile reazione. Rimasi immobile, come la mia amica mi raccomandava di fare, mentre le comunicavo la mia decisione definitiva, in modo altrettanto lento e inequivocabile.

L: In questo caso, non intendo essere operata, a meno che tu non lo faccia senza sedarmi! Sono perfettamente consapevole dei rischi, Karin, ma questa decisione spetta a me.

Suppongo che Karin abbia dovuto fare appello a tutto il suo autocontrollo, per mantenere la calma e resistere all'impulso irrefrenabile di venire verso di me. Questa volta, era facile riconoscere nella sua voce un doloroso fremito di impotente disperazione.

K: Non dirai sul serio?! Devo operarti, Liara e subito anche! Non è una passeggiata, farà un male cane. Non posso farlo senza sedarti, maledizione!

Confessò, con crescente preoccupazione, mentre la sua espressione calma svaniva come vapore. Ho ignorato i suoi occhi scintillanti e non mi sono lasciata distrarre dal suo viso arrossato. Prima che il dottore si riprendesse dalla sorpresa, le ho parlato di nuovo, con voce calda di emozione.

L: Karin... ti scongiuro! So che ti preoccupi per me e lo apprezzo davvero, ma... ho già preso la mia decisione. Quindi, se devi operarmi, fai presto! Ma, niente anestesia. Non posso dormire in un momento come questo! Altrimenti, per favore, lasciami qui! Ho bisogno di restare sola per... oh Dea! Devo trovarla, lo capisci, Karin? Io devo ritrovare Shepard!

Riuscivo a malapena a nascondere il ribollire delle mie emozioni dentro a un sospiro soffocato. Rimanere immobile era un esercizio altrettanto difficile e doloroso. Proprio quando ho creduto che le forze mi avrebbero abbandonato, Garrus si rivolse a Karin in tono vibrante e fiducioso.

G: Non c'è verso, Doc! Non cambierà idea. Se vuoi rimuovere quel dannato pezzo di ferro prima che la uccida, dovrai farlo a modo suo! Ce la farai, Karin. Ce la farete entrambe. Che aspetti?

I modi essenziali di Garrus descrivevano la situazione con drammatica precisione, in compenso, produssero l'effetto che speravo. Ciò che scintillava negli occhi di Karin, mi riscaldò il cuore di speranza e gratitudine.

K: Hai ragione, vecchio mio! Bene allora! Forse mi è venuta un'idea. Muoviamoci!


K: Stai comoda, Angelo? Forse, preferisci una diversa inclinazione? Vuoi sdraiarti un po' di più?

Karin chiese premurosamente, mentre mi sollevava fin quasi in posizione eretta. Lei stessa mi aveva assicurato al tavolo operatorio, fissandomi con delicatezza braccia, busto e gambe alle apposite cinghie di contenimento, per prevenire qualsiasi movimento accidentale. Per quanto curioso potesse sembrare, mi sentivo a mio agio in quella posizione, quindi non la volli cambiare.

Lei mi sorrise, indossò i guanti e iniziò a prepararmi all'intervento. Per prima cosa, posizionò, con sapiente destrezza, un complicato bendaggio funzionale. Una sorta di curioso reticolo elastico colorato, che interessava un'ampia area attorno al frammento da asportare, lungo tutta l'anca e l'addome.

K: Ecco fatto! Sfortunatamente, questo metodo non agisce direttamente sul dolore, ma ridurrà notevolmente il rischio di qualsiasi movimento muscolare involontario. Ti sto spruzzando un anestetico locale intorno alla ferita. Non appena sarà penetrato nei tessuti, diventeranno meno sensibili. È il massimo che posso fare. Sono certa, che una dottoressa Asari potrebbe aiutarti a controllare il dolore molto meglio di me, ma... beh, spero di non farti troppo male! Sei pronta, tesoro?

L: Sono pronta! Grazie, Karin e... non vorrei nessun'altro dottore!

Le dissi, con calore e sincera gratitudine. Karin aveva uno sguardo affettuoso e mi sorrise dolcemente in risposta, con un lento cenno del capo.

K: Rilassati, allora. Sto per cominciare.

Ho inalato tutta l'aria che i miei polmoni potevano contenere. Sentivo le mani di Karin, che lavoravano attorno alla scheggia. Il dolore era tagliente, ma sopportabile. Espirai lentamente, con labbra leggermente socchiuse, ignorando la fitta che si diffondeva rapidamente attraverso l'addome. Mi concentrai sul mio respiro. Liberai la mente da ogni pensiero. Ben presto la tensione iniziò a scorrere via dal mio corpo, drenato dall'energia negativa. Questo mi ha consentito di entrare rapidamente in uno stato meditativo.

Rallentai il respiro, il battito. Spostai la mia mente in una dimensione astratta, una stanza ideale. Un luogo felice, dove l'unica presenza tangibile era il nostro amore sconfinato, il legame indissolubile tra noi. Dove potevo concentrarmi completamente su di te, amore mio, e iniziare a cercarti.

Un vigoroso campo biotico balenava intorno al mio corpo e riluceva in un alone vibrante e iridescente. L'eternità colorava i miei occhi spalancati, mentre mi abbracciava, senza sforzo. All'inizio fu soltanto silenzio, interrotto dalla voce della mia mente...

"Shepard! … Shepard! … Oh Emy, per favore parlami... mi senti, Vita mia?!"

Ben presto, i rumori della battaglia affiorarono dal silenzio. Suoni soffocati, voci lontane, grida e... un gemito familiare, un respiro affannoso, rapido e sofferente. All'improvviso, fu una luce bianca, accecante, che spinse via l'oscurità e si riversò come un'onda nella mia mente, risucchiandomi il respiro. Poi... fu di nuovo buio, ancora silenzio e più nessun dolore. Rimasi irrequieta, in attesa.

"Shepard!"

Dall'interno della stanza buia e felice, ti ho chiamato di nuovo. La mia mente alla tua mente. Il tuo nome risuonò, molte volte. I miei sensi nei tuoi. Lentamente, ho iniziato a percepire qualcosa. Da principio, fu soltanto un grande freddo, un pavimento gelido, duro e bagnato. Poi, fu il buio tremolante degli occhi chiusi e un frenetico contrarsi di palpebre irritate. Sapore di sale, nella bocca riarsa, su labbra screpolate. Fu una grande, insaziabile sete. Ovunque, un odore dolciastro, di sangue raggrumato, penetrava le narici e si mescolava, sgradevole e soffocante, all'odore della morte. Rabbrividii.

"Shepard!"

Mi rispose un gemito sommesso, poi un respiro irregolare si aggrappò alla mia gola. Riuscii ad intuire un unico pensiero, a malapena accennato, che galleggiava nella tua testa frastornata e nella mia. Il tuo dolore, nel mio dolore. La mia paura, nel tuo battito forsennato. Finalmente ti trovai, insieme alla terribile sensazione, che tutto fosse già stato compiuto. Irreversibilmente e dolorosamente. Entrambe rifiutammo quell'idea in meno di un secondo.

"Hmm ... maledizione. Fa troppo fottutamente male! Quindi... quindi, devo essere ancora viva!"

Pensavi lentamente, una parola alla volta, cercando di ritrovare lucidità. Era quanto bastava per raggiungerti, fondermi nella tua mente, diventare Uno.

"Oh Amore mio! Grazie alla Dea! Ti sento, adesso... ti sento, ma tu... sei a pezzi! Oh Emy, mi dispiace così tanto!"

Ero felice e disperata allo stesso tempo. Eri viva, ma sdraiata bocconi in una pozza di sangue. Senza scudi, la corazza ridotta a brandelli induriti dal calore. Il tuo dolore nel mio. Ferite ovunque, ovunque dolore. E braccia nude, ricoperte di sangue. Molti lividi sulla mano che stringeva la pistola, ben salda, nonostante tutto. Potevo sentire il freddo dell'inestimabile metallo di una pistola non tua, recuperata chissà dove... Anche tu, come me, eri allo stesso tempo felice e disperata.

"Liara! Grazie al cielo! Stai... Piccola... tu stai bene?!"

Mentre riprendevi il controllo del tuo corpo dolorante, i ricordi dell'ultima corsa al Condotto, improvvisamente, mi inondarono la mente, come un fiume che si infrange sulle sponde. La sciabola al plasma dell'Araldo, calore infernale. Il mio nome urlato contro il buio. Poi luce, silenzio, amore sconfinato, nel tuo cuore e nel mio.

"Sto bene! Non preoccuparti per me. Adesso sei dentro! Questa è la cosa principale."

Ho pensato con tutta la forza d'animo che ho potuto raccogliere. In quel momento, abbiamo realizzato che non era finita! L'intimità della nostra fusione era inebriante e ci pervadeva entrambe di emozione struggente. Tuttavia, una subdola consapevolezza aleggiava sulle nostre certezze. Non aveva nome, ma era come sprofondare nell'inconfondibile sensazione, che il peggio dovesse ancora venire. Non c'era più tempo. Dovevi rimetterti subito in piedi!

"Si, ma... per andare dove?"

Hai pensato, mentre ti mettevi faticosamente carponi, guardandoti intorno, per cercare di individuare qualcosa di familiare. Non sembrava affatto la Cittadella. La luce fioca rendeva difficile discernere ciò che stava emergendo e lentamente si materializzava tutt'intorno. Hai strizzato di nuovo gli occhi, mentre sagome sfocate diventavano sempre più nitide, rivelando una scena raccapricciante davanti ai tuoi occhi e ai miei. Tutto sembrava terribilmente simile a quello che avevamo già condiviso in un'altra fusione, sulla Base dei Collettori.

"Dea! Sembra..."

Non riuscii a terminare il pensiero. Cadaveri e resti umani erano sparsi ovunque. Il sangue e il fetore della morte ammorbavano l'aria, devastavano lo sguardo e straziavano l'anima fino alle lacrime. Nel cuore di quell'orrore, i Custodi si aggiravano indifferenti, come automi. Probabilmente, intenti ad eseguire ordini crudeli, indecifrabili e silenziosi.

"Si! … Vogliono fare un Razziatore! Bastardi!"

Hai sibilato a denti stretti. Le nostre mascelle si serrarono dolorosamente in uno spasmo di rabbioso furore condiviso. Dovevi assolutamente capire dove ti trovavi e come aprire le braccia della Stazione. La rabbia ti aiutò a rimetterti in piedi. Zoppicavi vistosamente. Un dolore acuto e penetrante ti incurvava la schiena e martellava nel tuo fianco sinistro ad ogni respiro.

Era così che mi sentivo anch'io, nell'identico modo. Ogni "Fusione Perfetta" ci unisce in profondità tali, da permettere a ogni sensazione di scivolare dall'una all'altra, sotto tutti gli aspetti. Emotivo, fisico e mentale. Il trasferimento è talmente perfetto, che la nostra consapevolezza sensoriale è un'esperienza completamente condivisa, in modo assolutamente realistico.

"Coraggio, prova a fare qualche passo, non c'è nessuno in giro..."

Ho suggerito. Barcollavi. La pistola tremava visibilmente nella tua mano.

"Coraggio"

Ho pensato di nuovo, dolcemente. La parete oscura in fondo alla stanza si spostò senza preavviso, senza una ragione apparente, rivelando un vasto ambiente pieno di luce. Hai fatto una smorfia, mentre ti coprivi gli occhi con l'avambraccio, per proteggerti dal bagliore accecante. Solo un lieve gemito uscì dalle tue labbra. Sconcerto. Un numero indefinito di lunghe passerelle, allineate le une alle altre, correvano parallele, ordinatamente adagiate sopra a un abisso. Hai cercato di dosare le forze. Non avevi idea di cosa avresti trovato, né di quanto fosse lontano, ma potevi andare solo avanti. Dovevi risparmiare le tue energie e cercare di recuperare il più possibile.


S: Anderson! Finalmente una buona notizia!

Hai esclamato, quando la voce baritonale dell'Ammiraglio ha risvegliato il tuo comunicatore. La vampata di genuina felicità ha fatto il possibile, per allentare gli spasmi di tensione, ancora ostinatamente aggrovigliati al tuo stomaco e al mio. Sostenuta da nuova energia, ti sei avviata verso l'inconfondibile sagoma scura, che si stava materializzando in lontananza. Dentro al petto, il tuo cuore sembrava più leggero.

L'ampia piattaforma, proprio al centro della gigantesca struttura, sembrava sospesa nel nulla. Tutto quello che potevamo vedere era un misterioso pannello di controllo. Accanto al pannello, l'ammiraglio Anderson si muoveva con eccitazione, mentre cercava di aggirare i sistemi di sicurezza.

Affrontando coraggiosamente il dolore, con devozione, hai raggiunto l'ammiraglio al ritmo più svelto che riuscivi a mantenere. A prima vista, il tuo amico sembrava meno provato di te, ma non aveva un bell'aspetto. Sebbene la sua uniforme fosse in buono stato, quando i tuoi occhi si posarono sulle inquietanti macchie scure che incrostavano la sua piastra toracica, sentii un tonfo sordo provenire dal tuo stomaco e una stretta soffocante che premeva nel tuo petto, fino a farti male. L'uomo barcollava, insieme al tuo stomaco, che iniziava ad accartocciarsi in spasmi sempre più penetranti. Più guardavi il tuo amico, più i semi dell'apprensione crescevano dentro di te, di me. Una paura sommessa si diffondeva a macchia d'olio nella tua mente e scavava solchi di amarezza, nel tuo cuore e nel mio. Impossibili da ignorare.

"Sarà tutto più facile, adesso che siete insieme!"

Azzardai un pensiero istintivo, spinta dall'urgenza di apparecchiare alla tua tavola un bicchiere mezzo pieno. Purtroppo, non c'era molto altro che potessi fare per consolarti, perchè anche tu sentivi il mio corpo. Ogni singolo pensiero che mi passava per la mente, l'intero fiume delle mie emozioni. Anche tu ti riflettevi in me, senza filtri, come davanti a uno specchio. Quindi, non aveva senso mentire. Tuttavia, potevamo ancora illuderci e soprattutto, potevamo ancora sperare, insieme.

Eravamo aggrappate al bordo di un incubo. Le nostre specie a un passo dall'annientamento. I nostri destini legati a un ultimo, disperato tentativo. Abbiamo osato sperare che, per una volta, tutto sarebbe filato liscio. Niente imprevisti, nessuna nuova variabile impazzita da gestire, con le nostre povere energie instabili. Infatti, senza alcun preavviso, una nuova minaccia è strisciata fuori dal nulla alle tue spalle e ha preso vita...

UM: Ti avevo sottovalutata, Shepard!

Gelida, ostile, spietata. Una voce, odiosa e disgustosamente familiare, ha raggelato l'aria, come una folata improvvisa, provocando un'onda di ribrezzo, sulla tua pelle e la mia. Una rabbia primordiale si impadronì di ogni centimetro del tuo corpo, del mio corpo e prese a risalire, ancestrale e implacabile, come la lava ribollente, risale dalle viscere di un vulcano in eruzione.

Il desiderio di piantare una pallottola in mezzo agli occhi di quell'essere mostruoso, era feroce e gonfiava le tue vene di insaziabile furia omicida. Con le arterie del collo dilatate e pulsanti, assecondavo la medesima sete di vendetta. Provavo un gelido piacere, nel sentirmi travolta e trascinata nel tuo stesso furore. Ribollivo per l'irrefrenabile smania di premere io stassa il grilletto della pistola, che vibrava risoluta nella tua mano. Una volta e poi ancora e ancora, fino a quando, il calore della clip termica surriscaldata non avesse scottato le mie dita a tal punto, da costringermi a lasciarla cadere.

"Figlio di...!" ... "Cosa... diavolo...?!"

Abbiamo pensato come una mente sola. Sconcerto, immobilità. Sulla tua pelle tesa, nelle mascelle contratte, nei fasci muscolari allungati fino al punto di rottura. Dolore e tormento. Nell'aria ruvida della piattaforma sospesa nel vuoto. Nella fatica estenuante di non lasciarsi andare. Sentivo le tue dita rigide attorno al calcio della pistola. Dita istintivamente aggrappate al grilletto, come gli artigli di un'aquila addormentata, incapace di ghermire la sua preda. Costrizione. Nel tuo corpo esausto, incollato al pavimento da un gravame insopportabile, che ti congelava sul posto, obbligata all'immobilità.

La presenza dell'Uomo Misterioso incuteva, minaccia e coercizione. Lo sentivi pesare dentro alla testa, avvinghiato al tuo cervello, come le spire di un costrittore. Cercava di scacciare anche me, ma... io resistevo! Tuttavia, aveva una forza innaturale, velenosa, una sorta di potere fisico e mentale, su Anderson e su noi due. Ma eravamo insieme! Volevamo resistere, e potevamo ancora combattere, con la forza delle nostre menti.

Quello che avevamo scoperto su Cronos a proposito dell'Uomo Misterioso, dell'Obelisco e della Sovereign, era stato sconvolgente. Sia noi che Miranda aspettavamo da allora, con gelida pazienza, il momento in cui avremmo finalmente messo le mani sul leader di Cerberus. Invece, le cose erano precipitate in un lampo e Jack Harper era diventato un obbiettivo semi cancellato e molto secondario sulla nostra lista. L'unica ragione per cui ti trovavi lì e continuavi a resistere, trascinandoti con le ultime forze su quella piattaforma, era aprire le braccia della Cittadella, per attivare il Crucibolo, prima che tutto diventasse inutile!

Tuttavia, adesso lui era proprio lì, appena spuntato dal nulla a pochi passi da te, da noi. Voleva impadronirsi del Crucibolo e farneticava di poter controllare i razziatori. Era amaramente evidente, quanto fosse indottrinato e prigioniero della sua stessa ossessione. Ciononostante, c'era qualcosa di molto inquietante in lui. Qualcosa in grado di penetrare la tua mente, quella dell'Ammiraglio e domare i vostri pensieri, ostacolarli. La sua volontà fluiva nei vostri corpi, come veleno, li penetrava e si diffondeva dentro di voi con i suoi malvagi tentacoli di oppressione. Era come annegare in un fango denso, avvolti in oscure sabbie mobili. Più cercavate di uscirne e più sprofondavate in una spessa melma immobilizzante.

UM: Ho dedicato una vita intera a studiare i Razziatori e ne sono sicuro! Grazie al Crucibolo riuscirò a controllarli!

Il delirio di quell'essere abominevole continuava, istericamente. Ti fissava con un sorriso subdolo e freddi occhi metallici iniettati di follia. Non c'era più niente di umano in lui. I frammenti di dati che avevamo raccolto nei terminali della Base di Cerberus si erano rivelati corretti. Era fin troppo evidente che l'Uomo Misterioso aveva veramente sperimentato su se stesso la tecnologia dei razziatori, sottoponendosi a modifiche tanto radicali quanto ripugnanti. Sotto una scorza fatta di brandelli di pelle umana, lacerata e consunta, innesti di tecnologia aliena sintetica deturpavano ampi tratti del suo viso e del collo, fugando ogni dubbio. Jack Harper portava il marchio dei Razziatori. Proprio come Saren prima di lui, aveva imboccato il medesimo oscuro sentiero senza ritorno.

Disprezzo, rabbiosa disperazione e senso di impotenza, era tutto ciò che pulsava dentro di noi e che infiammava il nostro desiderio di sbarazzarci di quell'individuo una volta per tutte. Volevamo ucciderlo! Con ogni grammo del nostro essere. Eppure, per quanto tu ci provassi, non riuscivi a muovere nemmeno un muscolo. Potevi soltanto fissare con sgomento ciò che restava dell'uomo che aveva finanziato il progetto Lazarus, come fa un predatore, paralizzato da un dardo a pochi passi dal suo pasto irraggiungibile.

"Non ascoltarlo. Fallo uscire dalla tua testa... Resisti, Amore mio!... Ascolta solo me!"

Ti esortai, una frase alla volta. Tutto l'amore che inondava il mio cuore si immergeva nel tuo. La nostra volontà era infrangibile, inattaccabile, dura come la pietra. Anche quella di Anderson lo era. Da qualche minuto, non eravate più in grado di muovervi liberamente. L'Uomo Misterioso sembrava capace di impedirvi di parlare e persino, di avvelenare la fonte dalla quale prendevano forma i vostri pensieri.

"Possiamo resistere, Amore mio... insieme!"

Sussurrai mentre avvolgevo tutta la mia forza di volontà intorno alla tua mente, come uno scudo. Le tue labbra screpolate tremarono per lo sforzo, le mascelle serrate si mossero con uno schiocco, che attraversò l'aria, come un colpo di fucile. Anche la tua ira fu preziosa per spezzare le catene del silenzio. Finalmente, una voce forte iniziò a sgorgare dalle tue labbra, come un grido furibondo.

S: Guardati, schifoso bastardo! Guarda cosa sei diventato. Sei più mostruoso dei mostri che ti illudi di controllare!

Hai ringhiato con violenza in faccia all'Uomo Misterioso. Il tuo corpo fremeva e vibrava nello sforzo. Un piccolo passo, movimenti tremanti, ma non abbastanza per premere il grilletto, il quale sembrava fuso al calcio della pistola, in un unico, solido blocco d'acciaio. Invece di desistere, hai continuato a provare a sparare e insieme a inveire, con una foga ancora maggiore.

S: TU... tu sei il grande genio che li hai condotti qui. Maledizione! Risvegliando la Sovereign, hai dato inizio a tutto questo! Hai portato tutte le nostre specie sull'orlo dell'annientamento e... per cosa?! Ti sei guardato intorno, venendo qui? Sai, ci sono resti umani sparsi ovunque. Te ne sei accorto, vero? Sono i poveri resti di quelli stessi esseri umani, che stai blaterando di salvare! Il loro sangue rappreso dipinge di rosso ogni maledetto muro di questa Stazione. Cristo Santo, Haper! Quando penso a tutto il dolore... che tutta questa merda è iniziata per colpa tua! Brutto verme schifoso! Ficcarti una pallottola in testa non potrà mai rimediare a quello che hai fatto, ma... per come lo hai fatto... non ti meriti nessuna pietà!

Con il passare dei secondi, la tua veemenza si stava gonfiando, come le onde di una tempesta. Anch'io mi sentivo pervasa dallo stesso selvaggio uragano. Hai gridato di nuovo, contro l'abominio di fronte a te, con tutto il fiato che avevi in gola. Le tue parole lo colpirono, una dopo l'altra, come proiettili incendiari, che accendevano l'aria, come le scie di un fuoco furioso. Il tuo corpo si mosse di nuovo, stavolta con sussulti risoluti. Non appena i tuoi muscoli ti obbedirono, hai sollevato il braccio e con uno sforzo sovrumano, hai puntato la pistola in faccia a Jack Harper.

Egli per tutta risposta ha digrignato furiosamente i denti, mentre il suo pugno chiuso si agitava a mezz'aria, con stizza. I suoi occhi baluginavano nei tuoi, taglienti come lame di rasoio. Con un movimento nervoso del pugno, fece oscillare la canna della tua pistola e la guidò dove voleva. Tutto ciò che potevi fare era fissare impotente il barilotto della pistola, con gli occhi spalancati, mentre si muoveva lentamente verso l'Ammiraglio Anderson e lo prendeva di mira. Io sentivo la tua disperazione urlare dentro l'anima, mentre ti opponevi con tutta te stessa, cercando di fermare il tuo braccio, che nessuna di noi due poteva fermare. Anche Anderson resisteva. Aveva capito e stava lottando con tutte le sue forze per attirare l'attenzione dell'Uomo Misterioso e concederti qualche prezioso secondo di vantaggio.

A: Hmm... ti stanno controllando!

Disse a denti stretti. La sua voce possente ti diede un po' di energia supplementare. Tuttavia, il potere dell'Uomo Misterioso continuava a crescere. Egli ignorò Anderson e ti squadrò con aria di sfida, mentre inveiva, pervaso di febbrile follia.

UM: Tu... stupida, testarda, piccola marine! Non hai mai capito niente, Shepard! Eppure era così semplice. Io sono stato scelto! Ho ricevuto la chiave per ottenere la perfetta evoluzione dell'umanità. Finalmente, posso dominare la tecnologia dei Razziatori, sfruttarla a mio vantaggio, perché loro stessi mi hanno mostrato la via!

A: Stronzate! Sei indottrinato. Dobbiamo distruggerli, o loro distruggeranno noi!

L'Ammiraglio tuonò di nuovo, con voce cristallina. Incurante della minaccia che la tua pistola continuava a rappresentare.

UM: No! Posso dominarli, usare i loro poteri... controllare la loro arma!

Le labbra di Harper si contorsero in un ghigno malefico, mentre continuava a pontificare. Il suo pugno svolazzò di nuovo nell'aria e prese il controllo della tua mano, con apparente facilità. Il formicolio fastidioso, che ti avvolgeva dalla testa ai piedi, si trasformò in un dolore bruciante, che scorreva lungo il braccio e si diffondeva come un fuoco nella mano stretta intorno alla pistola. Sentivi una potenza suprema appesantire il dito posto sul grilletto, che è stato premuto, per una volontà non tua.

Lo schiocco secco dello sparo ha attraversato la nostra anima, mentre il proiettile si conficcava nel leggero corpetto toracico dell'ammiraglio Anderson. Il valoroso ufficiale emise un gemito soffocato, ma non cadde. Non saprei dire per quanto tempo abbiamo smesso entrambe di respirare, i cuori congelati nel petto. La tua disperazione saliva come un grido silenzioso, strappandoti le viscere, tormentate di rabbia e di dolore. Potevo sentire la tua preghiera senza voce singhiozzare dentro di te, dentro di me, come una supplica, che risaliva disperatamente dal profondo della tua anima.

"No! ... Oh, per favore, non lasciarlo morire! Se riesci a sentirmi... ti supplico, dammi la forza di resistere... di trovare un modo! Guardati intorno... non può finire così! "

Il tuo dolore era il mio dolore. Tutta la forza del mio amore, la profonda intimità del nostro legame, palpitava nel mio cuore e ti pervadeva completamente, con l'intensità di un abbraccio intorno alla tua anima. La mia fede in te riempiva ogni pensiero di speranza e di coraggio.

"No, non è così che finirà! Non sei sola Shepard e... non sei stata tu a sparare! È stato Harper! Deve essere fermato. Finalmente, sta abbassando la guardia. Devi agire ora. Forza, Comandante, spara! Tu sei più forte di lui! Solo tu puoi fermare quell'abominio e so che lo fermerai. Sparagli!"

Non saprei dire se la sensazione che l'Uomo Misterioso avesse abbassato la guardia fosse reale. Forse era solo il frutto della mia determinazione a essere al tuo fianco. Oppure il dolore e il senso di colpa, per il destino dell'ammiraglio Anderson. Forse, è stato un vero miracolo, o tutte queste cose insieme. In ogni caso, c'era una minuscola crepa nel vincolo di Harper, che cominciò a crescere. Lo abbiamo avvertito entrambei, nello stesso momento. È stato allora, che ho capito che sapevi cosa fare.

S: Ok, hai vinto! Ti darò i codici del Crucibolo, ma per favore... non uccidere l'Ammiraglio!

Hai sospirato in tono arrendevole, lo sguardo basso, in segno di resa. Poi, hai abbassato lentamente la pistola, guardando l'Uomo Misterioso, con aria sottomessa. Un'espressione vittoriosa brillò come un trofeo su ciò che rimaneva del volto di Jack Harper.

S: Hai davvero un piano per proteggere l'umanità da tutto questo?

Hai chiesto umilmente, ma senza concedergli troppo tempo per pensare. L'arrogante fiducia dell'Uomo Misterioso nei propri mezzi di costrizione è stato il suo errore fatale. Non ha nemmeno preso in considerazione l'idea che potessi ingannarlo. Al contrario, il suo atteggiamento è diventato persino protettivo.

UM: Certo che sì, Shepard. Ho sempre voluto proteggere l'umanità!

Si è affrettato a rassicurarti, con tono paterno, mentre assaporava i benefici di un così prezioso alleato per impossessarsi del Crucibolo. Il proiettile lo ha colpito proprio in mezzo agli occhi, prima ancora che avesse il tempo realizzare che era morto. Tuttavia, il bagliore metallico del suo sguardo folle continuò a brillare, finché il peso della morte trascinò a terra il suo corpo senza vita, con un grande tonfo.

S: Allora, hai fallito miseramente!

Hai sibilato con un sussurro gelido, mentre gli davi il colpo di grazia, altre tre o quattro volte.

"Con i saluti di Miranda!"

Per un momento, entrambe ci siamo abbandonate a una piacevole sensazione di appagamento.

Continua...