Nonostante io non abbia mai avuto il coraggio di dirlo, ho sempre creduto fermamente che i rapporti più profondi e indissolubili siano quelli che sono nati e cresciuti nelle difficoltà. Non fa differenza se si tratta di legami d'amore, della famiglia o amicizia. I motivi per cui non l'ho mai confessato sono diversi; innanzitutto il timore di essere giudicato dagli altri come una persona strana e, forse, anche un po' pazza. Certamente troppo fiero, testardo e con un pessimo carattere. Il secondo e più importante, non volevo che la mia famiglia fosse additata come disfunzionale. Non l'ho mai detto, fino ad oggi. Sebbene la mia famiglia sia grande, purtroppo è stata costellata da un sacco di eventi drammatici, posso affermare quasi con certezza, che nessuno dei suoi componenti ne è stato totalmente immune. Io e Shisui abbiamo avuto dei genitori estremamente severi, ma mentre lui e Izuna sono riusciti a tenersi sollevati e positivi grazie ai loro caratteri espansivi e socievoli, io ho creduto erroneamente per anni che soltanto la solitudine potesse salvarmi dal dolore. Io amavo troppo e con un'intensità eccessiva mettendo sempre l'oggetto del mio amore su un piedistallo molto più alto di me. Capita che un amore non sia ricambiato, è successo a tutti, ma il mio problema è che io mi sono sempre fatto annientare da questa eventualità. Letteralmente a pezzi, distrutto, ridotto a una larva. Itachi non ha conosciuto mai l'amore finché non è stato più che adulto, anche lui ne elargiva tanto, troppo, ma quando era lui a doverlo ricevere non sapeva assolutamente dove mettere le mani, solo la pazienza e il tatto di Kisame sono riusciti ad arrivare fino al suo cuore martoriato. Itachi è rimasto a mangiarsi il suo dolore e i suoi rimorsi per quel catastrofico incidente per anni senza poterli condividere con nessuno. Nagato ne aveva talmente tanto di tormento da non potersi materialmente sobbarcare quello di un'altra persona. Sasuke così solo da non sapere nemmeno cosa siano gli amici e l'amore. Provava sentimenti ed emozioni senza sapere che avessero un nome, non aveva imparato a catalogarle e gestirle nel modo corretto. Nessuno glielo aveva insegnato. Il suo carattere ardente rompeva gli argini senza che lui potesse intervenire. Obito, rimasto orfano in un istante; la ragazza che amava ancora troppo giovane per farsi travolgere da una catastrofe del genere. Oggi è mio dovere dirlo senza più vergognarmi, perché di sbagliato, in tutto questo, non c'è assolutamente niente. Siamo inseparabili come famiglia, in amicizia e in amore. Sì, sono state le difficoltà a fare da mastice, nessuna persona sarebbe quella che è senza il suo passato.

"Tra le pagine della nostra vita" di Madara Uchiha.

Sì, decisamente una bella famiglia disfunzionale. E non solo quella, ma anche tutti i legami amorosi che queste persone avevano stretto in seguito.

Temari richiuse il libro che aveva sul tavolo di legno della cucina. Nemmeno lei sapeva perché si ostinasse a non usare quello del salotto, decisamente più comodo. Si sfilò gli occhiali da lettura stropicciandosi gli occhi verde scuro. Fissò per qualche secondo quella copertina rigida, semplice e gialla, poi il quaderno di appunti presi di suo pugno sulla sinistra. Lo aveva riempito quasi tutto in due ore.

Sospirò allungandosi sulla sedia con lo sguardo al soffitto, ricapitolando tutto mentalmente. È noto che l'infanzia e la giovinezza di qualunque persona finisca per condizionarla nell'età adulta e per sempre. Madara era arrivato addirittura a tessere le lodi di tutte le disgrazie vissute da lui e dalla famiglia, davvero assurdo. Una persona normale non sarebbe mai giunta a queste conclusioni.

Una persona normale…

Shisui e Izuna sembravano i due ad avere meno risentito di tutta questa terribile situazione. Per modo di dire, considerato che Shisui era finito a fare lo spogliarellista per diversi anni conoscendo in quell'ambiente il suo futuro marito. Itachi era stato loro collega per praticamente tutto il periodo. Lo aveva fatto per necessità, per sopperire a quella famiglia che aveva brutalmente sottratto al fratello minore. Quali genitori affiderebbero un trattore cingolato nelle mani di un tredicenne? Le anomalie si estendevano anche a monte, a quanto pare. Già di per sé questo non sarebbe stato un ambiente ideale alla crescita di due ragazzi, ma se poi ci mettiamo anche tutto il resto. Nonostante si fosse sempre adoperato per dimostrarsi impeccabilmente responsabile, Itachi aveva dato successivamente prova di non esserlo affatto, in realtà. Malato di cuore sin dalla nascita, apparentemente non si era mai posto il minimo problema per questo facendo un lavoro del genere e trascurandosi per anni con l'orgoglio di non chiedere aiuto a nessuno. Se se fregava in modo totale della sua salute. Addirittura aveva instaurato una relazione con un ragazzo malato gravemente di anoressia e che covava il desiderio di morire. Kisame, l'unica persona davvero valida e solida che Itachi aveva incontrato nella vita, cercò in tutte le maniere di non farselo affezionare a causa di tutti suoi sensi di colpa e remore varie. Avrebbe potuto tirare le cuoia da un momento all'altro, a quel punto cosa ne sarebbe stato di Sasuke? Madara, a quel tempo, sembrava essere stato inghiottito da un buco nero, si era reso irreperibile persino nei confronti dei genitori e del fratello. Izuna era conosciuto da tutti solo per sentito dire, affidare Sasuke a lui sarebbe equivalso a metterlo nelle mani di un estraneo. Shisui ancora troppo irresponsabile per prendersi cura di un ragazzo difficile come il Sasuke dell'epoca. Per non parlare di Obito, il trauma della perdita dei genitori unito a quello di svegliarsi non ritrovando più la faccia con cui era venuto al mondo. E poi era stato lui che aveva dovuto praticamente calpestare i corpi straziati di Fugaku e Mikoto per arrivare a spegnere quel maledetto trattore. Per carità, Obito fece anche troppo quel giorno, ma avrebbe potuto non essere psicologicamente tutto intero per prendersi cura di Sasuke. E così, quel ragazzino, era cresciuto con un fratello spogliarellista, malato e traumatizzato all'inverosimile, che poi lo aveva anche lasciato solo per amore di uno messo peggio di lui. E questo, secondo Madara, sarebbe stato il mastice che li teneva tutti uniti.

Contento tu!

Il suono del campanello tirò Temari fuori a forza dal suo rimuginare. Seccata, andò ad aprire convinta che fosse l'ennesimo tentativo di vendita porta a porta.

"Chi è?" la voce scocciata trapassò il legno.

"Sono Kankuro."

Temari aprì la porta mostrando il cipiglio al fratello, forse inconsapevolmente.

"Beh… posso entrare?"

La donna si scostò dall'entrata senza perdere la sua glacialità, poi richiuse il portone.

"Gaara dice che non rispondi al telefono da due giorni così mi ha chiesto di passare a vedere che diavolo ti fosse successo."

Gaara. Nonostante fosse il più giovane dei tre erano sempre tutti scattai sull'attenti ogni qualvolta avesse aperto bocca. Persino i genitori, sempre così intransigenti quando erano stati piccoli, si erano sempre sciolti davanti a lui. Pendevano incondizionatamente dalle sue labbra senza un'apparente ragione. Temari si era sempre impegnata per raggiungere i migliori risultati, a scuola, nella vita, sul lavoro, tuttavia non era stato mai abbastanza. L'atteggiamento remissivo di Kankuro, di fronte a tutto questo, le aveva sempre dato un sacco di fastidio. A lui sembrava andare bene così e non si accorgeva delle profonde ingiustizie che capitavano quasi quotidianamente. O forse faceva finta di non vedere. Certo, a chi interessa la sorella maggiore? E così si finisce per dare per scontato che debba essere lei a prendersi cura di tutti. Questo Temari, aveva iniziato a capirlo a sei anni di età. La madre aveva infatti preteso che iniziasse a svolgere le varie mansioni domestiche, Kankuro aveva tre anni mentre Gaara era appena nato. Lei doveva occuparsi dei più piccoli, intanto pretendeva che la casa brillasse. Quando fu il turno di Kankuro di compiere quell'età, Temari non aveva potuto fare a meno di notare quanto fossero state molto più leggere le mansioni domestiche affidate a lui.

"Lui è un maschio e ha altri bisogni" si giustificava la madre "Per esempio fare sport. I maschi hanno molte più energie da scaricare rispetto a noi donne."

Giunto anche Gaara a sei anni, per la madre, oltre che maschio era anche una sorta di genio. Quindi, per quanto riguardava lui, oltre allo sport e alle energie da scaricare esisteva anche lo studio. A Temari non era rimasto che andarsene a diciotto anni per farsi una vita finalmente libera. C'era però sempre il rimpianto di non avere avuto il bel rapporto con i fratelli che avrebbe desiderato, vedere le sue amiche che consideravano i loro come degli alleati le faceva salire il magone.

"Stavo lavorando, Kankuro."

"Anche la domenica? Perché con queste belle giornate non ce ne andiamo un po' al mare, qualche volta? O a fare una passeggiata."

"Vedremo. Forse la prossima settimana."

I lineamenti di Temari si erano stesi in un lieve sorriso mentre si dirigeva a sedersi sul divano. I suoi fratelli, in fin dei conti, l'avevano a cuore. Aspettò Kankuro che, come sempre, quando le faceva visita si serviva da solo e senza chiedere qualche bibita dal frigorifero.

Io? Mi sono inaridita?

"Non ci posso credere, Temari!"

Stavolta Kankuro non era tornato dalla cucina con qualcosa da bere ma con la copia di Tra le pagine della nostra vita da lei esaminata fino a poco prima.

"Ero semplicemente curiosa."

"Così curiosa da prendere un intero quaderno di appunti?"

Gli occhi neri di Kankuro si erano fatti leggermente severi. Venne avanti e, posato il libro sul tavolo, si sedette sul divano accanto a lei.

"Ascolta, Temari." la voce del minore si era addolcita "Siamo adulti ormai, spero tu ti renda conto come non sia il caso di portare avanti una stupida rivalità con Gaara. Hinata e Neji hanno ritirato le denunce contro Sasuke; tu sei stata, di fatto, sollevata dall'incarico. Chiudi questa storia e comincia con qualcos'altro. "

Voi intanto la vostra infanzia ve la siete goduta, mentre a me non è stato concesso. Gaara ha successo mentre io solo roba di seconda mano. Ma tanto a te sta bene così, vero?

Questo pensiero le trafisse il cuore di malinconia, dovette sforzarsi di non piegare le labbra in un cipiglio.

La mano di Kankuro che le si posò sulla sua coscia ebbe il potere di lasciarla di stucco: "Temari, quella povera famiglia ne ha già passate troppe, anche per chi ha la soglia del dolore alta esiste sempre un limite."

"D'accordo, hai ragione tu." quello in cui le sue labbra si piegarono risultò qualcosa di indecifrabile "Allora il prossimo fine settimana che ne andiamo tutti e tre a spassarcela, va bene?"

Kankuro si chiese perché la sua battagliera sorella avesse finito per capitolare così facilmente, tuttavia si sforzò di scacciare quel pensiero dalla mente. Chissà, forse erano davvero tutti e tre cresciuti.

"Nii – san, è tutto a posto adesso. Ho passato una bellissima domenica in compagnia di Hinata, Izuna, Sakura, Neji e Konan. È tornato tutto come prima, ci siamo divertiti tantissimo. Hai visto? Me la sono cavata alla grande."

Le mani di Sasuke afferrarono quelle del fratello mentre sorrideva illuminato dal sole. Erano seduti all'ombra, in realtà, nel giardino di Kisame, ma un raggio lo aveva colpito in pieno come se fosse stato lui stesso ad emanarlo. Itachi, però, non aveva potuto fare a meno di scorgere la malinconia nell'ossidiana di quegli occhi identici ai suoi.

"Non devi più preoccuparti per me, Nii – san."

"Infatti non lo sono." Adesso era Itachi che non era riuscito a celare la malinconia del suo dolce sorriso.

Sasuke sospirò diventando serio: "Tu come stai, invece?"

Itachi abbassò un attimo lo sguardo su quelle mani che ora stavano massaggiando il dorso delle sue usando i pollici: "Mi sono ristabilito completamente, mi alleno per la tournée organizzata da Naruto, lo sai che si è estesa anche a Sasori, Sarana, Tayuya e Deidara. Ho ricominciato con i nastri, io e Sai dobbiamo lavorare tassativamente insieme, ora. Spero verrai a vederci qualche sera, magari portandoci anche Sakura."

"Nii – san, io credo tu sappia benissimo che non mi riferivo a questo." Sasuke addrizzò le spalle sulla sedia metallica staccando le mani da quelle del fratello "Mettere i tuoi bisogni sempre dietro a quelli del resto del mondo servirà solo a farti stare ancora più male. Hai rifiutato ogni supporto psicologico, d'accordo, ma perché evitare persino di parlarne con Kisame e con me? Nii – san, chiedere aiuto non è un disonore, voler fare tutto da soli non porta mai a niente."

Itachi rispose pacato rilassando le ciglia: "Otouto, a cosa potrebbe giovarmi rivangare ogni cosa? Quel tipo ha avuto quello che si meritava, io devo cercare di ritornare alla mia vita. Mentre tu avevi promesso di smetterla di logorarti continuamente per colpe non tue."

"Nii – san, devi piantarla di girare intorno alle cose e deciderti a vuotare tutto il sacco, qualche volta." Sasuke non demordeva, con il gomito appoggiato sulla spalliera della sedia, ora, lo sguardo un poco severo "Quel giorno non ti sei difeso perché ti sentivi male ed eri imbottito di pillole, correggimi se sbaglio."

Itachi capitolò con un sospiro: "Sì, è così, ero in ansia per te. Ma ora basta visto che è tutto sistemato."

"Sistemato un corno, Itachi!"

Il maggiore trasalì sentendo Sasuke non usare il solito nomignolo affettuoso. Il più piccolo se ne accorse tornando a moderare il tono.

"Io e Kisame ti vogliamo bene, ci ferisce che tu ci escluda dalla tua vita. Il ruolo di chi ama è anche quello di sostenere e incoraggiare, non puoi essere sempre tu a farlo."

Otouto, Kisame, non vi sto escludendo. Vorrei solo evitare di trascinarvi a fondo nel mio ormai inevitabile colare a picco.

"Hai ragione, Otouto, nessuno potrebbe darti torto stavolta. Grazie. Ma cerchiamo di buttarcela alle spalle questa storia, va bene?"

"Vieni qua" Sasuke avvicinò la sedia per stringere il fratello in un abbraccio.

I muscoli di Itachi dapprima erano rigidi, Sasuke lo senti sforzarsi di ingoiare un singhiozzo. Gli circondò le spalle, il maggiore si arrese posandogli la testa sul petto. Sasuke avvertì il tepore di una lacrima attraversargli la maglietta. Sapeva quanto costava a Itachi piangere davanti a qualcuno. Sasuke ringraziò il suo aprirgli il cuore baciandogli la fronte e accarezzandogli i capelli. Capire quando le parole siano superflue con Itachi era sempre stato fondamentale. Sasuke prese questo come una conferma del fatto che il momento peggiore era ormai passato.

Kisame sospirò guardando quell'abbraccio dall'ampia vetrata del suo salotto. Itachi si faceva cullare da Sasuke dopo aver discorso un'ora buona. Aveva visto il minore prendergli le mani, accigliarsi, sorridere. Un sacco di emozioni. Avevano parlato di qualcosa di cui lui, evidentemente, andava tenuto ancora all'oscuro. Qualcosa di importante, viste le reazioni entrambi.

O qualcuno?

Kisame li aveva lasciati soli chiedendo a Itachi di dire al fratello che lui stava riposando. Si era fatto da parte sapendo che, in sua presenzia, quasi certamente sarebbe continuata quella facciata di falsa normalità che Itachi aveva eretto dopo l'aver appreso della marcia indietro di Hinata e Neji. Aveva ripreso i suoi allenamenti come prima, non aveva più fatto menzione dell'aggressione subita, strano. Era stata una cosa tremenda e Kisame sarebbe stato ben contento di offrire il proprio appoggio alla persona amata. Non esternava niente a proposito della salute, non mostrava entusiasmo sull'imminente tournée. Itachi era tranquillo per essendosi fatto ermetico, si sforzava solo di apparire normale. I suoi incubi erano tornati sebbene non frequenti come un tempo, il problema era che adesso Itachi appariva inconsolabile. Abbracci, sussurri e carezze non servivano a calmarlo. Il cuore sembrava scoppiargli e Kisame era stato costretto a scuoterlo diverse volte, preoccupato per la sua salute. Ormai svegliarlo era il solo modo di farlo uscire da quei terribili sogni.

"Tesoro, si può sapere cosa ti succede?"

"Niente, Kisame, non puoi fare sempre un sacco di storie per nulla."

Detto questo, trafelato e ansimante, Itachi lo baciava come se niente fosse prima di rimettersi a dormire.

Nonostante Kisame rimanesse di stucco ogni volta perdendo definitivamente il sonno, non c'era verso di farsi dire cosa lo tormentava.

La trivella che sembrava scavagli incessantemente il cervello aveva preso ancora più potenza nel momento in cui aveva notato che, da un po' di tempo, Itachi e Naruto non si erano più incontrati nella palestra nonostante avessero un intero mese da passare insieme e da organizzare. Quando Itachi era di turno il biondo non si presentava e viceversa. Nagato era sempre con lui, quasi Naruto volesse tenerlo, in qualche modo, sotto controllo. Voleva rassicurarlo? Dimostragli che era tutto a posto e che si stava sbagliando su qualcosa?

Mi sembra strano che non parliate dell'organizzazione della tournée, dove lo fate? Quando?

Kisame sopirò chiedendosi quale parte della sua faccia lo facesse apparire agli altri come uno sprovveduto.